transizione ecologica

Fit for 55: obiettivi climatici Ue schiacciati dai costi



Indirizzo copiato

A cinque anni dal Fit for 55, i dati della Zero Carbon Policy Agenda mostrano un divario crescente: costi elevati, riduzioni lente e target 2030 fuori portata. L’ETS resta lo strumento più efficiente, ma servono neutralità tecnologica e geografica per ridurre l’euro/ton evitata

Pubblicato il 11 nov 2025

Andrea Ronchi

Carbon Markets | AI & Data Science for Sustainability | Founder @ CO2 Advisor



I rischi di un’'nterruzione dell'Amoc: l'impatto dei cambiamenti climatici sulla corrente del Golfo e del suo eventuale blocco fit for 55

Il Fit for 55, pacchetto di misure europee per ridurre le emissioni del 55% entro il 2030, è oggi al centro di un dibattito sempre più urgente sulla sua effettiva sostenibilità economica e operativa.

Una transizione sotto esame: i dati della Zero Carbon Policy Agenda

A cinque anni dalla definizione del pacchetto e a poco più di un decennio dal Green Deal, l’Unione Europea si trova di fronte a una sfida sempre più complessa: mantenere il passo con i propri obiettivi climatici.

La nuova Zero Carbon Policy Agenda 2025, presentata al Politecnico di Milano dall’Energy & Strategy Group, con CO₂ Advisor come partner e contributor, fotografa una situazione in cui la traiettoria attuale non appare più coerente con i target al 2030.

Il conto della decarbonizzazione è oggi insostenibile. Servono neutralità tecnologica e geografica, e strumenti di mercato per salvaguardare competitività e risultati climatici.

Il conto salato della CO₂: oltre 11.000 euro per tonnellata evitata

L’Italia destina ogni anno tra 100 e 127 miliardi di euro agli interventi di decarbonizzazione, ma le emissioni si riducono di appena 10–12 milioni di tonnellate di CO₂ equivalente, meno della metà di quanto necessario per rispettare il Fit for 55. Secondo una rielaborazione di CO₂ Advisor sui dati del Politecnico, il costo effettivo della riduzione è superiore a 11.000 euro per tonnellata di CO₂ evitata.

Per colmare il divario e centrare i target al 2030, sarebbero necessari 1.170 miliardi di euro nei prossimi cinque anni: un impegno economico paragonabile a venticinque anni di spesa pubblica nazionale per investimenti. Numeri che impongono una riflessione: l’attuale configurazione delle politiche climatiche non garantisce un rapporto proporzionato tra risorse impiegate e risultati ottenuti.

Troppe norme, poca efficacia: il labirinto regolatorio europeo

L’analisi della Zero Carbon Policy Agenda mette in luce una delle cause principali di questa inefficienza: la sovrapposizione di normative e strumenti europei. Tra ETS, CBAM, RED III, Effort Sharing e PNRR, l’architettura regolatoria si è fatta progressivamente complessa, generando un sistema di policy difficile da coordinare.

Questa stratificazione normativa ha prodotto un effetto paradossale: più regole, ma meno efficacia. I tempi autorizzativi si allungano, le risorse vengono distribuite su troppi canali e gli incentivi spesso non si allineano con i settori o le tecnologie più efficienti. Il risultato è una transizione disomogenea, che fatica a incidere in modo strutturale sulla riduzione delle emissioni, mentre aumenta il costo medio di ogni tonnellata evitata.

L’ETS funziona, ma rischia di diventare una tassa

Nel quadro generale, l’unico meccanismo che mostra una coerenza con gli obiettivi climatici è l’Emission Trading System (ETS). Quando opera come autentico mercato cap & trade, l’ETS garantisce un segnale di prezzo efficace e una riduzione delle emissioni a costi contenuti — inferiori a 80 €/tCO₂, secondo lo studio.

Negli ultimi anni, tuttavia, l’ETS si è progressivamente spostato verso una logica fiscale: con la crescita delle aste e la riduzione delle quote gratuite, il sistema rischia di perdere il proprio carattere di mercato. L’estensione dell’ETS2 ai carburanti e agli edifici, se non accompagnata da adeguati meccanismi di compensazione, potrebbe tradursi in un aumento dei costi energetici per famiglie e imprese. Un’evoluzione che, pur rispondendo a esigenze di bilancio pubblico, rischia di indebolire il principale strumento europeo di riduzione efficiente della CO₂.

Neutralità tecnologica e geografica: competere sul costo della CO₂

Dallo studio emerge un principio cardine: la necessità di recuperare neutralità tecnologica e geografica nelle politiche climatiche. Tutte le tecnologie — dalle rinnovabili alla cattura e stoccaggio del carbonio, fino alla riforestazione — dovrebbero poter competere sulla base di un unico parametro: il costo per tonnellata di CO₂ realmente evitata o rimossa.

In parallelo, la neutralità geografica prevista dall’Articolo 6 dell’Accordo di Parigi apre la possibilità di integrare i crediti di CO₂ regolati, europei ed extra-UE, nei sistemi di compliance. Ciò consentirebbe di ridurre le emissioni dove i costi sono minori, mantenendo la stessa integrità climatica complessiva.

Come sottolinea CO₂ Advisor, l’obiettivo deve essere “acquistare tempo climatico” al costo più basso possibile, mentre si costruisce la nuova industria Net-Zero europea.

Misurare i risultati reali: ogni euro deve contare

L’indicazione principale che emerge dallo studio è la necessità di misurare l’efficacia reale della spesa pubblica e privata in termini di CO₂ evitata o rimossa. Ogni intervento dovrebbe essere valutato ex-ante e monitorato ex-post sulla base di un indicatore unico: euro per tonnellata di CO₂ ridotta.

Questo approccio permetterebbe di selezionare e rafforzare le misure più efficienti, evitando la dispersione di risorse in progetti poco impattanti. Come osserva Andrea Ronchi, “la CO₂ deve essere trattata come una risorsa scarsa: ha un valore, e ogni euro speso in modo inefficiente ci allontana dal traguardo.”

Dalla quantità delle regole alla qualità dei risultati

Il Fit for 55 rappresenta una delle iniziative più ambiziose della politica climatica europea. Tuttavia, i dati della Zero Carbon Policy Agenda 2025 suggeriscono che gli obiettivi fissati al 2030 non sono più realistici senza una revisione sostanziale degli strumenti. Una transizione efficace richiede meno complessità normativa e maggiore coerenza tra le politiche industriali, fiscali ed energetiche. In altre parole, un sistema che premi la riduzione delle emissioni a costo unitario più basso, invece di frammentare le risorse in una molteplicità di programmi disallineati.

La transizione climatica rimane un obiettivo imprescindibile, ma la sua riuscita passa da un cambio di metodo: dalla quantità delle regole alla qualità dei risultati. Solo così l’Europa potrà coniugare ambizione ambientale e sostenibilità economica, rafforzando la propria leadership nella sfida globale al cambiamento climatico.

guest

0 Commenti
Più recenti
Più votati
Inline Feedback
Vedi tutti i commenti

Articoli correlati