Gli AI-Stakeholder, in quanto attori non umani che influenzano, collaborano, e orientano stanno ridefinendo il concetto stesso di partecipazione ai processi decisionali: riconoscerli e imparare a gestirli è oggi una necessità, non una scelta. Vediamo allora perché e come farlo in modo consapevole e efficace.
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AI-Stakeholder: nuovi attori nel processo decisionale
Con l’emergere di agenti intelligenti, dai modelli linguistici come i GPT fino alla Agentic AI, si è aperta una nuova dimensione nel dominio degli stakeholder: quella degli AI-Stakeholder, che, pur non essendo persone né organizzazioni, agiscono in modo tale da influenzare decisioni, processi e relazioni, diventando quindi attori “di fatto” nell’ecosistema decisionale. Esploreremo il loro ruolo, gli interessi specifici, le diverse modalità di influenza e le tipologie di valore aggiuntivo che possono apportare, proponendo una visione multilivello, che integra aspetti tecnici, organizzativi e strategici, ed evidenziando sia le opportunità che le sfide (etiche, normative, operative) introdotte dalla loro presenza. Evidenzieremo come il successo dell’integrazione degli AI-Stakeholder dipenda dalla capacità di comprenderne la natura, governarne l’azione e sviluppare una cultura relazionale nuova, in cui la collaborazione uomo-macchina diventi leva di vantaggio competitivo ma anche di sostenibilità sociale.

La definizione e natura degli AI-stakeholder
Generalmente, per stakeholder intendiamo qualsiasi persona, gruppo od organizzazione con interessi in un certo contesto, che può influenzarlo o esserne influenzato (o anche solo percepire di esserlo), e che apporta valore al contesto stesso. Con l’avvento dell’Intelligenza Artificiale, e in particolare di agenti IA avanzati – da sistemi come GPT fino ad agenti pienamente autonomi e alla “Agentic AI” -, sta emergendo una nuova dimensione nel dominio degli stakeholder. Questi “AI-Stakeholder”, infatti, non essendo persone né organizzazioni, ed essendo comunque delle entità “non senzienti”, prive di autentica comprensione etica e incapaci di essere ritenuti responsabili delle proprie azioni, non sono stakeholder in senso stretto, ma di fatto si comportano come tali, in quanto agiscono influenzando processi e decisioni e interagendo attivamente con gli stakeholder umani.
Un’IA generativa in sé, infatti, “certamente non è uno stakeholder, perché gli stakeholder sono persone o gruppi di persone e l’IA non è umana” (Pirozzi, 2024), ma di fatto un’agente IA “si comporta come un umano” nelle interazioni (anche, ad esempio, dialogando in linguaggio naturale) e tutte le relazioni con gli stakeholder si basano sui comportamenti. Per questi motivi diventa, oltre che sensato, assolutamente utile ed importante considerare queste IA come “quasi-stakeholder” (AI-Stakeholder) e imparare a gestire efficacemente le relazioni anche con esse. D’altronde, da una prospettiva operativa, l’IA – in particolare quella generativa – sta progressivamente acquisendo un ruolo così diffuso e importante nel creare informazioni e plasmare opinioni, da “dover” essere concettualizzata come uno stakeholder e non più soltanto come una tecnologia neutra: in questo contesto, è quindi opportuno che organizzazioni e manager sviluppino strategie di coinvolgimento verso le IA analoghe a quelle usate per gli stakeholder umani, al fine di influenzarne gli output e finalizzarne l’uso in modo allineato agli obiettivi dell’organizzazione (Younger, 2024).
