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Guerra ibrida, il nuovo fronte è tra spazio ed energia: ecco i rischi



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Le infrastrutture critiche spaziali ed energetiche sono legate da un’interdipendenza nascosta. I satelliti GPS sincronizzano le reti elettriche, mentre i centri di controllo spaziale dipendono dall’energia terrestre. Questa doppia vulnerabilità crea scenari di crisi sistemica amplificata

Pubblicato il 5 dic 2025

Giuseppe Lucci

Ingegnere elettrico, CISINT – Centro Italiano di Strategia e Intelligence



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Esiste un’interdipendenza critica, profonda e spesso sottovalutata, tra le infrastrutture orbitali e la rete di trasmissione dell’energia elettrica nazionale (RTN). La sincronizzazione delle reti elettriche avviene attraverso i sistemi di posizionamento satellitare. Si tratta di un equilibrio delicato che origina una doppia e reciproca vulnerabilità.

Proviamo allora ad approfondire la natura di questa interdipendenza nascosta, analizzarne le vulnerabilità e delineare le strategie necessarie per costruire la resilienza in un’era di crescente instabilità.

L’equilibrio fragile tra satelliti e rete elettrica nazionale

La stabilità operativa delle infrastrutture elettriche si basa su un principio fondamentale: la necessità di una sincronizzazione temporale estremamente precisa tra tutti i componenti della rete. Questo requisito tecnico rappresenta una condizione imprescindibile per il funzionamento affidabile del sistema di trasmissione e distribuzione dell’energia elettrica.

Per comprendere appieno questa esigenza occorre considerare la natura stessa della corrente alternata che alimenta le reti elettriche. Il sistema elettrico opera ad una frequenza standard di cinquanta cicli al secondo, misurati in hertz. Questa frequenza deve mantenersi costante ed uniforme lungo l’intera infrastruttura, dalle centrali di produzione dell’energia fino agli utenti finali. Una deviazione anche minima da questo standard può provocare instabilità sistemiche, con conseguenze che vanno dalle inefficienze operative fino a interruzioni di servizio su larga scala.

La sincronizzazione temporale assume quindi un ruolo critico. Ogni nodo della rete, ogni centrale elettrica, ogni stazione di trasformazione deve operare in perfetta coordinazione temporale con gli altri componenti. Questo allineamento richiede una fonte di riferimento temporale comune, accessibile simultaneamente da tutti i punti della rete e caratterizzata da un livello di precisione dell’ordine dei nanosecondi, ovvero miliardesimi di secondo.

È in questo contesto che i Sistemi Globali di Navigazione Satellitare hanno assunto un ruolo determinante. Questi sistemi, comunemente identificati con l’acronimo GNSS e rappresentati da costellazioni quali il GPS statunitense, il Galileo europeo, il GLONASS russo o il BeiDou cinese, forniscono una funzionalità che trascende il semplice posizionamento geografico. Ogni satellite di queste costellazioni incorpora orologi atomici di elevatissima precisione, trasmettendo continuamente segnali temporali accessibili a qualsiasi ricevitore terrestre. Questa infrastruttura costituisce di fatto un sistema di distribuzione della misura del tempo di riferimento su scala planetaria.

Nel corso degli ultimi decenni, l’infrastruttura elettrica ha progressivamente integrato i segnali GNSS come standard de facto per la sincronizzazione dei propri sistemi. I ricevitori satellitari installati presso le centrali e i nodi critici della rete ricevono questi segnali temporali e li utilizzano per coordinare le operazioni di generazione, trasmissione e distribuzione dell’energia. Questa soluzione tecnologica si è affermata grazie alla sua disponibilità universale, all’elevata precisione e all’assenza di costi diretti per l’accesso ai segnali.

La sincronizzazione basata su GNSS è diventata praticamente onnipresente nelle moderne reti elettriche, delineando una situazione in cui la stabilità dell’intero sistema energetico nazionale poggia su infrastrutture satellitari controllate da entità esterne e potenzialmente vulnerabili ad interferenze, malfunzionamenti, o azioni deliberate di disturbo. Questa condizione solleva legittime preoccupazioni in termini di resilienza sistemica e sicurezza delle infrastrutture critiche, rendendo necessaria una riflessione approfondita sulle strategie di ridondanza e sulle soluzioni alternative per garantire la continuità operativa anche in scenari di indisponibilità dei segnali satellitari.

Vulnerabilità reciproche: dai segnali deboli ai centri di controllo

Peraltro i segnali GNSS, tuttavia, sono deboli, non criptati nel loro formato civile e, di conseguenza, vulnerabili ad interferenze (jamming) o falsificazioni (spoofing). Un attacco mirato a questi segnali può indurre i sistemi automatici della rete a interpretare dati falsi come guasti reali.

Dall’altro lato, l’infrastruttura spaziale ha il suo tallone d’Achille sulla Terra. I satelliti non operano in completa autonomia, dipendono da complessi centri di controllo terrestri e stazioni di tracciamento. Queste infrastrutture critiche richiedono alimentazione elettrica costante e stabile. Un blackout, se mirato strategicamente, potrebbe ‘accecare’ ed ‘assordare” interi sistemi satellitari, interrompendo comunicazioni, navigazione e monitoraggio.

Questa interdipendenza definisce un nuovo e invisibile campo di battaglia. Un attacco alla rete elettrica può neutralizzare un centro di controllo spaziale, e la conseguente perdita dei servizi satellitari può, a sua volta, disabilitare componenti essenziali della rete energetica (come il monitoraggio remoto di centrali eoliche o gasdotti), amplificando la crisi iniziale. L’incidente del 2022, che ha visto un attacco informatico in Ucraina provocare, come effetto collaterale, il blocco di migliaia di turbine eoliche in Germania, ne è una prova tangibile.

L’attacco Viasat: quando la guerra ibrida colpisce l’energia

Il 24 febbraio 2022, mentre l’attenzione del mondo era catalizzata dall’inizio del conflitto su larga scala in Ucraina, un evento apparentemente slegato si consumava nel dominio cibernetico e spaziale. Un sofisticato attacco informatico colpiva la rete satellitare KA-SAT della società americana Viasat. L’obiettivo era chiaro e strategico, disabilitare le comunicazioni dell’esercito ucraino che si affidavano a quel servizio. L’operazione, successivamente attribuita ad attori statali russi, ha avuto successo, rendendo inutilizzabili decine di migliaia di modem attraverso un malware denominato ‘AcidRain’.

Tuttavia, le onde d’urto di questo attacco si sono propagate ben oltre i confini del conflitto, producendo un effetto collaterale inaspettato e profondamente allarmante: in Germania, 5.800 turbine eoliche del produttore Enercon hanno improvvisamente smesso di comunicare, perdendo la capacità di monitoraggio e controllo remoto.

Questo incidente non è stato un’anomalia, ma la più vivida manifestazione di una verità strategica a lungo sottovalutata: l’esistenza di un’interdipendenza critica, profonda e bidirezionale, tra infrastrutture spaziali ed energetiche. Questa relazione, invisibile ai più, costituisce una “doppia vulnerabilità” sistemica per le società moderne, un nesso cyber-fisico dove un’azione in un dominio può scatenare conseguenze catastrofiche nell’altro. L’attacco a Viasat ha dimostrato come un’operazione di guerra ibrida, condotta nello spazio per scopi militari, possa tradursi in un impatto cinetico equivalente sull’infrastruttura energetica di una nazione terza.

Dalla prospettiva di chi, come il sottoscritto, ha operato sia nella modernizzazione delle reti di trasmissione dell’energia elettrica italiana ed estera, che nella gestione di complesse infrastrutture satellitari, questa convergenza non è un’ipotesi futura, ma una realtà operativa consolidata. Come analista per il Centro Italiano di Strategia e Intelligence (CISINT), posso confermare che l’intersezione tra spazio ed energia rappresenta un nuovo e cruciale campo di battaglia per la competizione geopolitica, dove le ‘linee rosse’ tra asset civili, commerciali e militari, si assottigliano fino a scomparire, creando sfide senza precedenti per la sicurezza nazionale e la resilienza delle infrastrutture critiche.

Smart grid e sincronizzazione spaziale: la nuova complessità

La rete elettrica moderna sta attraversando una trasformazione epocale, evolvendo verso il paradigma delle smart grid. Questa transizione non è solo una questione di efficienza o digitalizzazione, ma introduce un livello di complessità gestionale senza precedenti. L’integrazione massiva di fonti energetiche rinnovabili non programmabili (come il solare e l’eolico) e la diffusione di risorse distribuite (come i veicoli elettrici e i sistemi di accumulo) creano flussi di energia bidirezionali e altamente variabili.

Per garantire la stabilità di un sistema così dinamico, non è più sufficiente una supervisione passiva; è necessaria una ‘coscienza situazionale’ quasi istantanea, che permetta di vedere e anticipare le instabilità sull’intera rete. Questa coscienza si fonda su un prerequisito fondamentale e invisibile: una sincronizzazione temporale comune, con requisiti di precisione che spaziano dal microsecondo a poche centinaia di nanosecondi. Senza questo ‘battito cardiaco’ perfettamente coordinato, la rete moderna collasserebbe sotto il peso della sua stessa complessità.

PMU: le sentinelle digitali che dipendono dai satelliti

Gli strumenti che forniscono questa coscienza situazionale sono le Phasor Measurement Units (PMU), le vere e proprie sentinelle della rete intelligente. A differenza dei tradizionali sistemi SCADA (Supervisory Control and Data Acquisition), che campionano i dati ogni 2-4 secondi, le PMU sono in grado di catturare fino a 120 ‘istantanee’ al secondo dello stato della rete, misurando con altissima frequenza la magnitudo e i parametri funzionali della rete elettrica. Tutte le misurazioni, indipendentemente da dove vengano effettuate, sono riferite a un’unica base temporale.

GPS come pilastro vulnerabile della rete elettrica

Questa base temporale è fornita quasi universalmente dai segnali dei Sistemi Globali di Navigazione Satellitare (GNSS), di cui il GPS è l’esempio più noto. Ogni PMU è dotata di un ricevitore GPS che estrae dal segnale satellitare un riferimento temporale con una precisione dell’ordine del microsecondo. Ciò permette di confrontare l’angolo di fase di una tensione a Roma con quello di una a Milano come se fossero stati misurati nello stesso identico istante.

Questa dipendenza, pilastro tecnologico consolidato, rappresenta anche una profonda vulnerabilità sistemica. Il segnale GNSS che raggiunge la Terra è estremamente debole, non criptato nel suo formato civile e, di conseguenza, facilmente disturbabile o falsificabile.

Jamming e spoofing: le minacce invisibili alla sincronizzazione

Le due principali minacce sono il jamming e lo spoofing.

  • Il jamming consiste nel trasmettere un forte segnale di disturbo sulla stessa frequenza del GPS, ‘accecando’ i ricevitori delle PMU e causando la perdita della sincronizzazione. In assenza del segnale di riferimento, le PMU si affidano ai loro oscillatori interni (processo noto come holdover), la cui precisione degrada inesorabilmente nel tempo. Dopo pochi minuti o ore, le misurazioni divengono inutilizzabili, facendo perdere alla rete la sua ‘coscienza situazionale’.
  • Lo spoofing è un attacco molto più insidioso. Invece di disturbare il segnale, l’attaccante trasmette un segnale GPS falso ma credibile, ingannando i ricevitori. A questo punto, l’aggressore può introdurre un errore temporale deliberato. L’operatore di rete (o un sistema automatico) si troverebbe di fronte a una ‘realtà’ coerente ma falsificata. Lo scenario peggiore è la possibilità che un sistema automatizzato, interpretando i dati falsi come un’instabilità reale, intraprenda un’azione correttiva errata (come la disconnessione di una linea) che, invece di risolvere un problema inesistente, ne crea uno reale, innescando un blackout.

Sebbene l’industria dei servizi elettrici sia consapevole di queste vulnerabilità, non esistono, ad oggi, casi documentati pubblicamente di attacchi (tramite spoofing o jamming) andati a buon fine, ovvero che abbiano causato un’effettiva interruzione della rete. L’industria tende quindi a classificare questa minaccia come “emergente”; tuttavia, numerosi studi confermano la vulnerabilità dei sistemi di distribuzione basati su GPS, i quali potrebbero “interrompere sia la sincronizzazione oraria che quella elettrica”.

Il tallone d’Achille terrestre dell’infrastruttura orbitale

Se lo spazio è essenziale per l’energia a terra, è altrettanto vero il contrario. L’infrastruttura spaziale, per quanto tecnologicamente avanzata, poggia su un ‘tallone d’Achille’ terrestre: la sua totale dipendenza da una rete elettrica stabile. L’operatività di qualsiasi sistema satellitare dipende in modo critico dal suo ‘segmento di terra’: un’infrastruttura complessa che include centri di controllo missione, stazioni di telemetria, tracciamento e comando (TT&C), e i teleporti per la gestione dei dati. Tutti, senza eccezione, dipendono dalle reti elettriche per funzionare.

