L’Independent Publishers Alliance ha presentato alla Commissione Europea una denuncia antitrust contro Google, accusando il colosso di Mountain View di abuso di posizione dominante a seguito dell’introduzione delle AI Overview nel motore di ricerca.
E’ una svolta interessante che merita un’analisi.
Indice degli argomenti
AI Overviews: il problema per gli editori
La funzionalità, lanciata da qualche mese, modifica radicalmente l’esperienza di ricerca: Google genera automaticamente riassunti utilizzando contenuti di diversi siti web e li posiziona sopra i risultati tradizionali. Il risultato è un drastico calo del traffico verso i siti degli editori originali, che vedono gli utenti fermarsi alle sintesi senza più cliccare sui link sottostanti.
La controversia apre un fronte legale significativo che fungerà da banco di prova per verificare se il diritto antitrust europeo sia in grado di regolare le nuove frontiere dell’intelligenza artificiale.
Le norme antitrust interessate nel caso dell’AI di Google: TFUE, Digital Markets Act (DMA) e Giurisprudenza della Corte Europea
L’articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) vieta l’abuso di posizione dominante nel mercato interno, richiedendo sommariamente la dimostrazione di tre elementi costitutivi: l’esistenza di una posizione dominante, l’abuso di tale posizione e l’effetto sul commercio tra Stati membri. Nel caso delle AI Overview, la posizione dominante di Google nel mercato della ricerca online appare incontestabile, con una quota superiore al 90% in Europa. L’elemento critico potrebbe risiedere nella qualificazione giuridica delle condotte contestate come “abusive”.
La giurisprudenza consolidata della Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sviluppato una sofisticata dottrina dell’abuso che si articola in due categorie principali: l’abuso di sfruttamento (exploitative abuse) e l’abuso escludente (exclusionary abuse). Le AI Overview di Google presentano caratteristiche che potrebbero essere ricondotte ad entrambe le tipologie.
Sul fronte dello sfruttamento, l’utilizzo sistematico dei contenuti editoriali per generare riassunti AI senza adeguata compensazione o consenso esplicito potrebbe configurare una forma di appropriazione del valore creato da terzi. Questa dinamica richiama i principi stabiliti dalla Corte nel caso United Brands (1978), dove si affermò che l’abuso può consistere nell’imposizione di condizioni commerciali non eque.
Dal punto di vista escludente, la mancanza di opzioni di opt-out per i publisher che desiderano mantenere la visibilità nei risultati di ricerca tradizionali costituisce una forma di coercizione economica che riecheggia la giurisprudenza sui “tying arrangements“, come stabilito nel caso Microsoft.
Un aspetto particolarmente rilevante dell’analisi concerne l’applicazione della dottrina delle “essential facilities” al motore di ricerca di Google. Secondo questa teoria, sviluppata dalla giurisprudenza europea a partire dal caso Commercial Solvents, un’impresa dominante che controlla un’infrastruttura essenziale per l’accesso al mercato non può negare l’accesso senza giustificazioni oggettive.
Nel contesto digitale contemporaneo, il motore di ricerca di Google rappresenta de facto un’infrastruttura essenziale per l’accesso al mercato dell’informazione online. La condizione imposta agli editori di accettare l’utilizzo dei propri contenuti per le AI Overview come prerequisito per mantenere l’indicizzazione potrebbe per questo configurare una violazione del principio di accesso non discriminatorio alle infrastrutture essenziali.
Il Digital Markets Act, entrato in vigore nel marzo 2024, introduce una dimensione normativa ex-ante che complementa l’enforcement ex-post del diritto antitrust tradizionale. Google è stato designato come “gatekeeper” ai sensi del DMA, soggetto a obblighi specifici che includono il divieto di favorire i propri servizi nei risultati di ricerca.
L’articolo 6 comma 5 del DMA vieta esplicitamente ai gatekeeper di “trattare in modo più favorevole nei risultati di ranking i servizi e prodotti offerti dal gatekeeper stesso rispetto a servizi o prodotti simili di terzi“. Le AI Overview, posizionate sistematicamente in cima ai risultati di ricerca, sembrano rappresentare icto oculi una violazione diretta di tale disposizione.
