All’apertura della RomeCup 2025, dedicata al rapporto tra intelligenza artificiale e responsabilità etica, riecheggiavano le parole di papa Francesco, primo pontefice a intervenire ufficialmente sul tema dell’IA, nel messaggio per la Giornata mondiale della pace. Un appello alla comunità globale, educativa, scientifica, politica, per costruire un futuro in cui le tecnologie siano al servizio della dignità umana, della giustizia sociale e della pace.
Un’eredità raccolta dal neoeletto papa Leone XIV, anche nella scelta del nome e nel suo primo discorso ai cardinali. La nostra epoca ci chiama a un nuovo discernimento collettivo. Un invito ad abitare il tempo del cambiamento non con timore, ma con responsabilità condivisa.
È in questo scenario che si colloca la sfida educativa dell’IA: non solo comprendere come funziona una tecnologia, ma domandarsi a quale idea di persona, di società e di scuola essa risponda. Preparare i docenti all’intelligenza artificiale significa oggi molto più che aggiornarne le competenze digitali. Significa metterli nelle condizioni di orientare, con consapevolezza, etica e creatività, l’ingresso di queste tecnologie nelle pratiche didattiche quotidiane. Per non subire il cambiamento, ma per guidarlo.
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Le cornici internazionali: competenze e orientamenti
Nel contesto globale, sono emersi riferimenti autorevoli per guidare l’integrazione dell’IA nei sistemi educativi. L’Unesco ha pubblicato due documenti fondamentali: il Quadro di competenze sull’IA per docenti e quello per studenti (2024), articolati su quattro dimensioni: comprensione, etica, applicazione e progettazione. L’obiettivo è promuovere un uso critico e umanocentrico dell’IA fin dalla scuola primaria.
Tuttavia, la loro integrazione nei curricula è ancora limitata. Una prima analisi della letteratura mostra come il riferimento ai framework Unesco sia spesso teorico, raramente tradotto in progettazione educativa concreta. Senza docenti preparati, l’IA rischia di restare una promessa vuota per l’educazione.
Una recente indagine Indire-La Tecnica della Scuola (marzo 2025) conferma il divario percepito: oltre il 60% degli insegnanti riconosce l’impatto dell’IA sulla didattica, ma solo il 27% si sente preparato. Serve una formazione sistemica, continua, e supportata da comunità di pratica.
IA: una nuova visione educativa e culturale
Per la Fondazione Mondo Digitale, la sfida dell’IA è soprattutto educativa e culturale. Preparare i docenti al cambiamento significa accompagnarli in un percorso che valorizzi la loro identità professionale e la capacità di costruire relazioni significative con gli studenti, formando cittadini consapevoli nell’era digitale. Con la Fondazione lavoriamo in chiave sistemica, promuovendo ecosistemi educativi inclusivi dove scuola, università, imprese e famiglie costruiscono nuove traiettorie formative. Il docente è protagonista della trasformazione, non solo destinatario di formazione.
Nei diversi progetti, i docenti sperimentano direttamente strumenti AI-based, casi di studio e sfide progettuali con gli studenti (hackathon, creathon, contest creativi ecc.). L’approccio è laboratoriale, esperienziale, attento alla personalizzazione e all’inclusività. L’intelligenza artificiale non sostituisce la dimensione educativa, ma può potenziarla: offrendo spazi per la creatività, l’accessibilità, il pensiero critico. Formare i docenti non è solo un obiettivo operativo, ma un atto culturale e politico: abitare il futuro con responsabilità condivisa.
Strategie formative per i docenti: dalla RomeCup alla Scuola del Noi
Sono soprattutto due le iniziative che rendono concreto questo approccio. La RomeCup, giunta alla sua 18ª edizione, unisce scuole, università, aziende e istituzioni per esplorare le frontiere dell’innovazione. Il tema del 2025, “Intelligenza umana e artificiale. Le sfide per il benessere olistico”, ha valorizzato l’IA come leva per lo sviluppo integrale delle persone. Attraverso competizioni, laboratori e talk ispirazionali, la RomeCup è anche un momento di aggiornamento professionale per i docenti.
