Il settore manifatturiero si trova oggi in una posizione di particolare vulnerabilità: è al tempo stesso motore dell’innovazione industriale e bersaglio privilegiato dei cybercriminali. Le fabbriche moderne non si fermano più per guasti meccanici, ma per attacchi informatici che bloccano la produzione, rallentano la supply chain e compromettono la fiducia di clienti e investitori. In un contesto in cui anche pochi minuti di inattività possono avere effetti a catena sull’intera filiera, la cybersecurity è diventata una condizione indispensabile per la continuità operativa.
Gli episodi recenti nel settore automobilistico ne sono la dimostrazione. Aziende come Jaguar Land Rover e Stellantis hanno subito incidenti che hanno costretto a sospendere la produzione o a gestire fughe di dati, con conseguenze significative sul piano economico e reputazionale. Se realtà globali con risorse ingenti possono subire danni di questa portata, l’impatto su una piccola o media impresa, spesso priva di un team IT dedicato, può essere devastante.
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Dalla conformità alla resilienza
Per lungo tempo la cybersecurity è stata percepita come un obbligo normativo. Oggi, invece, rappresenta un fattore strategico al pari della qualità o della sicurezza sul lavoro. Limitarsi alla compliance non è più sufficiente a contrastare attacchi sempre più mirati, che combinano tecniche di social engineering, exploit di vulnerabilità e furto di credenziali.
Secondo IBM, il manifatturiero è stato il settore più colpito a livello mondiale nell’ultimo anno, con il 26% degli incidenti analizzati a livello globale e punte del 40% nell’area Asia-Pacifico. A incidere maggiormente sono state le tecnologie legacy e i sistemi OT connessi, che hanno ampliato la superficie d’attacco offrendo agli avversari nuovi punti di ingresso.
L’escalation degli attacchi secondo Verizon
L’aumento degli incidenti è confermato anche da Verizon, che segnala un incremento dell’89% delle violazioni nel comparto manifatturiero e una crescita delle attività di spionaggio industriale, passate dal 3% al 20% in un solo anno. La sottrazione di progetti, disegni tecnici e documenti riservati è ormai una costante, a dimostrazione del fatto che la posta in gioco non è solo economica, ma anche competitiva.
Un rischio multilivello: casi reali e vulnerabilità
L’esperienza recente mostra come il rischio cyber nel manifatturiero sia il risultato di una combinazione di fattori tecnologici e umani. La violazione subita da Clorox nel 2023, partita da un attacco di vishing e da credenziali compromesse di un outsourcer IT, ha avuto ripercussioni per settimane, causando perdite per decine di milioni di dollari.
Allo stesso modo, una campagna individuata dai ricercatori ESET e attribuita al gruppo RomCom ha sfruttato una vulnerabilità zero-day in WinRAR per sottrarre dati sensibili a diverse aziende del comparto, confermando l’elevato livello tecnico di alcuni attori minacciosi.
Infrastrutture obsolete: longevità come punto debole
A rendere la situazione più complessa è il fatto che molte imprese manifatturiere utilizzano infrastrutture nate per durare nel tempo ma non pensate per affrontare minacce moderne.
Sistemi operativi non più supportati, protocolli obsoleti e configurazioni datate trasformano la longevità degli impianti in un punto debole. Per le PMI, la scelta tra aggiornare e continuare a utilizzare tecnologie superate non è solo economica: il costo di un attacco può superare ampiamente quello di un piano di modernizzazione.
Costruire una base di sicurezza solida
La resilienza nasce dall’adozione di pratiche preventive e da un approccio strutturato alla gestione del rischio. Misure come l’autenticazione multifattore, l’applicazione tempestiva delle patch e la cifratura dei dati sono indispensabili per ridurre la probabilità di accessi non autorizzati e limitare i movimenti laterali degli attaccanti. Tuttavia, per essere davvero efficaci, devono essere integrate in una strategia più ampia che includa monitoraggio continuo, gestione delle vulnerabilità e visibilità unificata su IT e OT.
Approccio prevention-first e threat intelligence
Un approccio prevention-first permette di anticipare le minacce prima che interrompano la produzione. La threat intelligence consente di comprendere le tattiche più recenti — dal ransomware alle vulnerabilità nella supply chain — e di stabilire priorità di intervento basate su dati concreti.
La segmentazione dei sistemi, la gestione rigorosa delle identità e l’autenticazione a più fattori riducono la possibilità di movimenti laterali, mentre il patching automatico e l’aggiornamento costante del firmware chiudono molte delle falle sfruttate dai cybercriminali.
Backup offline e procedure di ripristino
Fondamentale, in questo contesto, è il mantenimento di copie di backup offline e la definizione di procedure di ripristino testate, che consentano di ridurre al minimo i tempi di fermo in caso di ransomware.
XDR e MDR: protezione avanzata per una sicurezza sostenibile
La protezione tradizionale degli endpoint non basta più. L’evoluzione verso soluzioni di Extended Detection and Response (XDR) consente di unificare rilevamento e risposta su dispositivi, server e cloud, offrendo una visione completa degli eventi che possono indicare un attacco in corso.
L’XDR rappresenta un passo fondamentale verso la centralizzazione delle difese e l’eliminazione dei silos che ancora caratterizzano molte architetture industriali.
Servizi MDR per PMI: protezione senza SOC interno
Per le aziende che non dispongono delle risorse necessarie per gestire un Security Operations Center interno, un servizio di Managed Detection and Response (MDR) può essere la soluzione più efficace. Un provider MDR offre monitoraggio continuo 24/7, threat hunting mirato, risposta rapida e competenze forensi già integrate. Questo approccio consente di ridurre sensibilmente i tempi di rilevamento e contenimento, minimizzando l’impatto economico e operativo di un incidente.
Creare internamente un SOC con copertura continua e personale qualificato richiede anni e investimenti importanti, mentre un servizio MDR fornisce lo stesso livello di protezione in modo più rapido ed economicamente sostenibile — un aspetto cruciale per le PMI che costituiscono la maggioranza del tessuto manifatturiero.
Sicurezza, continuità e innovazione: un’unica direttrice
La cyber resilienza non consiste nell’eliminare del tutto il rischio, ma nel renderlo gestibile. Significa poter proseguire le attività anche in condizioni di pressione, limitando l’impatto economico e garantendo la continuità produttiva. Nell’Industria 4.0, le fabbriche più intelligenti non saranno soltanto quelle più automatizzate, ma quelle capaci di integrare sicurezza e innovazione in un unico ecosistema operativo.
La connessione tra cybersecurity e competitività è ormai diretta: proteggere la proprietà intellettuale, i dati dei clienti e la supply chain significa tutelare il valore stesso dell’impresa. In un settore dove ogni secondo di inattività conta, adottare un approccio basato su rilevamento continuo, visibilità completa e risposta tempestiva è la chiave per mantenere la fiducia del mercato e sostenere l’innovazione nel lungo periodo.
L’innovazione senza cybersecurity non è progresso: è vulnerabilità. Solo le aziende che sapranno bilanciare efficienza, prevenzione e resilienza potranno affrontare con successo la nuova stagione industriale.













