diritto “sui generis”

Chi protegge le opere dell’IA? Una proposta per autori e investitori



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La crescente produzione creativa dell’intelligenza artificiale pone interrogativi sulla titolarità dei diritti. Una proposta normativa cerca di bilanciare la tutela degli investimenti economici con la valorizzazione del ruolo umano nella generazione dei contenuti

Pubblicato il 13 giu 2025

Enrico Bonadio

Professor of Law at City St George's University of London



ai vs copyright uk (1) diritto d'autore e intelligenza artificiale

L’intelligenza artificiale ha superato i confini dell’automazione per entrare in ambiti tradizionalmente riservati all’ingegno umano, come l’arte, la musica e la letteratura. Questa evoluzione solleva complesse questioni giuridiche riguardanti l’adattamento della proprietà intellettuale (PI), in particolare del diritto d’autore. Gli attuali regimi sul diritto d’autore, tradizionalmente basati sul concetto di autore umano, stanno affrontando nuove sfide legate alla creatività generata dalle macchine.

Questo articolo esplora il modo in cui gli Stati Uniti, l’Unione Europea e il Regno Unito stanno affrontando queste sfide, valuta modelli normativi alternativi e propone un diritto sui generis volto a bilanciare gli incentivi agli investimenti con la protezione della creatività umana.

La sfida dei sistemi di diritto d’autore incentrati sull’uomo

Al centro della legge sul diritto d’autore c’è la presunzione della paternità umana. Trattati internazionali come la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo e la Convenzione Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali sottolineano l’elemento umano, facendo riferimento a “tutti” come beneficiari degli interessi morali e materiali derivanti dalle opere creative.

I sistemi nazionali riflettono questo approccio. Ad esempio, la legge statunitense esclude le opere che non coinvolgono la componente umana, come ribadito dall’Ufficio del Copyright degli Stati Uniti, mentre il diritto dell’Unione Europea, attraverso decisioni come la sentenza Painer del 16 luglio 2009, collega l’originalità direttamente al contributo intellettuale e alla personalità dell’autore.

Di conseguenza, i risultati generati dall’IA, indipendentemente dalla loro sofisticatezza o emotività, non rientrano nelle tradizionali protezioni del diritto d’autore. Questo lascia i creatori e gli investitori senza un indirizzo giuridico chiaro rispetto ai diritti sui contenuti generati dall’IA, e ne ostacola in modo significativo la commercializzazione.

Il Regno Unito ha adottato un approccio pragmatico con la Sezione 9 (3) del Copyright Designs and Patents Act del 1988, riconoscendo fin dall’inizio il potenziale delle creazioni non umane. Questa disposizione stabilisce che, per le opere generate dal computer senza un autore umano, l’autore è la persona che ha preso le disposizioni necessarie per la creazione dell’opera.

Questo approccio innovativo ha diversi obiettivi:

  • Garantisce che gli investimenti nelle tecnologie creative siano ripagati.
  • Evita di affrontare i dibattiti riguardanti la coscienza o l’autonomia dell’intelligenza artificiale.
  • Offre una definizione giuridica semplice per attribuire la titolarità.

Tuttavia, le critiche non sono mancate. Alcuni studiosi sostengono che la Sezione 9 (3) del CDPA confonde la concezione tradizionale di originalità e paternità. Inoltre, il rischio di un eccessivo consolidamento dei diritti da parte delle aziende solleva preoccupazioni circa la possibilità di monopolio e la limitazione della creatività umana.

E mentre alcune giurisdizioni come l’Irlanda, l’India e la Nuova Zelanda hanno adottato modelli simili, l’approccio rimane poco diffuso a livello globale, il che suggerisce una più ampia esitazione ad allontanarsi dai principi del diritto d’autore incentrati sull’uomo.

Nuovi criteri per valutare l’originalità delle opere IA

Il requisito dell’originalità è fondamentale per la tutela del diritto d’autore. Secondo la tradizione, l’originalità è giudicata in modo soggettivo, in base al contributo personale del creatore. Tuttavia, data l’assenza di intenzionalità personale o di profondità emotiva dell’IA, alcuni studiosi propongono di adottare un criterio di originalità oggettivo.

Secondo questo modello, la valutazione si concentra sulla novità, sul valore estetico o sul valore per il pubblico del prodotto. In questo modo, l’intenzione soggettiva del creatore diventa irrilevante, per cui i tribunali e gli esperti si dovrebbero concentrare sul fatto che l’opera possa essere considerata originale da un pubblico esterno. Un tale cambiamento potrebbe modificare radicalmente in senso democratico la valutazione della creatività e consentire alle opere generate dall’IA di beneficiare della protezione sulla base delle loro qualità intrinseche. Peraltro, l’approccio richiederebbe sostanziali modifiche legislative e dottrinali, in particolare nel contesto dell’UE.

Pubblico dominio e implicazioni economiche

Un’altra strada percorribile è quella di lasciare i prodotti dell’IA senza alcuna protezione, collocandoli di fatto nel pubblico dominio. Questo approccio presenta diversi vantaggi:

  • Accesso aperto: chiunque può utilizzare le opere generate dall’IA senza la barriera della licenza.
  • Catalizzatore per l’innovazione: senza i vincoli monopolistici, potrebbero svilupparsi nuovi campi di applicazione artistici e tecnologici.

