Con l’introduzione dell’obbligo di utilizzo del BIM per le opere di importo superiore ai due milioni di euro, previsto dal nuovo Codice degli Appalti (D.Lgs. 36/2023) così come modificato dal Correttivo Appalti 2025 (D.Lgs. 209/2024), il Building Information Modeling entra pienamente in vigore per un’ampia gamma di lavori pubblici. In questo contesto la Pubblica Amministrazione, in un’ottica di approccio proattivo, non dovrebbe solo accompagnare gli enti nella transizione al BIM, ma anche approfondire e attuare le nuove leve strategiche che questo strumento innovativo offre.
Il Building Information Modeling (BIM), infatti, è spesso percepito come un semplice strumento tecnico per produrre modelli tridimensionali più dettagliati e accattivanti. In realtà, questa visione riduttiva oscura la portata reale di un cambiamento che è innanzitutto gestionale e culturale. Il BIM si configura, se sfruttato appieno, come uno strumento manageriale capace di raccogliere, organizzare e aggiornare in modo strutturato le informazioni di un’opera lungo l’intero ciclo di vita, diventando un vero ecosistema informativo a supporto delle decisioni.
Indice degli argomenti
Perché l’informazione del BIM cambia il paradigma nelle opere pubbliche
La “I” di Building Information Modeling denuncia quindi con forza la priorità dell’informazione in questo processo, ed è qui che si incardina il vero cambio di paradigma che uno strumento così potente può apportare. In una Pubblica Amministrazione in cui la digitalizzazione assume talvolta la forma di semplice dematerializzazione del cartaceo (che è comunque già qualcosa), mettere al centro l’informazione significa abbattere i silos che confinano i dati in compartimenti non comunicanti, spesso con informazioni ridondanti e con modelli non interoperabili.
Archivi frammentati, comunicazioni non strutturate, file condivisi per email, documenti replicati in più versioni, sono tutti fattori che rallentano e complicano i procedimenti, solitamente già molto complessi, in particolare in materia di opere pubbliche.
CDE/ACDat: l’ambiente di condivisione dati come strumento operativo del BIM
Da questo punto di vista, uno degli strumenti operativi del BIM più innovativi è il cosiddetto Ambiente di Condivisione Dati (ACDat), anche noto come Common Data Environment (CDE), nel quale i dati sono raccolti in modo organizzato e condiviso, riferendosi a modelli ed elaborati originali: i dati diventano quindi patrimonio comune, sempre aggiornati e tracciabili, in un unico contenitore digitale accessibile ai diversi attori del processo – progettisti, imprese, stazione appaltante, politica – con livelli di autorizzazione definiti e trasparenza garantita.
Ecco quindi che il risultato di una corretta implementazione della metodologia BIM consente alla Pubblica Amministrazione di trasformare il dato informativo in un asset strategico, consentendo lo sviluppo di nuove forme di leve strategiche a supporto del processo decisionale. Particolarmente interessanti, in quest’ottica, sono le possibili implicazioni del BIM come supporto decisionale alla parte politica e alla parte tecnica durante la fase progettuale, e come mezzo operativo di controllo in fase di esecuzione per la Stazione Appaltante nel rapporto con gli appaltatori.
BIM e decisioni: come supportare politica e tecnica nella fase progettuale
Un nodo critico: dialogo episodico tra politica e apparati tecnici
Uno dei punti più critici dell’attuale gestione delle opere pubbliche nella Pubblica Amministrazione riguarda, da un lato, il rapporto tra politica e tecnica nella fase di messa a terra degli atti programmatori, e in particolare nelle procedure che portano all’approvazione del progetto: lo stato attuale, infatti, mostra un dialogo formalmente episodico e limitato ai soli momenti programmatori e progettuali.
Inoltre, con la recente soppressione del livello di progettazione definitiva, tale criticità si è acuita, e la politica dispone di ancor meno occasioni per intervenire, perlomeno formalmente. Dall’altro lato, emerge il rapporto tra diversi settori/dipartimenti dell’Amministrazione con cui gli uffici tecnici si trovano a interfacciarsi non soltanto da un punto di vista delle pratiche autorizzative (es. urbanistica), ma anche progettuale.
Il “cruscotto politico BIM” come leva di governance e trasparenza
La centralità del dato dell’infrastruttura digitale BIM non solo introduce marginalità di efficienza operativa, ma può creare nuove forme di accountability e di trasparenza attraverso un “Cruscotto politico BIM”, quale strumento in grado di ragguagliare periodicamente tutti gli stakeholder chiave del progetto sui dati chiave identificati e ritenuti prioritari in sede di programmazione/progettazione “di alto livello” dell’opera stessa.
