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Centrali Operative Territoriali (COT), il futuro è data-driven: le soluzioni per una sanità vicina alle persone



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Alla realizzazione delle Centrali Operative Territoriali (COT) il PNRR destina oltre 100 milioni di euro. Per l’implementazione di queste importanti strutture di raccordo, Agenas identifica la necessità di adottare un approccio event-driven e l’utilizzo di standard di interoperabilità consolidati anche in ambito sanitario. Ecco le soluzioni che possono facilitarne la realizzazione

Pubblicato il 26 giu 2023



COT

Le Centrali Operative Territoriali (COT) sono strutture chiave nell’organizzazione e nella gestione delle risorse sanitarie a livello territoriale. La loro implementazione risponde alla necessità di realizzare un modello di assistenza che diminuisca la distanza tra i cittadini che necessitano di percorsi di cura e prevenzione, e le strutture sanitarie.

Non a caso, alla realizzazione di almeno 600 COT il PNRR Salute destina oltre 103 milioni di euro.

La strada verso la creazione di queste strutture che avranno una funzione di “coordinamento della presa in carico della persona e raccordo tra servizi e professionisti al fine di assicurare continuità, accessibilità ed integrazione dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria” non è però tutta in discesa: esistono infatti ostacoli di natura organizzativa e tecnologica, principalmente legati alla necessità di rendere interoperabili i dati raccolti dalla rete assistenziale (Aziende sanitarie, COT, ospedali di comunità, RSA, presidi ambulatoriali,..). Per affrontare questa sfida, Agenas ha definito e indirizzato delle Linee Guida per l’adozione delle tecnologie adeguate alla costruzione di COT che possano realmente supportare e facilitare il coordinamento del territorio, suggerendo l’adozione di architetture IT modulari e data-driven.

Ma andiamo per gradi.

Centrali Operative Territoriali: una sanità più vicina alle persone

Nell’ottica di garantire una sanità più vicina alle persone, con standard qualitativi in linea con le best practice europee, la Riforma dell’assistenza territoriale prevista dal PNRR definisce un nuovo modello organizzativo della rete di assistenza basata:

  • sul potenziamento dell’assistenza domiciliare, anche grazie all’impiego della telemedicina;
  • sulla realizzazione di nuove strutture e presidi sanitari sul territorio che migliorano l’accessibilità e ampliano la disponibilità di servizi di prossimità ai cittadini;
  • sulla definizione di un nuovo assetto istituzionale per la prevenzione sul territorio in ambito sanitario.

Nello specifico, le COT così come previsto nel documento di riforma, assolvono a un ruolo di raccordo tra i vari servizi e i professionisti della salute che operano nelle Case della Comunità (CdC), nelle Unità di Continuità Assistenziale (UCA), nelle Cure Domiciliari Integrate (ADI), nelle residenze/centri diurni, nelle strutture ospedaliere, nelle altre strutture territoriali (es. SERD, Alcologia) e con gli MMG/PLS, oltre che con i servizi sociali dei Comuni.

Le COT, quindi, hanno l’obiettivo di raccogliere e strutturare le informazioni relative a presa in carico, dimissioni e trasferimento dei pazienti, svolgendo un ruolo di coordinamento tra i diversi portatori di interesse.

La grande sfida delle Centrali Operative Territoriali è pertanto quella di adottare una tecnologia ed un’architettura IT solida, sicura e performante, ma soprattutto integrabile con tutti i sistemi appartenenti ai fornitori di servizi sanitari per permettere la raccolta delle informazioni utili al monitoraggio delle attività operative.

COT: l’importanza di puntare su architetture a microservizi

Per raggiungere questi obiettivi, l’architettura di riferimento proposta da Agenas a supporto della COT adotta un approccio event-driven e l’utilizzo di standard di interoperabilità consolidati anche in ambito sanitario. In particolare, si raccomanda l’utilizzo di servizi Restful con l’adozione del profilo HL7 FHIR1 per lo scambio delle informazioni.

Un’infrastruttura IT flessibile e con una capacità computazionale rilevante a seconda delle necessità (cluster specifico di cittadini serviti, oppure specificità regionali) è infatti fondamentale, alla luce della grande capillarità dei presidi assistenziali che erogano i servizi a servizio del cittadino monitorati dalle COT.

Secondo le indicazioni Agenas, dunque, non solo occorrerà adottare strumenti di mercato che migliorano l’interoperabilità ma si dovranno costruire architetture a microservizi caratterizzate da una struttura modulare e componibile, che consentano di creare strumenti di supporto agli operatori delle COT per svolgere al meglio le loro funzioni.

Centrali operative territoriali: ostacoli e sfide

Gli ostacoli principali all’introduzione delle COT sono di tipo organizzativo e tecnologico. Nel primo caso, si tratta delle difficoltà legate all’integrazione delle COT all’interno di un percorso di percorso assistenziale che coinvolge diversi stakeholder e fornitori. Occorre, quindi, in uno spazio in cui convivono ospedali, case della Comunità e altri attori, andare a identificare il perimetro di azione delle Centrali Operative Territoriali.

L’altra sfida invece, è quella riconducibile all’architettura digitale. Come sottolineato da Agenas, il sistema informatico dovrà “essere a servizio delle funzioni che dovranno essere svolte dalla COT, nonché strumento di facilitazione per la realizzazione del dialogo Ospedale-Territorio”.

Data la natura di raccordo delle COT, l’implementazione dell’infrastruttura informatica a supporto delle operazioni dovrà quindi rispondere a criteri stringenti sul piano delle performance, dell’interoperabilità e della flessibilità. Trattandosi, poi, di architetture che non possono essere acquistate sul mercato, ma che devono essere create da zero, la loro implementazione comporta un dispendio rilevante di risorse economiche, di tempo e soprattutto l’adozione di competenze di sviluppo cloud native

Gli attori della sanità sono chiamati a un cambio di prospettiva, lasciando da parte il processo tradizionale di procurement e focalizzandosi alla creazione di un ecosistema digitale omnicomprensivo. Solo in questo modo sarà possibile rispondere alla necessità di creare un’architettura data-driven personalizzata a seconda delle necessità specifiche delle che vengono richieste all’interno delle singole COT.

In questo caso, solitamente si seguono due strade. Partire da un progetto “Green field”, quindi assumendo risorse esperte in sviluppo cloud native, definendo un’architettura tecnologica target e i relativi processi da zero. Questo approccio però comporta il rischio di allungare di molto i tempi di realizzazione, quando già il Paese è molto in ritardo nella messa in produzione, rischiando di perdere l’accesso ai fondi del PNRR. Nel secondo caso, ci si affida a soluzioni verticali di mercato facilmente acquistabili e utilizzabili. Seppur questa soluzione permette di arrivare sul mercato velocemente, non permette di avere controllo sui servizi erogati, in termini di personalizzazioni e scalabilità.

Il modo migliore per affrontare questa sfida, consentendo di superare la possibile impasse iniziale legata alla mancanza di competenze, tempo e tecnologia, è l’adozione di approccio cosiddetto “composable”: partire cioè da componenti software preassemblate e facilmente configurabili che possono essere sfruttate per costruire l’architettura data-driven necessaria ad erogare i servizi di monitoraggio caratteristici delle COT e tutte le componenti applicative a supporto di medici, infermieri e altri portatori di interesse.

Contributo editoriale in collaborazione con Mia-care

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