Politecnico di milano

Molte pmi salvate dall’e-commerce, ma ora serve una vera strategia

L’e-commerce si è rivelata un’ancora di salvezza per molte pmi durante il lockdown. Lo dicono i dati del Polimi. A oggi però, il loro approccio al digitale rimane di tipo “reattivo”, in risposta alla comprensibile urgenza del periodo. La vera sfida per il futuro sarà passare ad un approccio proattivo e strategico

Pubblicato il 25 Nov 2020

Giorgia Sali

Direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI

Digital Services Act (DSA)

L’ecommerce si è rivelato per molte pmi un’ancora di salvezza in questi mesi. Lo vediamo nei dati del nostro osservatorio. Una buona notizia che però è solo a metà, perché adesso è necessario fare un passo in più: verso una vera strategia per la trasformazione digitale.

L’e-commerce ha salvato molte pmi italiane: i dati

Bisogna che tutte le aziende e il sistema Italia venga a patti con un’evidenza.

Per la prima volta, durante il lockdown, l’e-commerce è stato il principale, se non esclusivo in alcuni comparti, motore di generazione dei consumi[3]. A fronte di una situazione di flessione generale nel settore del commercio, rileva l’Istat[4], il commercio elettronico è stata l’unica forma distributiva a presentare risultati positivi, con un aumento del 29,2% nell’arco dei primi nove mesi del 2020.

Secondo le ultime stime di settembre dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI[5], durante la pandemia le PMI che hanno utilizzato l’eCommerce sono cresciute del 50%, passando dal 24%[6] di febbraio 2020 al 34% di agosto 2020, ossia sono oltre 70mila le PMI che fanno eCommerce oggi.

Tale crescita è dovuta in larga parte ad un utilizzo più esteso di piattaforme terze. La creazione di un eCommerce proprietario, che garantirebbe vantaggi in termini di controllo di dati e informazioni sui clienti, rimane oggi un’attività appannaggio di una nicchia di piccole realtà: questa richiede infatti tempo, investimenti, competenze e digitalizzazione degli altri processi aziendali a supporto. Tutti requisiti ad oggi mancanti nella maggior parte delle PMI. D’altro canto, tramite una piattaforma terza di eCommerce una PMI ha la possibilità di raggiungere nuovi clienti attraverso un canale di vendita aggiuntivo e di avvalersi degli strumenti messi a disposizione da un attore specializzato. eBay.it ha registrato da marzo 2020 un incremento dei venditori professionali italiani del 53% rispetto allo stesso periodo 2019, mentre Amazon ha riscontrato un aumento delle vendite medie per singolo attore del 15%.

Si sono mosse in particolare sul canale eCommerce le PMI che si rivolgono ai consumatori finali, che sono sempre più presenti sul canale online: da gennaio a maggio 2020 si contano 2 milioni di nuovi consumatori online in Italia (in tutto 29 milioni), 1,3 milioni dei quali, secondo le stime di Netcomm, sono da attribuire all’impatto dell’emergenza sanitaria del Covid-19. È aumentata inoltre la frequenza di acquisto: per citare alcuni esempi, eBay ha assistito nel periodo di pandemia ad un aumento degli accessi alla piattaforma tramite app e smartphone del 56%, mentre Amazon ha registrato tra giugno 2019 e maggio 2020 un incremento dei prodotti venduti del 33%.

I dati mostrano dunque che le piccole imprese italiane stanno comprendendo sempre più che il commercio online si può affiancare alle attività fisiche, senza rappresentare una opposizione ad esse, ma al contrario un’opportunità per ampliare il proprio business e raggiungere i clienti con un canale differente.

Il gap digitale delle PMI italiane

Dall’altro lato però, la penetrazione dell’eCommerce tra le PMI del nostro Paese rimane modesta: nel 2019 era meno della metà di quella delle grandi imprese italiane ed era la metà rispetto alla media delle controparti europee, lontana dai valori di Francia, Germania e Spagna[7].

L’arretratezza delle nostre PMI rispetto all’eCommerce riflette in realtà un gap più ampio, che affonda le sue radici nella barriera culturale delle nostre imprese verso il digitale[8].

Le PMI scontano una mancanza di competenze strategiche e tattiche su come poter sfruttare in maniera efficace il digitale nel proprio business.

Non è purtroppo una novità: l’Italia è ultima in Europa nell’area capitale umano dell’indice DESI (Digital Economy and Society Index) e, in generale, vi sono rilevanti carenze dei cittadini italiani in termini di competenze digitali. Secondo i dati Eurostat, solo il 42% degli italiani possiede competenze digitali almeno di base e l’Italia fa peggio della media europea e degli altri grandi Paesi UE (e dell’UK) praticamente in ogni categoria, persino tra i giovani tra i 16 e i 24 anni, tra gli individui più istruiti e tra gli abitanti delle città. Anche guardando ai dati sulla forza lavoro attiva, emerge che meno della metà ha le competenze digitali almeno di base, contro una media UE del 66%.

Gli specialisti ICT sono il 3,5% degli occupati e questa carenza rischia di acuirsi, visto che solo l’1,3% dei laureati ha una specializzazione in ambito ICT, contro una media europea del 3,8%.

In questo panorama, che evidenzia un problema diffuso di mancanza di competenze digitali in Italia, le PMI rispetto alle grandi realtà mostrano una domanda di skill ICT inferiore[9] e, quando le richiedono, fanno più fatica ad attrarre le migliori professionalità con competenze digitali e ad integrarle con quelle già esistenti.

Le sfide per il futuro delle PMI e del sistema paese

L’aumento della presenza eCommerce delle nostre PMI congiuntamente al maggiore utilizzo degli strumenti digitali in generale registrati a fronte di questo periodo di crisi, sono segnali positivi, che riflettono una forte resilienza delle imprese alla congiuntura negativa.

Ad oggi però, l’approccio delle PMI all’eCommerce ed alla Digital Trasformation più in generale rimane di tipo “reattivo” verso un fattore di obbligo esterno, in risposta alla comprensibile urgenza del periodo. La vera sfida per il futuro sarà passare ad un approccio proattivo e strategico, in cui attività e processi aziendali vengono rivisti in ottica digitale. Solo in questo modo le imprese potranno ottenere benefici dalle innovazioni digitali.

Affinché ciò sia possibile, è necessario lavorare in primis sulla scarsità di cultura e competenze, sia a livello operativo sia (e soprattutto) a livello decisionale, affinché le azioni si inseriscano in un quadro strategico di più ampio respiro.

A livello di Sistema Paese, lavorare sulla digitalizzazione delle PMI, eCommerce incluso, può portare ad un effetto positivo sul PIL: l’Osservatorio ha rilevato che negli ultimi 5 anni nei paesi europei si è riscontrata una relazione positiva e significativa fra digitalizzazione delle PMI e crescita del prodotto interno lordo. In tal senso, va nella giusta direzione il Bando Trasformazione Digitale per le PMI lanciato dal MISE che alloca 100 milioni di euro (contributi e finanziamenti agevolati) per incentivare progetti di digitalizzazione dei sistemi, eCommerce compreso.

È importante sottolineare che si otterranno effetti positivi e significativi sulla crescita nazionale se le PMI trovano una controparte digital nell’intero ecosistema, che comprende grandi imprese e Pubbliche Amministrazioni: una strategia trasversale di digitalizzazione a livello Paese si rivela dunque oggi ancora più necessaria e urgente.

______________________________________________________________________________

  1. Si intendono piccole medie imprese (PMI) le realtà tra 10 e 249 addetti ed un fatturato annuo inferiore a 50 milioni di euro.
  2. Elaborazione su dati Istat relativi al 2018.
  3. Stime Osservatorio eCommerce b2c, ottobre 2020.
  4. Istat, Rilancio del commercio alla luce della crisi causata dall’emergenza epidemiologica, Audizione Parlamentare del Dott. Gian Paolo Oneto, 18 novembre 2020.
  5. I dati riportati da qui in avanti si riferiscono al comparto PMI (imprese con 10-249 addetti e meno di 50 milioni di fatturato).
  6. Stime effettuate dall’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI con il supporto di TeamSystem.
  7. Elaborazione Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano su dati Eurostat 2019.
  8. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio su dati Eurostat, nel 2019 il 7% delle imprese italiane analizza Big Data, contro una media UE del 12% ed il 27% usa un CRM vs 32%.
  9. Secondo le elaborazioni dell’Osservatorio su dati Eurostat, nel 2019 le PMI che hanno internamente risorse dedicate all’ICT sono il 24% in Italia contro il 39% in UE28.

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