Nell’era dell’intelligenza artificiale generativa, il confine tra autentico e verosimile si assottiglia sempre di più. Come “direbbe” Xun (2025) viviamo in una sorta di “ipnocrazia” cognitiva: un regime che opera direttamente sulla coscienza collettiva, inducendo una trance permanente in cui la percezione della realtà viene modulata e riscritta dalle narrazioni algoritmiche.
Di fronte a questo scenario, le istituzioni di alta formazione artistica e musicale (AFAM) possono assumere un ruolo strategico nell’ecosistema dell’innovazione digitale, coltivando saperi critici e creativi che aiutino la società a navigare la complessità tecnologica.
In Europa, questa visione si inserisce in un contesto di politiche e iniziative che riconoscono l’importanza della cultura e della creatività nell’era digitale. Bandi e progetti finanziati dall’Unione Europea sostengono l’integrazione di IA e industrie creative per affrontare le sfide della transizione digitale, verde e sociale.
Ne è esempio il progetto europeo CYANOTYPES – Strategic Skills for Creative Futures (di cui abbiamo già parlato qui), che riunisce università, centri di formazione, industrie culturali e hub innovativi per sviluppare un ecosistema di competenze orientato al futuro del settore culturale. In questo quadro, le accademie artistiche non sono più solo luoghi di conservazione del patrimonio o di formazione tecnica, ma diventano laboratori di sperimentazione e co-creazione in cui arte, scienza, etica, filosofia e tecnologia si incontrano.
Indice degli argomenti
geniaLAB AANT come hub di ricerca su IA e cultura digitale
Il caso geniaLAB. Un esempio concreto di questa evoluzione è il geniaLAB dell’Accademia AANT di Roma. Nato formalmente con un decreto direttoriale nel luglio 2025, geniaLAB si configura come un hub di ricerca permanente dedicato all’intelligenza artificiale, alla cultura digitale, alle tecnologie cognitive e all’innovazione creativa.
La sua missione è ambiziosa e multidimensionale. Da un lato, il laboratorio vuole fungere da osservatorio critico sulle trasformazioni sociali e culturali innescate dall’IA; dall’altro, mira a diventare un catalizzatore di progetti innovativi che coniughino arte e tecnologia. In concreto, geniaLAB è concepito come un luogo di eccellenza che unisce la tradizione italiana nelle arti, nella filosofia e nella comunicazione con le frontiere tecnologiche contemporanee.
Ciò significa sviluppare approcci sia critici sia creativi all’IA: interrogarsi sull’impatto dei sistemi intelligenti sull’esperienza umana e sulla società (dalle questioni di senso e verità nell’era dei deepfake, fino alla ridefinizione dell’autorialità artistica), ma anche sperimentare creativamente con gli algoritmi per esplorare nuove forme espressive e applicazioni culturali.
Le aree di ricerca transdisciplinare del geniaLAB AANT
geniaLAB abbraccia una molteplicità di aree di ricerca transdisciplinare, coerentemente con la natura ibrida dell’iniziativa. Si spazia dalla filosofia e antropologia delle tecnologie (riflettendo su come l’IA ridefinisce concetti di soggettività, creatività e realtà), all’analisi del rapporto tra cultura digitale e società (ad esempio studiando i fenomeni di disinformazione algoritmica o di echo chamber cognitiva), fino alle metodologie di creazione artistica aumentata dall’IA.
Tecnologie, soggettività e creatività
Altre linee comprendono l’innovation design e le creative industries, lo sviluppo di pedagogie innovative adeguate all’era dell’AI, i temi di governance etica e democratica delle tecnologie, e perfino la sperimentazione di nuove estetiche computazionali e poetiche.
In sintesi, geniaLAB intende esplorare l’IA non solo come tecnologia, ma come fenomeno culturale totale che richiede sguardi molteplici.
Le accademie AFAM come fucine di pensiero critico sull’IA
Accademie AFAM come fucine di pensiero critico-creativo sull’IA. Il caso di geniaLAB permette di aprire una riflessione più ampia sul ruolo delle istituzioni AFAM nell’ecosistema dell’innovazione digitale europeo. Tradizionalmente, accademie di belle arti, conservatori e istituti analoghi sono visti come luoghi di alta formazione specializzata nelle arti e mestieri creativi.
Oggi, di fronte alla pervasività delle tecnologie digitali, queste istituzioni possono rivendicare una funzione ulteriore: diventare fucine di pensiero critico-creativo sull’IA e sulla cultura digitale. In altri termini, gli spazi formativi artistici possono evolvere in laboratori sociali dove la società sperimenta e riflette sul proprio futuro tecnologico.
geniaLAB AANT e le nuove competenze per l’era dell’IA
Diversi fattori rendono questo posizionamento particolarmente significativo. Innanzitutto, le accademie artistiche incarnano per vocazione quella combinazione di teoria e pratica che appare essenziale per comprendere l’IA generativa. L’esperimento editoriale Ipnocrazia, orchestrato da Andrea Colamedici anche attraverso un uso creativo dell’AI, ha mostrato come teoria e prassi possano fondersi in un’unica operazione.
