Dopo il summit di luglio

Ue-Cina: un rapporto al punto di svolta. Ecco tutti i temi caldi



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Il vertice Ue-Cina del 24 luglio ha segnato un “chiaro punto di svolta” nelle relazioni. L’Europa soffre di un deficit commerciale record e crescente dipendenza da Pechino in settori chiave come le terre rare. Ci sono stati momenti di avvicinamento, ma anche nuove tensioni e scontri, con azioni conflittuali reciproche. Facciamo il punto su un…

Pubblicato il 25 lug 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio

Nicola Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



vertice ue-Cina (1); Cop30: il ritardo occidentale nelle rinnovabili lascia campo libero alla Cina

Il vertice Ue-Cina del 24 luglio ha segnato un “chiaro punto di svolta” nelle relazioni, dominate da un deficit commerciale record per l’Ue e la crescente dipendenza da Pechino in settori chiave come le terre rare.

Li Qiang "Cina ed Europa collaborino di più"

Le tensioni Usa-Cina al summit

Nonostante i tentativi di dialogo e una dichiarazione sul clima, le tensioni si sono acuite a causa della sovracapacità cinese, delle dispute commerciali (dazi Ev, terre rare, appalti) e delle sanzioni Ue a banche cinesi per il sostegno a Mosca, spingendo Bruxelles verso una strategia di “de-risking” contro la pervasiva “Liminal Warfare” cinese. Il summit ha rivelato un’Ue sotto pressione, costretta a riequilibrare i rapporti in un contesto geopolitico sempre più teso e asimmetrico.

Il vertice tra l’Unione Europea e la Cina, tenutosi il 24 luglio a Pechino per celebrare 50 anni di legami diplomatici, ha cristallizzato una relazione al “chiaro punto di svolta”, dominato da acute tensioni commerciali e profonde divergenze sulla guerra in Ucraina.

I rapporti Ue-Cina: lo status

Negli ultimi anni, i rapporti Ue-Cina si sono progressivamente raffreddati a causa di un irrigidimento dei governi europei nei confronti di varie controversie, tra cui questioni relative ai diritti umani, la disparità di accesso al mercato e la percezione della crescente influenza cinese in Europa.

La coercizione economica non militare, ovvero l’uso di mezzi economici per raggiungere obiettivi politici, è diventata un problema sempre più serio per l’Ue, che ne è il maggiore destinatario globale. Questo deterioramento ha impedito la sottoscrizione dell’Accordo Globale Ue-Cina sugli Investimenti (Cai), nonostante la conclusione dei negoziati già nel dicembre 2020. Per la Commissione Europea, la relazione economica con Pechino è “criticamente sbilanciata” a causa di “una significativa asimmetria nelle rispettive aperture di mercato”, con il modello economico cinese che ha generato “distorsioni sistemiche” e una spinta preoccupante verso la sostituzione delle importazioni e l’autosufficienza.

Con un deficit commerciale europeo schizzato a 305,8 miliardi di euro lo scorso anno e una crescente dipendenza dalle forniture cinesi in settori critici come le terre rare e il 5G, l’Ue ha impellentemente chiesto a Pechino un urgente riequilibrio dei rapporti.

La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha sottolineato che i legami della Cina con la Russia sono il “fattore determinante” per il futuro della relazione Ue-Cina, spingendo per un maggiore impegno cinese per la pace in Ucraina. Dal canto suo, il presidente Xi Jinping ha esortato l’Europa a fare “scelte strategiche corrette” e a rafforzare fiducia e comunicazione, insistendo sull’apertura dei mercati e negando che le sfide europee provengano dalla Cina.

Il summit, drasticamente ridotto a un solo giorno su richiesta di Pechino, ha confermato le basse aspettative e ha rivelato un’Ue stretta nella morsa della competizione geopolitica. Sebbene sia stata raggiunta una dichiarazione congiunta sul clima, i nodi cruciali – dalla sovracapacità industriale cinese e i dazi sui veicoli elettrici con relative ritorsioni, alle sanzioni sulle banche cinesi per il loro presunto supporto a Mosca, e alle pervasive implicazioni della “Liminal Warfare” cinese (una strategia definita da alcuni analisti che include spionaggio, cyber-attacchi e infiltrazioni nelle infrastrutture critiche) – sono rimasti ampiamente irrisolti. Questo scenario spinge l’Ue verso una strategia inevitabile di “de-risking” e un rafforzamento della propria autonomia strategica in un panorama globale sempre più frammentato e asimmetrico.

