L’intelligenza artificiale sta trasformando anche la produzione editoriale, rendendo fluido il confine tra autore umano e macchina. Questa trasformazione coinvolge piattaforme, scrittori e lettori in un nuovo ecosistema in cui è la tecnologia a guidare forma e contenuti delle storie.
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L’ascesa dei compagni virtuali e l’industria della compagnia romantica guidata dall’IA
In un articolo di Ellen Huet pubblicato da Bloomberg Businessweek l’8 aprile 2025 si parla di come stia prendendo piede l’industria della compagnia romantica guidata dall’Intelligenza Artificiale, con fior di aziende che sviluppano IA in grado di simulare relazioni sentimentali. A quanto pare i compagni virtuali stanno diventando sempre più sofisticati, in grado di sostenere conversazioni significative e offrire supporto emotivo agli utenti.
Porsi questioni etiche in merito alle relazioni miste con entità artificiali potrà un giorno suonare come pregiudizio razzista, perciò è meglio astenersene. Forse manca poco alla realizzazione di una pellicola che tratti il tema di Indovina chi viene a cena?, film di Stanley Kramer del 1967, con una bella Intelligenza Artificiale al posto del nero Sidney Poitier, e il nuovo Spencer Tracy a chiedere alla figlia e al suo compagno digitale se hanno pensato alle difficoltà che dovranno affrontare i loro figli. Come diceva Mark Twain «Se tuo nonno non ha avuto figli e tuo padre nemmeno, sarà difficile che tu possa averne», dunque non staremo qui a preoccuparcene. Molto più inquietante dal punto di vista culturale ci è parsa la deriva che tale industria ha già indotto in ambito editoriale.
L‘intelligenza artificiale come strumento per la narrativa romantica
Nell’articolo si discute di come gli scrittori, grazie all’esperienza relazionale di questi compagni virtuali, stiano utilizzando l’IA per creare nuove forme di narrativa romantica, adattando i contenuti alle preferenze di un pubblico sempre più tecnologico, e si evidenzia come per gli autori e per i lettori l’IA stia trasformando il modo in cui le storie d’amore vengono concepite e consumate.
Porta ad esempio la vicenda di Sharma, autrice di un romanzo intitolato Fat Keily, che ha scritto durante il lockdown anziché approfondire lo sviluppo del lievito madre per la pizza. Pubblicato dapprima a puntate sulla piattaforma gratuita Wattpad e poi integralmente su un’altra piattaforma gratuita chiamata Inkitt, con sede a Berlino, il romanzo ha attirato molti lettori e commenti entusiasti (“Chi se ne frega della punteggiatura! Amo assolutamente questa storia!”), sul cui valore culturale non indugeremo sempre per evitare accuse di razzismo.
Dalla scrittura amatoriale alla narrativa guidata dai dati
Inkitt è nata con l’obiettivo di scoprire nuovi autori attraverso la tecnologia e trasformare le loro storie in contenuti redditizi.
Fondata da Ali Albazaz, la piattaforma ha iniziato come luogo aperto agli scrittori emergenti e si è evoluta in un editore digitale sostenuto dall’Intelligenza Artificiale. Inkitt propone a Sharma di trasferire il romanzo dalla piattaforma gratuita a quella su abbonamento, chiamata Galatea, una app di lettura diretta al consumatore che salta l’intermediazione di Amazon o altri rivenditori, grazie alla quale l’autrice può incassare una percentuale sulle vendite.
Lei accetta, e il romanzo, rinominato Keily, ha nuovamente successo. All’inizio del 2024, Inkitt le propone di trasformarlo in una serie, da realizzarsi però entro poche settimane. Il contratto con Inkitt dà alla piattaforma il diritto di fare con Keily praticamente qualsiasi cosa, inclusa la creazione di sequel. Un’impresa alla cui umana impossibilità Inkitt sopperisce assumendo un ghostwriter pur continuando a garantire a Sharma nome sul frontespizio e corrispondenza delle royalties.
Ghostwriter e intelligenza artificiale nella produzione di sequel
Un ghostwriter che compie imprese al di sopra delle capacità umane come potrebbe essere definito? Come si può fare una cosa del genere se non utilizzando lo schiavo ideale chiamato Intelligenza Artificiale, quello strumento che in un secondo riassume un libro di 300 pagine e in tre ne realizza una presentazione Power-Point e un articolo in PDF? Il secondo e il terzo libro di Sharma escono su Galatea a breve distanza l’uno dall’altro. Questa volta, però, alcuni lettori restano delusi.
