la causa USA sui libri

AI e copyright, i problemi aperti dopo la sentenza Anthropic



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La causa contro Anthropic ha portato a una parziale vittoria per i sistemi LLM: l’uso di opere protette per finalità educative può essere giustificato dal fair use, restano aperti i nodi sull’acquisizione del materiale

Pubblicato il 10 set 2025



claude AI anthropic

Una sentenza pronunciata a fine giugno 2025 negli Stati Uniti (United States District Court Northern District of California no C 24-05417 WHA) ha chiuso, seppure parzialmente, la causa che ha contrapposto alcuni autori di pubblicazioni con il sistema di IA Anthropic, noto per il suo chatbot Claude.

La controversia legale tra Autori e Anthropic

La questione nasceva dall’utilizzo da parte di Anthropic di un numero massivo di pubblicazioni di varia natura, raggruppate in una sorta di libreria dalla quale attingere materiale al fine di educare e istruire il chatbot a fornire output “di livello” a fronte di input.

Secondo le contestazioni degli autori, Anthropic avrebbe trasformato i libri accorpati, digitalmente, e li avrebbe poi inseriti nel training di Claude con, questa l’accusa degli attori, violazione dei loro diritti d’autore.

Il Giudice nell’esaminare la questione ha ritenuto di dover affrontare due questioni differenti: la prima, la legittima (o meno) acquisizione del materiale da parte di Anthropic; la seconda, la natura dell’utilizzo, la sua finalità e modalità.

Istruzione umana e istruzione dell’IA a confronto

Partiamo dal secondo argomento che è quello che ha portato a una “sorpresa” che ci si chiede che impatto potrà avere sul futuro rapporto tra sistemi di IA, autori ed editori e quali echi anche in Europa.

La sentenza afferma che, di fatto, l’utilizzo da parte di Anthropic per la finalità di istruzione di Claude di pubblicazioni in libero commercio non differisce nei suoi aspetti essenziali e giuridicamente rilevanti dall’utilizzo per finalità di istruzione che altri faccia in favore di esseri umani.

In altri termini, il focus del giudice non si concentra sulla natura del destinatario dell’istruzione (umano o sistema di IA) ma sulla finalità, per l’appunto educativo/ istruttiva, dell’azione e di conseguenza dell’uso della pubblicazione coperta da copyright. La sentenza di fatto equipara uomo e sistema in termini di soggetto ricevente, andando a monte dell’azione, ed identificando come discriminante la motivazione.

Il principio del fair use come esimente giuridica

Questo ragionamento appare importante ai fini dell’applicabilità e della concreta applicazione alla fattispecie del principio del “fair use” che connota il diritto statunitense sul copyright.

Il fair use consente un uso limitato di materiale soggetto a copyright, senza preventiva autorizzazione del detentore dei diritti, in presenza di specifiche circostanze o con specifiche finalità, tra cui quella educativa e di istruzione.

L’utilizzo di opere protette dal copyright con finalità di istruzione consente quindi, in via generale, di escludere la violazione di copyright. In conseguenza, identificando l’utilizzo fatto da Anthropic per l’addestramento di Claude come istruzione, consente applicabile l’esimente del fair use.

I limiti del parallelismo tra uomo e macchina

L’insieme di queste valutazioni da parte del giudicante solleva alcune perplessità, tenuto conto dell’inevitabile differente quantità di materiale che un essere umano e un IA hanno la possibilità e l’interesse ad assorbire in una fase di educazione e/o di istruzione.

L’essere umano, anche quello più dotato, ha dei limiti fisiologici all’assorbimento di informazioni, un sistema, in quanto tale, di fatto non ha limiti o può essere programmato per non averne. In conseguenza, l’entità dell’utilizzo per l’addestramento di un soggetto umano non è equiparabile a quello per un sistema di IA, con la conseguenza che il suo attingere al mondo del copyright non potrà mai essere equiparato a quello per un sistema LLM.

A ciò si aggiunga che l’essere umano utilizza il materiale per il proprio accrescimento culturale e non solo per una capacità di risposta, il che a livello sociale e sociologico porta, a parere di chi scrive, ad un maggior equilibrio tra diritto dell’autore e ritorno alla società delle informazioni elaborate in termini di conoscenza e utilità.

Nel non considerare questi ultimi elementi e nell’equiparare IA e soggetto umano quali destinatari dell’istruzione, e dunque dell’applicabilità del fair use, il giudicante ha aperto in favore dei titolari dei sistemi una strada di non scarsa importanza per la propria difesa, soprattutto in un sistema come quello statunitense basato sui precedenti.

Possibili ripercussioni nel contesto europeo

Ci si chiede che impatto questa decisione, che pare essere passata per lo più sotto silenzio nonostante la sua portata, avrà anche nel sistema comunitario e in quello britannico che vedono pendenti più contenziosi tra autori/editori e sistemi di IA.

Certamente nel nostro ordinamento il concetto di fair use non è previsto, e pertanto non potrà essere portata avanti una difesa analoga; ciò non di meno se passasse il concetto di equiparazione tra istruzione dell’essere umano e istruzione dei sistemi di IA ci si potrebbe aspettare una richiesta di esenzione per finalità scientifiche/didattiche tesa ad annullare la sussistenza dell’aspetto violativo.

Il nodo dell’acquisizione delle opere e i diritti economici

I prossimi mesi saranno dunque cruciali sotto questo profilo, per verificare come i titolari di sistemi di IA della stessa natura di Anthropic potrebbero sfruttare questo “varco”.

Il secondo aspetto esaminato dal giudicante riguarda l’acquisizione delle pubblicazioni accorpate nella libreria centrale di Anthropic. Come si è detto, si tratta di pubblicazioni in libero commercio; attraverso il libero commercio e il ritorno economico derivante dall’acquisto o dagli abbonamenti, editori e autori ottengono la loro remunerazione e gli editori ricoprono, in particolare, gli investimenti fatti.

Ora, è indubbio che l’acquisizione del materiale in maniera differente dal lecito acquisto, comporti una violazione di quei diritti di natura economica che le leggi in materia di diritto d’autore garantiscono. Ne consegue che il punto essenziale rispetto alla liceità dell’utilizzo passi anche dalla modalità di acquisizione.

Nel caso di specie il giudice ha ritenuto che la mancata acquisizione in forma onerosa e la mancata corresponsione, dunque, del ritorno economico in favore di editori ed editori costituisca, questo sì, una violazione di diritti di copyright.

Sul punto il giudicante ha rimandato ad altra e diversa fase la quantificazione del danno e questo giudizio sarà di grande interesse per comprendere : a) quantificazione del danno e criteri applicati; b) ripartizione del risarcimento fra diversi editori; c) ripartizione del danno fra autori ed editori.

Costi, licenze e strategie di accesso ai contenuti

Leggendo però la sentenza al contrario, si evince che, ricadendo l’utilizzo in parola in una delle fattispecie del fair use, nel momento in cui l’acquisizione avvenisse in modo rispettoso dei diritti economici, qualsiasi vulnus sarebbe azzerato.

Certamente immaginare l’acquisto di una mole tanto significativa di materiale sottintende una quantificazione in termini di esborso monetario non indifferente, e di conseguenza un investimento che alcuni sistemi potrebbero non poter o non voler affrontare. Al contempo, il fatto che alcuni editori abbiano implementato sistemi per evitare riproduzioni non autorizzate, concorrerà nel rendere maggiormente difficoltoso il sistema di acquisizione fuori dai canoni del copyright.

Una sentenza ponte in attesa di nuove norme

La questione non può certo dirsi risolta da questa sentenza, i profili da esplorare sono ancora molti, a cominciare da come questa sentenza sarà fatta valere in altri giudizi in Usa, in Europa, dalle questioni legate all’AI Act e alla parte dello stesso divenuta operativa dopo il 2 agosto 2025.

Purtuttavia è indubbio che questa sentenza rappresenta un tentativo di mediazione tra i legittimi diritti degli autori ed editori e le esigenze di un mondo nuovo e complesso rispetto al quale gli strumenti giuridici sono spesso carenti o inadeguati e rispetto al quale l’applicazione in via per cosi dire analogica non sempre porta a risultati soddisfacenti o esenti da criticità.

Ancora una volta si ha l’impressione che le lacune legislative debbano essere al più presto colmate per portare a un contesto di certezza dei principi di diritto che prescinda da seppur volonterose singole interpretazioni.

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