Un summit Ue-Cina ridimensionato e carico di attese basse: l’Ue sotto pressione e la “Liminal Warfare” cinese

L’incontro, inizialmente previsto come evento di due giorni a Bruxelles e poi ridotto a una singola giornata a Pechino su richiesta cinese, ha fin da subito segnalato la complessità e la tensione del rapporto. Nonostante il cinquantenario delle relazioni diplomatiche, l’atmosfera era lontana da un clima di celebrazione, riflettendo settimane di crescenti attriti e aspettative volutamente basse da parte europea. Già l’8 luglio, in un esempio della retorica aggressiva che ha preceduto il summit, von der Leyen aveva accusato la Cina di inondare i mercati globali a causa della sua sovracapacità e di “favorire l’economia di guerra della Russia”. Tuttavia, nel suo post su X il giorno del vertice, la stessa von der Leyen ha adottato un tono più conciliatorio, affermando che l’incontro offriva l’opportunità di “far progredire e riequilibrare la nostra relazione”.

Per un momento, il terremoto portato da Donald Trump nelle relazioni transatlantiche aveva fatto sperare in un graduale riavvicinamento tra Bruxelles e Pechino.

Passi concreti di riavvicinamento

Ci sono stati passi concreti in questa direzione: il Parlamento europeo ha revocato le restrizioni interne agli incontri con funzionari cinesi, mentre la Cina ha revocato le sanzioni contro i deputati europei. Tutto ciò è avvenuto sullo sfondo di un rinnovato dialogo diplomatico, dall’incontro tra Wang Yi e l’Alto Rappresentante dell’Ue Kaja Kallas a febbraio, fino alla telefonata tra la presidente della Commissione Ursula von der Leyen e il premier cinese Li Qiang per coordinarsi in seguito al Liberation Day di Trump. Eppure, durante la sua recente partecipazione al vertice del G7 a Kananaskis, in Canada, von der Leyen è tornata in modo chiaro ed esplicito sulla linea dura contro Pechino.

Scontri recenti Ue-Cina

Ha messo in guardia da un “nuovo shock cinese” e accusato la Cina di perpetuare un “modello di dominio, dipendenza e ricatto”. La presidente della Commissione ha anche detto che «mentre altri aprivano i loro mercati, la Cina si è concentrata sull’indebolimento della protezione della proprietà intellettuale e su massicce sovvenzioni con l’obiettivo di dominare la manifattura e le catene di approvvigionamento globali».

Pechino ha risposto prontamente all’affondo di von der Leyen con Guo Jiakun, portavoce del Ministero degli Esteri cinese, che ha definito le sue affermazioni “infondate” e “di parte”, pur ribadendo, in perfetto stile cinese, la volontà di raggiungere uno scenario win-win.

La decisione di Xi di rifiutare un invito a Bruxelles all’inizio dell’anno e di presentarsi a Mosca a maggio per la parata della vittoria russa aveva già rappresentato un inizio deludente, alimentando la percezione che le aspettative fossero minime. Engin Eroglu, presidente della delegazione del Parlamento europeo per la Cina, ha commentato che la fiducia, già fragile, ha raggiunto nuovi minimi: “In questo clima di sfiducia strategica, l’umore è chiaramente teso, se non gelido“.

Le richieste della Cina

Il presidente cinese Xi Jinping, aprendo il 25° vertice Ue-Cina presso la Grande Sala del Popolo di Pechino, ha invitato l’Unione Europea a fare “scelte strategiche corrette” e ha esortato i leader dell’Ue a migliorare “fiducia e comunicazione” durante un periodo di instabilità globale. Accanto al premier Li Qiang, Xi ha incontrato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, sottolineando che i leader di entrambe le parti devono soddisfare le aspettative dei rispettivi popoli. Xi ha anche auspicato una “fiducia reciproca” con i paesi dell’Ue, affermando che “per aumentare la competitività non bisogna costruire muri o barriere, perché separare e interrompere le catene di approvvigionamento porterà solo all’autoisolamento”. Inoltre, Xi ha sperato che “la parte europea mantenga aperto il mercato commerciale e degli investimenti e si astenga dall’utilizzare strumenti economici e commerciali restrittivi”, in un discorso che alcuni analisti ritengono fosse più rivolto al suo pubblico interno.

Le richieste dell’UE

Dal canto suo, von der Leyen ha descritto il vertice come un momento per “promuovere e riequilibrare le nostre relazioni”. Ha affermato di essere “convinta che possa esserci una cooperazione reciprocamente vantaggiosa… Una cooperazione che può definire i prossimi 50 anni delle nostre relazioni”. Tuttavia, ha anche dichiarato: “Abbiamo espresso le nostre preoccupazioni in modo molto franco e aperto… sulle questioni commerciali, di investimento e geopolitiche… Abbiamo parzialmente identificato soluzioni”. Von der Leyen e Costa hanno chiesto a entrambe le parti di trovare “soluzioni concrete”, sottolineando che “è fondamentale che la Cina e l’Europa riconoscano le nostre rispettive preoccupazioni”. È importante notare che le aspettative di una “grande intesa” economica erano basse già prima del vertice, con von der Leyen che non si aspettava un “grand bargain” economico.

