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Copia privata, cosa ci aspetta dalla nuova normativa: tariffe, diritti, roadmap



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Dalla genesi dell’istituto, all’introduzione del cloud, alla precisazione sugli apparecchi ricondizionati: perché la bozza di decreto del Ministero della Cultura risulta un compromesso equilibrato e in linea con quanto previsto dalla norma

Pubblicato il 2 ott 2025

Luigi Abete

Presidente Confindustria Cultura Italia 



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Troppo spesso ci dimentichiamo che senza tutela del diritto d’autore non esiste diffusione della cultura, perché è proprio la garanzia di essere remunerati per la propria attività intellettuale il presupposto che consente a scrittori, musicisti, autori in generale, editori in qualsiasi forma di poter esistere e vivere del loro lavoro. La bozza di decreto del Ministero della Cultura che aggiorna le tariffe per i compensi per la copia privata, così come previsto dalla legge, va analizzata avendo come punto fermo proprio questa premessa.  

In più occasioni è emersa in questi mesi una opposizione ideologica all’istituto della copia privata, definita una tassa sull’innovazione, un ostacolo gettato tra i piedi dei consumatori di tecnologie digitali.

Prima di ogni analisi e ragionamento, una premessa è quindi doverosa: negli obiettivi del legislatore europeo la copia privata rappresenta la sintesi tra la giusta esigenza del consumatore di fruire, attraverso la riproduzione per uso personale sui propri device, degli esemplari delle opere dell’ingegno in loro legittimo possesso e la necessità di remunerare, per questa attività di riproduzione che rappresenta una “eccezione” al diritto d’autore, tutti i titolari dei diritti su quelle opere.  

Copia privata, le nuove misure tariffarie previste  

Il primo elemento da evidenziare è che le nuove misure tariffarie utilizzano un criterio proporzionale, in linea con quello utilizzato in occasione della definizione delle precedenti tariffe che, pertanto, non hanno subito sostanziali modifiche rispetto all’impianto del Decreto Ministeriale del 30 giugno 2020 e sono state aggiornate, così come evidenziato dallo stesso Ministero della Cultura, secondo un processo di rivalutazione monetaria sulla base dell’indice ISTAT per Famiglie, Operai, Impiegati (FOI) a decorrere dal primo gennaio 2021 al 31 dicembre 2024.

Non si colpisce quindi l’innovazione, ma si interviene in una logica di tutela degli interessi di tutti gli attori coinvolti. Un esempio concreto di questo intento è rappresentato dallo smartphone: negli ultimi tre anni, come già in passato, la produzione e le vendite di tali prodotti si sono concentrate su modelli di dispositivi caratterizzati dall’aumento della capacità di memoria e funzioni più avanzate. Considerato ciò, nonché la loro diffusione e il loro utilizzo ai fini della copia privata, sono state prese in considerazione nella bozza di decreto nuove fasce di memoria che tenessero conto dell’innovazione tecnologica.

Bene: le tariffe applicate in Italia a smartphone e tablet restano comunque al di sotto della media europea nonostante l’adeguamento previsto dallo schema di decreto attualmente in discussione. La logica del rialzo “tout court” per quello che risulta essere il device più venduto in Italia non è stata applicata. 

L’introduzione del cloud nell’istituto della copia privata

L’introduzione del cloud rientra nella logica della premessa fatta e in considerazione del suo crescente utilizzo: attraverso il cloud è possibile fruire di una memoria molto più ampia con possibilità di effettuare maggiori atti legittimi di copia privata. L’aver fatto una riflessione all’interno dello schema di decreto è in linea con quanto sta accadendo in Europa, dove alcuni degli Stati come la Germania, stanno negoziando o valutando la possibilità di introdurre il cloud, mentre altri come la Francia e l’Olanda hanno già disciplinato il tema.

La stessa Corte di Giustizia UE (causa C-433/20 Austro Mechana v. Strato) si è pronunciata sul tema stabilendo che l’eccezione di copia privata si applica anche alla memorizzazione nel cloud di una copia di un’opera protetta realizzata per fini privati. Anche in questo caso la bozza di decreto punta ad essere bilanciata in quanto riporta una prima fascia esente da compenso riconducibile a una capacità ridotta di memorizzazione, mentre per le fasce successive propone l’applicazione di tariffe decrescenti con l’aumentare della capacità di memoria ma entro livelli comunque contenuti. 

Copia privata: gli apparecchi e i supporti ricondizionati 

A chiusura dell’impianto tariffario, lo schema di decreto specifica che il compenso per la riproduzione privata di fonogrammi a videogrammi si applica anche agli apparecchi e supporti ricondizionati. Non si tratta di un doppio compenso: occorre infatti considerare che la capacità di memoria di questi dispositivi, dopo la procedura di rigenerazione, risulta essere la stessa di apparecchi nuovi.

Infatti, il ricondizionamento comporta l’azzeramento, se non addirittura la sostituzione, della memoria, con sua integrale riutilizzabilità da parte del successivo utente alla pari di un nuovo device. É quindi evidente la possibilità che questi apparecchi vengano utilizzati da nuove persone fisiche che nuovamente effettuano per uso privato copie di opere protette.  

Copia privata, cosa aspettarci

Risulta chiaro che buona parte delle critiche rivolte al nuovo schema di tariffe non tengano conto del senso originario della misura dell’istituto della Copia Privata, tutt’altro che una tassazione arbitraria sull’innovazione. In assenza di questa, anzi, l’unico modo per arrivare a una efficace tutela del diritto autore sarebbe l’obbligo di ottenere una licenza per ogni riproduzione, il che sarebbe oltremodo più gravoso e complicato.  

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