Il blackout NASA: novanta minuti senza contatto con la ISS

Il Blackout alla NASA. Un esempio emblematico si è verificato il 25 luglio 2023, quando un’interruzione di corrente ha colpito il Johnson Space Center della NASA a Houston. L’incidente, durato circa 90 minuti, ha interrotto le comunicazioni e la ricezione dei dati di telemetria con la Stazione Spaziale Internazionale (ISS). Sebbene l’equipaggio non sia mai stato in pericolo, la NASA ne ha perso temporaneamente il contatto primario, dovendo attivare i sistemi di controllo di backup e affidarsi ai canali di comunicazione russi per parlare con i propri astronauti. L’evento dimostra come un problema puramente terrestre e locale possa ‘accecare ed assordare’ un’operazione spaziale multimiliardaria.

Attacchi mirati: neutralizzare lo spazio colpendo l’energia

Dall’Interruzione Locale al KO Sistemico. Se un’interruzione accidentale potesse avere tali conseguenze, un attacco mirato (fisico o cibernetico) potrebbe avere effetti devastanti. Un blackout elettrico prolungato che colpisca un centro di controllo strategico potrebbe neutralizzare un’intera costellazione. La perdita della capacità di comando trasformerebbe i satelliti in ‘detriti intelligenti’, incapaci di eseguire manovre, correggere la propria orbita o trasmettere dati, portando a rischi di collisione o a un de-orbiting incontrollato.

Peraltro, l’asimmetria di un simile attacco è evidente. Colpire un satellite in orbita con mezzi cinetici (missili ASAT) o a energia diretta richiede capacità tecnologiche avanzate, appannaggio di poche superpotenze. Al contrario, per ottenere un effetto strategico simile, un attore con capacità limitate potrebbe semplicemente colpire l’infrastruttura “morbida” da cui quel satellite dipende: la rete elettrica. L’energia è, a tutti gli effetti, il “ventre mollo” del dominio spaziale.

Effetti a cascata: quando il blackout disabilita il controllo remoto

L’Impatto a Cascata: Il Circolo Vizioso. L’interdipendenza tra i due settori si chiude qui in un pericoloso circolo vizioso. Molti asset energetici critici, specialmente quelli in aree remote, dipendono dalle comunicazioni satellitari (SatCom) per il loro monitoraggio e controllo. Piattaforme offshore, parchi eolici isolati e stazioni di pompaggio di gasdotti sono spesso gestiti tramite sistemi SCADA che utilizzano link satellitari.

Immaginiamo uno scenario a due stadi: un attacco (fisico o cyber) causa un blackout che mette fuori servizio il centro di controllo di un operatore SatCom. A sua volta, la perdita del servizio satellitare impedisce a una compagnia energetica di monitorare i suoi gasdotti, creando un secondo livello di crisi. La vulnerabilità terrestre dello spazio si traduce così, per effetto a cascata, in una nuova vulnerabilità per il settore energetico.

I centri di controllo spaziale sono dotati di sistemi di continuità (UPS) e generatori di backup. Tuttavia, questa ridondanza potrebbe non essere sufficiente: l’operatività potrebbe comunque essere ‘scossa’ da attacchi che mirino a destabilizzare la rete, causando sbalzi di tensione, variazioni di frequenza o micro-interruzioni per danneggiare apparati elettronici estremamente sensibili.

Guerra ibrida: la geopolitica dell’interdipendenza spazio-energia

L’interconnessione tra spazio ed energia non è solo una questione tecnica; è diventata una dimensione centrale della competizione geopolitica e un dominio privilegiato per la guerra ibrida.

L’attacco a Viasat del 2022 ne è il manifesto. Non si è trattato di un semplice atto di vandalismo informatico, ma di un’operazione militare integrata, lanciata strategicamente un’ora prima dell’invasione terrestre dell’Ucraina per degradare le capacità di comando e controllo del nemico. L’impatto ‘collaterale’ sulle turbine eoliche tedesche ha dimostrato in modo inequivocabile la natura interconnessa e transfrontaliera di queste minacce, dove le azioni in un teatro di conflitto possono avere conseguenze dirette sulle infrastrutture critiche di nazioni terze.

Questo è un caso da manuale di guerra ibrida: un’azione ostile condotta al di sotto della soglia del conflitto armato convenzionale, che colpisce un asset dual-use (civile e militare) per ottenere un vantaggio strategico, generando effetti a cascata e mantenendo un velo di ambiguità sull’attribuzione.

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