Questa situazione di vertice ridimensionato e di basse aspettative ha trovato l’Ue stretta in una morsa complessa.

La morsa dei dazi Usa sull’UE

Da un lato, il blocco sta affrontando pressioni simili a quelle della Cina, non ultime le tariffe imposte sulle proprie esportazioni verso gli Stati Uniti. Cui Hongjian, professore di politica estera presso la Beijing Foreign Studies University, ha notato come, sebbene all’inizio del secondo mandato del presidente statunitense Donald Trump vi fosse maggiore consenso sulla necessità di collaborare per affrontare le sfide commerciali dagli Stati Uniti, “recentemente la situazione è cambiata” e “l’Ue ha continuato a scendere a compromessi con gli Stati Uniti”.

In questo scenario, i paesi membri dell’Unione Europea hanno votato per approvare tariffe contrarie su 93 miliardi di euro (109 miliardi di dollari) di merci statunitensi, che potrebbero essere imposte qualora il blocco non riuscisse a raggiungere un accordo commerciale con Washington.

La Commissione Europea ha dichiarato che il suo obiettivo principale è raggiungere un risultato negoziato con Washington per evitare i dazi statunitensi del 30% che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che applicherà il 1° agosto. Tuttavia, la Commissione proseguirà parallelamente con i piani per possibili contromisure, unendo due pacchetti di tariffe proposte da 21 miliardi di euro e 72 miliardi di euro in un unico elenco, sottoponendolo ai membri dell’Ue per l’approvazione.

Nessuna contromisura entrerà in vigore prima del 7 agosto, anche se l’Ue si è finora astenuta dall’imporle, nonostante i ripetuti annunci di Trump. Secondo i diplomatici dell’Ue, l’Unione e gli Stati Uniti sembrano avviati verso un possibile accordo commerciale, che potrebbe includere un’ampia tariffa di base statunitense del 15% sui prodotti Ue importati negli Stati Uniti, in linea con un accordo quadro stipulato da Washington con il Giappone.

Questa aliquota del 15% potrebbe applicarsi a settori come quello automobilistico e farmaceutico e non si aggiungerebbe ai dazi statunitensi di lunga data (in media poco meno del 5%). Potrebbero esserci anche concessioni per settori come quello aeronautico, del legname e alcuni prodotti agricoli e medicinali, che non sarebbero soggetti a dazi, sebbene Washington non sembri intenzionata ad abbassare i dazi del 50% sull’acciaio.

La dipendenza dell’Ue dalla Cina

Questo scenario rende l’Europa un bersaglio nella guerra commerciale Usa-Cina. Dall’altro, l’Unione è sempre più cosciente delle proprie vulnerabilità e dipendenze strategiche dalla Cina, che limitano drasticamente la sua capacità di attivare leve geoeconomiche efficaci. La Cina sta conducendo da anni una “Liminal Warfare“, una guerra incrementale dove il campo di battaglia è ovunque e la guerra è totale, includendo operazioni economiche, diplomatiche, legali, militari, di intelligence e cyber. Questa guerra è “liminale” perché viene condotta al limite dell’osservabilità, senza superare la soglia di rilevabilità occidentale. Il pericolo, sia esterno che interno, ha penetrato e innervato il nucleo stesso degli apparati politici, economici e culturali europei.

La recente guerra commerciale tra Ue e Cina: azioni, contromisure e la coercizione economica

Le relazioni tra Ue e Cina sono state segnate negli ultimi anni da un numero crescente di controversie, soprattutto commerciali. Le tensioni commerciali tra Ue e Cina non sono una novità, ma si sono intensificate notevolmente, assumendo i connotati di una vera e propria “guerra commerciale” fatta di azioni e contromisure mirate. Al centro di questa escalation vi è la crescente preoccupazione dell’Ue per le pratiche commerciali sleali di Pechino e per il suo modello economico, che la Commissione Europea definisce “criticamente sbilanciato” a causa di una “significativa asimmetria nelle rispettive aperture di mercato”. Il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) stesso ha evidenziato come l’uso da parte della Cina di politiche industriali, in particolare il suo sostegno ai settori prioritari, abbia un impatto negativo sui partner commerciali. Le questioni economiche sono strettamente interconnesse e poggiano su tre pilastri chiave nei rapporti economici con Pechino: la strumentalizzazione del commercio come leva di ricatto, la sovracapacità e l’accesso al mercato cinese.

