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L’AI non cancella i ruoli tech, li evolve: il futuro delle professioni



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Le professioni tecnologiche registreranno crescita esplosiva nel prossimo decennio grazie all’AI. Specialisti in machine learning, data analyst e cybersecurity diventano figure centrali per la competitività aziendale e la resilienza organizzativa nell’era digitale

Pubblicato il 16 set 2025

Fabio Moioli

Spencer Stuart Milan



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Nel dibattito pubblico e strategico che circonda l’intelligenza artificiale, si è insediata una narrazione tanto potente quanto fuorviante: quella di un futuro in cui le competenze tecnologiche umane diventeranno superflue.

L’AI e la trasformazione dei ruoli tecnologici

È un’idea che evoca immagini di sistemi AI auto-generanti e auto-gestiti, che renderanno obsoleti i programmatori, gli analisti e gli ingegneri che li hanno creati. Questo scenario, tuttavia, nasce da un profondo equivoco sulla natura stessa della tecnologia e sul suo ruolo evolutivo all’interno delle organizzazioni complesse.

L’AI non è una marea che cancella le professioni tech, ma una forza tettonica che ne sta rimodellando la geografia, elevandole da funzione di supporto a vero e proprio sistema nervoso dell’impresa moderna.

Questa visione controcorrente non è un mero esercizio di ottimismo, ma trova solido fondamento nell’analisi empirica delle traiettorie del mercato del lavoro.

L’AI come motore di crescita per le professioni tech

Le proiezioni di istituzioni come il World Economic Forum, infatti, non lasciano spazio a dubbi: le professioni che registreranno la crescita più esplosiva nel prossimo decennio non solo non sono minacciate dall’AI, ma sono generate e potenziate da essa. Assistiamo a una domanda senza precedenti per gli architetti di questa nuova era: gli specialisti di Intelligenza Artificiale e Machine Learning, coloro che possiedono le chiavi per costruire, addestrare e affinare i modelli intelligenti che stanno già ridefinendo interi settori. Accanto a loro, l’importanza dei Data Analyst e dei Data Scientist diventa ancora più cruciale. In un’economia dove il dato è la risorsa strategica primaria, la loro capacità di trasformare il rumore informativo in segnale decisionale è il vero motore della competitività.

L’AI, in questo contesto, agisce da potentissimo amplificatore, fornendo loro strumenti per scandagliare profondità di analisi prima inaccessibili, rendendo l’intuizione umana, guidata dai dati, più preziosa che mai.

Cybersecurity e AI: un binomio imprescindibile

Il fenomeno si estende a cascata su tutto l’ecosistema digitale. Con l’aumentare della digitalizzazione e della connettività, cresce in modo esponenziale la superficie esposta al rischio informatico, rendendo gli esperti di Cybersecurity figure centrali per la resilienza e la credibilità di qualsiasi organizzazione. Ogni nuova applicazione AI, ogni sensore IoT aggiunto alla rete, richiede una strategia di protezione che l’ingegno umano deve concepire e supervisionare. Allo stesso modo, l’infrastruttura sottostante a questa rivoluzione – dalle architetture cloud flessibili, alle pipeline di sviluppo software ottimizzate dagli ingegneri DevOps, fino all’innovazione continua nel FinTech – richiede un governo umano sempre più sofisticato e strategico. Il panorama delle competenze tech non si sta desertificando; si sta arricchendo, diventando più complesso e, soprattutto, più integrato.

La dissoluzione del dipartimento IT tradizionale

È proprio in questa integrazione che risiede la trasformazione più radicale e il concetto chiave che ogni leader, pubblico o privato, deve assimilare. Stiamo assistendo alla dissoluzione dei confini del “dipartimento IT”. La tecnologia sta smettendo di essere un silo di specialisti, una funzione separata a cui il resto dell’organizzazione si rivolge per ottenere un servizio. Sta invece diventando un linguaggio universale, una competenza trasversale, la nuova alfabetizzazione su cui si fonda il funzionamento stesso dell’impresa. Essere “fluenti digitalmente” non è più un’opzione, ma la condizione essenziale per operare con efficacia in qualsiasi ruolo.

