Il tema di AI e proprietà intellettuale è diventato uno dei più discussi a livello internazionale. L’utilizzo di contenuti protetti da copyright per addestrare modelli di intelligenza artificiale, la generazione di immagini che riproducono personaggi registrati e la produzione di testi potenzialmente derivativi aprono scenari complessi per aziende, creatori e piattaforme tecnologiche.
Nel podcast B2B Marketing, Jake Bird, direttore di JI Marketing, ha analizzato con chiarezza i rischi emergenti e le implicazioni concrete per chi utilizza strumenti di AI a fini commerciali.
Indice degli argomenti
Il caso Disney contro Midjourney
Uno degli esempi più citati riguarda la causa che vede Disney contrapposta a Midjourney, piattaforma di generazione di immagini. Bird ricorda come «Midjourney abbia ammesso di aver usato un gran numero di immagini Disney per addestrare il proprio modello» e che gli output prodotti finissero per riprodurre personaggi come Elsa, Hulk o Iron Man quasi in maniera identica.
Il nodo legale in questo caso è chiaro: quando l’intelligenza artificiale replica un personaggio protetto, entra in conflitto con i diritti di proprietà intellettuale. Disney, osserva Bird, «è in una buona posizione per vincere questa battaglia». L’episodio mostra i rischi di affidarsi a modelli addestrati su dataset che includono materiali protetti, specialmente quando l’utilizzo è di tipo commerciale.
Generazione di immagini: tra opportunità e rischi
La questione sollevata dal caso Midjourney riguarda più in generale l’uso di immagini generate da AI. Bird distingue tra scenari relativamente sicuri e scenari ad alto rischio. Creare un’immagine generica, come una foto di persone in una sala riunioni, difficilmente comporta problemi di copyright, mentre riprodurre un personaggio riconoscibile comporta violazioni immediate.
Esistono strumenti pensati per ridurre questi rischi. Bird cita Firefly di Adobe, modello addestrato interamente sul catalogo di immagini stock dell’azienda. In questo caso, i fotografi che hanno fornito i contenuti vengono compensati, garantendo un equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti. Per le aziende che desiderano utilizzare immagini generate da AI in contesti commerciali, affidarsi a piattaforme con dataset trasparenti e autorizzati diventa un passaggio cruciale.
Testo e copyright: un terreno più sfumato
Se per le immagini la questione appare netta, la generazione di testi con l’AI apre un campo più complesso. Bird spiega che modelli come GPT o Claude «non sono progettati per copiare, ma per prevedere la parola successiva sulla base di miliardi di parametri appresi durante l’addestramento».
Questo significa che i contenuti prodotti non dovrebbero essere considerati copie dirette, ma elaborazioni statistiche. Tuttavia, rimane il problema dell’origine dei dati: non tutti i creatori hanno autorizzato l’uso delle proprie opere per addestrare i modelli. È qui che entra in gioco il livello di rischio per le aziende.
Per Bird, il pericolo è ridotto quando l’AI viene alimentata con dati proprietari e informazioni interne. «Se stai creando un report esecutivo per un cliente basato sugli insight raccolti dal tuo CRM, c’è quasi uno 0% di possibilità di avere problemi di copyright» sottolinea. Diverso il discorso quando si chiede a un modello di generare un articolo su un tema generico, come l’AI nel marketing: in quel caso potrebbe attingere a contenuti su cui esistono diritti.
Strumenti di verifica e buone pratiche
Un approccio prudente suggerito da Bird è quello di affiancare ai processi di scrittura automatizzata strumenti di verifica come CopyLeaks, capaci di individuare eventuali porzioni di testo che riproducono materiale già esistente. L’obiettivo non è frenare la creatività, ma assicurare che i contenuti diffusi dalle aziende siano davvero originali e non espongano a contestazioni legali.
La combinazione tra input proprietari, prompting mirato e verifiche a posteriori rappresenta, secondo Bird, la strategia più solida per ridurre i rischi legati alla AI e proprietà intellettuale.
Un equilibrio tra innovazione e tutela
La riflessione emersa dal podcast mostra come il nodo dell’AI non sia solo tecnologico, ma profondamente legale e culturale. I modelli di intelligenza artificiale aprono possibilità di efficienza e creatività, ma spingono le aziende a interrogarsi sul valore e sulla protezione dei contenuti. La questione non riguarda soltanto i colossi come Disney, ma qualunque organizzazione che intenda utilizzare l’AI per attività di comunicazione, marketing o produzione di materiali commerciali.
«Se sei davvero preoccupato, verifica sempre i contenuti prodotti dall’AI», conclude Bird, ribadendo che il rischio è minimo quando si lavora su dati proprietari, mentre cresce quando si affida totalmente la produzione a modelli addestrati su fonti esterne.











