Attualmente il connubio tra sport e intelligenza artificiale (IA) rappresenta uno dei più complessi e stimolanti ambiti di analisi contemporanei. Uno scenario che catalizza diverse traiettorie di riflessione che non si limitano alla comprensione delle modalità attraverso cui la tecnologia migliori le prestazioni atletiche, ma si interrogano su come essa modifichi la natura stessa dello sport, il ruolo degli atleti, le dinamiche di potere e le relazioni tra spettatori, media e istituzioni sportive.
Lo sport, infatti, è un’espressione culturale che intrattiene con la società un rapporto biunivoco: la influenza, ma, al contempo, ne è una nitida esteriorizzazione (Giulianotti, 2015).
L’IA, infatti, viene ormai utilizzata in molteplici ambiti che vanno dalla biomeccanica all’elaborazione di dati statistici, dalla valutazione degli infortuni alle tecnologie di monitoraggio, come il VAR o il tracking computer vision-based (Baca, Novatchkov, 2013). Ma tale invasività tecnologica solleva interrogativi profondi: quali soggetti assurgono al ruolo di protagonisti? Quale governance istituzionale si impone? Quale idea di competizione emerge?
Le risposte risiedono nella comprensione delle dinamiche di potere, controllo, disuguaglianza sottese e connaturate ai processi di digitalizzazione sportiva (Foucault, 2014; Zuboff, 2019), ridefinendo, di fatto, il senso stesso dello sport tout court nella contemporaneità.
Indice degli argomenti
L’evoluzione tecnologica dello sport
Storicamente lo sport è sempre stato legato a doppio filo con l’innovazione tecnica, un rapporto evidente che va dalle prime cronometrie manuali fino alle attuali piattaforme di big data analytics. Tuttavia, con l’avvento dell’IA, si assiste a una svolta di tipo epistemologico che modifica le finalità di tale relazione che non è più basta sulla misurazione della prestazione, ma sulla sua prevosione e ottimizzazione. Ad esempio la tecnologia del machine learning viene impiegata per personalizzare gli allenamenti, neutralizzare i rischi di infortunio e valutare, in tempo reale, le performance (Zhang et al., 2021). Tale approccio si basa su una concezione che vede il corpo umano come una macchina migliorabile, dove ogni variabile può essere calcolata e, quindi, interpretata da un algoritmo determinato.
Il concetto di “datafied athlete” (Hutchins, Rowe, 2013) descrive in modo significativo questa trasformazione: l’atleta viene considerato come un insieme di dati da processare, un oggetto di studio scomposto e ricomposto all’interno della logica esplicativa della performance. Ma tale frammentazione, per quanto utile a fini sportivi, solleva questioni sul piano identitario ed etico. Il ricorso all’ IA e a sensori biometrici introduce nuove forme di controllo dell’organismo dell’atleta che non viene più valutato dall’allenatore o dal pubblico, ma da una serie di occhi digitali: videocamere, sensori, programmi e algoritmi predittivi.
Tale processo che potremmo definire come una “panotticizzazione digitale” (Andrejevic, 2007) influenza il comportamento dell’atleta e produce una sorta di autocontrollo continuo, dove quest’ultimo interiorizza l’occhio sopracitato della macchina e calibra il proprio comportamento conformandolo a parametri predefiniti. Come ha sottolineato Michel Foucault, il potere moderno si esercita anche attraverso forme di auto-sorveglianza e normalizzazione dei corpi (Foucault, 2014).
Il rischio è che l’individuo perda consapevolezza e istinto, riducendosi a un oggetto misurabile e, quindi, fortemente manipolabile. L’autonomia decisionale si riduce, poiché è sostituita dall’algoritmo che suggerisce, corregge e valuta il comportamento e la prestazione sportiva.
Disuguaglianze e accesso alla tecnologia
All’interno di questa analisi occorre considerare che gli atleti e le federazioni sportive non hanno le stesse possibilità di accesso agli strumenti tecnologici. Le società più ricche possono permettersi dispositivi avanzati, software, équipe scientifiche, mentre le altre devono accontentarsi di strumenti tradizionali e a volte obsoleti. Tale asimmetria catalizza nuove forme di disuguaglianza, quella che O’Neil definisce algoritmica (O’Neil, 2016), in cui il valore e il conseguente vantaggio competitivo non dipendono solo dal talento o dalla preparazione, ma dall’accesso a tecnologie ottimizzanti e all’avanguardia. Uno squilibrio che si proietta anche a livello globale dove i Paesi tecnologicamente avanzati possono sviluppare atleti migliori, mentre quelli in via di sviluppo e, quindi, con minori risorse rischiano l’esclusione dai circuiti competitivi internazionali e l’oblio sportivo, mettendo a rischio il principio meritocratico che si pone alla base dello sport moderno e rischiando specularmente di rafforzare logiche e retaggi neocoloniali ormai anacronistici (Carrington, 2010).
La trasformazione narrativa dello sport digitale
Il racconto dello sport, sia esso giornalistico, mediatico o letterario, ha sempre basato la sua dinamica narrativa sull’epica dell’eroe, sulla fatica, sull’imprevisto, sul superamento del limite e, infine, sul raggiungimento del successo. Ma nell’era dell’IA tale racconto vine detronizzato da logiche predittive mettendo a rischio alcuni dei suoi postulati identitari e fondanti: la sopracitata meritocrazia, l’imprevedibilità e, infine, la sua essenziale forza simbolica che attira milioni di tifosi, attivando istanze identitarie, di immedesimazione e di appartenenza.