La metamorfosi delle risorse umane nell’era digitale

Immaginiamo la metamorfosi del responsabile delle Risorse Umane. Ieri, un gestore di contratti, relazioni sindacali e percorsi di carriera lineari. Oggi, uno stratega del capitale umano che utilizza piattaforme di AI per analizzare il sentiment della popolazione aziendale, che si affida ad analytics predittive per anticipare i tassi di abbandono e intervenire proattivamente, che progetta percorsi di crescita personalizzati basati su un’analisi oggettiva delle competenze. Non deve saper programmare l’algoritmo, ma deve comprenderne la logica, i potenziali bias e le implicazioni strategiche per porre le domande giuste e guidare la componente più preziosa dell’azienda: le persone.

Il CFO e la trasformazione digitale del finance

Lo stesso processo di ibridazione avviene nella funzione finanziaria. Il CFO, tradizionalmente custode dei bilanci consuntivi, si trasforma in un architetto di valore futuro. Sfrutta modelli di AI per l’identificazione di frodi in tempo reale, per elaborare scenari di forecasting con una profondità e una precisione inimmaginabili con gli strumenti tradizionali, e per ottimizzare la liquidità in modo dinamico. Il CFO che padroneggia questo dialogo tra finanza e data science non è più solo un controllore, ma un co-pilota strategico del business. Questo schema si replica in ogni area: dal marketing, che evolve da campagne di massa a dialoghi iper-personalizzati orchestrati dall’AI, alla supply chain, che si trasforma da catena logistica a rete intelligente e auto-ottimizzante.

La leadership nell’era dell’AI: un ruolo di facilitazione

In questo scenario, la leadership è chiamata a un salto di qualità. Il compito non è più semplicemente stanziare un budget per la tecnologia, ma farsi catalizzatore di una profonda e pervasiva trasformazione culturale. Significa costruire un’organizzazione che apprende (learning organization), dove l’aggiornamento continuo delle competenze (upskilling e reskilling) non sia un’iniziativa sporadica, ma il ritmo operativo quotidiano. Significa educare i team a non temere l’AI, ma a vederla come un partner collaborativo, un “collega digitale” capace di potenziare le facoltà umane, liberando tempo e risorse cognitive per attività a più alto valore: il pensiero critico, la creatività, l’empatia, la negoziazione complessa.

Il futuro delle professioni: collaborare con l’AI

Tutto ciò ci conduce a una necessaria riformulazione della domanda che ci poniamo sul nostro futuro professionale. La domanda passiva e carica di ansia, “L’intelligenza artificiale prenderà il mio posto?”, appartiene a un paradigma superato, che ci vede come potenziali vittime di un cambiamento ineluttabile. La domanda pertinente, attiva e strategica che ogni professionista e ogni leader deve porsi oggi è un’altra: “Sto imparando abbastanza velocemente e profondamente per poter collaborare efficacemente con l’intelligenza artificiale?”

La risposta a questa domanda è ciò che determinerà la linea di demarcazione tra la rilevanza e l’obsolescenza nel prossimo futuro. Le organizzazioni e gli individui che sapranno rispondere affermativamente, che abbracceranno questa simbiosi tra intelligenza umana e artificiale, non si limiteranno a sopravvivere alla più grande transizione economica del nostro tempo. Saranno coloro che la guideranno, sfruttandone l’enorme potenziale per risolvere problemi complessi, generare nuovo valore e definire i contorni di un progresso più equo e sostenibile. Il futuro dei ruoli tecnologici non è la loro scomparsa, ma la loro capillare e indispensabile diffusione nel cuore pulsante di ogni attività umana.

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