La comunità dei Docenti della scuola del noi è invece un laboratorio permanente di co-progettazione didattica. Nata nel 2020, coinvolge oltre 120 insegnanti italiani impegnati nella creazione di moduli interdisciplinari che integrano soluzioni digitali e metodologie attive (inquiry based learning, gamification, storytelling). Ne emergono percorsi educativi trasformativi, dall’orto didattico 3.0 agli escape room sui diritti. In queste esperienze la formazione dei docenti all’IA è:
- collaborativa per promuovere la creazione di comunità di pratica e condividere esperienze e risorse;
- esperienziale, basata su laboratori e progetti concreti che permettano di sperimentare l’uso dell’IA nella didattica;
- etica e inclusiva, cioè orientata a sviluppare una consapevolezza critica sull’uso dell’IA e a garantire l’accesso equo alle tecnologie.
IA e scuola: il ruolo dei media
Anche il dibattito pubblico si amplia: il quotidiano Corriere della Sera, con il book “Intelligenza artificiale e scuola” (maggio 2025), sottolinea l’urgenza di preparare studenti e insegnanti al cambiamento. Nei mesi precedenti, La Repubblica ha distribuito tre opuscoli divulgativi per sensibilizzare l’opinione pubblica sugli effetti dell’IA su lavoro, istruzione e società.
Ma è importante comprendere che l’intelligenza artificiale non richiede solo un aggiornamento strumentale. Per la prima volta, non si tratta semplicemente di imparare a usare una nuova tecnologia. Si tratta di ripensare in profondità il senso dell’educazione nell’epoca degli algoritmi: quali competenze formare, quale ruolo attribuire alla conoscenza, come preservare l’autenticità delle relazioni umane nei processi di apprendimento. L’IA interroga direttamente il mestiere dell’insegnare. Preparare i docenti significa attrezzarli per una nuova responsabilità: saper abitare un cambiamento che è tecnologico, ma anche e soprattutto antropologico.
La scuola come presidio contro le disuguaglianze cognitive
L’interazione crescente con l’IA rende imprescindibile lo sviluppo di competenze trasversali e umane. Le cosiddette soft skill, pensiero critico, empatia, collaborazione, diventano il vero differenziale umano nell’epoca dell’automazione intelligente.
Ma è un momento critico: l’IA rischia di amplificare le disuguaglianze esistenti. L’Italia parte da un basso livello di competenze linguistiche e digitali. Una larga parte della popolazione adulta è in condizioni di analfabetismo funzionale. Il pericolo è duplice: perdere il controllo sulla tecnologia e delegare alle macchine anche le competenze residue.
La scuola ha una responsabilità senza precedenti: garantire un’alfabetizzazione piena, critica, capace di tenere insieme istruzione, cultura e sviluppo di competenze digitali di base, funzionali e specialistiche. L’educazione all’IA non è un modulo aggiuntivo, ma un’occasione per ripensare il curricolo, la valutazione, l’inclusione.
I docenti come agenti del cambiamento
Non mancano oggi esempi, strumenti e pratiche didattiche già disponibili per l’utilizzo dell’IA a scuola. Esistono raccolte di esperienze come le “101 idee per usare l’intelligenza artificiale in classe” (Erickson, 2024) o i numerosi articoli pubblicati nella sezione Scuola digitale di questo magazine.
La scuola non può limitarsi a usare strumenti e i docenti non devono solo adottare soluzioni, ma costruire visioni. È fondamentale investire in strategie formative che mettano al centro i docenti come agenti del cambiamento. Nell’era dell’IA, il loro ruolo è custodire una mediazione critica tra innovazione e cittadinanza. Non per frenare il cambiamento, ma per orientarlo in modo umano e inclusivo.