Floridi (2019) sostiene che la digitalizzazione riduce la complessità dell’esperienza antropica a schemi meramente computazionali. Tale trasformazione si riflette anche nello sport: l’atleta viene definito in termini numerici, di percentuali, KPI (Key Performance Indicators), neutralizzando, di fatto, la sua soggettività. L’immagine dell’atleta viene costruita attraverso le performaces, i dati sopracitati e imedia digitali: la web reputation, la visibilità sui social, il ranking dei profili diventano componenti fondamentali della carriera sportiva (Marwick, 2013).
Trasparenza algoritmica e governance democratica
Uno degli aspetti più delicati dell’impiego dell’IA nello sport riguarda la trasparenza del calcolo e le modalità con cui vengono concepiti, gestiti e imposti i suoi risultati. Chi decide cosa misurare? Chi stabilisce i parametri? Chi possiede i dati raccolti? Tale bebulosità algoritmica può celare bias impliciti, discriminazioni involontarie e asimmetrie informative (Pasquale, 2015). Il caso del VAR, ad esempio, mostra come anche un sistema pensato per essere “oggettivo” possa generare polemiche, errori e manipolazioni, a seconda della discrezione antropica nelle sue modalità di utilizzo. Diventa dunque necessaria una governance democratica dell’IA nello sport: sistemi di audit indipendenti, dinamiche partecipative, codici etici, perché, disattendendo tale compito, si mette a rischio la qualità delle competizioni e la credibilità dell’intero ecosistema sportivo (Morley et al., 2021).
Verso una riflessione etica, politica e culturale sull’uso dell’IA nello sport
La relazione tra sport e IA riflette diversi aspetti della società contemporanea. Ad esempio lo sport diventa una lente attraverso cui osservare la diffusione del capitalismo della sorveglianza (Zuboff, 2019), la razionalità neoliberale dell’ottimizzazione continua, la trasformazione dell’organismo umano in risorsa misurabile. Come ha notato Bauman (2000), viviamo in un’epoca liquida in cui le identità sono flessibili, instabili e continuamente negoziate. Un’epoca di cui lo sport è espressione e incarna pienamente questa logica, ma al tempo stesso offre uno spazio in cui tali tensioni possono essere rese visibili, narrate, talvolta mitigate o addirittura sovvertite. L’intelligenza artificiale, dunque, non è solo una tecnologia, ma ha molti volti: è una forma di potere, un paradigma culturale, una sfida etica.
L’intelligenza artificiale sta trasformando profondamente il mondo dello sport, essa, da strumento di supporto è diventata una forza strutturante, capace di modificare i corpi, le regole, le relazioni e le narrazioni stesse. In questo scenario, la sociologia offre un contributo essenziale per comprendere non solo cosa sta cambiando, ma anche cosa rischiamo di perdere. Il corpo dell’atleta, una volta simbolo di autenticità, fatica e resistenza, rischia di diventare un oggetto egodistonico, osservato, diretto e gestito da dispositivi algoritmici, la sua identità sportiva viene mediatizzata e ottimizzata, abbandonando, di fatto, ogni guida umana, sia essa endogena sia esogena, e spostando La competizione dal campo al cloud. Diventa quindi inderogabile una riflessione etica, politica e culturale sull’uso dell’IA nello sport, finalizzata a evidenziarne il valore, ma anche a evitare che l’innovazione diventi dominio, che la trasparenza ceda alla cronicità del dubbio, ma che soprattutto che il gioco perda la sua fondamentale e irrinunciabile componente umana.
Bibliografia
Zuboff, S. (2019). The age of surveillance capitalism: the fight for the future at the new frontier of power. New York: PublicAffairs.
Andrejevic, M. (2007). iSpy: surveillance and power in the interactive era. Lawrence, KS: University Press of Kansas.
Baca, A., Novatchkov, H. (2013). Artificial Intelligence in Sports on the Example of Weight Training, Journal of Sports Science and Medicine (2013) 12, 27 – 37.
Bauman, Z. (2000). Liquid modernity. Cambridge: Polity Press.
Carrington, B. (2010). Race, sport and politics: the sporting black diaspora. London: SAGE.
Eubanks, V. (2019). Automating inequality: how high-tech tools profile, police, and punish the poor. New York: St. Martin’s Press.
Floridi, L. (2019). The logic of Information: a theory of philosophy as conceptual design. Oxford: Oxford University Press.
Foucault, M. (2014). Sorvegliare e punire. Torino: Einaudi.
Giulianotti, R. (2015). Sport: a critical sociology. Cambridge: Polity Press.
Hutchins, B., Rowe, D. (2013). Digital media sport: technology, power and culture in the network society. London: Routledge.
Marwick, A. (2013). Status update: celebrity, publicity, and branding in the social media age. New Haven: Yale University Press.
Morley, J., Floridi, L., Kinsey, L., Elhalal, A. (2021). From what to how: An initial review of public AI ethics tools, methods and research to translate principles into practices. Science and Engineering Ethics, 27(6), 1-31.
O’Neil, C. (2016). Weapons of math destruction. New York: Crown Publishing.
Pasquale, F. (2015). The black box society: the secret algorithms that control money and information. Cambridge, MA: Harvard University Press.
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