l’analisi

G7 Lavoro: come decifrare l’impatto dell’IA sull’occupazione



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L’incontro dei Ministri del Lavoro e dell’Occupazione del G7 a Cagliari ha sottolineato l’importanza di un uso sicuro e trasparente dell’AI nel lavoro, centrato sull’uomo. La dichiarazione finale evidenzia la necessità di reskilling e upskilling per una transizione equa, affrontando anche i rischi di disuguaglianze e impatti sulla salute mentale

Pubblicato il 16 set 2024

Maurizio Carmignani

Founder & CEO – Management Consultant, Trainer & Startup Advisor



ia e lavoro (1)

Il recente incontro dei Ministri del Lavoro e dell’Occupazione del G7 a Cagliari si è chiuso messaggio chiaro: l’intelligenza artificiale deve essere sviluppata e utilizzata nel mondo del lavoro in modo sicuro, trasparente e centrata sull’uomo. Analizziamone i contenuti del dichiarazione conclusiva confrontandola con documenti, studi e analisi recenti.

G7 Lavoro e Occupazione | Conferenza stampa conclusiva

Lavoro: benefici, potenziale e rischi dell’AI

La dichiarazione finale del G7 svoltosi a Cagliari pone l’accento sui benefici dell’AI, sottolineando il suo potenziale per migliorare la produttività, creare nuove opportunità lavorative e favorire l’inclusione sociale, soprattutto per le persone con disabilità. Allo stesso tempo i ministri avvertono anche dei rischi connessi all’adozione incontrollata della tecnologia, come l’aumento delle disuguaglianze e la compromissione della salute mentale dei lavoratori.

Gli obiettivi della dichiarazione finale del G7

In estrema sintesi gli obiettivi condivisi nel documento conclusivo sono i seguenti:

  • Lavoro e AI, creare di una transizione equa. I ministri hanno concordato che, per massimizzare i benefici dell’AI è necessario focalizzarsi sull’inclusione sociale e sui diritti umani, evitando discriminazioni. Fondamentale sarà l’investimento in programmi di reskilling e upskilling per permettere ai lavoratori di adattarsi alle nuove esigenze del mercato.
  • Azioni concrete per un’AI sicura e inclusiva. Il G7 ha concordato un insieme di impegni e linee guida che i paesi membri si sono posti per garantire che l’IA venga utilizzata in modo responsabile. Le organizzazioni internazionali come l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) e l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) sono chiamate a fornire supporto nell’attuazione di questo piano e a monitorare i progressi.
  • Sfide globali: invecchiamento della popolazione e cambiamenti demografici. Oltre al tema dell’AI, l’incontro ha evidenziato l’urgenza di affrontare le sfide poste dall’invecchiamento della popolazione, che sta già causando carenze di manodopera in vari settori economici. I paesi del G7 hanno ribadito l’impegno a promuovere opportunità di lavoro di qualità per tutte le fasce d’età.
  • Sicurezza sul lavoro e tecnologie emergenti. Infine, i ministri hanno sottolineato l’importanza di garantire che l’IA contribuisca a migliorare la sicurezza e il benessere sul posto di lavoro, prevenendo rischi fisici e psicosociali legati all’automazione e all’utilizzo dei sistemi di sorveglianza digitale.

IA e formazione: strategia italiana e G7 a confronto

Rispetto alla strategia 2024-2026 del governo italiano recentemente pubblicata emerge una visione comune sull’importanza cruciale della formazione[1] per affrontare le trasformazioni indotte dall’intelligenza artificiale.

L’urgenza di investire in programmi di reskilling e upskilling

Ambedue i testi pongono l’accento sull’urgenza di investire in programmi di reskilling e upskilling per i lavoratori, considerati fondamentali per garantire una transizione inclusiva e giusta verso un mondo del lavoro automatizzato. Vi sono chiaramente delle differenze alcune dovute al contesto di riferimento altre alla progettazione di modalità differenti.

Cooperazione internazionale e contesti nazionali

Mentre la dichiarazione del G7 sottolinea l’importanza della cooperazione internazionale per colmare i divari digitali e promuovere l’inclusione di gruppi vulnerabili come donne, giovani e persone con disabilità, la Strategia IA 24-26 del governo italiano si concentra maggiormente sull’esigenza di sviluppare competenze specifiche per il contesto nazionale. In particolare, essa evidenzia il bisogno di allineare le competenze disponibili con le necessità del mercato del lavoro italiano, ancora carente in figure qualificate nell’ICT e IA, e la creazione di percorsi educativi capillari, coinvolgendo scuole, università e imprese.