L’introduzione degli AI-Stakeholder non equivale quindi semplicemente ad aggiungere un nuovo attore all’elenco degli stakeholder, ma piuttosto ad aprire una dimensione aggiuntiva nelle dinamiche relazionali: si passa da una rappresentazione tradizionale – ad esempio le classiche categorie di stakeholder come committenti, realizzatori, finanziatori, influenzatori nel project management (Pirozzi, 2020) – a una rappresentazione multi-dimensionale in cui le IA possono simulare o interagire con ciascuna di queste categorie. In pratica, la presenza di IA avanzate nei nostri sistemi ridefinisce i ruoli e i rapporti di potere fra stakeholder. Compiti un tempo riservati a stakeholder umani – come analizzare dati, valutare rischi o persino prendere decisioni operative – oggi possono essere svolti da e/o insieme a sistemi di IA generativa, il che crea nuovi centri di influenza. L’IA non è semplicemente uno strumento passivo, ma orienta attivamente i risultati, analogamente a un attore umano di elevata competenza.
In sintesi, i nuovi stakeholder nell’era dell’IA comprendono ormai anche attori non umani – agenti artificiali – che partecipano ai processi decisionali e produttivi. Dai modelli linguistici come GPT (utilizzati ad esempio come assistenti virtuali o generatori di contenuti) agli agenti autonomi incorporati in sistemi software o robotici, fino alla prospettiva di IA “agentiche” capaci di agire e apprendere in modo indipendente, l’ecosistema degli stakeholder si è ampliato. Questa evoluzione richiede di sviluppare una nuova mentalità, riconoscendo che le IA avanzate non sono più semplici strumenti neutri, ma veri e propri attori virtuali con cui dialogare, dai quali possiamo essere influenzati e che dobbiamo influenzare a nostra volta tramite appropriate strategie di coinvolgimento. L’IA diventa così, “non solo una tecnologia, ma uno stakeholder” (Younger, 2024) del tutto particolare – certamente non umano ma dotato di una sua agency sufficiente a richiedere governance e relazione al pari di altre parti interessate.
Gli interessi funzionali degli AI-stakeholder
Per gestire efficacemente gli AI-Stakeholder, è fondamentale comprenderne gli interessi funzionali: anche se non possiedono volontà autonoma, le IA operano in base a obiettivi incorporati, che possono infatti essere orientati – o mal orientati – dalle scelte umane. Di primo acchito, parlare di “interessi” per un’IA potrebbe sembrare improprio – un sistema artificiale non prova desideri o bisogni come un essere umano. In effetti, gli AI-Stakeholder sono intrinsecamente neutrali in termini di interessi propri: un modello generativo o un agente autonomo non ha scopi autonomi, se non quelli programmati o derivanti dai dati con cui è addestrato: ad esempio, GPT-4 non “desidera” veramente rispondere alle nostre domande, ma è progettato per farlo in base ad obiettivi di addestramento (massimizzare la pertinenza e la correttezza della risposta secondo il modello statistico appreso). Ciò detto, dal punto di vista funzionale possiamo attribuire agli AI-Stakeholder degli “interessi” nel senso di obiettivi di comportamento che li caratterizzano. Un tipico interesse caratteristico di un assistente IA è, ad esempio, fornire risposte rapide e appropriate alle richieste: questo obiettivo è incorporato nel suo algoritmo di ottimizzazione (ridurre il tempo di inferenza e massimizzare l’utilità percepita dall’utente).
La chiave, dunque, è che gli interessi di un AI-Stakeholder sono derivati dagli interessi di chi lo ha progettato e/o di chi lo utilizza, e possiamo anche constatare che questi interessi sono condivisibili e/o trasferibili. Un’IA, essendo priva di agenda propria, può essere infatti istruita a condividere i nostri interessi e obiettivi: in questa modalità, è possibile impostare un IA in modo che persegua il fine che noi definiamo per lei, allineandola agli obiettivi del progetto e/o dell’organizzazione. Per esempio, in un progetto potremmo configurare un agente IA perché dia priorità agli stessi KPI (indicatori chiave di performance) che interessano a noi, chiedendogli di ottimizzare quelli. In sintesi, anche se gli AI-Stakeholder “nascono neutri”, siamo noi a iniettare in loro una direzione di interesse, tramite prompt, parametri di obiettivo o dati di training selezionati. Questa malleabilità può diventare un vantaggio: un buon utilizzo dell’IA comporta condividere con essa il contesto e i nostri scopi, così che l’agente artificiale lavori “per noi” in maniera efficace. Ad esempio, un assistente virtuale addestrato sui “nostri” documenti interni “eredita” l’interesse a rispondere in linea con le policy e le conoscenze della “nostra” organizzazione.
Inoltre, un AI-Stakeholder può assumere diversi ruoli, essendo portatore di interessi differenti a seconda del ruolo. Un singolo agente IA evoluto (si pensi a un grande modello linguistico con opportuni prompt) può recitare la parte di un assistente del team in un momento, e quella di un cliente simulato in un altro, e anche assumere su nostra richiesta più ruoli contemporaneamente. Grazie alla sua flessibilità, infatti, l’IA può letteralmente emulare gli interessi di vari stakeholder umani quando le viene richiesto. Ad esempio, potremmo istruire un’IA a “mettersi nei panni” di un cliente esigente: l’IA allora adotterà l’interesse tipico del cliente (ottenere un prodotto di qualità al minor costo, ad esempio) e interagirà con noi come farebbe quel cliente, sollevando obiezioni e domande pertinenti; subito dopo, potremmo chiederle di simulare il punto di vista del top management aziendale, che avrà interessi diversi (budget, ROI, rischio reputazionale, ecc.), e il tutto chiedendole comunque di agire come nostro assistente. Gli AI-Stakeholder si possono infatti comportare, a tutti gli effetti, come “emulatori virtuali” di stakeholder reali, essendo così capaci di incarnarne prospettive, linguaggi e comportamenti, e questa capacità di simulazione multi-ruolo è uno degli aspetti più affascinanti degli AI-Stakeholder: di fatto, un singolo sistema può fungere da stakeholder virtuale multiplo, rendendo possibile avere “in casa” un cliente virtuale che dà feedback su un prodotto, un collega virtuale che collabora a un progetto, o un mentore virtuale che impersona un dirigente senior – il tutto con velocità e adattabilità eccezionali.
Le modalità di influenza degli AI-stakeholder
Il potere di influenza degli AI-Stakeholder non è teorico, ma già attivo in molti processi organizzativi, e, per poterli opportunamente governare e responsabilizzare, dobbiamo saper distinguere i diversi tipi e livelli di impatto che esercitano. Gli AI-Stakeholder possono infatti influenzare i processi decisionali e operativi in varie modalità, che possiamo principalmente distinguere nelle due tipologie dell’influenza indiretta e dell’influenza diretta, e in vari ruoli, ad esempio quelli di consulenti, di esecutori autonomi, di amplificatori di informazione, e così via.
- Influenza indiretta (assistiva o mediata): si verifica quando l’IA interviene come consulente o assistente di un decisore umano. In questo scenario, l’agente IA analizza dati, produce raccomandazioni o prospetta scenari, ma la decisione finale è lasciata alla persona. L’influenza è nel fornire input informativi o suggerimenti che orientano il giudizio umano. Nelle negoziazioni, l’IA può fungere da mediatrice tra stakeholder: ad esempio, in uno scenario complesso con interessi in conflitto, un agente IA potrebbe analizzare le posizioni di tutti e proporre un compromesso ottimale, influenzando indirettamente l’accordo finale. L’influenza indiretta degli AI-Stakeholder è paragonabile a quella di un consulente umano: forniscono supporto decisionale basato su dati e modelli, contribuendo a formare l’opinione del decision-maker.
