mes

Hidden factory: eliminare sprechi invisibili in fabbrica in 5 mosse



Indirizzo copiato

La hidden factory non è solo un tema di impianto, ma di visibilità manageriale: costi indiretti non misurati, KPI distorti, dati frammentati. Un MES evoluto, integrato con AI e IIoT, permette di collegare fabbrica e decisioni di business, abilitando una vera governance data-driven

Pubblicato il 5 dic 2025

Enzo Bellotto

MES Manager | Center of Excellence “Manufacturing & Operations” di Capgemini Engineering in Italia



hidden factory

Ogni giorno, nelle fabbriche italiane, una parte rilevante della capacità produttiva si disperde in rilavorazioni, inefficienze e sprechi. È la “hidden factory”: nessuna dashboard la mostra, ma erode margini e competitività, lasciando spazio a costi sommersi e opportunità non sfruttate.
La buona notizia: oggi il MES (Manufacturing Execution System) può trasformare questa opacità in valore strategico. Il sistema, infatti, raccoglie in tempo reale i dati da macchine, persone e processi, li collega tra loro e li trasforma in informazioni operative per decidere come produrre meglio (meno sprechi, meno rilavorazioni, più efficienza).

Hidden factory: dalla capacità sprecata al valore strategico

La hidden factory non riguarda solo la fabbrica in sé, ma è soprattutto un problema di visibilità manageriale. Il management industriale controlla i costi diretti, ma spesso non dispone di strumenti per rilevare quelli “invisibili”. Questi costi, pur non essendo evidenti nei report, impattano direttamente su competitività e redditività.

I segnali sono chiari: performance apparente ma margini stagnanti, KPI distorti, decisioni locali non allineate alla strategia aziendale, crescita dei costi indiretti e iniziative digitali scollegate dal business. Il concetto della “fabbrica nascosta” non è nuovo: viene citato per la prima volta negli anni Ottanta su Harvard Business Review (Miller & Vollmann, 1985) e viene ripreso circa un decennio dopo in Italia da Antonio Bubbio (LIUC Papers, 1993).

Come osserva Bubbio, la hidden factory è “l’insieme delle attività di supporto che, pur non apparendo nei conti economici di produzione, incidono sulla performance complessiva”. Nel contesto della trasformazione digitale, però, non può più essere considerata semplicemente come un aggregato di costi indiretti. Oggi rappresenta piuttosto un deficit di informazioni e integrazioni: dati che non emergono, sistemi che non comunicano, decisioni che non si allineano.

Il fenomeno non è più solo contabile, ma strategico: impatta produttività, competitività e ROI. In questo contesto, il MES evoluto può rendere visibile ciò che sfugge, trasformando la frammentazione operativa in valore decisionale.

Le cause gestionali della fabbrica nascosta

La hidden factory sopravvive perché si muove negli spazi non coperti dai sistemi e dai modelli di gestione tradizionali. Il management vede i costi diretti e gli indicatori principali, ma fatica a cogliere il peso delle attività di supporto, delle rilavorazioni ricorrenti e delle decisioni locali prese senza un contesto di dati integrato.

Modelli contabili e costi indiretti

I modelli contabili tradizionali tendono a nascondere i costi indiretti, distribuendoli in modo poco trasparente tra prodotti, linee e stabilimenti. Le attività che non compaiono nei centri di costo principali vengono percepite come fisiologiche, mentre in realtà costituiscono una parte consistente della fabbrica nascosta.

In questo scenario, la mancanza di misurazione puntuale delle inefficienze sistemiche rende difficile associare sprechi e rilavorazioni a cause specifiche. Senza una contabilità più analitica e senza un supporto digitale avanzato, la hidden factory continua a operare sotto traccia, erodendo margini e competitività.

Digitalizzazione frammentata e silos informativi

Oggi la hidden factory si alimenta anche della digitalizzazione frammentata. Molte aziende dispongono di sistemi avanzati – ERP, PLM, soluzioni IoT, strumenti di qualità – ma spesso questi vivono in silos informativi. I dati non dialogano tra loro, le viste sono parziali, la correlazione tra eventi e decisioni risulta complessa.

Il risultato è un deficit di integrazione: informazioni ridondanti o incoerenti, tempi lunghi per accedere ai dati, difficoltà nel collegare cause ed effetti lungo il processo produttivo. In assenza di una piattaforma capace di orchestrare e interpretare i dati, la hidden factory resta invisibile e la capacità di intervento resta limitata.

Allineare decisioni locali e strategia

Un’altra radice della fabbrica nascosta è la disallineamento tra decisioni locali e strategia aziendale. Gli operatori, i capi turno e i responsabili di reparto prendono ogni giorno centinaia di decisioni operative basate su esperienza e contesto locale, spesso senza una visibilità completa sull’impatto complessivo.

Questo genera KPI distorti, interventi tattici che risolvono il problema nell’immediato ma creano inefficienze altrove, iniziative digitali scollegate dal business. Senza una regia condivisa e senza dati integrati, la hidden factory continua a crescere, alimentata da scelte non coordinate.

