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AI, primo accordo sui diritti musicali: quali impatti sul settore



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Universal Music e Warner Music sembrano pronte a concedere i cataloghi dei propri brani di successo per l’addestramento di alcuni modelli di intelligenza artificiale, in un accordo storico con aziende AI e piattaforme come Google, Spotify. Analizziamo motivi e conseguenze di quest’evoluzione

Pubblicato il 6 ott 2025

Luciano Daffarra

C-Lex Studio Legale



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Le major musicali Universal Music e Warner Music sembrano pronte a concedere i cataloghi dei propri brani di successo per l’addestramento di alcuni modelli di intelligenza artificiale, in un accordo che viene definito storico per i rapporti tra diritti d’autore e aziende dell’AI (vedi Financial Times del 2 ottobre 2025, che l’ha riportata con il titolo “Music label close to landmark licensing deals[1]).

L’accordo storico tra major e aziende AI per la musica

Con l’accordo, ci sarebbe il primo sistema di licenze per l’uso di opere protette nell’addestramento e nella produzione di musica da parte dell’IA, simile a quello introdotto anni fa per lo streaming (come YouTube), che salvò l’industria musicale dopo l’era Napster.

Le trattative coinvolgono startup di IA come ElevenLabs, Stability AI, Suno, Udio e Klay Vision, oltre a Google (YouTube) e Spotify. Quindi sia servizi di creazione di musica con AI sia piattaforme che la ospita.

L’obiettivo è creare un sistema di micropagamenti e attribuzione automatica dei diritti ogni volta che un algoritmo utilizza musica protetta, grazie a tecnologie simili al Content ID.

Tale opzione commerciale appare quale conseguenza logica, seppure non necessitata, delle recenti decisioni dei giudici statunitensi nei casi che riguardano la tutela del diritto d’autore[2], le quali hanno decretato – almeno avuto riguardo allo stato e al grado dei processi che si sono sin qui celebrati in Summary Judgment – la probabile legittimità del ricorso al Fair-Use avuto riguardo all’uso trasformativo delle opere tutelate, legittimamente acquisite, per il funzionamento dei modelli di intelligenza artificiale.

La stessa presa di posizione degli editori librari, i quali hanno raggiunto intese transattive con Anthropic AI per l’uso da questa illecitamente fatto delle loro opere letterarie, ci fa pensare che stia per emergere un nuovo ecosistema di licenze che non si traduce in una cessione della musica da parte delle Major e delle grandi etichette indipendenti, ma in una operazione di licenza su larga scala che appare in prospettiva come un’operazione redditizia per le parti coinvolte.

Seppure non ci troviamo di fronte alle c.d. “licenze obbligatorie” applicabili in taluni casi al settore brevettuale alla stregua delle norme del Trattato TRIPs[3], possiamo affermare che, pur in assenza di un’obbligazione legale imposta da un governo, si manifesta di fonte a noi una forte spinta del mercato orientato in questa direzione. Ciò è dovuto prevalentemente al fatto che le aziende che gestiscono le piattaforme di IA hanno la necessità di acquisire dati di alta qualità per il training dei loro modelli e le grandi case discografiche non vogliono essere tagliate fuori da un nuovo, potenzialmente enorme flusso di ricavi, che vanno anche a beneficio di autori ed interpreti-esecutori.

Si può dire quindi che ci troviamo di fronte a un “mercato obbligato” dalla tecnologia ma non dalle norme di legge.

Il senso dell’accordo sulla musica con AI

L’apertura delle Major musicali al mercato dell’intelligenza artificiale appare guidato da logica e buon senso: è preferibile negoziare ora royalties remunerative con i gestori dei sistemi di IA, piuttosto che correre il rischio che i brani vengano comunque impossessati ed utilizzati attraverso lo “scraping” abusivo della rete Internet con il rischio di non percepire nulla o di dovere ricorrere a complesse cause che difficilmente possono dare un outcome differente da un accordo transattivo di licenza.

Da parte dei titolari dei sistemi di intelligenza artificiale vi è di contro la necessità di disporre di dati privi di CMI (informazioni sul regime dei diritti) o di MTP (misure tecnologiche di protezione) che rendono complicato il trattamento dei contenuti negli apparati che li trattano e li trasformano.

Le conseguenze dell’accordo

Non solo: attraverso la licenza dei brani tutelati dalle case discografiche e dagli autori ai gestori di modelli di IA, le parti possono aprire, singolarmente o congiuntamente, nuovi mercati per la generazione di musica realizzata in tempo reale da fruire attraverso le applicazioni digitali, i social media e la stessa pubblicità.