La coercizione non militare, ovvero l’uso di mezzi economici per raggiungere obiettivi politici, è diventata un problema sempre più serio per i governi e le aziende dell’Ue. Esperti ritengono che la Cina, tradizionalmente contraria alle sanzioni economiche, abbia implementato pratiche economiche coercitive con crescente intensità e portata, in particolare dopo la riconferma di Xi Jinping come presidente del paese nel 2023. Secondo la Commissione Europea, la coercizione economica nel contesto moderno significa: “interferire con le legittime scelte sovrane dell’Unione o di uno Stato membro cercando di impedire o ottenere la cessazione, la modifica o l’adozione di un atto particolare da parte dell’Unione o di uno Stato membro, applicando o minacciando di applicare misure che incidono sul commercio o sugli investimenti”. Il feedback delle parti interessate, comprese le aziende, indica che le pratiche coercitive sono effettivamente un problema crescente.

L’Ue è stata sempre più presa di mira dalla Cina, al punto da esserne attualmente il più grande destinatario globale della diplomazia coercitiva cinese, anche attraverso la pressione economica. Uno studio del think tank Merics ha identificato 123 casi coercitivi tra il 2010 e il 2022, con un aumento marcato negli ultimi 4 anni, una cifra che, secondo gli analisti, potrebbe essere solo la punta dell’iceberg data la natura informale di molte misure e la riluttanza delle aziende a denunciare per timore di ritorsioni (come boicottaggi istigati indirettamente da autorità o media statali). Risultati simili emergono dalla ricerca dell’Australian Strategic Policy Institute (Aspi), che ha documentato 152 casi di diplomazia coercitiva cinese tra il 2010 e il 2020, la maggior parte dei quali dal 2018 in poi.

La spinta cinese verso la sostituzione delle importazioni e l’autosufficienza preoccupa Bruxelles, che vede le aziende europee continuare a subire discriminazioni nel mercato cinese, ostacolate da una mancanza di parità di condizioni e da un ambiente aziendale percepito come sempre più politicizzato. Un quadro giuridico complesso e non trasparente sulla sicurezza informatica, norme restrittive sui flussi di dati transfrontalieri, insufficiente applicazione dei diritti di proprietà intellettuale e requisiti che portano al trasferimento di tecnologia, uniti a un concetto ampio di sicurezza nazionale, influenzano negativamente le prospettive di business europee in Cina.

Le azioni concrete dello scontro Ue-Cina

In questo contesto, l’Ue ha intrapreso azioni concrete, a cui Pechino ha risposto con contromisure:

  • Dazi sui veicoli elettrici (Ev). Lo scorso anno, Bruxelles ha imposto dazi sulle auto elettriche cinesi dopo aver rilevato che il settore beneficiava di ingenti sussidi statali. L’Ue ha imposto dazi fino al 45,3% sui veicoli elettrici cinesi per prevenire “danni imminenti” alle proprie aziende, data la loro penetrazione aggressiva nel mercato europeo a prezzi inferiori.
  • Ritorsioni sugli alcolici europei. In risposta, la Cina ha introdotto dazi anti-dumping sul brandy europeo, in particolare sul cognac francese, e avviato indagini antisovvenzione su carne suina e alcuni prodotti lattiero-caseari.
  • Restrizioni sui dispositivi medici e compensato. Più recentemente, l’Ue ha escluso i dispositivi medici cinesi dalla maggior parte degli appalti pubblici e ha imposto dazi anti-dumping sul compensato di legno duro cinese, un materiale da costruzione. In un’altra disputa di tipo “occhio per occhio”, le due parti hanno chiuso reciprocamente i rispettivi mercati pubblici per le gare d’appalto per i dispositivi medici. Questo mese, Pechino ha limitato gli acquisti governativi di dispositivi medici dell’Ue, una mossa in risposta a simili limitazioni imposte dall’Ue sui dispositivi medici cinesi a giugno.
  • Controlli sulle esportazioni di terre rare. Le tensioni sono poi state aggravate dalle restrizioni cinesi all’export di terre rare, introdotte da Pechino in risposta ai dazi statunitensi di aprile. La Cina ha aumentato i controlli sulle esportazioni di terre rare e minerali essenziali. Questi minerali sono un esempio lampante di come la Cina utilizzi il suo dominio in alcune catene del valore come uno strumento di forza: Pechino controlla il 60% della loro estrazione e il 90% della loro raffinazione, cifre da monopolio. Le terre rare sono un input imprescindibile della transizione verde europea, in quanto al centro della produzione di batterie e magneti, ma anche un elemento centrale per lo sviluppo di tecnologie avanzate nell’ambito della difesa. La dipendenza dalla Cina per input così delicati è esattamente ciò che più ha guidato la formulazione del “de-risking” europeo, la strategia cardine della Commissione Ue per tutelare l’autonomia strategica dell’Unione. I produttori dell’automotive europeo hanno già avvertito che le restrizioni cinesi all’export di leghe, miscele e magneti a base di terre rare potrebbero causare ritardi nella produzione, creando ulteriori problemi a un settore già sotto pressione per la concorrenza delle auto elettriche cinesi a basso costo. Von der Leyen ha affermato che l’Ue ha bisogno di una fornitura affidabile e sicura di materie prime essenziali dalla Cina. “Riconosciamo gli sforzi della Cina nell’accelerare il rilascio delle licenze per le materie prime essenziali”, ha affermato. “Abbiamo concordato di dotarci di un meccanismo di approvvigionamento per l’esportazione potenziato. In caso di colli di bottiglia, questo supporto potenziato nel meccanismo di supporto alla catena di approvvigionamento può verificare e risolvere immediatamente il problema o la questione che si presenta”. Il ministero degli Esteri cinese ha difeso le restrizioni definendole “in linea con la prassi internazionale”, pur promettendo un rafforzamento del dialogo e della cooperazione in materia di controlli sulle esportazioni.
  • Sovracapacità e reciprocità. Von der Leyen ha ribadito che l’Ue non sarà in grado di mantenere i propri mercati aperti alle esportazioni cinesi a meno che Pechino non adotti misure decisive per riequilibrare i loro rapporti commerciali. “A differenza di altri mercati, l’Europa mantiene i propri mercati aperti ai prodotti cinesi. Tuttavia, questa apertura non è pari a quella della Cina”, ha dichiarato in conferenza stampa. Ha aggiunto che la sovracapacità, la produzione sovvenzionata che non soddisfa la domanda interna e la restrizione sulle importazioni cinesi da parte di altri mercati esercitano pressione sul mercato unico dell’Ue. “Abbiamo bisogno di vedere progressi su questo tema perché senza progressi sarebbe molto difficile per l’Unione europea mantenere l’attuale livello di apertura”, ha ammonito. Von der Leyen ha affermato che i leader si sono concentrati nei colloqui sull’accesso al mercato, sottolineando il principio di reciprocità e affermando che le due parti hanno concordato di lavorare su “soluzioni concrete” in materia di appalti pubblici.
  • Caso Wto sulla proprietà intellettuale. A gennaio 2025, l’Unione Europea ha compiuto un passo significativo nelle sue relazioni commerciali con la Cina, presentando un caso presso l’Organizzazione Mondiale del Commercio (Wto) sulle pratiche di proprietà intellettuale di Pechino. L’Ue sostiene che la Cina stabilisca tassi di royalty globali per i brevetti essenziali standard (Sep) dell’Ue senza consultare i titolari dei brevetti, forzando le aziende tecnologiche europee ad accettare tassi inferiori e garantendo ai produttori cinesi un accesso ingiustamente più economico a queste innovazioni, in violazione delle regole del Wto.
  • Controllo sulle piattaforme e-commerce. A febbraio 2025, la Ce ha anche intensificato il suo controllo sulle piattaforme cinesi di vendite online come Shein e Temu, richiedendo documenti interni e dettagli sulle misure di mitigazione del rischio ai sensi del Digital Services Act (Dsa) in risposta a preoccupazioni su contenuti illegali, protezione dei consumatori, rischi per la salute pubblica e privacy dei dati.

Questi esempi concreti evidenziano la profondità delle frizioni economiche che hanno permeato il vertice, rendendo difficile qualsiasi “grand bargain” commerciale.

Le questioni geopolitiche: Ucraina, cyber-attacchi e la Fusione Civile-Militare cinese

Oltre al commercio, le tensioni geopolitiche hanno dominato l’agenda. La posizione della Cina riguardo alla guerra in Ucraina è stata un punto di frizione significativo. I funzionari dell’Ue, con Costa che ha affermato di aver discusso “a lungo” le aspettative verso la Cina, hanno esortato Pechino a usare la sua influenza per persuadere la Russia a porre fine alla guerra. “Invitiamo la Cina a usare la sua influenza sulla Russia affinché rispetti la Carta delle Nazioni Unite e ponga fine alla sua guerra di aggressione”, aveva detto in precedenza Costa a Xi. Von der Leyen ha rafforzato questo messaggio: “Il modo in cui la Cina continuerà a interagire con la guerra di Putin sarà un fattore determinante per le nostre future relazioni”. Ha inoltre specificato che “la Cina ha un’influenza sulla Russia, così come l’Unione Europea ha un’influenza sull’Ucraina, e ci aspettiamo che la Cina utilizzi questa influenza per assicurarsi che la Russia si sieda seriamente al tavolo delle trattative”. Costa ha aggiunto che l’Ue chiede alla Cina di prestare attenzione alle proprie esportazioni verso la Russia, per evitare beni a duplice uso che potrebbero essere impiegati per scopi bellici, sottolineando la responsabilità speciale della Cina, in quanto membro permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, di promuovere un cessate il fuoco.