Hidden factory e MES nella produttività italiana

Ad oggi, non disponiamo di fonti ufficiali italiane che quantifichino in modo preciso la dimensione della hidden factory. Le ragioni sono molteplici e riconducibili al modello produttivo nazionale: manca una definizione condivisa e standardizzata del fenomeno, la digitalizzazione è ancora frammentata e i dati restano isolati nei silos informativi aziendali.

Inoltre, la cultura industriale italiana è storicamente orientata alla produzione visibile, non alla misurazione delle inefficienze sistemiche. I modelli contabili tradizionali tendono a nascondere i costi indiretti, mentre la scarsa condivisione dei dati di fabbrica e la collaborazione destrutturata tra imprese, ricerca e istituzioni impediscono di costruire una visione nazionale coerente.

In sintesi: la hidden factory resta invisibile perché non viene misurata, integrata né riconosciuta come leva strategica. Allargando lo sguardo al contesto internazionale, in particolare agli Stati Uniti – riferimento globale per il manufacturing digitale – le stime indicano che le inefficienze non tracciate possono rappresentare tra il 20% e il 40% della capacità produttiva. Tuttavia, questo range va considerato generico e non direttamente applicabile al contesto italiano.

Produttività italiana e CLUP

Se in Italia mancano dati specifici sulla hidden factory, i segnali macroeconomici sono inequivocabili. Secondo la Fondazione Ergo (2023), la produttività manifatturiera italiana è cresciuta in media solo dello 0,3% annuo negli ultimi vent’anni, contro l’1,6% della media europea. Nello stesso periodo, il Costo del Lavoro per Unità di Prodotto (CLUP) è aumentato del 6% (Rapporto Confindustria 2025).

Questi indicatori, pur non misurando direttamente la hidden factory, suggeriscono la presenza di inefficienze strutturali non tracciate nei processi produttivi. E ciò che non è visibile, non può essere gestito se non modificando il paradigma, passando da un focus esclusivo sulla capacità installata a una gestione attiva degli sprechi nascosti.

Perché la hidden factory non viene misurata

La mancata misurazione della hidden factory deriva dall’assenza di una cornice condivisa tra industria, accademia e istituzioni. Senza definizioni chiare, metriche comuni e strumenti integrati, le aziende faticano a trasformare fenomeni diffusi – rilavorazioni, microfermate, scarti ricorrenti – in dati strutturati e confrontabili.

Qui la combinazione tra MES evoluto e governance data-driven può colmare un vuoto, generando una base di misurazione coerente e ripetibile. È un passaggio essenziale per trasformare la hidden factory da costo implicito a variabile gestita delle performance industriali.

Dal MES tradizionale al co-pilota digitale

Il MES è nato più di vent’anni fa per monitorare la produzione, tracciando ordini, tempi e qualità. Per anni ha rappresentato il fulcro dell’efficienza operativa, registrando ciò che accade ma non ciò che non accade: microfermate, rilavorazioni manuali, decisioni locali e consumi non contestualizzati.

Ha garantito efficienza, ma spesso si è limitato a registrare eventi senza comprenderne le cause. Spesso operando in silos, disconnesso da ERP, PLM e IoT, ha fornito numeri ma non veri insight gestionali. Il limite oggi è strategico, non tecnologico: per generare valore, il MES deve evolvere da strumento di esecuzione a motore di intelligenza operativa, capace di correlare dati e fornire insight per le decisioni.

I limiti del MES come semplice sistema di esecuzione

Nel modello tradizionale, il MES viene visto come un sistema che “sa cosa è successo” ma non perché. I dati restano legati al singolo impianto o alla singola linea, con una capacità limitata di integrare variabili come materiali, operatori, setup, manutenzione, energia.

Questa impostazione rende difficile intercettare la hidden factory MES: ciò che non viene registrato in modo coerente – scarti ricorrenti, rilavorazioni manuali, tempi morti – continua a sfuggire alle analisi, confinato nella memoria delle persone o in fogli di calcolo locali.

L’integrazione con AI, IIoT e sistemi gestionali

Un cambio di paradigma, reso possibile dall’integrazione con AI, IIoT (Industrial Internet of Things) e sistemi gestionali, consente al MES di trasformarsi in piattaforma centrale di intelligenza operativa.

Un MES evoluto può:

  • Raccogliere e correlare dati da persone, macchine e sistemi.
  • Interpretare pattern e deviazioni per individuare inefficienze.
  • Fornire insight predittivi per migliorare produttività e sostenibilità.

In questa nuova visione, il MES non è più un semplice registratore di eventi, ma un co-pilota digitale capace di analizzare pattern, rilevare anomalie, suggerire azioni correttive e anticipare inefficienze.

Dal controllo alla proattività decisionale

Per il management, questo significa passare dal controllo alla comprensione, dalla reattività alla proattività. Il MES supporta review strutturate, scenari “what-if”, analisi dei trade-off tra produttività, qualità, costi ed energia.

