la guerra commerciale

Shein e Temu: il modello fast fashion cinese alla prova dei dazi americani



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Le tensioni USA-Cina colpiscono il fast fashion cinese. Shein e Temu rispondono diversificando mercati e catene di approvvigionamento mentre affrontano critiche su lavoro forzato, violazioni di copyright e impatti ambientali

Pubblicato il 16 mag 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio

Nicola Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



fast fashion cinese

Il modello di business di Shein e Temu si trova oggi al centro di una tempesta geopolitica e commerciale che ne mette in discussione la sostenibilità. Le tensioni tra Stati Uniti e Cina, unite a nuove regolamentazioni e pressioni normative, stanno spingendo i due colossi del fast fashion a rivedere profondamente le proprie strategie operative.

L’l’impatto delle tariffe statunitensi sul modello di business di Shein e Temu

Il 25 aprile scorso, Shein e Temu, due giganti cinesi dell’e-commerce molto popolari, hanno annunciato che avrebbero modificato i loro prezzi di vendita negli Stati Uniti. Il costo di alcuni prodotti di Shein è successivamente aumentato di oltre il 150%, mentre Temu ha aggiunto “spese di importazione” che in alcuni casi superano il prezzo dell’articolo acquistato.

I provvedimenti sono stati adottati in quanto l’amministrazione statunitense aveva introdotto nuove tariffe per cercare di costringere Pechino a trovare un accordo commerciale volto a ridurre drasticamente il deficit commerciale bilaterale, in modo che la Cina – come aveva dichiarato il presidente Donald Trump – “si faccia carico” dei dazi.

Oltre alle nuove tasse di importazione, gli Stati Uniti hanno anche abolito, a partire dal 2 maggio, l’esenzione tariffaria de minimis per i piccoli pacchi. Se spediti tramite il servizio postale, questi plichi sono soggetti a un dazio del 120% o a una tariffa fissa di 100 dollari, che salirà a 200 dollari a giugno.

Va detto che l’esenzione doganale non è stata ripristinata dall’accordo tra Stati Uniti e Cina volto ad allentare le ultime tornate di aumenti tariffari, ma è probabile che le aziende cinesi tenteranno di utilizzare la sospensione di 90 giorni per effettuare spedizioni all’ingrosso e rifornire i loro magazzini in America.

Dunque, con la questione de minimis assente dall’annuncio sino-americano del 12 maggio, gli esperti del settore sostengono che l’esenzione non sembra destinata a tornare. Ciononostante, il taglio dei dazi per 90 giorni dal 145% al ​​30% aiuterebbe Shein e Temu a rifornire i loro magazzini statunitensi a costi inferiori.

“Se non altro, questa è un’ottima opportunità per Shein e Temu di rifornire il loro inventario negli Stati Uniti”, ha affermato Yao Jin, professore associato di gestione della supply chain presso la Miami University of Ohio.

Invece di effettuare spedizioni individuali via aerea, Shein e Temu probabilmente spediranno i prodotti in grandi quantità tramite navi container negli Stati Uniti nei prossimi 90 giorni, per fare scorta in vista del prossimo possibile aumento delle tariffe, ha affermato Jin.

Sul suo sito web statunitense, Temu ha presentato prodotti già presenti nei magazzini americani, abbandonando il suo modello di business per le spedizioni dirette dalla fabbrica al consumatore. Il 2 maggio, Temu ha dichiarato che tutte le vendite negli Stati Uniti sono ora gestite da venditori locali.

La fine del regime de minimis e le sue conseguenze

Finora l’esenzione tariffaria consentiva ai pacchi internazionali con un valore al dettaglio non superiore a 800 dollari USA, spediti direttamente ai consumatori statunitensi, di aggirare le dichiarazioni doganali in esenzione, senza essere soggetti ad alcun dazio di ingresso.

Per questo, una considerevole maggioranza di pacchi de minimis, aumentati da 410,5 milioni di dollari nel 2018 a 685,1 milioni nel 2022, proveniva dalla Cina.

Nel 2021 la Federal Reserve Bank di New York ha stimato che il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti perdeva fino a 10 miliardi di dollari l’anno in tariffe attraverso strategie come il de minimis..