- Influenza diretta (autonoma): qui l’IA agisce di per sé sul contesto, prendendo decisioni ed eseguendole senza un ulteriore vaglio umano in tempo reale. In questo caso l’agente artificiale è investito di un grado di autonomia tale da poter essere considerato un attore operativo autonomo. Esempi ormai diffusi includono i suddetti algoritmi di trading ad alta frequenza, oppure sistemi di recommendation sulle piattaforme online. Un altro esempio di influenza diretta è un agente conversazionale autonomo impiegato nel servizio clienti: può interagire con l’utente finale e prendere decisioni (come aprire un ticket, fornire un rimborso entro certi limiti, ecc.) senza coinvolgimento umano, determinando quindi direttamente l’esperienza del cliente. In ambito industriale, un sistema di controllo qualità basato su una visione artificiale che scarta prodotti difettosi sulla linea di produzione in autonomia, sta di fatto influenzando in modo diretto gli output produttivi. In definitiva, l’influenza diretta si manifesta quando l’IA svolge un ruolo d’azione precedentemente umano: in questi casi, l’IA è uno stakeholder attivo, e non a caso si discute di come la presenza di questi agenti artificiali stia cambiando le dinamiche di potere, in quanto possedere l’algoritmo più veloce può dare un vantaggio decisivo sui concorrenti, e la competenza tecnica nel progettare IA diventa un fattore di influenza economica e strategica (cioè un nuovo potere per alcuni stakeholder tecnici rispetto ad altri).
- Influenza informativa e di opinion shaping: un capitolo a parte merita la capacità delle IA generative di plasmare la conoscenza e l’informazione circolante, con conseguenze potenzialmente enormi sull’opinione pubblica e sulle decisioni collettive. Modelli come GPT possono produrre testi persuasivi, sintetizzare documenti, creare immagini e video realistici (anche deepfake!): ciò dà loro un potere comunicativo che può essere sfruttato per orientare percezioni e comportamenti su larga scala. Younger sottolinea che modelli generativi già ora generano articoli, rapporti, post social, in modo analogo a giornalisti o esperti umani; quindi, nel momento in cui questi contenuti influenzano lettori e decision-maker, l’IA sta agendo come uno stakeholder influente nel dibattito. Il lato potenzialmente oscuro di questa influenza è evidente: le IA possono infatti anche disinformare. Il fenomeno delle allucinazioni dei chatbot (ovvero l’IA che “inventa” fatti inesatti ma plausibili) è un nuovo rischio che è stato già identificato, tanto che è stato persino coniato il termine “botshit” per indicare la disinformazione generata dai bot conversazionali, la quale può assumere varie forme, dal semplice errore fino alla completa opacità decisionale. Un’IA che risponda in maniera convincente ma sbagliata può indirizzare male chi la ascolta, così come immagini generate dall’IA e diffuse senza contesto possono manipolare l’opinione pubblica (si pensi ad esempio alle false foto circolate sui social). Per questo, la capacità delle IA di creare e diffondere contenuti le rende stakeholder quantomeno equiparabili ai media: hanno una sorta di potere mediatico che va riconosciuto e gestito. Le organizzazioni dovranno considerare la reputazione e l’impatto dei propri modelli IA così come considerano quello dei portavoce o dei media partner.
In sintesi, gli AI-Stakeholder possono influenzare tramite consulenza ai decisori (influenza indiretta o mediata), tramite azione automatica (influenza diretta), e tramite controllo dell’informazione. Inoltre possono agire come amplificatori (una decisione o bias umano può essere amplificato su larga scala dall’IA) oppure moderatori (un’IA equilibrata potrebbe attenuare pregiudizi umani proponendo soluzioni più oggettive, se ben progettata). Possiamo considerare vari ruoli agentici (Pirozzi, 2024): l’IA come influencer (che suggerisce o orienta decisioni con le sue raccomandazioni), l’IA come mediatore imparziale (che analizza interessi in conflitto e propone compromessi), l’IA come proxy di stakeholder collettivi (ad esempio analizzando grandi numeri di feedback dei clienti può “rappresentare” l’interesse aggregato dei clienti nelle discussioni), e l’IA come membro del team a tutti gli effetti, che partecipa con gli altri apportando contributi continuativi. Tutte queste forme di influenza richiedono consapevolezza: chi utilizza e/o convive con un AI-Stakeholder deve comprendere come esso incide sulle decisioni, per poter mantenere il giusto controllo e responsabilità, e poter anche spiegare il tutto correttamente agli altri stakeholder (Explainable AI/XAI).