Questa richiesta arriva in un contesto di crescente tensione. Per la prima volta, istituti finanziari cinesi sono stati colpiti dalle sanzioni dell’Unione Europea per aver supportato Mosca nella guerra contro l’Ucraina. L’Unione Europea ha sanzionato due piccole banche cinesi, la Suifenhe Rural Commercial Bank e la Heihe Rural Commercial Bank, nel suo ultimo (il 18°) pacchetto di misure volte a indebolire la macchina da guerra russa. Tale decisione potrebbe provocare ritorsioni da parte della Repubblica Popolare Cinese, che ha esercitato intense pressioni dietro le quinte per far eliminare le banche dal pacchetto sanzionatorio.

Durante un incontro con l’Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza Kaja Kallas, questo mese, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi aveva lanciato più di un avvertimento sulla reazione cinese all’inclusione delle banche nel pacenzionato. A Bruxelles, i diplomatici cinesi, compreso l’ambasciatore Cai Run, hanno tentato ogni via con i funzionari dell’Ue per cercare di impedire l’inserimento nella “lista nera”. La Cina ha dichiarato di aver presentato “solenni dichiarazioni” al responsabile commerciale dell’Ue. Inoltre, sono circolate notizie secondo cui questo mese il ministro degli Esteri cinese Wang Yi avrebbe detto al capo della politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, che Pechino non voleva che la Russia perdesse la guerra in Ucraina, contraddicendo la posizione ufficiale di neutralità della Cina. Wang avrebbe affermato che la guerra avrebbe distolto gli Stati Uniti dalla rivalità con la Cina, cosa che Pechino ha negato. In precedenza, Kallas aveva definito la Cina il “principale facilitatore della guerra della Russia” in Ucraina, aggiungendo che “se la Cina volesse davvero interrompere il supporto, allora ci sarebbero delle conseguenze”. La partnership strategica tra Cina e Russia, formalizzata con la dichiarazione congiunta del 4 febbraio 2022, rappresenta una crescente minaccia alla sicurezza europea, continuando a espandersi nei campi della tecnologia e dei trasferimenti di capacità e know-how militari.

Un’altra crescente preoccupazione riguarda gli attacchi informatici cinesi contro obiettivi commerciali e politici dell’Ue. A maggio, il Consiglio Europeo ha accusato la Cina di essere dietro un numero crescente di “attività informatiche dannose”, con la responsabile della politica estera dell’Ue, Kaja Kallas, che ha avvertito che il blocco è “pronto a imporre costi” per tale comportamento. La strategia cinese di Fusione Civile-Militare (Mcf) sfrutta ogni leva del potere statale e commerciale per rafforzare il Partito Comunista Cinese (Pcc) e il suo braccio armato, l’Esercito Popolare di Liberazione (Pla), esfiltrando tecnologie globali all’avanguardia per rafforzare il regime totalitario e raggiungere il dominio militare. Le attività internazionali delle imprese cinesi finiscono per supportare gli obiettivi del Pcc di espandere la sua influenza e danneggiare i rivali geopolitici. Questo avviene anche attraverso l’uso di cellule di partito all’interno delle aziende, comprese quelle straniere, come strumenti di controllo diretto. La Mcf, la Nuova Via della Seta Digitale e le iniziative come Made in China 2025 e China Standards 2035 collocano la Mcf in un contesto geopolitico più ampio, con l’obiettivo finale di avanzare la Cina come potenza globale leader in termini di influenza politica, capacità economiche, dominio tecnologico e potenza militare, e di minare l’ordine internazionale basato sulle regole.

Infine, la questione di Taiwan aggiunge un ulteriore strato di complessità. La Cina è ansiosa riguardo al crescente sostegno a Taiwan da parte dei paesi dell’Ue, come dimostrato dal passaggio di navi da guerra tedesche nello Stretto di Taiwan. Pechino accusa l’Ue e l’Occidente di sostenere i “separatisti” taiwanesi, cercando al contempo di dividere l’Ue dagli Stati Uniti per minare la coesione occidentale.

Un aspetto positivo, in un quadro di forti divergenze, è stata la dichiarazione congiunta sul clima rilasciata dalle due parti. Questa ha ribadito l’impegno per nuovi piani d’azione climatici a livello di intera economia, con l’obiettivo di rafforzare la cooperazione in aree come la transizione energetica, l’adattamento, la gestione delle emissioni di metano, i mercati del carbonio e le tecnologie verdi e a basse emissioni di carbonio. Questo rappresenta uno dei pochi ambiti di allineamento strategico, specialmente in un contesto globale sempre più frammentato. Il presidente del Consiglio Europeo Antonio Costa ha ringraziato la Cina per quelle che ha definite discussioni “franche”, riaffermando l’impegno dell’Ue ad approfondire le relazioni bilaterali affrontando le preoccupazioni con onestà, e sottolineando che relazioni commerciali eque e reciprocamente vantaggiose sono possibili e dovrebbero essere l’obiettivo comune.