Formazione e reskilling: il documento “Mind the AI divide”

Il documento Mind the AI Divide: Shaping a Global Perspective on the Future of Work[2], scritto da Janine Berg, Mehdi Snene e Lucia Velasco per conto dell’Ufficio del Segretario Generale dell’ONU e il Dipartimento di Ricerca dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, affronta in maniera approfondita il tema della formazione e del reskilling, delineando una visione simile a quella della dichiarazione finale del G7, ma con una maggiore enfasi sull’importanza di strategie personalizzate per diverse categorie di impatto dell’AI sul lavoro. Convergono sulla necessità di reskilling e upskilling per affrontare le trasformazioni del mondo del lavoro legate all’intelligenza artificiale. Nel documento “Mind the AI Divide” si introduce però un concetto più dettagliato con l’uso dei “quadranti”, che classifica le occupazioni in base al tipo di impatto che l’AI avrà su di esse.

I quadranti distinguono quattro scenari principali:

  • Lavori sostituibili dall’AI, dove le tecnologie automatizzano completamente i compiti.
  • Lavori complementari, in cui l’AI supporta e migliora le capacità umane.
  • Lavori ampliati dall’AI, dove la tecnologia aumenta l’efficienza e la produttività dei lavoratori senza sostituirli.
  • Lavori che richiedono nuove competenze, dove la presenza dell’AI crea nuovi ruoli e funzioni.

L’importanza di cross-skilling e competenze trasversali

Questo approccio stratificato sottolinea che non è sufficiente limitarsi all’upskilling e al reskilling, ma è cruciale promuovere anche il cross-skilling e lo sviluppo di competenze trasversali per consentire ai lavoratori di adattarsi alle nuove mansioni e lavorare efficacemente al fianco dell’AI. La distinzione in “quadranti” (es. “Replace and Automate”, “Augment and Hybridize”) permette una visione più dettagliata degli interventi formativi, differenziando tra i lavori che l’AI sostituirà e quelli che richiederanno una collaborazione tra uomo e macchina.

Dichiarazione del G7 e studio The Simple Macroeconomics of AI di Daron Acemoglu a confronto

Confrontando la dichiarazione del G7 e lo studio The Simple Macroeconomics of AI di Daron Acemoglu[3] si evidenziano due approcci distinti ma complementari sugli effetti dell’AI nel mondo del lavoro. Entrambi i documenti riconoscono l’importanza dell’AI per aumentare la produttività e migliorare le condizioni lavorative, ma le loro prospettive differiscono significativamente in termini di impatto macroeconomico e di disuguaglianze.

G7: la necessità di una transizione equa e inclusiva

La dichiarazione del G7 si concentra sulla necessità di una transizione equa e inclusiva, evidenziando l’importanza del reskilling e upskilling per affrontare le sfide poste dall’automazione e dall’AI, specialmente per i lavoratori vulnerabili. L’accento è posto sul dialogo sociale, sui diritti dei lavoratori e sulla protezione della salute mentale, oltre che sulla necessità di garantire che l’adozione dell’AI sia sicura, trasparente e centrata sull’uomo.

Acemoglu: l’IA non gestita e il rischio disuguaglianze

D’altra parte, Acemoglu adotta un approccio più critico e quantitativo, argomentando che gli effetti macroeconomici dell’AI potrebbero essere più limitati di quanto comunemente previsto. Il suo studio stima che i guadagni in termini di produttività totale saranno modesti (tra lo 0,53% e lo 0,66% nell’arco di 10 anni) e sottolinea come l’AI, se non gestita adeguatamente, possa ampliare il divario tra reddito da capitale e da lavoro, aumentando così le disuguaglianze. Entrambi i documenti concordano sulla necessità di generare nuovi compiti creati dall’AI per ottenere benefici più ampi in termini di produttività e uguaglianza, ma Acemoglu sottolinea che il focus attuale dell’industria tecnologica non è sufficientemente orientato a tale obiettivo, limitando il potenziale di queste opportunità.

Pro e contro dell’automazione: studi recenti e dichiarazioni G7

Come documentato da recenti studi[4] l’introduzione dell’intelligenza artificiale e della robotizzazione potrebbero alterare profondamente il mondo del lavoro, con implicazioni non solo sul numero di posti di lavoro ma anche sulla qualità e sulle caratteristiche stesse del lavoro. L’automazione riduce i compiti fisici, liberando i lavoratori dalle mansioni più pesanti, ma ha anche aumentato il numero di compiti ripetitivi e di routine, diminuendo le opportunità di svolgere lavori cognitivamente stimolanti.

Gli impatti psicologici e sulla soddisfazione lavorativa

Gli impatti psicologici e sulla soddisfazione lavorativa sono notevoli: con l’introduzione di robot e AI, è stata osservata infatti una perdita di significato del lavoro, una riduzione dell’autonomia percepita e un aumento della monotonia.

G7: rischi significativi per il benessere dei lavoratori

Nella dichiarazione del G7 ci sono diversi elementi che rispecchiano queste preoccupazioni e gli effetti individuati indesiderati che emergono dalle ricerche. La dichiarazione riconosce che, sebbene l’intelligenza artificiale possa aumentare la produttività e migliorare le condizioni di lavoro, esistono rischi significativi per la qualità del lavoro e il benessere dei lavoratori. In particolare, il G7 sottolinea il pericolo che l’AI possa aumentare i compiti ripetitivi e ridurre l’autonomia dei lavoratori, incrementare lo stress e il carico mentale, deteriorare la qualità del lavoro e la sicurezza psicologica.

Come mitigare i rischi

Il G7 propone di mitigare questi rischi attraverso una forte enfasi sul dialogo sociale, il reskilling e upskilling, e attraverso politiche mirate a garantire che i benefici dell’AI siano equamente distribuiti e che vengano salvaguardati i diritti dei lavoratori, compresi la rappresentanza e la contrattazione collettiva.

Certamente questi sono strumenti essenziali per affrontare la transizione tecnologica, non possono però risolvere tutti i problemi legati all’automazione e all’intelligenza artificiale.

Gli aspetti da monitorare

Ci sono diversi aspetti che meritano attenzione e che effettivamente influenzano il design e il significato del lavoro, l’introduzione dell’AI spesso riduce la varietà e la complessità dei compiti. Anche se i lavoratori possono essere riqualificati per gestire nuovi strumenti e processi, la tendenza all’automazione potrebbe impoverire il contenuto lavorativo, rendendo i ruoli meno stimolanti e più routinari. Questo cambiamento impatta negativamente non solo sulla produttività intellettuale, ma anche sulla soddisfazione lavorativa e sul senso di realizzazione personale. Un’altra preoccupazione, ben descritta anche nel report del G7, riguarda la perdita di significato.

L’AI può rimuovere il controllo umano su molte decisioni e processi, riducendo l’autonomia e la percezione del valore del proprio contributo lavorativo. Anche in presenza di programmi di upskilling, i lavoratori potrebbero sentirsi alienati da un lavoro in cui il loro ruolo decisionale viene costantemente eroso dalle macchine, portando a una diminuzione del benessere psicologico e della motivazione.Infine, non tutti i lavoratori possono trarre vantaggio dai programmi di upskilling e reskilling. Le persone più anziane, o quelle impiegate in settori dove il cambiamento è troppo rapido, potrebbero avere difficoltà ad adattarsi, lasciando fuori parte della forza lavoro.

Conclusioni

Yuval Noah Harari nel recente “21 Lessons for the 21st Century” ha affrontato il tema della creazione di nuovi posti di lavoro spiegando che l’attività di riqualificazione non sarà nella vita delle persone uno sforzo una tantum; la rivoluzione dell’intelligenza artificiale non sarà un unico evento sul quale il mercato del lavoro si riassesterà creando un nuovo equilibrio. “Già oggi sono poche le persone che pensano che continueranno a fare lo stesso lavoro fino alla pensione, andando sempre più avanti anche l’idea di una sola professione nella vita sarà superata”.

Lo snodo in più di Harari è il seguente “anche se potessimo continuare a inventare nuovi posti di lavoro e riqualificare la forza lavoro, dovremmo chiederci se l’umano medio riuscirà ad avere la resistenza emotiva necessaria per una vita costellata da questi sconquassi senza fine. Il cambiamento è sempre fonte di stress, il mondo frenetico degli inizi del XXI secolo ne ha causato già un’esplosione a livello globale”.

Note


[1] https://www.agendadigitale.eu/cultura-digitale/competenze-digitali/formazione-per-lia-fulcro-di-base-per-la-strategia-italiana-2024-2026/

[2] https://www.un.org/techenvoy/sites/www.un.org.techenvoy/files/MindtheAIDivide.pdf

[3] https://www.agendadigitale.eu/industry-4-0/limpatto-dellia-su-produttivita-e-pil-un-futuro-di-benessere-o-nuove-disparita/

[4] https://www.agendadigitale.eu/industry-4-0/futuro-del-lavoro-e-ai-oltre-il-luogo-comune-4-studi-per-capire-cosa-aspettarci/

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