SOVRANITà DIGITALE

TikTok sfida il DSA: trasparenza pubblicitaria sotto accusa



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L’opacità degli algoritmi di TikTok nella gestione degli annunci sponsorizzati mette in discussione l’efficacia delle misure europee come il Digital Services Act (DSA) per garantire un ecosistema digitale trasparente e sicuro

Pubblicato il 20 mag 2025

Federica Giaquinta

Consigliere direttivo di Internet Society Italia



TikTok e DSa

Nel maggio 2025, la Commissione Europea ha emesso un verdetto preliminare secondo cui TikTok, la popolare piattaforma di condivisione video di proprietà del colosso cinese ByteDance, avrebbe violato il Digital Services Act (DSA), per non aver garantito la trasparenza richiesta in materia di pubblicità online.

Assenza di trasparenza pubblicitaria e rischio per la democrazia

L’indagine – avviata nel febbraio 2024ha rilevato che TikTok non ha messo a disposizione una libreria pubblicitaria consultabile, contenente dettagli precisi e aggiornati sugli annunci pubblicati, i criteri di targeting adottati e l’identità dei finanziatori, come prescritto dagli articoli 39 e 40 del DSA.

Questa mancanza impedisce alle autorità, ai ricercatori e all’opinione pubblica di monitorare e identificare contenuti manipolativi o ingannevoli, specialmente in un contesto elettorale: la Commissione, quindi, ponendo l’accento sull’approssimarsi di una “super domenica” elettorale che ha coinvolto Romania, Polonia e Portogallo, ha ritenuto la condotta di TikTok particolarmente grave, poiché tale opacità può compromettere l’integrità dei processi democratici e se confermata, la violazione potrebbe tradursi in una sanzione fino al 6% del fatturato globale annuo della piattaforma.

Il funzionamento della pubblicità digital e il modello di TikTok

Per comprendere la portata di questa contestazione, è necessario ricostruire il funzionamento della pubblicità digitale e, in particolare, il modo in cui TikTok struttura e veicola i contenuti sponsorizzati.

Infatti, a differenza dei modelli pubblicitari tradizionali, la pubblicità online si fonda su un sistema di profilazione degli utenti, realizzata mediante la raccolta sistematica di dati comportamentali, interessi dichiarati, cronologia di navigazione, geolocalizzazione e interazioni sociali: questi dati alimentano sofisticati algoritmi predittivi che determinano quali annunci mostrare a ciascun individuo, secondo un principio di “microtargeting” che consente agli inserzionisti di raggiungere segmenti estremamente specifici della popolazione.

TikTok, invece, utilizza un sistema pubblicitario noto come “TikTok Ads Manager”, che permette di personalizzare le campagne in base a parametri granulari quali età, genere, località, interessi, tipo di dispositivo, comportamenti in-app e persino categorie di creatività. Tali annunci, integrati nel feed video attraverso meccanismi di “native advertising”, spesso non risultano immediatamente riconoscibili come contenuti promozionali, rendendo cruciale, secondo il DSA, la loro segnalazione esplicita e la tracciabilità strutturata, per tali ragioni e nel tentativo di disciplinare questa dinamica opaca, la normativa europea, impone alle piattaforme classificate come Very Large Online Platforms (VLOPs) — cioè con più di 45 milioni di utenti attivi nell’Unione Europea — di adempiere a obblighi specifici di trasparenza e responsabilità.+

Obblighi di trasparenza nel Digital Services Act: cosa prevede la normativa

A riguardo, gli articoli 39 e 40 del Digital Services Act – letti in combinato disposto – impongono obblighi stringenti in materia di trasparenza pubblicitaria, sancendo che ogni contenuto sponsorizzato debba essere accompagnato da un’indicazione chiara, comprensibile e inequivocabile circa la sua natura promozionale, l’identità del soggetto che ne è responsabile e, ove pertinente, il profilo o i parametri utilizzati per finalità di targeting, trovando ulteriore compimento nell’obbligo di istituire e mantenere una banca dati pubblicamente accessibile, contenente per ciascuna inserzione le informazioni essenziali relative all’inserzionista, al pubblico destinatario, ai criteri di profilazione adottati nonché al numero complessivo di visualizzazioni ottenute.

Quindi, in assenza di tale architettura di trasparenza, risulta gravemente compromessa la capacità delle autorità, dei ricercatori e della società civile di individuare e contrastare fenomeni insidiosi quali la disinformazione sistemica, la manipolazione occulta del consenso, le pratiche di dark advertising e la sponsorizzazione dissimulata.

La tensione globale tra regolazione e libertà d’impresa

Il caso TikTok diviene dunque emblematico non solo per la sua rilevanza fattuale, ma per la tensione che rivela tra l’azione normativa europea e la resistenza, più o meno esplicita, delle grandi piattaforme a conformarsi a standard stringenti.

Va tuttavia sottolineato che questa tensione non è esclusiva del contesto europeo: negli Stati Uniti, infatti, sebbene non esista ancora una normativa organica paragonabile al DSA, la Federal Trade Commission (FTC) e alcune procure statali hanno avviato procedimenti contro Meta, Google e la stessa TikTok, per pratiche pubblicitarie ingannevoli, raccolta indebita di dati e mancata tutela dei minori, ciononostante, il modello statunitense rimane ancora fortemente ancorato al principio della libertà d’impresa e alla centralità del mercato, con un grado di interventismo pubblico decisamente più contenuto.

Il DSA come strumento sistemico di governance digitale

L’approccio europeo, viceversa, si fonda su una visione antropocentrica del digitale, in cui la protezione dei diritti fondamentali — libertà d’espressione, autodeterminazione informativa, pluralismo democratico — prevale sull’efficienza economica.

Digital Services Act come nuovo statuto costituzionale del cyberspazio europeo

È dunque legittimo interrogarsi sulla valenza che il DSA sta progressivamente assumendo all’interno dello spazio giuridico europeo: infatti, lungi dall’essere un semplice insieme di regole settoriali, esso si configura come un vero e proprio statuto costituzionale del cyberspazio europeo e i suoi effetti si stanno già dispiegando poiché – oltre a TikTok – anche Amazon, Google e Meta sono stati oggetto di indagini per mancato rispetto degli obblighi di risk assessment, moderazione algoritmica e trasparenza pubblicitaria, tanto che la stessa Commissione ha istituito un Centro Europeo per la Trasparenza Algoritmica, chiamato a vigilare sul rispetto delle norme, mentre le autorità nazionali, attraverso i Digital Services Coordinators, stanno assumendo un ruolo proattivo nell’applicazione della disciplina.

Questa crescente operatività testimonia che la legge europea sui servizi digitale non è un’utopia regolatoria, bensì un dispositivo giuridico capace di imprimere una trasformazione sistemica nel rapporto tra tecnologia, mercato e cittadino.

Tuttavia, il successo del DSA dipenderà in ultima analisi dalla sua implementazione concreta, dalla capacità delle autorità di esercitare un controllo tempestivo ed efficace e dalla volontà politica di difendere la propria sovranità digitale e, in questo senso, il caso TikTok rappresenta un banco di prova, tanto per l’efficacia delle sanzioni quanto per la tenuta della visione europea in un panorama globale sempre più interconnesso e competitivo.

Oltre la compliance: trasparenza pubblicitaria come questione etica e democratica

Dal punto di vista culturale, invece, TikTok incarna una doppia identità: piattaforma di creatività e innovazione, ma anche veicolo di omologazione e assuefazione, il modo in cui gestisce la pubblicità, spesso camuffata da contenuto spontaneo, contribuisce a sfumare il confine tra opinione e promozione, tra contenuto organico e manipolazione.

In tale scenario, la trasparenza non è solo una questione di compliance normativa, ma di etica pubblica, di educazione digitale, di tutela della libertà interiore.

Verso una cittadinanza digitale consapevole

Ci si chiede, in ultima istanza, se le regole sapranno davvero orientare l’ecosistema digitale verso un modello più equo e sostenibile, o se resteranno strumenti formali incapaci di contrastare il potere asimmetrico delle grandi piattaforme.

Sarà, quindi, possibile costruire una cittadinanza digitale consapevole, in grado di esercitare i propri diritti con lucidità e spirito critico? E quale sarà il ruolo dell’Europa in questo scenario: regolatore isolato o apripista globale di una nuova alleanza tra diritto, tecnologia e democrazia?

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