Le critiche infastidiscono Sharma, che ha letto i sequel solo dopo la pubblicazione e che apprezza comunque l’entrata economica extra. Inkitt nel frattempo sta già adattando Keily per una nuova app video chiamata GalateaTV. Anche in questo caso, i diritti sono garantiti a Sharma senza che le sia richiesta alcuna fatica. La serie è lanciata nel settembre 2024 in 49 episodi, ciascuno di non più di un paio di minuti, pensati per essere guardati sullo schermo di uno smartphone. I guadagni si moltiplicano.
L‘intelligenza artificiale nel processo editoriale completo
Tutto è molto dinamico. Inkitt e Galatea usano l’IA in quasi ogni fase del processo editoriale: editing, suggerimenti di trama, traduzioni, audiolibri, copertine e marketing. Gli editori freelance possono usare modelli linguistici per scrivere o riscrivere testi, e i contenuti vengono verificati tramite A/B testing per ottimizzare le versioni pubblicate. Un romanzo può essere modificato decine o centinaia di volte in base ai dati del pubblico. La serie Keily è un esempio emblematico: il primo libro, scritto dall’autrice Sharma, dicono, è emotivo e autentico. I sequel invece risultano più freddi e generici, «scritti da ghostwriter con l’assistenza di IA». Alcune modifiche sono fatte senza coinvolgimento diretto dell’autore originale, anche se l’azienda afferma che gli autori possono rifiutarle. Le storie di Keily sono anche vendute come audiolibri con voci IA, tradotte automaticamente, e pubblicate in edizione cartacea.
Il dibattito sull’intelligenza artificiale tra gli scrittori
La comunità degli scrittori (esiste davvero?) in generale è divisa, dice l’articolo. Alcuni apprezzano la possibilità di guadagnare e raggiungere lettori, altri criticano l’uso intensivo dell’IA e la perdita dell’autorialità umana. «La visione di Albazaz è quella di un sistema ibrido in cui l’autore e l’Intelligenza Artificiale collaborano, e dove il successo è determinato dal coinvolgimento del lettore più che da giudizi editoriali umani».
E i giudizi dei lettori a questo punto sono umani o subumani? La corsa all’interazione tra base e altezza diviso zero, tra utente e sorgente, dove ciascuno ha da dire la sua, esprimere il parere alla rassegna stampa radiofonica, commentare le notizie sui social, ha portato a questo sistema in cui il gregge fa sentire la propria voce affinché l’IA, guidata da fantasmi, la uniformi e modifichi a suo piacimento i prodotti dell’ingegno di un autore che dopo il lockdown lavora in banca, come Sharma, non più “bruciata dall’antico contatto celeste” con l’ispirazione del Covid-19.
La standardizzazione emotiva della narrativa attraverso l’IA
L’ansia da trash, la voglia cioè di esprimersi ripetendo un modello e nella maggior parte dei casi fallendo nel tentativo, viene livellata dall’intervento di un’Intelligenza Artificiale sempre più attenta ai gusti medi, ai commenti medi, ai medi desideri di una massa che per esprimersi meglio si uniforma sempre più a uno standard collettivo. L’individuo creatore così è seppellito con il suo fallace intelletto per lasciare spazio a un sistema guidato dai dati, rimescolato da suggerimenti presunti umani che confluiscono in continui rimaneggiamenti di una trama romanzesca, nella sciocca illusione che la trama sia importante in un’opera d’arte. Una trama forse è importante in una serie TV. Più l’IA l’affina cercando di adattarla ai consigli umani, meno umana sarà.
L’autore medio, tra royalties e rinuncia all’identità creativa
Il lettore-base è anche lo scrittore-base, coinvolto nel meccanismo di un’espressione di sé che lo esonera infine dall’incombenza di creare ciò che credeva di voler creare, per starsene a casa a incassare royalties da opere medie che inutilmente recano il suo nome. Nel leggere i sequel dei propri testi dopo che qualcos’altro glieli avrà scodellati, forse si dirà «però com’ero bravino quando le cose me le scrivevo io». E poi che gusto c’è a leggere qualcosa che in fin dei conti ci si è fatti scrivere da un meccanismo? Neanche il gusto del dilettante. Giusto la magra astuzia dello scolaro che copia il compito del compagno senza farsi scoprire.
A chi chiedeva cosa significasse il titolo del capolavoro di William Burroughs, Il pasto nudo, suggeritogli da Jack Kerouac, lui ha risposto: «Vuoi vedere cos’hai sulla punta della forchetta? Vuoi sapere esattamente quello che stai per mangiare? Quello è il pasto nudo». Rigiriamo la domanda al lettore-base ispiratore delle trame rimaneggiate cento volte dall’IA: «Vuoi davvero sapere cosa stai per mangiare?»