la proposta

Divieto di teleselling in Spagna: una scelta sbagliata



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La Spagna avanza una proposta drastica per combattere il telemarketing illegale: vietare i contratti a distanza obbligando la sottoscrizione in presenza. La misura mira a ridurre le chiamate promozionali indesiderate, ma solleva dubbi sulla sua efficacia e compatibilità con le normative UE. Una soluzione multifaceted potrebbe essere più adatta

Pubblicato il 12 set 2024

Sergio Aracu

Founding Partner di Area Legale S.r.l.

Andrea Michinelli

Avvocato, FIP (IAPP), LA ISO/IEC 27001:2013



call center

Torniamo a parlare di telemarketing illegale (c’è chi lo chiama selvaggio ma, di fatto, è semplicemente contrario alle normative vigenti) alla luce della ennesima pretesa di soluzione drastica e definitiva al problema.

Questa volta, la supposta panacea del male assoluto, arriva dalla Spagna.

La proposta spagnola: divieto tout court dei contratti a distanza

La proposta è molto semplice: si vieterebbe tout court la conclusione di contratti a distanza (non è chiaro se e come limitati a determinati settori come l’energia e il gas, oppure in generale), obbligando quindi consumatori e imprese alla sottoscrizione in presenza, presso una sede/agenzia del fornitore.

Questo dovrebbe ridurre l’interesse delle aziende a operare contatti telefonici per proporre prodotti e servizi. Ma, appunto, il condizionale è d’obbligo e chi scrive lo metterebbe in grassetto.

Gli interventi spagnoli più recenti che non hanno risolto i problemi del telemarketing

Ricordiamo che, tra l’altro, la Spagna era già intervenuta abbastanza di recente (nel 2022) con modifiche di legge per cercare di arginare il telemarketing indesiderato. La misura più drastica è stata il richiedere necessariamente il consenso preventivo dell’utente (opt-in a priori, quale richiesta o iniziativa del consumatore) per qualsiasi chiamata a scopo di promozione commerciale. In Spagna, in aggiunta, sussiste un Registro delle Opposizioni per le chiamate indesiderate, applicabile ad alcuni casi al di fuori del regime consensuale.

E ciononostante i fenomeni illeciti perdurano – il che ci dice qualcosa su quanto queste misure, sempre più restrittive, stiano davvero centrando il cuore del problema.

Cosa non convince della proposta spagnola

Da qui si arriva questa novità di cui si sta rumoreggiando, non essendo ancora definita ufficialmente. La proposta parlamentare, oltre tutto, si presenterebbe sì come un divieto contrattuale di fatto, ma prevederebbe un’eccezione nel caso in cui sia l’utente stesso a richiedere esplicitamente la sottoscrizione telefonica. In tal caso, la telefonata con la sottoscrizione dovrebbe essere obbligatoriamente registrata con tutte le informazioni contrattuali.

Cosa non ci convince di questa nuova proposta spagnola?

Come ogni soluzione che, da sola, pretende di risolvere un problema, quella in esame non sembra tener conto delle dinamiche della questione.

A farne le spese sarà il teleselling non il telemarketing

Punto primo: se confermata l’impostazione emersa dai rumors, la soluzione spagnola impatta sul cosiddetto teleselling (vendita a distanza) e non sul telemarketing (pubblicità a distanza).

Questo significa che il secondo continuerà serenamente la sua strada e, probabilmente anzi, vedrà implementato il canale agenzie che, attualmente, è proprio il più critico per l’estrema difficoltà di controllo e disciplina.

Chi non rispetta le regole, continuerà a farlo

Punto secondo: esattamente come già commentato rispetto alla discussa “soluzione olandese” (ovvero: un registro centralizzato dei consensi) chi non rispetta le regole, continuerà a farlo.

Questo significa che chi opera illegalmente, con ogni probabilità, continuerà a chiamare numeri iscritti al Registro delle Opposizioni o ad utilizzare numeri formati con compositori automatici di numeri telefonici o, ancora, a chiamare numeri senza consenso o pur di attirare i potenziali sottoscrittori in una sede fisica per provvedere alla sottoscrizione dei contratti.

Chi attualmente falsifica le firme sotto i contratti, dopo il contatto telefonico (perché magari semplicemente non è autorizzato dal committente a concludere contratti a distanza – leggasi “agenzie disoneste”) continuerà a farlo. E, anzi, lo farà ancora di più sfruttando quelle fasce di popolazione che non vogliono o non possono recarsi in un punto vendita fisico.

La possibile incompatibilità con le norme Ue

Punto terzo: la normativa europea in materia di contratti a distanza e in materia di concorrenza in ambito UE. Siamo sicuri che una norma come quella in esame sia compatibile con tale discipline?

Il vero bersaglio non è il telemarketing

Punto quattro: e se questi tentavi non si focalizzassero sul bersaglio giusto, che potrebbe essere invece (per il CLI Spoofing, cioè il ricevere chiamate da numeri falsi o inesistenti, spesso automatizzati) la debolezza strutturale, tecnica della rete di telefonia? È questa debolezza, infatti, a consentire il grosso delle prassi illecite, tramite falle di sistema.

Come scritto e ripetuto più volte, un problema che si risolve con una unica soluzione “definitiva”, semplicemente, non è un problema.

Le possibili soluzioni al fenomeno del telemarketing illegale

Ci sono tante soluzioni possibili per arginare il fenomeno, alcune più efficaci di altre, alcune che stentano a decollare ma sono in pista (vedi il recente e promettente Codice di condotta per il telemarketing, frutto dell’operato del Garante Privacy e dei maggiori player di settore, in primis). Altre che sarebbero di sicura efficacia ma ancora non vengono applicate nel nostro Paese, come ad esempio le tecniche utili a impedire il CLI Spoofing, quindi la clonazione delle numerazioni telefoniche.

La “soluzione” americana

A tal proposito, l’esempio incentrato sul colpire a livello tecnologico – e promettente – arriva dagli USA, dove stanno implementando (e imponendo, già dal 2021) un nuovo standard per le comunicazioni telefoniche (lo STIR/SHAKEN, ma ve ne sono altri simili come per esempio il LLEIDANET). Standard che filtra e blocca molte delle chiamate da numeri non regolari o inesistenti, con risultati incoraggianti. Potrebbe essere un punto su cui riflettere, in maniera più centrata, per combattere davvero l’illegalità del settore. Certo, si tratterebbe di una misura che richiede comunque tempo e impegno, sul lato organizzativo, da parte degli operatori, ma potrebbe dare frutti migliori che valgono l’impegno.

Va infine segnalato che sempre la Spagna sta discutendo tuttora ulteriori provvedimenti (diretti soprattutto agli operatori di telecomunicazioni per far bloccare numeri telefonici non assegnati, oltre a imporre l’uso di certi prefissi agli operatori) che però, nuovamente, non paiono poter davvero colpire chi delinque in questo ambito.

La necessità di un approccio “multifaceted”

In conclusione, la lotta al telemarketing illegale richiede un approccio “multifaceted” e ponderato. Mentre la proposta spagnola di vietare i contratti a distanza potrebbe sembrare una soluzione “radicale”, rischia di non affrontare il cuore del problema. Invece di cercare una panacea universale, dovremmo concentrarci su una combinazione di misure: miglioramenti tecnologici, una più rigorosa applicazione delle norme esistenti (come cerca di attuare anche il citato Codice di Condotta) e una maggiore collaborazione tra regolatori e operatori del settore. Attraverso questi sforzi combinati possiamo sperare di ridurre significativamente il telemarketing illegale, proteggendo i consumatori senza ostacolare inutilmente le attività commerciali legittime.

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