Il contenuto del cruscotto dovrebbe essere calibrato sin dall’elaborazione del Documento di Indirizzo alla Progettazione (DIP). È in questa sede che vengono definiti i contenuti del progetto, gli indicatori da monitorare, le modalità di visualizzazione dei dati nonché la cadenza temporale/procedurale/finanziaria/sostanziale con cui la dashboard può o deve essere aggiornata. In questo modo, ogni peculiarità del progetto può essere intercettata e valorizzata fin dalla fase di programmazione, evitando che criticità o opportunità emergano tardivamente.
Envelope loop: dal confronto formale a un dialogo continuo tracciabile
Un elemento di particolare rilievo è rappresentato dall’introduzione del cosiddetto envelope loop. Mentre nel modello tradizionale gli stakeholder interni ed esterni all’Amministrazione, in particolare i decisori politici, sono coinvolti solo nei momenti formali di approvazione, lasciando alla capacità degli apparati tecnici e del RUP di definire modalità efficaci di condivisione delle informazioni nel corso della progettazione, ma esponendo l’organizzazione a rischi di revisione tardiva nei casi in cui ciò non accade, oppure nel caso in cui gli stakeholder, in assenza di un atto formale, non si esprimano, con il BIM si potrebbe, invece, istituzionalizzare e tracciare un dialogo continuo, fondato su dashboard informative, simulazioni tridimensionali e aggiornamenti costanti resi disponibili nel CDE, attraverso l’elaborazione da parte del personale tecnico.
Figura I: Ciclo iterativo di dialogo tecnico-politico tramite “Cruscotto politico BIM”.

La logica sottostante al cruscotto, così come illustrata dal workflow, non è meramente informativa, ma deliberativa attraverso un processo di confronto iterativo. L’organizzazione dei dati non ha come fine esclusivo il monitoraggio, trattandosi di una fase progettuale, bensì la costruzione di scenari decisionali in cui si potrebbe anche immaginare che snodi decisionali significativi siano accompagnati da prese d’atto formali.
L’approvazione non costituirebbe più, quindi, un atto puntuale e conclusivo, ma il risultato naturale di un percorso condiviso, in cui la revisione e il riorientamento avvengono in itinere, minimizzando il rischio di varianti tardive e di inefficienze procedurali.
Cosa può contenere un cruscotto politico BIM
In questa prospettiva, il cruscotto diviene un dispositivo di accountability: non solo supporta i processi interni di coordinamento tecnico-politico, ma consentirebbe di rendere tracciabili le scelte, legittimandole attraverso dati verificabili e facilitandone la comunicazione verso tutti gli stakeholder. Tale modello risponde alla crescente esigenza delle pubbliche amministrazioni di passare da un approccio reattivo a uno proattivo, capace di anticipare le criticità e di orientare in maniera consapevole le scelte di investimento.
Tabella 1: Possibili contenuti del “Cruscotto politico BIM”.
| Ambito contenuto | Descrizione | Finalità strategica |
| Tempi | Stato di avanzamento delle fasi progettuali ed esecutive; cronoprogramma aggiornato. | Consentire un monitoraggio costante delle milestone e prevenire ritardi. |
| Costi | Budget assegnato, utilizzo delle risorse, previsioni di spesa e scostamenti. | Rafforzare il controllo finanziario e la trasparenza nella gestione degli investimenti. |
| Alternative progettuali | Confronto tra scenari differenti su tempi, costi e impatti o anche solo una “to do list” delle cose più rilevanti da affrontare e valutare. | Supportare decisioni politiche comparate e più consapevoli. |
| Sostenibilità | Indicatori energetici, ambientali e di efficienza complessiva. | Valutare l’aderenza agli obiettivi di sostenibilità europei e nazionali. |
| Flessibilità e resilienza | Parametri che misurano la capacità dell’opera di adattarsi a futuri cambiamenti normativi o funzionali. | Garantire una visione di lungo periodo e la capacità di affrontare incertezze. |
| Trasparenza e tracciabilità | Report sintetici e documentazione accessibile e verificabile. | Legittimare il processo decisionale e ridurre le asimmetrie informative. |
| Aggiornamenti periodici | Frequenza di aggiornamento (temporale o per milestone) e canali di condivisione. | Favorire un dialogo continuo e iterativo tra parte tecnica e politica. |
Il “Cruscotto politico BIM”, così come proposto, può essere definito come un’infrastruttura cognitiva che, attraverso la mediazione digitale, consente di allineare linguaggi e orizzonti temporali differenti: da un lato, la razionalità tecnico-progettuale, dall’altro, la responsabilità politica di definire priorità e obiettivi collettivi.
La sua efficacia non si esaurisce nella dimensione gestionale, ma si estende alla capacità di rafforzare la qualità democratica delle decisioni pubbliche, trasformando la progettazione condivisa da mera aspirazione retorica a pratica istituzionalizzata, fondata su evidenze, trasparenza e legittimazione sociale.













