Secondo quanto riportato dal Financial Times, Universal e Warner, case di artisti come Taylor Swift, Kendrick Lamar, Charli XCX e Coldplay, stanno trattando con startup come ElevenLabs, Stability AI, Suno, Udio e Klay Vision, oltre che con giganti come Google e Spotify.
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Le trattative in corso e il modello economico
L’obiettivo è definire come e quanto i gruppi tecnologici dovranno pagare per utilizzare la musica nei processi di addestramento e nella generazione di contenuti musicali.
Il modello a cui si guarda è quello dello streaming: ogni utilizzo di una canzone, anche all’interno di una generazione AI, comporterebbe un micropagamento.
Per calcolare i compensi, le etichette chiedono lo sviluppo di tecnologie di attribuzione simili al Content ID di YouTube, in grado di riconoscere automaticamente quando un brano o un frammento viene utilizzato. È un approccio che punta a evitare gli errori del passato, la reazione tardiva all’avvento di Internet, che quasi distrusse il settore.
I protagonisti della musica generata da AI: tra opportunità e rischi
Dietro i nomi delle startup coinvolte si gioca una partita che riguarda il futuro dell’intera industria musicale.
- ElevenLabs, valutata oltre 3 miliardi di dollari, è leader nella sintesi vocale e sta estendendo la propria tecnologia al campo musicale. Offre voci sintetiche estremamente realistiche e ora mira a unire voce e musica in un servizio integrato, muovendosi con attenzione nel perimetro legale delle licenze.
- Stability AI, azienda britannica nota per Stable Diffusion, ha sviluppato Stable Audio, un modello che genera brani musicali da prompt testuali. L’approccio è più trasparente: modelli open-source e dataset con licenze compatibili. Ma anche Stability è sotto pressione per cause legate all’uso di materiali protetti.
- Suno e Udio incarnano la tensione tra innovazione e copyright. Entrambe permettono di creare canzoni complete partendo da descrizioni testuali, ma sono finite nel mirino delle major per presunta violazione dei diritti d’autore. Dopo essere state citate in giudizio nel 2024, ora sono in trattativa per accordi che includano anche il risarcimento per gli utilizzi passati dei cataloghi musicali.
- Klay Vision rappresenta invece la via “istituzionale”: collabora con Universal per sviluppare un modello di AI musicale etico, con tracciabilità e rispetto dei diritti incorporati. È la scommessa di chi vuole costruire una relazione duratura tra creatività umana e intelligenza artificiale.
La lezione del passato e l’approccio attuale delle major
La situazione attuale richiama da vicino l’inizio degli anni Duemila. Allora furono i software peer-to-peer come Napster e LimeWire a mettere in crisi un sistema che sembrava intoccabile. Milioni di brani scaricati illegalmente scardinarono il modello economico dell’industria musicale, basato sulla vendita fisica dei dischi. Le major reagirono tardi e male: processi, chiusure, campagne moralistiche contro la pirateria. Solo l’arrivo di iTunes nel 2003 introdusse un compromesso accettabile, accesso legale, digitale, ma a pagamento. Poi venne Spotify, che spostò il baricentro dal possesso all’accesso, inaugurando l’era dello streaming e restituendo valore a un mercato in frantumi.
Oggi le etichette sembrano aver imparato la lezione. Invece di opporsi all’AI, cercano di negoziare, stabilendo regole e canoni prima che la tecnologia diventi ingovernabile. Ma l’equilibrio resta precario: come allora, una nuova generazione di creatori, questa volta algoritmici, minaccia di ridefinire il concetto stesso di musica e di autore.
Intelligenza artificiale: da copia a nuova forma di creatività musicale
L’intelligenza artificiale non si limita a copiare, impara, combina, rielabora. Da pochi secondi di voce può ricostruire un timbro identico; da un prompt testuale può generare un brano “inedito” nello stile di un artista famoso. In questo nuovo ecosistema, la musica non è più un prodotto finito ma una materia prima, un flusso continuo di dati da cui estrarre nuove opere. La distinzione tra ispirazione e imitazione diventa labile.
I confini del diritto d’autore, concepiti per un mondo analogico, vacillano davanti a modelli che apprendono da milioni di tracce senza che nessuno possa dire dove finisce l’apprendimento e dove comincia la copia. La posta in gioco non è solo legale, ma culturale: chi decide che cosa è davvero “nuovo”?
La musica generata da AI e il futuro dell’industria musicale
Le major stanno tentando di fare ciò che non riuscirono ai tempi di Internet: governare l’innovazione prima che li travolga. Gli scenari possibili sono tre.
- L’integrazione controllata. Le piattaforme AI si accordano con le etichette, pagando licenze e riconoscendo i diritti. La musica generata diventa parte del mercato ufficiale, regolata e monetizzabile, come è avvenuto per lo streaming.
- Il mercato ibrido. Una coesistenza tra AI e artisti umani, dove i primi diventano strumenti di composizione e i secondi garanti di autenticità. In questo scenario, la distinzione tra creatore e tecnologia si dissolve.
- Il caos creativo. Se gli accordi falliscono o restano troppo rigidi, le generazioni AI si sposteranno altrove, nei circuiti open source o illegali, come accadde con Napster. La storia, in fondo, ha già mostrato quanto sia difficile fermare la musica.
Come ha ricordato Elliot Grainge, CEO di Atlantic Records, “le etichette hanno imparato dai loro errori: oggi sanno che la sopravvivenza dipende dalla capacità di negoziare i migliori accordi per i propri artisti”. La domanda però resta identica a vent’anni fa: chi controllerà il valore della musica in un mondo dove creare, clonare e remixare è diventato un gesto automatico?