La risposta strategica dell’Ue: “De-risking” e rafforzamento della sicurezza economica

Il summit ha confermato la “mancanza di slancio” nei legami Ue-Cina, come osservato da Cui Hongjian della Beijing Foreign Studies University, che attribuisce questa situazione al continuo compromesso dell’Ue con gli Stati Uniti. All’inizio dell’anno, si era ipotizzato che una presidenza Trump avrebbe potuto aiutare l’Ue e la Cina a trovare una causa comune, ma invece i rapporti si sono fatti più tesi, con i 27 stati membri dell’Ue che affrontano pressioni simili a quelle della Cina, non ultime le tariffe imposte sulle loro esportazioni verso gli Stati Uniti.

La narrazione dell’Ue nei confronti di Pechino ha preso una svolta decisiva con il discorso della presidente della Ce Ursula von der Leyen del 30 marzo 2023, segnando uno spostamento verso una posizione più assertiva, rafforzata dalla pubblicazione della Strategia Europea per la Sicurezza Economica nel giugno dello stesso anno. La Commissione Europea, nella Comunicazione congiunta sulle prospettive strategiche 2019, ha deciso di ridurre il rischio delle sue relazioni economiche con la Cina, adottando una strategia “sfumata”, che la vede allo stesso tempo come “partner per la cooperazione, concorrente economico e un rivale sistemico”. Questo approccio tripartito è stato ribadito nelle Conclusioni del Consiglio Europeo sulla Cina.

Durante il Vertice sulla Cina del dicembre 2023, von der Leyen ha ribadito che il “de-risking” consiste nell’imparare le lezioni dalla pandemia globale Covid-19 e dal ricatto energetico della Russia, gestendo i rischi, affrontando le dipendenze eccessive e aumentando la resilienza. Sono stati compiuti importanti progressi nella comprensione dell’esposizione dell’Ue verso la Cina e nell’affrontare i rischi correlati, mappando le dipendenze strategiche e le strozzature della catena di approvvigionamento nel commercio. Diversi atti legislativi sono stati adottati per rafforzare le capacità produttive nei settori critici, e l’Ue sta perseguendo nuovi partenariati internazionali per diversificare le fonti di approvvigionamento.

Un passo importante è stato fatto nel gennaio 2024, quando la Ce ha adottato cinque iniziative chiave con l’obiettivo di rafforzare la sicurezza economica dell’Ue in un momento di crescenti tensioni geopolitiche e profondi cambiamenti tecnologici. Queste azioni fanno parte di un approccio a tre pilastri volto a garantire la sicurezza economica europea attraverso la promozione della competitività, la protezione dai rischi e il partenariato con il maggior numero possibile di Paesi per promuovere interessi condivisi.

Nel dettaglio, le nuove iniziative mirano a:

  • Migliorare il controllo degli investimenti esteri nell’Ue (Ide). Prevenire quelli che potrebbero rappresentare un rischio per la sicurezza e l’ordine pubblico. La Commissione ha esaminato oltre 1.200 operazioni di Ide notificate dagli Stati membri. La proposta di gennaio 2024 mira a garantire che tutti gli Stati membri dispongano di un meccanismo di screening con norme nazionali meglio armonizzate, individuando un ambito di applicazione settoriale minimo e estendendo lo screening agli investimenti controllati da individui o imprese di un Paese terzo. Il Parlamento Europeo ha chiesto l’espansione degli strumenti di screening per includere procedure di controllo generalizzate per tutti gli stakeholders coinvolti in progetti infrastrutturali critici dell’Ue, inclusi partnership e trasferimenti tecnologici, e l’istituzione di norme sul dovere di diligenza per individuare l’influenza cinese sugli investitori in infrastrutture critiche.
  • Adottare un maggiore coordinamento nel controllo dell’export di beni a duplice uso. Questo include merci che possono essere utilizzate sia per scopi civili che militari, per evitare che tecnologie avanzate migliorino le capacità militari e di intelligence di Paesi terzi. Il Libro Bianco della Commissione sugli investimenti in uscita propone un’analisi graduale di tali investimenti, in particolare per tecnologie sensibili come Intelligenza Artificiale, semiconduttori avanzati, biotecnologie e tecnologie quantistiche. Questo aspetto non è attualmente monitorato né controllato a livello Ue o dagli Stati membri, pur destando preoccupazione per la fuoriuscita di tecnologie che potrebbero essere utilizzate contro l’Ue o per minare la pace e la sicurezza internazionali.
  • Rafforzare la sicurezza della ricerca e sviluppo (R&S). La Commissione ha avviato una consultazione pubblica sulle tecnologie con potenziale a duplice uso, esaminando i programmi di finanziamento dell’Ue per mantenere un vantaggio competitivo. Questo include l’introduzione di controlli uniformi dell’Ue su prodotti non ancora adottati dai regimi multilaterali di controllo delle esportazioni, la creazione di forum ad alto livello per il coordinamento politico e la promozione della discussione sui programmi di ricerca e sviluppo che coinvolgono tecnologie a duplice uso.

