Un vertice a sei, con Germania, Francia, Belgio, Olanda, Lussemburgo e Austria, seguito da un incontro faccia a faccia tra la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e la presidente del Consiglio italiana, Giorgia Meloni, aveva un unico scopo a proposito della crisi dell’automotive: ridimensionare il Green Deal europeo, revisionando al ribasso gli obiettivi sulle emissioni zero nel mercato Automotive, per concedere maggiore flessibilità al motore endotermico.
“Tuttavia, come emerge dal Piano Draghi sulla competitività, su cui l’Europa per altro è in ritardo, come ha ben spiegato lo stesso Mario Draghi invitato da von der Leyen a fare il punto sui progressi compiuti nell’attuare le raccomandazioni, ‘diluire’ il Green deal non significa governare la transizione, bensì perdere ancora in competitività“, commenta Luigi di Marco, membro della segreteria generale ASviS.
“Le batterie al litio dominano la nostra vita quotidiana da oltre quindici anni”, secondo Daniele Invernizzi, Presidente Fondazione eV-Now!: “ne abbiamo ovunque – negli smartphone, negli utensili, nei veicoli – e stanno progressivamente sostituendo il motore a combustione”.
Ecco cosa si è discusso al Consiglio europeo, cosa significa la revisione del Green deal, introducendo maggiore flessibilità nell’accordo che oggi vieta la vendita di auto con motore a combustione a partire dal 2035.
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Revisione Green deal nell’Automotive: le sfide
Il documento finale del Consiglio europeo cita la necessità di una “revisione” dei target, che i leader dell’Unione avrebbero accolto con favore.
“Mancava un piano per l’automotive, ed è stato fatto. Mancava la capacità di mettere assieme in maniera decisiva competitività con decarbonizzazione, e anche questo l’abbiamo fatto”, afferma di Marco: “Il problema è che l’industria automobilistica non è convinta che queste misure basteranno, evidentemente anche perché la Cina sta diventando un gigante del settore elettrico”.
Il mercato automobilistico europeo in effetti è fermo al palo. Registrano una crescita le auto elettriche (Bev) e ibride (Hev e le ibride plug-in o PHev), che guadagnano quota di mercato, mentre sono in calo le vendite di auto diesel e benzina. Quelle su cui invece punta il Green deal annacquato.
Ma la revisione dei target punta al ridimensionamento dei target che, entro il 2050, dovrebbero approdare alle emissioni zero, mentre le motorizzazioni a diesel e benzina sono in calo.
“Siamo nel cuore della terza rivoluzione industriale: l’elettrificazione”, sottolinea Daniele Invernizzi: “Dai robot domestici alle pompe di calore, dai piani a induzione al fotovoltaico con accumulo, tutto ruota intorno all’energia elettrica.
Eppure l’Europa, ancora frammentata, ascolta da decenni le sirene dell’industria Oil & Gas, che tenta di rallentare questo cambiamento per proteggere un settore vecchio di due secoli”.
Eppure “la pila voltaica e persino il nome dell’unità di misura della tensione, il Volt, nascono in Italia. Era un segno, e non solo simbolico: abbiamo nel Dna una straordinaria capacità ingegneristica nei temi dell’elettricità. Ma pochi lo sanno”, sottolinea Invernizzi, che presiede la prima realtà italiana a promuovere la mobilità elettrica in modo sistemico nel nostro Paese e che ha sede a Morterone, il comune più piccolo ma più elettrico d’Italia.
I dati di mercato
Il diesel ha registrato un calo drammatico del 40,2% delle vendite ad agosto, rispetto all’anno precedente. Intanto il governo Meloni sta per aumentare le tasse sul diesel (che, grazie alle accise, da gennaio 2026 diventerà perfino più caro della benzina, secondo Quattroruote).
“Se l’Europa non innova, perde competitività”, spiega Luigi di Marco: “Inoltre anche dal Piano Energetico Nazionale (PNIEC) emerge che si prevede in Italia un calo delle immatricolazione a favore di una mobilità sostenibile ed integrata”.
La revisione del Green deal
Nel frattempo, mentre il Consiglio europeo intende regalare tempo ai fossili (benzina e diesel), invece di innovare un settore in difficoltà, i cambiamenti climatici accelerano ed è la Cina a fare la parte del leone. A guadagnare terreno in Europa, non è solo Pechino, ma anche le auto statunitensi, mentre Bruxelles diventa accondiscendente con un sistema industriale europeo che, invece di mettere la quarta sull’innovazione, punta il dito contro il Green deal, giudicato penalizzante, e vuole riportare le lancette dell’orologio indietro. Ma “abbiamo solo perso tempo, i cambiamenti climatici causano danni sempre più gravi e costosi e il mercato automobilistico perde competitività”, avverte Luigi di Marco.
“Produrre batterie su scala industriale è complesso, richiede competenza, ricerca e visione: elementi che abbiamo colpevolmente trascurato”, mette in guardia Daniele Invernizzi: “Oggi ci tocca correre, stringere alleanze e recuperare terreno. Ma continuare a seguire un’industria destinata a cambiare pelle sarà il vero errore economico e strategico. Anche gli stanziamenti annunciati per controllare la filiera sono esigui rispetto a quelli globali, soffocando gli innovatori che ancora resistono in Europa”.
Le decisioni
Il Consiglio europeo afferma di attendere con interesse la proposta della Commissione sull’accelerazione della decarbonizzazione, ma non cita la proposta di mediazione che prevedeva il taglio delle emissioni del 90% entro il 2040. Il Consiglio d’Europa chiede però “come sostenere il raggiungimento dell’obiettivo climatico intermedio dell’Ue per il 2040”.
Si sarebbe infatti formata un’alleanza fra Italia e Germania, che si contrappone a una tra Francia e Spagna.
Eppure, “persino sul fronte delle materie prime, abbiamo guardato nella direzione sbagliata: per decenni a caccia di idrocarburi, mentre realtà come Larderello ci mostrano un sottosuolo ricco di litio ed energia geotermica”, avverte Daniele Invernizzi: “C’è speranza e proprio per noi italiani più che per altri Paesi europei. Perché nella generazione e trasmissione dell’energia siamo leader riconosciuti, invidiati nel mondo. Ma, come vuole la locuzione latina, ‘Nemo propheta in patria’”.
Il tema del riciclo
Sempre più importante è il tema del riciclo. “Proprio Ursula von der Leyen, nel suo ultimo discorso sullo Stato dell’Unione, ha affidato a Mario Draghi il compito di guidare la strategia europea per la nuova economia competitiva e sostenibile, citando il riciclo delle batterie e dei materiali critici come cardine dell’autonomia industriale dell’Europa”, ricorda Daniele Invernizzi.
“Un invito che riconosce implicitamente il modello italiano: siamo già leader europei nel riciclo delle batterie al litio e nella chimica del recupero. Con la mia fondazione, ho conosciuto e visitato piccole e grandi realtà della chimica e del riciclo italiane, che ci invidiano nel mondo: con loro possiamo scrivere la strada per tutta Europa”.
Il fattore Cina
La Cina non ha solo il monopolio delle terre rare, ma fa da padrone nel mercato delle batterie per l’elettrico e nel mercato delle auto elettrico.
Il settore automobilistico cinese deteneva circa il 5,7% del mercato elettrico europeo, nel giugno 2025, in forte aumento (+91% nel primo semestre dell’anno) rispetto al 3,3% del 2024.
Prezzi aggressivi (grazie agli incentivi governativi), tecnologie innovative (anche nello sviluppo delle batterie), design accattivante, maggiore integrazione verticale (per contenere i prezzi ed accelerare lo sviluppo
In Europa il mercato automobilistico è in crisi. “Prossimamente Stellantis potrebbe lanciare auto cinesi di LeapMotor, con cui il gruppo ha un accordo, sotto marchio Opel. Cose già successe in passato (proprio la Opel commerciava in Uk auto tedesche con marchio britannico), ma sarebbe la prima volta con le cinesi”, avverte Luigi di Marco.
Ma i dazi sulle auto cinesi, che dovevano servire solo a comprare tempo per innovare, hanno illuso i produttori auto europei di poter resistere.
Prospettive future
Secondo il Piano Draghi sulla competitività, l’Europa avrebbe dovuto governare e non subire la transizione ecologica ed energetica.
Ma, mentre la concorrenza corre, il rischio è quello di perdere ancora competitività, arrivando al 2050 con un parco auto obsoleto ed inquinante e un’industria automobilistica non competitiva con Usa e Cina.
Invece, Italia in testa, l’Europa deve accelerare sul Piano Draghi e sull’innovazione per non perdere il treno della competitività nel settore automotive, dove il futuro è ancora da scrivere, purché si faccia presto e non si perda tempo a guardare nello specchietto retrovisore.
“Lavorando in questa direzione, promuovendo progetti che uniscono ricerca, impresa e sostenibilità per creare una filiera nazionale del riciclo capace di restituire valore e materie prime al Paese”, conclude Daniele Invernizzi.