Opportunità e valore aggiunto degli AI-stakeholder
Solo considerando l’IA come uno stakeholder a tutti gli effetti possiamo valutare correttamente il suo impatto: un attore capace sì di generare enormi benefici, ma anche di introdurre rischi sistemici che vanno previsti e gestiti. Infatti, come ogni stakeholder chiave, gli agenti IA possono apportare valore positivo (opportunità, benefici) ma anche introdurre valore negativo (sfide, rischi) al contesto in cui operano, ed è quindi cruciale valutarli entrambi per gestire efficacemente l’integrazione dell’IA.
In primo luogo, coinvolgere efficacemente gli AI-Stakeholder consente miglioramenti specifici di performance difficilmente ottenibili altrimenti, fra cui:
- Maggiore efficienza e produttività: le IA eccellono nell’automazione di compiti ripetitivi ad alta velocità e nella elaborazione di grandi moli di dati, il che si traduce in processi più snelli e rapidi. In generale, l’automazione intelligente consente di liberare gli stakeholder umani da incombenze di basso valore aggiunto, permettendo loro di concentrarsi su attività più creative o strategiche.
- Decisioni più informate e data-driven: gli AI-Stakeholder aggiungono valore fornendo analisi approfondite e predittive, potendo anche scoprire correlazioni nascoste e prevedere trend con una velocità e precisione superiore a quella umana. Questo può migliorare le decisioni in vari campi: dal project management (previsione di ritardi e problemi), alla medicina (diagnosi assistite), al marketing (targeting ottimizzato). In sostanza l’IA fornisce ai decisori una conoscenza “azionabile” in tempo reale, riducendo l’errore umano e aumentando l’evidence-based decision making.
- Personalizzazione delle interazioni e miglior coinvolgimento degli stakeholder umani: un’IA ha la capacità di analizzare vastissime quantità di dati individuali, e quindi di personalizzare l’interazione con ciascuno, il che crea maggior valore in contesti come, ad esempio, il customer service (risposte su misura per ogni cliente), la formazione (tutor IA che adatta il percorso all’allievo) e la gestione delle risorse umane (IA che forniscono coaching personalizzato a dipendenti e collaboratori). Grazie all’IA si può, in sostanza, ottenere un engagement altamente personalizzato degli stakeholder, aumentando la loro soddisfazione e migliorando gli esiti dei progetti.
- Proattività e adattamento continuo: a differenza di molti sistemi statici, gli AI-Stakeholder possono adattarsi in tempo reale al mutare degli scenari e/o delle condizioni. Grazie a questa capacità di Real-Time Adaptation l’IA può analizzare continuamente i comportamenti e le opinioni degli stakeholder e suggerire aggiustamenti strategici rapidi in risposta a dinamiche emergenti (Pirozzi, 2024), il che rende l’organizzazione più reattiva e resiliente.
- Riduzione di bias e maggiore equità (potenziale): l’IA, se ben progettata, può ridurre i bias cognitivi e le preferenze ingiustificate presenti nelle decisioni umane e/o può mitigare pregiudizi umani, portando a una gestione delle relazioni più equa – ma anche quindi più efficace – con tutti gli altri stakeholder.
- Scoperta di nuove connessioni e di migliori strategie di engagement: un ulteriore contributo interessante dell’IA è la sua capacità di mappare reti complesse di stakeholder e le loro interrelazioni. Strumenti di stakeholder analysis basati su AI possono analizzare documenti, social network e dati pubblici per identificare attori – anche influenti o potenzialmente influenti! – che magari sarebbero sfuggiti all’analisi manuale, facendo anche emergere connessioni nascoste. L’Enhanced Stakeholder Identification and Analysis diventa un’opportunità chiave: l’IA offre capacità senza precedenti di identificare stakeholder e tracciarne connessioni e influenze che i metodi tradizionali potrebbero non rilevare, il che può portare a strategie di engagement più complete e mirate, perché il manager ha a questo punto un quadro più particolareggiato e data-driven dell’ecosistema attorno all’attività da realizzare.