Lo scorso anno le aziende cinesi hanno venduto in America merci per un valore di circa 50 miliardi di dollari, pari a circa l’11% di tutte le esportazioni cinesi verso il Paese.

L’evoluzione iniziale del modello economico tra agevolazioni e crescita

Shein e Temu avevano anche beneficiato delle politiche adottate dal governo cinese nel 2018 quando, con l’aumento delle tensioni commerciali USA-Cina, erano state ridotte le tariffe di esportazioneper la maggior parte delle imprese rivolte al mercato dei consumatori.

Nel 2022, superando H&M e Zara, Shein è diventata il più grande rivenditore di fast fashion al mondo, valutata 100 miliardi di dollari.

Nello stesso periodo Temu, che vende abbigliamento e altri beni a basso costo, è stata lanciata in America per scoprire come nel 2023 oltre l’80% dei suoi ricavi non proveniva dalle vendite ai clienti, ma dalla vendita di servizi pubblicitari alla sua rete di rivenditori terzi.

Pressioni geopolitiche e nuovi vincoli per il modello operativo

Ora entrambi questi colossi si trovano coinvolti in una terribile guerra geopolitica tra Stati Uniti e Cina.

Shein, che inizialmente sperava di quotarsi a New York, ha ottenuto l’approvazione per un’offerta pubblica iniziale (IPO) a Londra ma non è chiaro se e quando procederà alla quotazione.

Va anche detto che questi giganti asiatici si stanno preparando da tempo ad uno “shock tariffario”, mettendo al sicuro il loro modello di business attraverso lo spostamento delle catene di approvvigionamento.

Shein e Temu, con sede rispettivamente a Singapore e in Cina, sono divenuti molto popolari negli Stati Uniti grazie ai prezzi bassi e all’ampia gamma di prodotti offerti. Shein vende abbigliamento, cosmetici e accessori a prezzi accessibili, rivolgendosi principalmente a giovani donne attraverso partnership con influencer sui social media. Temu, che ha promosso i suoi prodotti tramite annunci online, offre una gamma più ampia di prodotti, tra cui articoli per la casa, regali divertenti e piccoli dispositivi elettronici.

Tuttavia, nel 2023 un documento della U.S.-China Economic and Security Review Commission ha lanciato l’allarme: le piattaforme cinesi di “fast fashion”, in particolare Shein, presentano seri rischi per lo sfruttamento delle scappatoie commerciali nazionali, la sicurezza dei prodotti, l’uso del lavoro forzato, per una significativa concorrenza sleale e sollevano, inoltre, preoccupazioni per i processi di produzione e per le relazioni di approvvigionamento.

L’anno successivo, in una lettera aperta, i commissari della Consumer Product Safety Commission (CPSC) hanno chiesto un’indagine sulle piattaforme di e-commerce di proprietà straniera, come Shein e Temu, per determinare in che modo queste aziende rispettino gli obblighi imposti dal Consumer Product Safety Act, la normativa statunitense sulla sicurezza dei prodotti di consumo.

Resta il fatto che l’America è stata il mercato più importante per i prodotti di questi due giganti del fast fashion, stimati in circa il 30% delle vendite di Shein e il 40% di quelle di Temu.

Ora ci si chiede se il loro modello di business riuscirà a sopravvivere alla rottura delle relazioni commerciali tra le due maggiori economie mondiali. Ed oltre all’aumento delle tariffe statunitensi sulle importazioni, entrambe le piattaforme si stanno confrontando anche con il maggiore controllo normativo sulle pratiche relative ai dati degli utenti e la crescente concorrenza dei rivenditori affermati che entrano nel settore degli ultra-sconto.

L’espansione internazionale tra ostacoli normativi e tensioni locali

Temu e Shein stanno cercando di aprirsi a nuovi mercati. Entrambe le aziende si stanno concentrando in Europa, in particolare Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Spagna. Tuttavia, l’Unione Europea sta prendendo provvedimenti per regolamentare le piattaforme di e-commerce come Temu e Shein, soprattutto per quanto riguarda le spedizioni sotto i 150 euro. La Commissione europea, infatti, sta valutando l’introduzione di dazi e tasse per garantire la sicurezza dei prodotti e tutelare le aziende locali. L’UE è fortemente preoccupata per la crescita esponenziale di queste piattaforme e per la possibile non conformità delle merci alle proprie normative.

Nel frattempo, l’espansione in Asia è stata difficile per i due giganti del fast fashion. A dicembre, le autorità di regolamentazione in Vietnam hanno costretto entrambe le aziende a interrompere le vendite nel paese per timore che stessero vendendo prodotti contraffatti. L’app di Temu è stata bloccata in Indonesia per proteggere i commercianti locali dalla concorrenza cinese.

Diversificazione delle catene di approvvigionamento: opportunità e limiti

Sebbene entrambi facciano molto affidamento sulla produzione cinese, Shein è principalmente un rivenditore diretto al consumatore con prodotti a marchio proprio, mentre Temu opera più come un mercato per vari venditori.

Tutte e due dispongono di catene di fornitura complesse e si riforniscono della maggior parte dei loro prodotti dalla Cina.

Storicamente Shein ha fatto affidamento su una vasta rete di fornitori, per lo più situati in Cina, in particolare nella provincia del Guangdong. Questa vicinanza consente una produzione rapida e un adattamento alle tendenze in rapida evoluzione. La sua catena di fornitura è caratterizzata da un gran numero di fornitori relativamente piccoli, il che garantisce flessibilità ma può anche rendere difficile la supervisione. Shein utilizza un esclusivo modello di business “on-demand”. Iniziano con piccole produzioni basate sull’analisi delle tendenze e aumentano la produzione solo se un articolo si rivela popolare. In questo modo si riducono al minimo le scorte invendute e gli sprechi.

In risposta al crescente controllo sulle pratiche di lavoro e sulle preoccupazioni ambientali, nonché ai nuovi dazi statunitensi, Shein sta iniziando a trasferire parte della sua produzione in altre regioni, in particolare in Vietnam ma anche in India. Questa mossa mira a diversificare la catena di fornitura e, potenzialmente, ad attenuare i costi associati alle tariffe.

Anche Temu si rifornisce della maggior parte dei suoi prodotti da una vasta gamma di produttori e fornitori con sede in Cina. La sua piattaforma funziona più come un marketplace, mettendo in contatto direttamente i consumatori con una ampia gamma di venditori e produttori.Questo modello consente una maggiore varietà di prodotti e prezzi competitivi.

Temu viene descritta come un’azienda che utilizza un modello di “hosting completo” combinato con un meccanismo di offerta. I commercianti fanno offerte per le inserzioni dei prodotti e l’azienda esamina queste offerte, dando priorità ai prezzi più bassi.

Rispetto a Shein, Temu si è mossa più rapidamente per ampliare i suoi approvvigionamenti nel Sud-est asiatico e in Messico, sebbene Morningstar, una società di servizi finanziari, stimi che entro la fine dell’anno solo circa il 15% dei suoi prodotti proverrà dall’esterno della Cina.

Come Shein, anche Temu punta anche ad espandere la propria base di fornitori oltre la Cina. Ad esempio, un memorandum strategico firmato con DHL – che include una strategia “local-to-local” – punta a far sì che una quota significativa delle vendite europee provenga da fornitori locali.

I limiti imposti da pechino alla delocalizzazione della produzione

In tutto ciò, anche il  governo cinese potrebbe rivelarsi un fattore di rischio, intralciando lo spostamento delle loro catene di approvvigionamento. Il Ministero del Commercio cinese, ad esempio, avrebbe sconsigliato a Shein di diversificare la propria catena di fornitura. Questo “consiglio” sarebbe arrivato mentre l’azienda stava valutando la possibilità di trasferire parte della produzione al di fuori della Cina e l’intervento viene visto come un tentativo di mantenere la produzione localmente.

Come si è detto, Temu ha prescelto quello che lei stessa definisce un business “local-to-local”, in cui i clienti acquistano beni da aziende con sede in America. Eppure, la maggior parte di questi commercianti sono aziende cinesi che hanno aperto attività all’estero e utilizzano spedizioni tradizionali per importare i propri prodotti. Il rischio è che anche loro saranno colpiti dai dazi di Trump.