Successivamente, nel gennaio 2025, la Commissione Europea ha pubblicato un’ulteriore raccomandazione che invita gli Stati membri a riesaminare gli investimenti in uscita delle loro imprese verso paesi terzi in tre settori ad alto rischio (semiconduttori, intelligenza artificiale e tecnologie quantistiche), in linea con un regime normativo simile emanato dagli Stati Uniti. Il 29 gennaio 2025, la Commissione Europea ha anche pubblicato il “Competitiveness Compass for the Ue”, un quadro ambizioso volto a rafforzare e proteggere la posizione dell’Ue sui mercati globali, individuando nei controlli sulle esportazioni e nel monitoraggio degli investimenti esteri strumenti chiave per salvaguardare la competitività e impedire la fuga di tecnologia. L’Unione Europea e i suoi Stati membri hanno, inoltre, adottato misure per aumentare la resilienza dell’Europa di fronte alla coercizione economica e politica cinese, con lo Strumento Anti-Coercizione (Aci) che rappresenta una misura importante per contrastare le pressioni che incidono sugli scambi o sugli investimenti.

Nonostante questi sforzi, “non è comunque il momento di compiacersi”. Le esperienze di Stati come Australia e Lituania dimostrano che, anche in caso di coercizione economica cinese, gli effetti possono essere contenuti (ad esempio, dirottando le esportazioni o reperendo capitali altrove). Tuttavia, l’Ue e i suoi Stati membri non devono sottovalutare la profondità e l’ampiezza dei rischi, poiché Pechino è “più che mai disposta a pagare un prezzo economico elevato per perseguire i suoi obiettivi politici”, soprattutto quando in gioco ci sono interessi fondamentali come Taiwan, Hong Kong o lo Xinjiang. Allo stesso tempo, la Cina continua a esplorare nuovi strumenti e approcci di coercizione economica, come dimostrato dalle pressioni sulle multinazionali per interrompere gli scambi con entità lituane.

Il rinnovato impianto normativo europeo presenta tuttavia alcune vulnerabilità, con alcuni Stati membri inadempienti agli obblighi attuativi. Il Parlamento Europeo ha urgentemente invitato gli Stati membri a implementare sistematicamente le normative esistenti e a rafforzare i controlli su investimenti esteri diretti e resilienza delle infrastrutture critiche. La consapevolezza delle attività cinesi è cresciuta, con le istituzioni europee che hanno ampliato le risorse dei ministeri e delle agenzie di intelligence, creando anche nuove istituzioni per contrastare l’influenza politica e la disinformazione cinese.

In sintesi, il vertice Ue-Cina del 24 luglio è stato più una ricognizione di posizioni consolidate che un punto di svolta per soluzioni concrete. Ha sottolineato la complessità di una relazione sempre più sbilanciata, in cui l’Ue cerca di riequilibrare i propri interessi economici e di sicurezza con la necessità di mantenere un dialogo con una potenza globale assertiva. Il “dialogo dei sordi” descritto da Josep Borrell nel 2022 sembra purtroppo ancora attuale, con la Cina riluttante a impegnarsi in discussioni sostanziali su questioni chiave e focalizzata sulla propria narrativa positiva.

La situazione europea è aggravata dalla consapevolezza di essere sotto attacco dalla “Liminal Warfare” di Pechino, una guerra condotta ai margini dell’osservabilità che mira a penetrare i “tessuti molli” delle democrazie occidentali attraverso mezzi occulti, coercitivi e corruttivi, sfruttando anche il controllo di mezzi tecnologici, infrastrutture strategiche e catene di approvvigionamento globali.

Questo contesto rende ancora più pressante la necessità per l’Ue di sviluppare una strategia di “de-risking” efficace e di rafforzare la propria autonomia strategica, non solo per proteggere le industrie chiave ma anche per salvaguardare la propria sovranità e sicurezza in un panorama geopolitico in rapida evoluzione.

La mancanza di adeguati controlli sui rischi di interferenza negli appalti pubblici europei per le attrezzature di sicurezza, come nel caso Nuctech (società parzialmente di proprietà del governo cinese e legata alla politica del Fronte Unito), e la presenza di studenti cinesi in università europee in settori dual-use, sono ulteriori vulnerabilità che l’Ue deve affrontare urgentemente attraverso una maggiore supervisione normativa e controlli approfonditi sui legami con il governo cinese.

La modernizzazione dei processi normativi diventa il requisito principale per potersi difendere e per lavorare alla regolamentazione della nuova globalizzazione, mantenendo al centro dell’azione politica la definizione del perimetro di sicurezza dell’Unione Europea e dei singoli stati membri.

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