Già dai primi mesi della trascorsa estate 2024, circolava la bozza del DDL Spazio che per altro il Governo non aveva mai integralmente ed ufficialmente diffuso, salvo preannunciarne contenuti generali, soprattutto in merito all’aspetto finanziario, laddove incentivi economici sarebbero stati dedicai all’intero comparto per garantirne un sostanziale rilancio.
Tuttavia quello che più ha colpito, fin da subito, riguardava un certo stravolgimento delle varie indicazioni precedentemente giunte da autorevoli rappresentanti accademici ed appartenenti al mondo istituzionale o imprenditoriale, che il governo sembrava aver recepito in pieno a fronte di svariati incontri pubblici sul tema, salvo appunto licenziare un testo molto diverso.
Criticità del DDL Spazio e impatto sul settore
I punti di maggior criticità, a mesto parere dello scrivente, che potrebbero addirittura rallentare e non già ridare slancio all’intero comparto spaziale nazionale, come per altro ho avuto modo di rappresentare in una contestuale ricerca scientifica – universitaria, pubblicata già a fine agosto 2024 sulla rivista dell’Associazione Italia Studiosi di Diritto dell’Unione Europea, appunto intitolata “Il DDL Spazio italiano: le nuove governance, il dubbio sulla disciplina dei voli sub orbitali e l’allontanamento dal modello USA”, si rinvengono in un eccesso di burocratizzazione dell’iter di autorizzazione per la messa in orbita dei vettori, ovviamente anche con annessi carichi spaziali ed esseri umani, unitamente ad un cambio non coerente di competenze regolamentari, così come ad esempio per i voli sub orbitali commerciali, che dall’Ente Nazionale Aviazione Civile (ENAC), omologo della “FAA” statunitense, verrebbero attribuite alla direzione dell’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), omologo della “NASA”, seppur con le dovute differenze e contestualizzazioni.
Iter burocratico e tempistiche delle autorizzazioni
Nel testo in parola leggiamo che ogni iter di approvazione al lancio deve appunto essere autorizzato con provvedimento di alta amministrazione, in quanto affidato al Presidente del Consiglio dei Ministri, previo espletamento di una articolata fare istruttoria che vede coinvolti in tempi alterni diversi soggetti pubblici, come la stessa Agenzia Spaziale Italiana, il Comitato Interministeriale per le politiche relative allo Spazio e alla ricerca aerospaziale (COMINT) e, all’uopo, il Ministero della Difesa, con attese che potrebbero andare ben oltre le tempistiche indicate, ossia da sei ad otto mesi, stante il cronico ritardo da eccessiva burocrazia che da sempre affligge il nostro Paese, con la concreto possibilità di scoraggiare gli investitori.
Difatti, come ad esempio stabilito dall’art. 7 recante disposizioni sulla “Procedura di autorizzazione per le attività spaziali ”, il capitolo 1 prevede, tra l’altro, che la richiesta di autorizzazione per le attività spaziali sia appunto presentata all’Autorità competente, per il tramite dell’Agenzia Spaziale Italiana, mentre il capitolo 3 richiama testualmente “A seguito dell’esito positivo delle verifiche tecniche, l’Agenzia trasmette gli atti all’Autorità competente, al Ministero della Difesa e alla Segreteria Comint…” che a sua volta “…può consultare altre amministrazioni interessate le attività spaziali soggette ad autorizzazione , non rappresentate all’interno del Comint, nonché gli organismi di informazione e sicurezza di cui alla legge 3 agosto 2007, n. 124, il Dipartimento per il coordinamento amministrativo della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica”.
Il confronto con il modello statunitense
Di contro la soluzione più pratica poteva essere rappresentata dal concentrare in unico ente, tutto l’iter di istruttoria ed autorizzazione in parola, come appunto nel caso della Federal Aviation Administration che, al pari di “ENAC”, nata per disciplinare il settore aeronautico, tramite l’ufficio AST, provvede anche nel settore spaziale, in via tecnico – amministrativa, a curare ogni aspetto della “pratica di licenza”, così escludendo assolutamente, ed a buona regione, ogni componente “politica”, che porterebbe con sé negative implicazioni ed interferenze che potrebbero solo rallentare la corsa allo spazio.
Difatti, tramite l’Office of Commercial Space Transportation (AST), istituito nel 1984 con il Commercial Space Launch Act, ed inserito amministrativamente nell’Ufficio del Segretario dei trasporti all’interno del Dipartimento dei trasporti (DOT), nel novembre 1995 è stato trasferito alla struttura della FAA, con competenza dedicata specificatamente al settore spaziale e rivolta, tra l’altro, alla regolamentazione del trasporto spaziale commerciale statunitense anche al fine di garantire la sicurezza pubblica e privata e soprattutto per “…incoraggiare, facilitare e promuovere i lanci e i rientri di spazi commerciali da parte del settore privato” . L’ufficio gestisce quindi l’intero iter di concessione delle licenze finalizzate ai lanci ed attività spaziali, senza nessuna distinzione tra quelle orbitali o sub orbitali. Seppur con ovvie difficoltà legate alla complessità tecnica del caso, gli Usa, attraverso tale impostazione raggiungono risultati ottimali, così assumendo anche in tal campo, ed ancora una volta, il ruolo di giuda o comunque di riferimento per tutti i players internazionali.
Conseguenze del ridimensionamento di Enac
Appare pertanto non condivisibile la scelta operata in tal senso dal DDL Spazio, che sottrae ad ENAC competenze (anche) spaziali ad ella già attribuite ed egregiamente eserciate, come nel caso del settore dei voli sub orbitali commerciali, laddove ha già emanato, proprio negli ultimi anni, due atti fondamentali, ossia il Regolamento per le operazioni sub orbitali e di accesso allo spazio (SASO), ed il Regolamento per la costruzione e l’esercizio degli spazioporti, in virtù dei quali è stato possibile istituire il primo spazioporto italiano presso la struttura di Grottaglie (TA) e dove la società statunitense “Virgin Galactic”, leader di settore, ha già pubblicamente dimostrato vivo e concreto interesse ad esercitare come operatore spaziale.
Nella nuova impostazione normativa, tale competenza, quindi già presente tanto nel nostro ordinamento giuridico quanto nella struttura amministrativa pubblica, viene così sottratta ad ENAC per essere trasferita in capo all’Agenzia Spaziale Italiana che, lo si ricorda, oltre alle “storiche” competenze nel campo della ricerca per lo sviluppo tecnico e di supporto istituzionale all’industria pubblica e privata, sommerebbe anche quella di regolamentatore e “controllore” per il descritto (nuovo) iter di approvazione ai lanci verso lo spazio, funzione questa per altro mai precedentemente esercitata e per la quale andrebbe avviata da zero una campagna di acquisizione di personale o comunque di competenze ad hoc.
Potenziali rischi istituzionali
Invero, a fronte di una tale mole di competenze e funzioni di cui sarà investita l’Agenzia Spaziale Italiana, si paleserebbe altresì un paradosso istituzionale che la vedrebbe quindi assurgere a posizione di controllore e controllato, il che colliderebbe più che potenzialmente anche con gli inviolabili principi europei di libera concorrenza europea e scoraggerebbe ulteriormente gli investitori sia nazionali che stranieri.