Il ridimensionamento degli investimenti pubblicitari negli USA

Nella prima metà dello scorso anno, Temu ha iniziato a investire più in pubblicità all’estero e, all’inizio di quest’anno, Shein ha seguito l’esempio.

Entrambe, però, stanno riducendo la spesa pubblicitaria per il mercato americano.

Sensor Tower, che monitora questo tipo di spesa, stima che la spesa pubblicitaria media giornaliera di Temu su Facebook, Instagram, TikTok, Snap, X e YouTube negli Stati Uniti sia scesa in media del 31% nelle due settimane dal 31 marzo al 13 aprile, rispetto ai 30 giorni precedenti. Ha aggiunto che la spesa pubblicitaria media giornaliera di Shein su Facebook, Instagram, TikTok, YouTube e Pinterest è diminuita in media del 19% nello stesso periodo.

Temu ha ridotto drasticamente gli annunci su Google Shopping dal 12 aprile, dopo un notevole incremento nel corso del primo trimestre, ha affermato Mark Ballard, direttore della ricerca di marketing digitale presso Tinuiti.

Le accuse contro Shein e Temu: lavoro, ambiente e legalità

Nonostante il suo successo, le pratiche di Shein hanno suscitato polemiche. Molti di questi problemi non sono, però, specifici del colosso cinese, ma esemplificano controversie più ampie sull’industria del fast fashion, sul controllo sulle catene di approvvigionamento cinesi e le preoccupazioni per il furto di proprietà intellettuale statunitense da parte delle aziende di Pechino.

Di seguito, quanto emerso nel citato rapporto dell’U.S.-China Economic and Security Review Commission..

Lavoro forzato

Le pratiche di approvvigionamento di abbigliamento in cotone sembrano porsi in violazione della legge uigura sulla prevenzione del lavoro forzato. Questa legge è stata firmata dal Presidente Biden il 23 dicembre 2021e vieta di fatto l’importazione di beni “estratti, prodotti o fabbricati interamente o in parte” dallo Xinjiang.
 Altre pratiche di sfruttamento del lavoro e violazioni dei diritti dei lavoratori.           Un’indagine del 2022 di Channel 4 avrebbe rilevato violazioni delle pratiche lavorative nelle fabbriche affiliate a Shein a Guangzhou.. In una fabbrica, i lavoratori venivano pagati l’equivalente di 556 dollari al mese per produrre 500 indumenti al giorno. In un’altra fabbrica, i lavoratori non avevano una paga base e venivano pagati 4 centesimi a capo. Questi operai, inoltre, sono stati multati pesantemente per errori di cucitura. Il rapporto ha, inoltre, riscontrato che nelle fabbriche Shein la manovalanza lavorava 18 ore al giorno con un giorno libero al mese. Sebbene tali condizioni di lavoro per gli operai tessili cinesi non siano esclusive di Shein, violano il diritto del lavoro cinese e il codice di condotta dei fornitori dell’azienda che richiede loro di “organizzare l’orario di lavoro in modo ragionevole”.   

Rischi per la salute

Anche gli impatti ambientali e sulla salute dei prodotti Shein sono stati oggetto di esame. Un’indagine del CBC Marketplace ha rilevato che i materiali per abbigliamento del colosso cinese contengono alti livelli di sostanze chimiche potenzialmente pericolose, tra cui piombo, perfluoroalchil (PFA) e ftalati. Health Canada ha testato una giacca Shein per bimbi e ha scoperto che conteneva una quantità di piombo 20 volte superiore a quella considerata sicura per i bambini, mentre una borsa conteneva oltre cinque volte il livello accettato per i bimbi. Il gruppo ambientalista Greenpeace ha anche pubblicato uno studio in cui afferma che varie sostanze chimiche utilizzate nei prodotti Shein superano il livello consentito dalle normative UE.