Il MES diventa così il cuore della fabbrica del futuro: autonoma, resiliente e guidata dai dati, dove la hidden factory non è più un’area grigia ma una dimensione misurata e sistematicamente ridotta.

Cinque step per misurare la hidden factory

Per svelare cosa si cela dietro la hidden factory non basta osservare i sintomi: serve un approccio strutturato. Ci sono cinque step fondamentali per renderla visibile, misurarne l’impatto e trasformarla in leva di valore operativo e strategico.

Mappare ciò che non si vede

La hidden factory si riconosce solo se la si osserva da vicino, con occhi allenati e strumenti adeguati. Il primo passo è condurre un audit operativo con osservazione diretta, interviste e analisi dei flussi e dei processi reali.

Obiettivo: identificare rilavorazioni, attività a basso valore e microfermate. Coinvolgere i team funzionali e operativi è essenziale per ottenere una visione completa e autentica del contesto produttivo. Solo così è possibile iniziare a quantificare il costo della non visibilità e costruire le basi per un intervento mirato.

Integrare il MES con l’ecosistema IT/OT e IIoT

Come rileva l’Osservatorio ICSC, oggi il valore nasce dall’interoperabilità, non dalla potenza del singolo sistema. Un MES isolato non genera valore: per diventare leva strategica, deve essere connesso e integrato con l’intero ecosistema produttivo.

Il MES deve connettere produzione, ingegneria, manutenzione, qualità, logistica e gestione energetica in un ecosistema coerente e scalabile. La convergenza tra IT e OT, abilitata dall’IIoT, permette di raccogliere dati di campo in tempo reale e di trasformarli in informazioni utilizzabili per decisioni operative e manageriali.

Correlare dati per prendere decisioni

Le inefficienze emergono solo correlando performance e variabili operative (OEE, setup, operatori, materiali, ecc.). Il passaggio chiave è quello dalla semplice data collection al data sensemaking, verso una fabbrica adattiva e predittiva.

È qui che il MES smette di “registrare” e inizia a comprendere: collegando eventi apparentemente isolati, come una serie di microfermate o una crescita degli scarti, a pattern ricorrenti di materiali, macchine, turni o fornitori. La hidden factory MES comincia a diventare visibile nei dati e nelle analisi.

Evolvere verso l’intelligenza operativa

L’integrazione con AI consente di anticipare guasti, ottimizzare processi e ridurre scarti. Il MES diventa proattivo grazie a:

  • Analisi predittive su qualità e manutenzione.
  • Assistenti “how-to” per operatori.
  • Suggerimenti in tempo reale.
  • Generazione automatica di test case per la compliance.

In questo modo, la hidden factory non è più solo qualcosa da “misurare a consuntivo”, ma una dimensione su cui intervenire in anticipo, sfruttando algoritmi e modelli per orientare le decisioni operative.

Istituire una governance data-driven

Il vantaggio competitivo nasce non nel fare di più, ma nel capire prima. Serve una cultura basata su KPI condivisi, dashboard contestuali e review periodiche. Il MES diventa così la piattaforma del miglioramento continuo, dove le decisioni si fondano su dati verificabili e non solo su percezioni.

Istituire una governance data-driven significa definire ruoli, responsabilità, rituali di analisi e piani d’azione collegati agli insight generati dal sistema. La hidden factory si riduce progressivamente, trasformandosi da costo implicito a opportunità di recupero strutturale.

Il MES come leva contro la hidden factory

Rendere visibile la hidden factory significa recuperare produttività e rafforzare la resilienza creando le condizioni per una crescita sostenibile. È il passaggio da una digitalizzazione puramente tecnologica a una digitalizzazione consapevole, orientata alla comprensione e alla decisione.

Come evidenzia il Rapporto Confindustria 2025, la competitività italiana dipenderà dall’integrazione tra digitalizzazione, competenze e governance. Il MES è il punto di convergenza tra tecnologia, visione manageriale e capacità operative, e può diventare l’abilitatore principale di un approccio capace di liberare valore industriale che oggi resta nascosto.

Fonti

Osservatorio ICSC, Processi produttivi e digitalizzazione industriale, 2025, https://www.osservatori.net/it_it/ricerche/osservatori/icsc-industrial-competence-service-center

Harvard Business Review, The Hidden Factory (Miller & Vollmann, 1985), The Hidden Factory

Bubbio, L’Activity Based Costing per la gestione dei costi di struttura e delle spese generali, LIUC Papers n. 4, 1993, https://biblio.liuc.it/liucpap/pdf/4.pdf

Fondazione Ergo, L’analisi della produttività in Italia, 2023, https://www.fondazionergo.it/pdf/pubblicazioni/20230113120956.pdf

Confindustria, I nodi della competitività – Rapporto sulla produttività e il CLUP in Italia, 2025, https://www.confindustria.it/home/centro-studi/temi-di-analisi/competitivita-produttivita

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati