app max

La Russia come la Cina: app di Stato, sorveglianza digitale



Indirizzo copiato

La strategia digitale russa rappresenta un caso di studio emblematico dell’approccio “sovranista” alla cyber sicurezza. Ultima mossa una legge per lo sviluppo di una nuova piattaforma nazionale di messaggistica, basata sull’app di Stato Max. Si inserisce in un crescendo di azioni per la sovranità nazionale che sfocia nella sorveglianza di Stato

Pubblicato il 1 ago 2025

Tommaso Diddi

analista Hermes Bay

Luisa Franchina

Presidente Associazione Italiana esperti in Infrastrutture Critiche



app max russia sorveglianza digitale

A luglio 2025 la Federazione Russa ha compiuto un passo significativo verso la piena realizzazione della propria strategia di “sovranità digitale”: ha approvato una legge per lo sviluppo di una nuova piattaforma nazionale di messaggistica.

Sovranità digitale russa e sorveglianza di Stato

L’iniziativa, formalizzata con la firma del Presidente Vladimir Putin su una legge dedicata, è volta a ridurre la dipendenza del Paese da applicazioni straniere come WhatsApp e Telegram, con l’obiettivo di centralizzare le comunicazioni digitali all’interno di infrastrutture controllate direttamente da entità statali o para-statali.

Мессенджер Max от VK: много багов и мало людей

Parallelamente, il governo russo sta procedendo alla graduale messa al bando di app straniere come WhatsApp e la limitazione di Telegram, considerate “strumenti di influenza straniera” o “minacce alla sicurezza nazionale”. Un’operazione che, secondo molti osservatori, serve a creare un vuoto da colmare con Max, rendendo di fatto l’app obbligatoria per chiunque voglia comunicare o accedere a servizi pubblici digitali.

Il progetto è parte integrante di una più ampia strategia di rimodellamento del panorama digitale russo, coerente con i principi già applicati da altri attori internazionali per rafforzare il controllo interno sulla circolazione di informazioni e dati sensibili.

L’app Max di VK

Il cuore operativo del nuovo sistema sarà un’applicazione denominata “Max”, affidata alla società VK Co., già controllata dal colosso energetico statale Gazprom e da altri soggetti finanziari vicini al governo.

Il nuovo servizio non si limiterà alla messaggistica: si propone come una super-app multifunzionale, con capacità che spaziano dall’accesso ai servizi della pubblica amministrazione alla gestione delle finanze personali, fino alla possibilità di usufruire di agevolazioni in eventi pubblici come concerti o festival. Si tratta di un modello che riprende esplicitamente le “everything apps” diffuse nel contesto cinese, dove applicazioni come WeChat rappresentano un’infrastruttura digitale omnicomprensiva, integrata in ogni aspetto della vita quotidiana e sottoposta a stringenti forme di controllo statale.

Secondo alcune analisi, la nuova piattaforma potrà inizialmente diffondersi grazie alla sua integrazione nei servizi amministrativi e burocratici, ma sarà necessario un tempo più lungo affinché sostituisca completamente i servizi oggi in uso tra i cittadini. L’app Max potrà infatti garantire accesso semplificato a servizi statali, documenti, pagamenti e supporto amministrativo, offrendo così un vantaggio pratico per l’utenza. Tuttavia, secondo alcune fonti, l’adozione diffusa come canale primario di comunicazione avverrà solo in una fase successiva, qualora il servizio dimostri stabilità, efficienza e funzionalità comparabili alle app concorrenti.

Il controllo della piattaforma da parte di VK – la cui struttura societaria include soggetti strategici come MF Technologies (controllata da Gazprom e Sogaz AO, compagnia assicurativa riconducibile a Yury Kovalchuk) – offre al Cremlino un’infrastruttura di monitoraggio senza precedenti. Il CEO di VK, Vladimir Kirienko, è figlio di un alto funzionario del governo russo, a riprova della stretta correlazione tra il progetto e le strutture politiche centrali. Tale livello di integrazione tra governance pubblica, apparato economico e strumenti digitali rappresenta un esempio concreto di come possa realizzarsi un perimetro informativo chiuso e interamente tracciabile.

Questa transizione non è priva di precedenti. Già nel 2014, il fondatore di VK, Pavel Durov, dichiarò di essere stato costretto a cedere la propria quota nella società in seguito a pressioni ricevute per la cessione dei dati personali di utenti ucraini. Successivamente, lo stesso Durov avrebbe fondato Telegram proprio in risposta alla necessità di un canale di comunicazione svincolato dal controllo statale. Negli anni seguenti, l’evoluzione normativa e tecnica in Russia ha consolidato la possibilità di centralizzare la gestione del traffico internet, prevedendo anche la capacità – ancora non esercitata in modo sistematico – di scollegare completamente il Paese dal resto della rete globale.

Come si reggerà la piattaforma Max

Secondo alcune analisi, la nuova piattaforma potrà inizialmente diffondersi grazie alla sua integrazione nei servizi amministrativi e burocratici, ma sarà necessario un tempo più lungo affinché sostituisca completamente i servizi oggi in uso tra i cittadini. L’app Max potrà infatti garantire accesso semplificato a servizi statali, documenti, pagamenti e supporto amministrativo, offrendo così un vantaggio pratico per l’utenza. Tuttavia, secondo alcune fonti, l’adozione diffusa come canale primario di comunicazione avverrà solo in una fase successiva, qualora il servizio dimostri stabilità, efficienza e funzionalità comparabili alle app concorrenti.

Il controllo della piattaforma da parte di VK – la cui struttura societaria include soggetti strategici come MF Technologies (controllata da Gazprom e Sogaz AO, compagnia assicurativa riconducibile a Yury Kovalchuk) – offre al Cremlino un’infrastruttura di monitoraggio senza precedenti. Il CEO di VK, Vladimir Kirienko, è figlio di un alto funzionario del governo russo, a riprova della stretta correlazione tra il progetto e le strutture politiche centrali. Tale livello di integrazione tra governance pubblica, apparato economico e strumenti digitali rappresenta un esempio concreto di come possa realizzarsi un perimetro informativo chiuso e interamente tracciabile.

Questa transizione non è priva di precedenti. Già nel 2014, il fondatore di VK, Pavel Durov, dichiarò di essere stato costretto a cedere la propria quota nella società in seguito a pressioni ricevute per la cessione dei dati personali di utenti ucraini. Successivamente, lo stesso Durov avrebbe fondato Telegram proprio in risposta alla necessità di un canale di comunicazione svincolato dal controllo statale. Negli anni seguenti, l’evoluzione normativa e tecnica in Russia ha consolidato la possibilità di centralizzare la gestione del traffico internet, prevedendo anche la capacità – ancora non esercitata in modo sistematico – di scollegare completamente il Paese dal resto della rete globale.

Le critiche alla piattaforma russa Max

Max viene accusata di essere un nuovo strumento di sorveglianza di massa, capace di raccogliere dati personali in modo pervasivo e potenzialmente repressivo.

Tra le voci più critiche spicca quella del giornalista indipendente Andrey Okun, che non ha esitato a definire Max come «un nuovo tassello di un gulag digitale», denunciando il rischio che ogni azione online — dai messaggi scambiati alle app installate — possa diventare oggetto di monitoraggio da parte dello Stato. «Non è solo un’app», ha scritto in un editoriale, «ma l’inizio di un’infrastruttura unificata per controllare pensieri, relazioni e abitudini dei cittadini russi».

Anche Arūnas Girdžiūnas, analista di sicurezza digitale, ha pubblicamente messo in guardia contro l’architettura tecnica dell’app, affermando che “Max è progettata per accumulare dati su tutto ciò che fa l’utente, dai contenuti copiati negli appunti ai movimenti GPS, fino alla lista delle app installate”. Secondo Girdžiūnas, l’integrazione con i servizi statali, i sistemi di pagamento e le identità digitali non fa che aumentare il rischio di un controllo centralizzato senza precedenti.

A preoccupare è anche il contesto normativo in cui Max nasce: secondo quanto riportato da diverse testate, l’app non offre crittografia end-to-end, e ricade sotto le leggi russe che obbligano le aziende tecnologiche a fornire accesso ai dati e alle chiavi di decifratura ai servizi di sicurezza (FSB). In particolare, viene richiamata la cosiddetta “legge Yarovaya”, che impone la conservazione dei metadati delle comunicazioni e la collaborazione con le autorità.

Organizzazioni per i diritti digitali, come Roskomsvoboda, da anni impegnata nella tutela della libertà di espressione online in Russia, hanno espresso «seria preoccupazione» per l’obbligo — in vigore dal settembre 2025 — di preinstallare Max su tutti i dispositivi mobili venduti nel paese. Un portavoce dell’organizzazione ha dichiarato che «imporre l’uso di un’unica piattaforma, non protetta da crittografia e strettamente integrata con lo Stato, significa eliminare di fatto la possibilità per gli utenti di comunicare in modo libero e sicuro».

Una componente centrale della nuova strategia è la ridefinizione dei limiti di privacy e accesso ai dati. Secondo Roskomsvoboda, l’app Max non supporterà la crittografia end-to-end e così rende più agevole il monitoraggio delle comunicazioni da parte delle autorità.

Questa scelta progettuale rafforza il controllo governativo, ma solleva interrogativi in merito alla protezione della riservatezza individuale. Contestualmente, è stata approvata una norma che prevede sanzioni per chi effettua ricerche online su contenuti classificati come “estremisti”, ampliando ulteriormente il perimetro di sorveglianza. Anche l’utilizzo delle VPN, precedentemente impiegate da molti cittadini per aggirare i blocchi informativi, è stato drasticamente ridotto mediante provvedimenti normativi e blocchi tecnici.

La strategia della Russia per il controllo di internet

Il progetto Max si inserisce in un contesto normativo e tecnologico profondamente trasformato negli ultimi anni.

Filtraggio, ban internet

Già nel 2019, il governo russo aveva introdotto una legge per il filtraggio centralizzato del traffico internet, rendendo possibile – tecnicamente e legalmente – l’isolamento del Paese dalla rete globale.

A partire dall’inizio del conflitto in Ucraina nel 2022, le misure sono state ulteriormente rafforzate: sono stati banditi social network occidentali come Facebook, Instagram e X (ex Twitter), mentre l’accesso a YouTube è stato rallentato attraverso tecniche di throttling. Parallelamente, è stata incoraggiata la migrazione degli utenti verso piattaforme locali, come VKontakte e RuTube, anche attraverso incentivi economici e vincoli tecnici.

Blackout localizzati

Nella sola prima metà di luglio 2025, si sono verificati oltre 2.500 blackout localizzati della rete mobile, un numero senza precedenti rispetto ai 654 registrati nell’intero mese di giugno. Le interruzioni vengono giustificate con esigenze di sicurezza, in particolare per contrastare l’impiego di droni ucraini in territorio russo. Tuttavia, tali interruzioni hanno l’effetto collaterale – o collaterale solo in apparenza – di ridurre ulteriormente l’accesso alle fonti informative esterne e rafforzare la dipendenza dai canali digitali ufficiali.

Il rafforzamento della sovranità digitale, anche nei suoi aspetti più restrittivi, viene giustificato dal governo russo come misura necessaria alla tutela della sicurezza nazionale. Questo approccio si basa sul presupposto che i servizi tecnologici di origine straniera costituiscano un rischio sistemico, in quanto potenzialmente soggetti a ingerenze di governi esterni o vulnerabilità non controllabili.

In tale prospettiva, lo sviluppo di piattaforme interne rappresenta non solo una misura di sicurezza cibernetica, ma anche uno strumento di rafforzamento dell’autonomia strategica. La possibilità di disporre di servizi di comunicazione interamente controllati a livello nazionale costituisce, infatti, una leva per consolidare la resilienza digitale del Paese.

I rischi

Tuttavia, le implicazioni di lungo periodo non sono trascurabili.

Il rischio principale risiede nella progressiva limitazione dell’accesso a fonti informative indipendenti, con un impatto diretto sulla qualità e pluralità del dibattito pubblico. La concentrazione del traffico digitale su piattaforme statali o para-statali comporta anche criticità in termini di sicurezza dei dati, trasparenza algoritmica e possibilità di censura preventiva.

In parallelo, il blocco selettivo di app, servizi cloud e strumenti di navigazione anonima costituisce un’ulteriore forma di controllo che riduce gli spazi di autonomia individuale nel contesto digitale. Complessivamente, la strategia digitale russa rappresenta un caso di studio emblematico dell’approccio “sovranista” alla cyber sicurezza.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati