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Intelligenza artificiale e arte: chi guida davvero la creazione?



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Il dialogo tra arte e intelligenza artificiale solleva interrogativi su autenticità e paternità delle opere, mentre eventi e mostre ne esplorano le potenzialità creative e i limiti legali

Pubblicato il 28 lug 2025



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Il rapporto tra intelligenza artificiale e arte è oggi al centro di un dibattito acceso, che coinvolge artisti, istituzioni, giuristi e aziende. Le recenti esperienze internazionali dimostrano quanto sia complesso definire confini e regole quando la tecnologia entra nei processi creativi.

In diretta con la prima artista italiana fatta con l'AI

Arte digitale e AI: esperienze emergenti nei contesti espositivi

Recentemente il digitale e l’AI hanno incontrato l’arte in due diversi contesti suscitando non pochi interrogativi e ponendo sul tappeto non poche domande.

Il primo incontro è quello del The Digital Art Mile a Basilea, organizzato da ArtMeta. ArtMeta è un’organizzazione che ha lo scopo di trasformare luoghi in chilometri digitali, dedicati cioè all’arte digitale. In questo caso il palcoscenico è stato quello dello storico quartiere Rebgasse, fucina nella città Svizzera di creatività digitale. La manifestazione si svolge in parallelo con Art Basel dove l’arte digitale ancora stenta ad entrare. Così nell’ampio spazio allestito ArtMeta ha voluto creare installazioni robotiche, percorsi accompagnati da incontri con varie professioni dell’arte per esplorare i nuovi confini che il digitale sembra imporre all’arte.

Dualità dell’opera tra fisico e NFT nel processo creativo con AI

Diversi artisti tra i più all’avanguardia come Grant Yun, Ivona Tau, Hackatao si sono confrontati con la creazione di opere grazie a un paintbox ma in particolare Ivona Tau lo ha fatto interrogando ChatGpt e facendosi guidare, mescolando così la sua personale umana creatività con le suggestioni dell’intelligenza generativa.

Le creazioni hanno la versione fisica e quella NFT appoggiata sulla blockchain della fondazione Tezos che ha partecipato al progetto. L’idea è quella di consentire al potenziale acquirente di possedere due versioni della stessa opera, l’una in formato analogico e l’altra in formato digitale.

Una visione che permette di mescolare tradizione e innovazioni, molteplici tecnologie come AI generativa nella fase di creazione, NFT e contratto blockchain per la fruizione dell’opera.

L’interesse istituzionale verso l’arte digitale e l’intelligenza artificiale

L’interesse verso l’arte digitale traspare, peraltro, dal coinvolgimento sempre più frequente da parte di player istituzionali, non solo musei ma aziende globali, in interazioni con artisti e pubblico interessato a questo ambito innovativo.

Ce lo dice il modo di presentarsi dell’aziende e il loro strizzare l’occhio a vari livelli del coinvolgimento digitale, non esclusa l’arte.

Il ruolo delle aziende nel promuovere esperienze artistiche AI-based

Basti pensare che un soggetto all’apparenza fortemente tradizionale come UBS sta facendo da sponsor all’UBS digital art museum che è in costruzione ad Amburgo e che si propone di essere il più ampio e immersivo contesto di arte digitale in Europa con circa 7 mila mq di superficie.

Un salto in avanti notevole rispetto all’uso del digitale nei musei, nato per portare attraverso i siti degli stessi e/o percorsi virtuali il visitatore a conoscere opere tradizionali di pittura, scultura e architettura; come pure rispetto alle esperienze interattive sperimentate in primis da musei e gallerie. Per esempio questa ultima strada e’ stata imboccata da Art Basel che nella recente edizione ha fatto ampio uso di aspetti virtuali ed interattivi come base di coinvolgimento del visitatore.

Mostre immersive e centralità dell’artista nell’uso dell’AI

Di pari passo con questa iniziativa portata avanti a Basilea, quasi contemporaneamente ma per un periodo più lungo, fino a metà luglio, a Parigi troviamo al Grand Palais Immersif la mostra Artificial Dreams, il cui inequivocabile titolo ci trasporta diretti nel mondo dell’AI applicata all’arte.

Lo scopo è quello di misurare sino a dove l’IA si puo’ spingere quando è utilizzata come strumento dalla creatività dell’artista. In questa mostra sono stati sperimentati approcci e profili di utilizzo dell’AI diversi e su vari livelli, mettendo però al centro sempre l’artista in una visione antropocentrica dell’uso dell’AI.

Diritto d’autore e AI: i limiti della normativa attuale

D’altra parte occorre ricordare che, a oggi, l’intelligenza Artificiale non è internazionalmente considerata come centro di diritti e di interessi rilevanti sotto il profilo del diritto d’autore. Le Convenzioni internazionali in materia di diritto d’autore affermano che solo l’autore essere umano può essere intestatario di diritti, può procedere validamente a registrazione e, gioco forza, tutelare la registrazione sotto il profilo autoristico.

In questo senso vanno anche le normative interne dei diversi Paesi che sino a qui si sono dovuti confrontare con richieste relative alla tutela di opere generate, in tutto e in parte con l’AI.

Giurisprudenza statunitense: la figura umana come condizione essenziale

Eppure, l’approccio non è stato, a parere di chi scrive, univoco, almeno in sede giudiziale.

Già in passato l’Ufficio Copyright degli Stati Uniti aveva rifiutato alcune immagini accompagnate a un fumetto perché, mentre la parte scritta era di produzione umana, quella figurativa era stata generata dall’AI.

Non più tardi del 18 marzo 2025 la Corte d’Appello del Distretto di Columbia negli Stati Uniti ha confermato che l’autore umano è una conditio sine qua non per la registrazione del diritto d’autore e che resta esclusa la possibilità che un sistema di intelligenza artificiale possa essere titolare di diritti d’autore.

Il caso cinese: AI come mezzo e non soggetto creativo autonomo

Oltre e più in radice è andata una sentenza del Tribunale di Pechino che ha allargato non poco l’orizzonte. Si tratta, per alcuni versi, di una sentenza coraggiosa, ma in ogni caso ha il merito di portare all’attenzione e alcuni aspetti relativi alla generazione di opere a mezzo IA e loro tutelabilità che sono imprescindibili e non possono essere più a lungo ignorate. La sentenza della Corte di Pechino è del novembre 2023 e come tale, quindi, precedente alla richiamata sentenza del Giudice del distretto di Columbia.

Nel caso di specie il giudice cinese era stato chiamato a giudicare in merito all’utilizzo, da parte altrui e senza consenso, di una immagine generata da un soggetto con l’IA, tra l’altro rimuovendo la filigrana apposta dall’originario creatore. Ebbene il giudicante cinese è andato a monte della creazione, all’attività necessaria per la stessa, prendendo in considerazione lo sforzo autoriale realizzato nell’individuazione e utilizzo dei software dei modelli generativi.

La visione è quella dell’IA come strumento nelle mani dell’autore giacché senza prompt e senza guida nessun sistema è in grado di agire in modo autonomo al punto da poter bypassare l’elemento umano. Una visione che vede l’IA come semplice mezzo e non come guida, una IA piegata al gusto e alle scelte dell’autore. Scelte che possono essere anche molto distanti tra un autore e l’altro. In altri termini la creatività è un processo sempre riconducibile all’uomo-autore anche se utilizza, per creare strumenti evoluti.

Una prospettiva antropocentrica per tutelare la creatività umana

Dunque la visione del giudice cinese non prende in considerazione, per esempio, l’analisi tra la parte dell’opera generata dall’IA e quella generata dall’autore come propugnato da altre visioni considerando che, poiché l’IA ad oggi non ha una visione e una soggettività autonoma, tutto è soltanto riconducibile all’uomo/autore.

Questa lettura appare rilevante anche per altri ambiti artistici.

Musica e AI: autorialità umana anche nella creazione sonora

Da tempo ormai sono in circolazione programmi per la creazione di musica e canzoni con l’intelligenza artificiale, un anno fa una canzone creata attraverso questa metodologia avrebbe avuto 20 milioni di visualizzazioni. Di questi giorni invece la notizia dell’uscita della canzone della prima cantante Ai italiana, Iam. Il progetto del collettivo Artificial Intelligence Italian Creators è stato presentato come progetto di “artificial – pop” e come tale depositato in SIAE.

 Tuttavia, anche se si è già passati dalla creazione all’interpretazione musicale, è bene notare che il progetto è depositato a nome di autori umani e non certamente di un programma di IA. Se si vuole applicare alla fattispecie della cantante Iam la lettura del giudice cinese, appartengono all’uomo l’idea creativa che vi ha dato origine, il risultato musicale e quello video e infine la “stilizzazione” del personaggio.

Sfide aperte tra innovazione tecnologica e diritto

Una posizione antropocentrica a salvaguardia dell’elemento creativo, della mano umana che guida.

Tuttavia, tante questioni devono essere dipanate, prima fra tutte quella dei percorsi e degli elementi che l’IA utilizza per arrivare al risultato finale.

L’IA corre e il mondo giuridico si scopre spesso un passo indietro.

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