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Veicoli connessi, il Data Act apre l’accesso ai dati: cosa cambia



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La Commissione europea chiarisce l’applicazione del Data Act al settore automotive, definendo categorie di dati e modalità di accesso per utenti e terzi, con implicazioni sui modelli contrattuali, le architetture tecniche e le strategie di mercato delle case automobilistiche

Pubblicato il 10 ott 2025

Matia Campo

partner Studio Legale CMS

Italo de Feo

partner Studio Legale CMS

Pasquale di Stefano

senior associate Studio Legale CMS



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La Commissione europea ha da poco pubblicato le “Guidance on Vehicle Data, accompanying Regulation 2023/2854 (Data Act)”. Il documento definisce in modo puntuale le categorie di dati che rientrano nel perimetro applicativo del Capo II del Regolamento e illustra i diritti di accesso riconosciuti agli utenti e ai soggetti terzi da loro designati.

Il quadro normativo europeo

Il Data Act – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione europea il 22 dicembre 2023 ed è entrato in vigore il 11 gennaio 2024, ma con applicazione a partire dal 12 settembre 2025 – è un regolamento orizzontale che disciplina l’accesso equo ai dati e il loro utilizzo nell’Unione europea. Si applica a tutti i settori economici e introduce una serie di obblighi a carico dei titolari dei dati (i c.d. “data holder”) – vale a dire coloro che hanno il diritto o l’obbligo di utilizzare o mettere a disposizione i dati generati dall’uso di un prodotto connesso o di un servizio correlato – garantendo nel contempo nuovi diritti agli utenti (i c.d. “data user”).

La portata innovativa della disciplina risiede nella trasformazione del dato in un bene giuridicamente fruibile da più soggetti: nel contesto del settore automotive, ad esempio, mentre l’utente del veicolo acquista un diritto di accesso, riutilizzo e condivisione dei dati generati dalla propria automobile, i terzi da lui autorizzati (per esempio officine indipendenti, compagnie assicurative o start-up telematiche) acquisiscono il diritto di chiedere al data holder (es. Il fabbricante del veicolo) la messa a disposizione diretta degli stessi, alle condizioni stabilite dagli articoli 5 e 9 del Regolamento. È un cambio di paradigma che impone alle imprese del comparto di riesaminare i propri modelli contrattuali, i processi di compliance e la struttura tecnica dei sistemi di raccolta dati, in modo da essere in grado di di gestire le richieste di accesso e condivisione dei dati.

Come si qualifica un veicolo connesso e i servizi correlati

Le linee guida chiariscono anzitutto che un veicolo si qualifica come “connected product” quando soddisfa due requisiti cumulativi: generare o raccogliere dati riguardanti il proprio uso o l’ambiente circostante e avere la capacità di comunicarli attraverso un servizio di comunicazione elettronica, un collegamento fisico o un accesso on-device. Non rileva che la funzione primaria del prodotto sia diversa dallo stoccaggio o dalla trasmissione di dati; ciò che conta è la predisposizione tecnica allo scambio informativo.

I “related services” sono invece i servizi digitali, diversi dalle comunicazioni elettroniche tradizionali, che risultano collegati al veicolo in modo tale che la loro assenza impedirebbe il funzionamento di una o più funzioni dell’auto, ovvero servizi successivamente connessi per aggiungere, aggiornare o adattare tali funzioni. Rientrano in questa categoria, ad esempio, una app di controllo remoto che consente di bloccare o sbloccare le portiere, un software di ottimizzazione dei percorsi che modifica in tempo reale la strategia di ricarica o un servizio di manutenzione predittiva basato sul comportamento di guida. Restano invece esclusi i servizi tradizionali di assistenza, consulenza o riparazione che non interagiscono digitalmente con il veicolo e che non determinano variazioni operative sulla vettura.

La tassonomia dei dati: raw, pre-processed e derived

Uno snodo essenziale delle linee guida riguarda la tassonomia dei dati, la cui classificazione determina l’obbligo di (o l’esonero dalla) condivisione con gli altri aventi diritto.

I “raw data” sono i dati primari, non sostanzialmente modificati, generati automaticamente dai sensori o dalle azioni dell’utente: dalla pressione degli pneumatici, dalla rotazione del motore ai comandi di accensione. Questi dati rientrano integralmente nel raggio d’azione del Data Act e devono essere resi accessibili, laddove “tecnicamente fattibile”, direttamente all’utente oppure, in alternativa, tramite il data holder.

I “pre-processed data” sono dati che hanno subito operazioni di normalizzazione, filtraggio o aggregazione allo scopo di renderli comprensibili e riutilizzabili, senza però alterare la loro natura descrittiva dello stato o del funzionamento del veicolo. Temperature, velocità, livello carburante, consumo medio e tracciamento GPS corretti rientrano tipicamente in questa categoria. Essi godono dello stesso regime di accesso dei raw data e non possono essere trattenuti dal costruttore con la motivazione di tutelare investimenti proprietari sul software, poiché la trasformazione effettuata ha finalità meramente preparatorie.

Diverso discorso per gli “inferred” o “derived data”, ossia informazioni che nascono da un’elaborazione complessa, spesso fondata su algoritmi proprietari, tale da generare un contenuto nuovo e distinto. Pensiamo ai sistemi di guida assistita che classificano oggetti stradali, agli score di guida eco-sostenibile, alle previsioni di traiettoria o all’ottimizzazione del consumo energetico mediante machine learning. Secondo le linee guida, tali dati restano fuori dall’obbligo di condivisione, in quanto frutto di investimenti aggiuntivi e rappresentativi di know-how meritevoli di protezione.

Obblighi tecnici e contrattuali per i costruttori

La segmentazione dei dati si traduce in obblighi tecnici e negoziali di notevole portata. Innanzitutto, le case automobilistiche dovranno valutare se la loro architettura rende effettivamente “retrievable” i raw e i pre-processed data, pena l’esposizione a contestazioni di non conformità. Il Regolamento, pur salvaguardando la neutralità tecnologica, pretende che i dati forniti siano della “stessa qualità” di quelli cui accede direttamente il data holder, imponendo un regime di non discriminazione verso officine indipendenti e operatori after-market. Ne consegue la necessità di implementare interfacce di accesso – quali backend remoti o porte on-board – che non richiedano strumenti proprietari onerosi per l’utente finale.

Sul piano contrattuale, l’articolo 9 riconosce al data holder un diritto a compensazione “ragionevole”, da calcolarsi secondo criteri che la Commissione preciserà in linee guida dedicate.

Opportunità e sfide per l’ecosistema automotive

Per i player del settore si aprono opportunità di business – nuove forme di monetizzazione o di intermediazione dei dati, soluzioni di manutenzione alternativa – ma anche sfide in termini di compliance, adeguamento architetturale e revisione delle proprie politiche di licensing e modelli contrattuali. I costruttori dovranno interrogarsi su come conciliare la protezione del proprio patrimonio tecnologico con i nuovi diritti di accesso, mentre i fornitori di servizi indipendenti potranno competere su un terreno più competitivo.

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