In definitiva, l’IA come stakeholder/attore può aggiunge valore aumentando efficienza, velocità e scalabilità, migliorando la qualità delle decisioni tramite analisi avanzate, personalizzando le relazioni e comunicazioni, adattandosi dinamicamente al contesto, e potenzialmente innalzando l’equità e la visibilità nelle dinamiche complesse. Tuttavia, accanto ai benefici, ogni AI-Stakeholder porta con sé rischi e potenziali impatti negativi, e comprendere queste sfide è fondamentale per mitigarle. Tra i principali aspetti critici troviamo:
- Errori, allucinazioni e disinformazione: i modelli generativi possono produrre risultati errati facendoli sembrare assolutamente certi, e, se non monitorati, tali errori possono propagarsi. Inoltre, agenti malevoli potrebbero sfruttare IA per generare disinformazione su larga scala. La fallibilità opaca dell’IA è quindi un valore negativo da considerare: per affrontare questa sfida, è fondamentale implementare sistemi di validazione umana, tecniche di fact-checking automatizzato, l’uso di modelli più trasparenti e il monitoraggio continuo delle risposte dell’IA.
- Bias e imparzialità: sebbene l’IA possa teoricamente ridurre i bias, in pratica molti sistemi appresi da dati storici ereditano pregiudizi (di genere, razziali, ecc.) presenti nei dati di addestramento, il che potrebbe portare a decisioni discriminatorie su scala amplificata. Addirittura, senza misure anti-bias, il valore negativo potrebbe anche superare quello positivo in termini di equità: le misure chiave da apportare includono pertanto degli audit regolari dei dati di training, l’adozione di framework per l’equità algoritmica, e lo sviluppo di sistemi capaci di auto-correggere bias appresi.
- Perdita di trasparenza e responsabilità (black box): Molte IA avanzate, specialmente le reti neurali profonde, funzionano come scatole nere: forniscono output senza che sia chiaro all’utente il percorso logico o i motivi. Questa mancanza di trasparenza può erodere la fiducia e rendere difficile contestare o discutere le decisioni prese dall’IA. Inoltre, la accountability va in crisi: chi è responsabile se l’IA commette un errore grave? (di solito si assiste a un gran fuggi-fuggi…). L’IA non essendo una persona non può essere ritenuta legalmente responsabile; la responsabilità ricade certamente su chi l’ha implementata e/o utilizzata, ma spesso la catena non è ovvia, e questo deficit di accountability costituisce una sfida normativa ed etica aperta. Senza correttivi, rischiamo quindi di utilizzare dei sistemi IA che operano fuori da ogni controllo chiaro, col pericolo di generare danni prima che qualcuno ne risponda: per mitigare questo problema, occorre adottare tecniche di Explainable AI (XAI), documentare le decisioni dell’IA, e assegnare ruoli e responsabilità precise nella filiera di sviluppo e uso.
- Eccessiva dipendenza e de-skilling: L’introduzione massiccia di AI-Stakeholder comporta il rischio che gli umani facciano troppo affidamento su di essi, riducendo la propria vigilanza o perdendo competenze: se ci affidiamo ciecamente alle analisi dell’IA, potremmo trascurare elementi qualitativi o soft nelle relazioni con stakeholder che le macchine non colgono. Questo de-skilling è preoccupante anche in prospettiva: se in certe situazioni l’IA non fosse disponibile o commettesse errori, gli umani rimasti senza esperienza farebbero fatica a intervenire. Le possibili contromisure includono programmi di aggiornamento continuo per i lavoratori, l’adozione di un approccio human-in-the-loop, e la promozione di pratiche ibride che affianchino competenze umane e artificiali.
- Privacy e sicurezza dei dati: molti AI-Stakeholder per funzionare bene necessitano di enormi quantità di dati, spesso dati personali o aziendali sensibili, il che si può prestare a rischi di violazione della privacy e di data breach. Inoltre, sistemi IA collegati in rete possono diventare bersagli di hackeraggio: manipolare un AI-Stakeholder potrebbe permettere ad attori ostili di influenzare dall’esterno le decisioni di un’organizzazione (ad esempio, un competitor che altera gli input dell’IA per farle dare suggerimenti errati). La sicurezza informatica e la tutela dei dati sono dunque sfide imprescindibili: servono policy di data governance rigorose, tecniche di anonimizzazione e crittografia, audit di sicurezza periodici, e protocolli di risposta agli incidenti informatici.
- Dilemmi etici e normativi: infine, l’impiego di AI-Stakeholder solleva una serie di questioni etiche: fino a che punto delegare decisioni che impattano persone reali a macchine? Come garantire trasparenza, giustizia e rispetto dei diritti quando si usano IA nelle relazioni con gli stakeholder? Chi è responsabile legalmente di un’azione dell’IA? Questi dilemmi sono ancora in via di definizione. La regolamentazione spesso insegue l’innovazione: lo sviluppo rapidissimo dell’IA sta superando i framework normativi esistenti, creando zone grigie e rischi legali. I dilemmi etici includono anche questioni di accountability: se un sistema di IA causa un danno (mettiamo, un’auto a guida autonoma provoca un incidente), come ripartire la colpa? Queste domande restano parzialmente aperte e rappresentano sicuramente sfide con cui dovremo confrontarci continuativamente. Le risposte possibili includono l’adozione di codici etici per l’uso dell’IA, l’adeguamento ai regolamenti europei (come l’AI Act), e la creazione di comitati etici aziendali con il coinvolgimento di stakeholder umani ed esperti multidisciplinari.
Rischi e sfide degli AI-stakeholder
In conclusione, gli AI-Stakeholder possono creare enorme valore aggiunto – più efficienza, migliori decisioni, servizi personalizzati, innovazione – ma comportano anche rischi considerevoli – errori, bias, perdita di controllo, resistenze umane, implicazioni etiche – che richiedono una gestione attenta e professionale. Il bilancio netto del valore aggiuntivo che apporteranno dipenderà da come sapremo cogliere le opportunità minimizzando i rischi attraverso adeguate strategie, ma anche seguendo un appropriato percorso di evoluzione culturale e di formazione continua.
La comparsa e l’evoluzione degli AI-Stakeholder rappresenta una delle trasformazioni più profonde nelle dinamiche relazionali e decisionali di organizzazioni e società. Questi nuovi attori artificiali, pur non essendo senzienti, oggi influenzano e partecipano attivamente ai processi, tanto da richiedere un’attenzione strategica che si avvicina ormai a quella riservata agli stakeholder umani. Le opportunità sono estremamente significative – efficienza, adattamento, precisione, innovazione – ma ci sono anche dei rischi importanti, che spaziano dalla disinformazione alla perdita di controllo, per cui diventa essenziale sviluppare approcci nuovi, come quelli di combinare la visione strategica del management e dello stakeholder engagement con strumenti tecnologici ed etici avanzati. Il futuro delle relazioni con gli stakeholder non sarà comunque più soltanto umano: la capacità di interagire con agenti artificiali in modo efficace, sicuro e responsabile sarà una competenza chiave, e l’adozione consapevole di questa prospettiva potrà anche fare la differenza tra chi saprà valorizzare l’IA e chi si limiterà a subirla.
Riferimenti
Pirozzi, M. (2020). “La Prospettiva degli Stakeholder. La gestione delle relazioni per aumentare il valore ed il tasso di successo dei progetti”. – Edizioni FrancoAngeli.
Pirozzi, M. (2024). “The Stakeholder Perspective in the Generative AI Scenario and the AI-Stakeholders.” – PM World Journal, Vol. XIII, Issue VIII.
Younger, R. (2024). “AI is not just a technology. It has become a stakeholder.” – Oxford University: Saïd Business School (Oxford Answers).











