Il presidente Usa Trump sta ridefinendo il quadro competitivo globale dell’intelligenza artificiale, con una deregulation spinta. Ne è testimone la riapertura dell’export dei chip AI più avanzati di Nvidia verso la Cina e il tentativo di bloccare leggi di singoli Stati, come la California, sull’intelligenza artificiale. Ma non solo.
Quest’accelerazione americana mette pressione sull’Europa impegnata nell’attuazione dell’AI Act verso probabilmente una parallela deregulation.
Come già comincia a vedersi con il digital omnibus.
Indice degli argomenti
L’asse politico-tecnologico che guida la strategia USA sull’AI
Una strategia che si chiarisce. L’incontro nello Studio Ovale tra Trump e Jensen Huang non è stato soltanto un momento consultivo, ma l’avvio di una pressione diretta e coordinata della Silicon Valley affinché la Casa Bianca blocchi la frammentazione normativa statale.
Huang, insieme a David Sacks e Sriram Krishnan, figure sempre più influenti nell’architettura politica dell’AI dell’amministrazione, ha descritto a Trump un rischio concreto: un mosaico di regole statali potrebbe rallentare l’innovazione americana fino a compromettere la leadership globale degli USA.
La reazione immediata di Trump ha accelerato un processo decisionale che punta a un ordine esecutivo senza precedenti.
Nel giro di pochi giorni l’amministrazione ha compiuto due mosse convergenti: alleggerire i vincoli che potrebbero rallentare la corsa delle imprese statunitensi dell’intelligenza artificiale.
Regolazione AI USA e il caso Nvidia: un nuovo equilibrio commerciale
Da un lato è arrivato il via libera alla vendita in Cina dell’H200 di Nvidia, un chip avanzato ma non di punta.
Dall’altro emerge la volontà di limitare la capacità degli stati federati, in particolare la California, di introdurre norme autonome in materia di AI.
La scelta su Nvidia rappresenta una parziale inversione di tendenza rispetto ai controlli più severi degli anni precedenti. Il principio resta immutato: l’export dei chip più potenti è vietato, ma la riapertura su una classe intermedia indica un approccio più pragmatico.
Il mercato cinese è cruciale per Nvidia e il blocco totale rischiava di favorire i concorrenti locali. Con questa decisione Washington consente all’azienda americana di mantenere una presenza commerciale significativa, preservando al tempo stesso la distanza tecnologica.
Il meccanismo che prevede la retrocessione al governo federale di una quota dei ricavi, se confermato, introduce un modello inedito: una partecipazione pubblica al valore dell’export tecnologico.
Le tensioni interne: sicurezza nazionale vs competitività, lo scontro con gli Stati su regole AI
Le reazioni non si sono fatte attendere. Una parte del Congresso e vari ex funzionari della sicurezza nazionale contestano la decisione, sostenendo che anche chip intermedi possano rafforzare le capacità militari e di sorveglianza della Cina.
Il dissenso nasce dalla tensione tra due priorità: la tutela del vantaggio strategico americano e la necessità di sostenere la competitività delle imprese domestiche in un settore in cui margini e investimenti dipendono dalla scala globale.
Il nodo della California e il rischio di uno standard de facto
Il caso californiano è il catalizzatore del conflitto. Non si tratta solo di uno stato che vara norme avanzate, ma del possibile effetto domino e del timore — espresso da Huang e dagli advisor della Casa Bianca — che gli stati democratici definiscano standard de facto per tutto il Paese.
Il disegno di legge SB 1047, pur bloccato dal veto del governatore Newsom, ha mostrato quanto sia acceso il confronto tra chi propone requisiti di sicurezza più severi per i modelli di frontiera e chi teme impatti sull’innovazione.
Regolazione AI USA: la spinta verso una prevalenza federale
Le rivelazioni più recenti mostrano che l’amministrazione sta valutando non solo la pre-emption delle leggi statali, ma anche strumenti di pressione diretta, inclusa la possibilità di limitare l’accesso ai fondi federali e coinvolgere una task force del Dipartimento di Giustizia.
Questa strategia, se confermata, produrrebbe un conflitto istituzionale aperto, anche con stati repubblicani.
La bozza dell’ordine esecutivo, circolata in varie versioni, mira a prevenire la frammentazione normativa chiarendo la prevalenza federale su modelli, infrastrutture o servizi con impatto nazionale.
Per ora resta un documento di lavoro, ma il bivio è stato imboccato.
L’offensiva politica: velocità come asset strategico
L’amministrazione considera la velocità dell’innovazione un interesse nazionale. La pressione esercitata da Huang, Sacks e Andreessen evidenzia un asse strutturato tra Silicon Valley e Casa Bianca.
Allo stesso tempo emergono fratture nel campo conservatore: Bannon, Hawley e DeSantis si oppongono all’idea di limitare il potere degli stati, accusando Sacks di aver tentato più volte di far passare un’“amnistia AI” favorevole alle big tech.
L’Europa tra AI Act e competizione globale
L’AI Act europeo, con i suoi obblighi stringenti, rappresenta un approccio opposto rispetto alla linea americana.
La Commissione, consapevole delle difficoltà applicative, ha avviato correttivi e possibili rinvii.
Il confronto con gli USA accentua il divario: senza un forte impulso industriale, l’Europa rischia di essere regolatore globale, ma non protagonista della frontiera tecnologica.
Un messaggio implicito a Bruxelles
Gli Stati Uniti stanno delineando un quadro in cui la centralizzazione normativa garantisce rapidità e coerenza.
La percezione crescente nella Silicon Valley è che l’AI Act possa rallentare l’innovazione.
Il pacchetto Digital Omnibus, mirato a semplificare alcuni adempimenti, può essere letto come reazione preventiva alla deregolazione americana.
Nei prossimi mesi sarà cruciale osservare tre dinamiche: il dibattito USA sull’export dei chip, il destino dell’ordine esecutivo sulla pre-emption e la capacità dell’UE di bilanciare tutela e sviluppo tecnologico. La corsa all’AI si gioca anche nella politica, non solo nella tecnologia.