Alcune giurisdizioni come gli Stati Uniti e l’Australia, favoriscono implicitamente questo modello, rifiutando la protezione del diritto d’autore per i prodotti generati da macchine.

Tuttavia, l’approccio del pubblico dominio rischia di disincentivare gli investimenti nella generazione di contenuti basati sull’IA. Lo sviluppo dei sistemi di IA più avanzati richiede ingenti risorse finanziarie, e se gli investitori non riuscissero a garantire una qualche forma di diritto esclusivo sui prodotti, potrebbero dirottare le risorse altrove, limitando l’innovazione.

Inoltre, non potendo godere dei diritti esclusivi, le aziende potrebbero ricorrere a segreti commerciali o a misure di protezione tecnica, limitando l’accesso del pubblico in modo tale da vanificare l’apertura prevista del pubblico dominio.

La proposta di un diritto sui generis per l’IA

Una soluzione di compromesso potrebbe essere l’istituzione di un diritto “sui generis” specifico per le opere generate dall’IA, che potrebbe proteggere dalla copia letterale, e offrire un breve periodo di esclusività (per esempio, tre anni dalla pubblicazione) per concentrarsi esclusivamente sulla distintività e sull’impatto del risultato.

La titolarità potrebbe essere attribuita in due modi diversi:

  • approccio di prossimità: la titolarità viene attribuita alla persona più vicina al processo creativo (per esempio, il programmatore, il formatore o il curatore dei dati).
  • approccio basato sull’investimento: la titolarità viene attribuita al finanziatore oppure al coordinatore dell’operazione creativa.

La maggior parte degli studiosi è favorevole a questo secondo approccio, che allinea la protezione alle reali condizioni economiche dello sviluppo dell’IA e incoraggia ulteriori investimenti nel settore.

Questo modello potrebbe bilanciare elegantemente la necessità di incentivare la creatività rispetto al controllo monopolistico sulla creatività delle macchine. A differenza del diritto d’autore tradizionale, il copyright sulle opere generate dall’IA sarebbe più ristretto, più debole e più breve, mitigando il rischio di fossilizzare il progresso culturale e tecnologico.

Rischi monopolistici e ruolo delle grandi aziende

Uno dei rischi reali legato alla concessione del copyright alle opere generate dall’IA è la possibilità che le aziende riescano ad assumerne il controllo esclusivo. In questo modo, le grandi aziende tecnologiche – le cosiddette Big Tech – potrebbero accumulare un vasto portafoglio di diritti esclusivi, emarginando gli autori umani e i creatori indipendenti.

La situazione in Cina esemplifica questo pericolo: i tribunali hanno riconosciuto i prodotti dell’IA come soggetti a copyright, e in questo modo hanno consentito alle grandi aziende di ottenere dei diritti esclusivi.

Un sistema “sui generis” ben studiato potrebbe contrastare le tendenze monopolistiche, in quanto consentirebbe una protezione limitata nel tempo solo alle copie letterali e non alle opere derivate o trasformative. Un approccio che riuscirebbe a incoraggiare un mercato secondario in cui i creatori umani reinterpretano le opere dell’IA, dando origine a un ecosistema creativo dinamico.

Implicazioni economiche e culturali

La protezione dei prodotti dell’IA ha implicazioni che vanno oltre il diritto della proprietà intellettuale e si estendono a settori economici e culturali più ampi. Dal punto di vista economico, senza un quadro normativo protettivo gli investimenti in ricerca e sviluppo nell’IA creativa potrebbero diminuire, soprattutto tra le start-up e le PMI, mentre sotto il profilo culturale un’eccessiva protezione potrebbe portare a un declino delle opere create dall’uomo, poiché l’economia della produzione di massa di opere d’arte basate sull’IA diventerebbe più favorevole.

Questo significa che in futuro le legislazioni di riferimento dovranno valutare con grande attenzione non solo gli incentivi a breve termine, ma anche gli impatti a lungo termine sulla cultura, l’occupazione e l’innovazione.

Verso un equilibrio tra protezione e innovazione

La creatività basata sull’IA mette in discussione le fondamenta stesse del diritto d’autore, che ha sempre celebrato la paternità umana e l’originalità. Con il progresso tecnologico, le società devono trovare il modo di proteggere gli investimenti nell’IA salvaguardando al tempo stesso il potenziale creativo umano.

L’introduzione di un diritto “sui generis” limitato nel tempo sembra offrire il miglior compromesso, dato che stimolerebbe gli investimenti economici nell’IA senza concedere monopoli indebiti e senza influire sull’accessibilità e la dinamicità dei settori culturali e artistici. Inoltre, riconoscerebbe la natura peculiare della creatività basata sugli algoritmi senza mettere in discussione la paternità umana.

Se questi problemi non verranno affrontati rapidamente, il rischio è quello di soffocare l’innovazione o di emarginare la creatività umana, con conseguenze negative in un’epoca in cui l’equilibrio tra aspetti tecnologici e aspetti umani è più critico che mai.

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