L’analisi delle condotte antitrust contestate
La denuncia dell’Independent Publishers Alliance si fonda principalmente sulla teoria dell’auto-preferenza self-preferencing), principio giuridico consolidato dalla giurisprudenza europea nel caso Google Shopping. La Commissione ha stabilito che un’azienda dominante che favorisce sistematicamente i propri servizi commette abuso, indipendentemente dall’efficienza tecnica del risultato.
Nel caso delle AI Overview, questo principio sembra trovare applicazione diretta: Google utilizza i contenuti degli editori per creare sintesi che vengono sistematicamente posizionate sopra i link originali, sottraendo traffico e valore economico ai creatori di contenuto. La quantificazione di questo impatto risulta davvero allarmante: dati SISTRIX mostrano cali di visibilità fino al 40% per importanti editori come Screenrant e del 37% per BBC News.
Il meccanismo di bundling per Google Search e per AI Overview
L’impossibilità per gli editori di optare per l’esclusione delle AI Overview senza perdere l’indicizzazione generale configura una forma di coercizione economica attraverso il cosiddetto bundling, un meccanismo commerciale noto come “vendita a pacchetto, che in questo caso però risulta una modalità per attuare una pratica commercialmente scorretta.
Il “prendere o lasciare” di Google costringe infatti gli editori a rimanere visibili su Google Search (mantenendo quindi il proprio business on line) solo previa accettazione che i contenuti da questi prodotti siano utilizzati per creare riassunti AI. Riassunti che, a loro volta, riducono il traffico verso i siti sorgente. L’editore si trova così costretto ad accettare un servizio che ritiene dannoso (AI Overview) per poter accedere a un servizio invece essenziale quale l’indicizzazione, senza possibilità di scelta selettiva
Questa pratica è stata ripetutamente condannata dalla giurisprudenza europea, in particolare nel caso Android, dove Google impose restrizioni analoghe ai produttori di dispositivi.
La testimonianza di Eli Collins, Vice Presidente di Google DeepMind, ad un tribunale federale statunitense ha confermato che mentre gli editori possono impedire l’utilizzo dei loro contenuti per l’addestramento di alcuni modelli AI, tali opt-out non si applicano all’organizzazione di ricerca di Google, rendendo il corto circuito legale piuttosto evidente.
I precedenti di Google Shopping, Android e AdSense
La decisione della Commissione nel caso Google Shopping ha stabilito principi direttamente applicabili alle AI Overview. La sanzione di 2,42 miliardi di euro ha consolidato la dottrina secondo cui il posizionamento privilegiato dei propri servizi nei risultati di ricerca costituisce abuso quando realizzato da un’impresa dominante.Il parallelo con le AI Overview è evidente: mentre Google Shopping favoriva il servizio di comparazione prezzi di Google, le AI Overview favorirebbero le sintesi generate dall’AI di Google, in entrambi i casi a scapito dei contenuti originali di terzi.
Il caso Android (2018), concluso con una sanzione di 4,34 miliardi di euro, ha invece stabilito che l’imposizione di condizioni restrittive per l’accesso a servizi essenziali costituisce abuso di posizione dominante. Google richiedeva ai produttori di pre-installare l’intera suite di app Google come condizione per l’accesso al Play Store.
Nel caso delle AI Overview, la dinamica è piuttosto analoga: per mantenere l’accesso all’indicizzazione di Google Search (servizio essenziale), gli editori devono accettare l’utilizzo dei loro contenuti per le AI Overview. La struttura coercitiva è simile, variando, ad opinione di chi scrive, solo il settore di applicazione.
Risulta utile anche valutare l’impatto del caso AdSense che pur evidenziando i limiti dell’imposizione di clausole di esclusività da parte di imprese dominanti (conducendo nel settembre 2024 il Tribunale Generale dell’Unione Europea ad annullare la multa di 1,5 miliardi di euro per insufficienza delle prove presentate dalla Commissione) potrebbe risultare determinante per fondare la responsabilità delle AI Overview.
A differenza di AdSense, dove veniva contestata la mancanza di dati empirici chiari, qui esistono evidenze quantitative precise e facilmente verificabili, come il calo del traffico verso i siti sorgente.
L’Impatto di Google AI Overview sull’editoria
L’economia in gioco è infatti tutt’altro che marginale: le AI Overview rappresentano una trasformazione fondamentale nell’ecosistema dell’informazione digitale che rischia di soppiantare il modello tradizionale, basato sul click-through verso i siti degli editori.
Questa trasformazione ha implicazioni economiche profonde: secondo Raptive, player di vendita di pubblicità digitale, le AI Overview potrebbero ridurre i visitatori dei siti web del 25%. Per publisher specializzati come HouseFresh, l’impatto dichiarato è stato clamoroso, con un calo del traffico del 91% in pochi mesi.
Le analisi pubblicate mostrano che l’impatto delle AI Overview non è neutrale ma colpisce sproporzionatamente i publisher indipendenti e specializzati. Mentre grandi piattaforme come Reddit hanno visto più che raddoppiare il loro traffico, publisher specializzati come HouseFresh dichiarano di essere virtualmente scomparsi dai risultati di ricerca.
Oltre alla pura analisi antitrust, sono evidenti le questioni, ben care all’Europa, relative al pluralismo informativo e alla protezione delle piccole e medie imprese.
L’efficienza dinamica delle AI Overview: la difesa di Google
Google difende le AI Overview sostenendo che rappresentano un’innovazione che beneficia i consumatori, permettendo loro di ottenere risposte più rapidamente e di “porre ancora più domande”. Questa argomentazione si basa sulla teoria della cosiddetta efficienza dinamica, secondo cui l’innovazione tecnologica può giustificare restrizioni competitive temporanee anche in ottica di tutela antitrust.
A ben vedere, l’accettabilità di tale giustificazione dovrebbe superare il rigoroso test di proporzionalità stabilito dalla giurisprudenza europea. Nel caso Intel, la Corte ha richiesto che l’impresa dominante dimostri che la condotta generi effettive efficienze, che tali efficienze siano trasferite ai consumatori, che la restrizione sia strettamente necessaria, e, soprattutto, che non esistano alternative meno restrittive.
Mentre è vero che le AI Overview possono accelerare l’accesso all’informazione, salvo poi comprendere quanto questo processo generi informazioni corrette, è da dimostrare che questo sia l’unico modo, visto il danno arrecato ai publisher originali e all’impossibiltà di impostare meccanismi di opt-out effettivi.
Le possibili misure cautelari per frenare Google AI Overview
La richiesta di misure cautelari avanzata dall’Independent Publishers Alliance si innesta nella possibilità che ha la Commissione di adottare misure provvisorie quando sussiste il rischio di danni gravi e irreparabili alla concorrenza. La natura strutturale della perdita di traffico web lamentata dai publisher potrebbe soddisfare il requisito del periculum in mora sia per la possibile perdita di relazioni commerciali con gli inserzionisti che, in maniera più complessa da provare, nella riduzione della brand awareness e dell’autorevolezza editoriale.
Si tratterebbe in effetti di danni difficilmente quantificabili ex-post e praticamente impossibili da compensare con risarcimenti economici, configurando la tipologia di danno “irreparabile” che giustificherebbe l’adozione di misure cautelari.
AI Overview: oltre l’Antitrust
Dal punto di vista del consumatore medio, le AI Overview sono comunque viste come una panacea per il risparmio temporale speso sui motori di ricerca: risposte immediate, informazioni sintetizzate e meno tempo dedicato alla navigazione. Una vittoria dell’efficienza sulla complessità.
Il cambio di paradigma, però, è evidentemente anche altro. Google non si limita più a indicizzare il web: lo reinterpreta, lo filtra, lo riscrive.
Appare corretto quindi che gli editori europei, e non solo, vogliano rivendicare il diritto a un ecosistema informativo plurale, senza limitarsi ai risultati di un modello di AI che pretende di riassumere tutto, facendolo in modo parziale e non sempre corretto.