Inoltre, mentre il mercato musicale attuale con lo streaming costituisce un segmento commerciale B2C (Business To Consumer), con le licenze ai gestori di sistemi di IA il mercato diviene B2B (Business To Business) in cui l’azienda tecnologica paga per utilizzare un catalogo di opere musicali per addestrare il proprio modello.

Il consumatore finale non accede quindi al brano originale, ma interagendo con un sistema di IA che ha imparato da quel catalogo per offrire un prodotto nuovo e, per certi versi creativo, all’utente, ne acquisisce uno modificato di suo piacimento.

Accordi tra AI e Hollywood?

Questo modello di business, se si attaglia perfettamente al settore musicale, non sembra attuabile in quello audiovisivo dove Hollywood sembra più interessata ad utilizzare all’interno dei propri processi di sviluppo creativo e produttivo la tecnologica guidata dall’IA per realizzare nuovi concept, format, come pure nuovi script e screenplay, nuove immagini ed effetti speciali capaci di trascinare il pubblico verso esperienze mai vissute prima.

D’altronde i film o le serie sono opere narrative unitarie (nel cinema italiano si parla di “opera composta” e di “opera complessa” con più autori che agiscono in sinergia fra loro) e il suo valore commerciale primario rimane nella distribuzione attraverso i molti canali di sfruttamento tradizionale che offre il mercato. Pensare di smembrare, rielaborare e generare contenuti tratti da un’opera audiovisiva preesistente viene considerato una cannibalizzazione dell’originale, oltretutto in violazione del diritto morale degli autori[4]. Nel settore musicale, invece, un brano originale rimane tale anche se viene campionato o remixato.

A questo fattore ne va aggiunto un altro che si pone quale sbarramento verso la stipula di accordi di licenza fra gli Studios e i gestori dei modelli di IA: il fatto che Hollywood ha sempre sostenuto politiche basate sul controllo dei contenuti (Jack Valenti, Presidente della MPAA diceva: “Se non controlli ciò che possiedi, non possiedi nulla”). Gli accordi di licenza sono sempre stati quindi fortemente selettivi anche quando si è trattato di realizzare sequel, prequel, spin-off di opere già realizzate.

Per questa ragione, l’ipotesi di sviluppare prodotti audiovisivi utilizzando materiale facente parte delle library degli Studios appare oggi come poco probabile se non impossibile. Si potrà semmai pensare all’IA per la generazione di contenuti nuovi (ideati anche utilizzando personaggi inesistenti sulla terra) ovvero per trasformare contenuti ottenuti da piccole imprese indipendenti, come le “Stock Video House” o autoprodotti dai gestori degli apparati di intelligenza artificiale.

Editori e AI

Avuto riguardo agli editori librari, le recenti vicende giudiziarie di cui si parla negli articoli in nota 2, ci insegnano che essi posseggono un’arma assai potente, in quanto i loro contenuti sono di elevata qualità, accurati e ben scritti, ed essi sono insostituibili per addestrare modelli di IA che siano adeguati a fornire un servizio di qualità.

Per questa ragione gli editori non solo ricaveranno somme ingenti per le violazioni dei loro diritti commesse attraverso l’impossessamento abusivo dei loro contenuti da parte dei gestori dei modelli di intelligenza artificiale, ma essi otterranno vantaggiosi accordi di licenza per il futuro.

In conclusione, possiamo affermare che non vi sarà un unico futuro per tutti i settori dei contenuti di proprietà intellettuale di fronte alla sfida dell’intelligenza artificiale: vedremo se i prossimi sviluppi confermeranno questa ipotesi o se vi saranno imprevisti mutamenti nelle aree di maggiore interesse.

Note


[1] Questo l’articolo cui facciamo riferimento: https://archive.md/2025.10.02-194939/https:/www.ft.com/content/1a1ae15b-af1a-4daf-8d1f-4c8a7db77865

[2] L’argomento è stato trattato in questi articoli:

[3] La nota N. 17 di questo articolo fornisce spunti utili in merito: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/ia-e-diritto-dautore-regole-e-accordi-per-il-futuro-dei-media-le-tendenze-in-atto/

[4] Questo articolo fornisce un’idea dei problemi che possono sorgere nel cinema con l’uso dell’IA: https://www.agendadigitale.eu/mercati-digitali/scarlett-johansson-contro-openai-ecco-i-diritti-in-gioco/

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