Allo stesso modo, nei laboratori artistici l’atto creativo può diventare esso stesso una forma di ricerca critica: creando con l’AI, si indaga sull’AI. Questa convergenza speculativa tra fare e pensare, tipica delle discipline artistiche, offre un modello prezioso per affrontare un fenomeno sfaccettato come l’IA generativa, dove domande filosofiche (sull’autorialità, sul senso del bello prodotto dalla macchina, sul rapporto uomo-macchina) si intrecciano a sfide ingegneristiche ed etiche.
In secondo luogo, le accademie AFAM hanno nel loro DNA un approccio umanistico e interdisciplinare che le rende attori ideali per colmare il divario tra sviluppo tecnologico e comprensione culturale. Se la rivoluzione dell’IA è “quantistica” – un salto evolutivo destinato a connettere sistemi informatici, esseri umani e intero pianeta in modi inediti – allora servono nuovi modelli educativi e cognitivi per prepararci a tale mutamento.
Figure come Derrick de Kerckhove insistono sulla necessità di ripensare i fondamenti della conoscenza e l’educazione al prompt nell’era delle psicotecnologie linguistiche. Le accademie artistiche possono raccogliere questa sfida rinnovando i propri metodi formativi: non solo insegnando l’uso creativo delle tecnologie, ma coltivando metacompetenze come la capacità di farsi domande, di connettere saperi diversi, di mantenere vivo lo spirito critico di fronte all’automazione cognitiva.
Visioni ibride tra arte, scienza, etica e tecnologia
Terzo punto: le accademie AFAM possono contribuire a definire una visione europea dell’innovazione digitale, centrata su valori culturali, diversità e inclusione. L’Unione Europea ha già intrapreso un percorso normativo ed etico unico (si pensi all’AI Act europeo, che pone limiti chiari all’uso dell’IA ad alto rischio).
Ma oltre alle regole servono visioni e narrazioni alternative. Le accademie, con la loro autonomia creativa e la loro tradizione intellettuale, possono fornire queste narrazioni. Iniziative come geniaLAB, inserite in reti internazionali (ad esempio la già citata rete CYANOTYPES), dimostrano come un’istituzione locale possa incidere globalmente, contribuendo a definire competenze strategiche per il futuro creativo dell’Europa.
Visioni ibride: arte, scienza, etica e tecnologia in dialogo. Un aspetto cruciale emerso dal modello geniaLAB è l’importanza di costruire team e comunità ibride, capaci di far dialogare prospettive diverse. Il Comitato Scientifico di geniaLAB, ad esempio, riunisce una costellazione di esperti provenienti sia dall’interno dell’accademia sia dall’esterno, coprendo i campi dell’arte, della filosofia, della tecnologia e della cultura digitale.
Vi partecipano studiosi e professionisti eterogenei: dal media theorist Simone Arcagni (esperto di cinema digitale e metaverso) all’antropologo Massimo Canevacci (pioniere dell’analisi culturale del virtuale), dalla filosofa Maura Gancitano e Andrea Colamedici (fondatori di Tlon e autori di sperimentazioni sull’IA e la società) al computer scientist Marco Gori (ricercatore di fama internazionale nell’IA), dall’artista new media Maurice Benayoun (autore di installazioni interattive premiate) al teorico delle arti elettroniche Pier Luigi Capucci, dall’esperta di diritto ed etica digitale Luna Bianchi al musicista sperimentale Alex Braga (inventore dell’IA musicale A-MINT), fino al teorico dei media ecologici Paolo Granata, alla giornalista culturale Sabina Minardi e al designer della comunicazione Matteo Ciastellardi, tra gli altri.
Ciascuno di loro apporta uno sguardo peculiare: filosofico, tecnico-scientifico, artistico, socio-culturale. Insieme, contribuiscono a quella visione ibrida invocata da molti come necessaria per governare l’innovazione: una visione in cui scienza e arte, etica e tecnologia non sono mondi separati, ma dimensioni interconnesse.
Il geniaLAB di AANT, con la sua visione interdisciplinare e la sua apertura internazionale, non è solo un centro di studio interno, ma un catalizzatore di progettualità che consolida il ruolo dell’accademia come attore autorevole nel contesto contemporaneo. Attraverso iniziative di ricerca, formazione avanzata e divulgazione, esso contribuisce a formare quei “generativisti” capaci di abitare con coscienza la complessità tecnologica e di trasformare l’IA in uno strumento di arricchimento culturale, anziché di impoverimento.