Clima e impatto ambientale

Il programma ambientale delle Nazioni Unite stima che, a causa della sua produzione ad alto volume, l’industria della moda è responsabile del 10% delle emissioni globali annuali di Co2, più di tutti i voli internazionali e le spedizioni marittime messe insieme. Con l’attuale tasso di crescita, le emissioni di gas serra dell’industria della moda aumenteranno di oltre il 50% entro il 2030. Shein e altre piattaforme di fast fashion starebbero esacerbando questa tendenza, fornendo volumi più elevati di abbigliamento prodotto a basso costo.        

Violazione del copyright

Shein e altre piattaforme di e-commerce cinesi e i loro fornitori hanno ricevuto numerose critiche per violazione della legge sulla proprietà intellettuale degli Stati Uniti, con il Wall Street Journal che nel 2022 ha riferito che Shein in particolare aveva pendenti oltre 50 casi federali in sospeso.    

Evitare tariffe e controlli doganali

L’abbigliamento e gli accessori Shein hanno un prezzo medio di circa 11 dollari per articolo. Questo prezzo al di sotto del mercato comportava l’esenzione dal dazio all’importazione standard del 16,5% e dalla tariffa del 7,5% specifica per la Cina. Come detto, anche i pacchi de minimis erano esenti dall’ispezione doganale, consentendo a Shein di spedire direttamente ai consumatori e aiutando l’azienda a evitare controlli sull’approvvigionamento di cotone.

Le criticità della piattaforma Temu tra qualità e sicurezza informatica

Come Shein, il successo di Temu solleva dubbi sulle sue pratiche commerciali. La mancanza di affiliazione della società con marchi affermati ha generato preoccupazioni sulla qualità del prodotto ed accuse di violazione del copyright. Ad aprile 2023, Temu ha ricevuto 235 reclami nell’ultimo anno con il Better Business Bureau, ottenendo una valutazione dei clienti di 2,1 stelle su 5. PDD Holdings, la società madre di Temu che gestisce la relativa piattaforma di e-commerce Pinduoduo in Cina, richiede ai dipendenti di lavorare 380 ore al mese e per questo è stata accusata da China Labor Watch di “straordinari estremi”. L’azienda, inoltre, ha affrontato proteste online dopo la morte di diversi lavoratori nel 2021. Ad aprile 2023, poi, la CNN ha riferito che diversi team di sicurezza informatica hanno trovato un malware sofisticato sull’app mobile di Pinduoduo per Dispositivi Google Android. Il malware avrebbe consentito all’app di aggirare le autorizzazioni di sicurezza e l’accesso degli utenti a messaggi privati, modificare le impostazioni, visualizzare i dati di altre app ed impedire la disinstallazione. All’inchiesta è seguita la sospensione dell’app dal Google Play Store nel marzo 2023.

I rischi per la sicurezza nazionale legati al controllo cinese

Secondo il CSIS, un think tank statunitense, non sarebbe azzardato affermare che Pechino potrebbe esercitare influenza su PDD Holdings e Temu attraverso l’ampia presenza che PDD Holdings mantiene in Cina. PDD possiede anche Pinduoduo, un colosso cinese dell’e-commerce estremamente popolare che, secondo un’inchiesta della CNN, sarebbe in grado di spiare i propri utenti. Secondo i ricercatori di sicurezza informatica, Pinduoduo potrebbe aggirare la sicurezza mobile degli utenti per vedere cosa fanno su altre app, leggere i loro messaggi e persino modificare le impostazioni.

Sebbene Temu non sia stata coinvolta, le accuse contro la sua consociata hanno richiesto un ulteriore esame e sono state citate nel rapporto del Congresso del 2023.

Queste preoccupazioni sono simili a quelle che circondano TikTok, che sono state un fattore chiave nelle richieste sulla legge per la vendita delle attività americane di TikTok o la cessazione completa delle attività negli Stati Uniti.

“Nei due scenari peggiori, il PCC potrebbe costringere Temu, tramite PDD Holdings, a fornire dati e informazioni degli utenti, insieme ad altri set di dati hackerati – come la violazione dell’Office of Personnel Management del 2015 – per sviluppare matrici di targeting per operazioni di intelligence umana o di influenza”, ha aggiunto Diane Ronaldo, analista del CSIS.

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