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Idrogeno verde, che cos’è e come aiuta la transizione energetica



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L’idrogeno verde non è solo una tecnologia emergente, ma una nuova architettura energetica: unisce rinnovabili, industria e mobilità in un unico ecosistema sostenibile. Ecco cos’è, come si produce, perché è considerato la risorsa del futuro

Pubblicato il 10 nov 2025

Mirella Castigli

ScenariDigitali.info



Idrogeno verde, che cos'è e come aiuta la transizione energetica

L’idrogeno verde è una forma di idrogeno prodotta in modo sostenibile, cioè senza produrre emissioni di anidride carbonica, ma non è solo una tecnologia emergente. Soprattutto rappresenta una nuova architettura energetica, in grado di unire rinnovabili, industria e mobilità in un unico ecosistema sostenibile.

L’idrogeno è spesso considerato la chiave di volta della transizione energetica. Può essere prodotto con diversi metodi a basse emissioni e potrebbe svolgere un ruolo importante nella decarbonizzazione di settori che vanno dall’agricoltura e dall’industria chimica all’aviazione e al trasporto marittimo a lunga distanza.

Nonostante il suo potenziale, tiuttavia, l’idrogeno verde oggi è ancora costoso, per via del prezzo elevato dell’elettricità rinnovabile e dei costi degli elettrolizzatori, e rimane limitato su scala industriale, a causa delle infrastrutture di produzione e distribuzione ancora in sviluppo.

Tuttavia, l’Unione Europea e molti Paesi (tra cui l’Italia) stanno investendo ingenti risorse per ridurre i costi e aumentare la capacità produttiva, puntando sull’idrogeno verde come vettore chiave per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, anche se secondo un nuovo rapporto dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie), secondo numerosi progetti importanti rischiano di essere cancellati o subire ritardi, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa.

Ecco cos’è, come si produce, perché è considerato la risorsa del futuro e quale ruolo svolge nei settori hard-to-abate, quali sono le criticità e quali sfide comporta.

Cos’è l’idrogeno verde e come si differenzia dagli altri colori

L’idrogeno verde è una forma di idrogeno prodotta in modo sostenibile, cioè senza emissioni di CO₂, attraverso un processo chiamato elettrolisi dell’acqua.
Considerato uno dei pilastri della transizione energetica, può decarbonizzare i settori hard-to-abate, cioè quelli difficili da elettrificare (come acciaierie, cementifici, trasporti pesanti e marittimi), essere utilizzato per immagazzinare energia rinnovabile in eccesso, contribuendo alla stabilità delle reti elettriche, sostituire l’idrogeno “grigio”, prodotto oggi quasi esclusivamente da gas naturale, che comporta elevate emissioni di CO₂.

Si utilizza l’elettricità (proveniente da fonti rinnovabili come solare, eolico o idroelettrico) per scomporre le molecole d’acqua (H₂O) in idrogeno (H₂) e ossigeno (O₂). Poiché l’elettricità impiegata è “pulita”, anche l’idrogeno generato lo è. Da questo processo green, ecologico deriva il termine verde.

Tipologie di idrogeno: le differenze dagli altri colori

Perché l’idrogeno possa essere definito verde, l’elettricità usata deve provenire da fonti rinnovabili: eolico, solare, idroelettrico o geotermico.
In questo modo l’intero ciclo di produzione non genera emissioni dirette di CO₂.
Al contrario, se l’elettricità provenisse da fonti fossili, l’idrogeno prodotto non sarebbe “verde”, ma “grigio” o “blu”.

Se l’idrogeno verde vanta una produzione sostenibile, quello giallo (un colore relativamente nuovo) si riferisce all’idrogeno prodotto tramite energia solare. Quello bianco è un “idrogeno geologico”, presente in natura, in depositi sotterranei e realizzato mediante frantumazione, ma ancora non sono state scoperte le strategie per sfruttarlo.

L’idrogeno può essere grigio (ottenuto dal metano tramite reforming, ma con rilascio di CO₂ in atmosfera), blu (simile al grigio, ma con sistemi di cattura e stoccaggio della CO₂ o CCS), verde (prodotto tramite elettrolisi con energie rinnovabili, a zero emissioni dirette).

Quello generato con energia nucleare viene chiamato idrogeno rosa o viola. Il nucleare non emette anidride carbonica, ma ha un impatto ambientale più alto delle rinnovabili (anche se l’importante è decarbonizzare per combattere i cambiamenti climatici).

Quello nero/marrone, invece, derivante dall’impiego del carbone nero o lignite, è il più dannoso per l’ambiente. Infine quello turchese (il colore più recente), ottenuto grazie alla pirolisi del metano, non ha ancora dimostrato una produzione di idrogeno (e carbonio solido) su larga scala.

La produzione, un processo a zero emissioni

La produzione dell’idrogeno verde è un processo considerato a zero emissioni di CO, perché utilizza energia rinnovabile per separare l’idrogeno dall’acqua, senza ricorrere a combustibili fossili.

L’idrogeno verde si ottiene tramite un procedimento chiamato elettrolisi, che consiste nel far passare una corrente elettrica attraverso l’acqua (H₂O) per scomporla nei suoi due elementi:

  • idrogeno (H₂), che si raccoglie come gas;
  • ossigeno (O₂), che si rilascia nell’atmosfera o si riutilizza in altri processi industriali.

L’apparecchiatura che realizza questo processo si chiama elettrolizzatore. Esistono diverse tecnologie di elettrolizzatori – alcalini, Pem (a membrana a scambio protonico) e a ossidi solidi per esempio -, ognuna con caratteristiche e rendimenti differenti.

Il ciclo dell’idrogeno verde è “pulito” ovvero a zero emissioni per due motivi principali: l’energia necessaria deriva da solare o eolico (senza combustione di gas o carbone) e vede come sottoprodotto solo ossigeno, senza generare scarti inquinanti o gas serra.

Inoltre, l’idrogeno prodotto può essere utilizzato come combustibile in celle a combustibile (fuel cell), restituendo acqua come unico residuo. Ciò chiude un ciclo completamente sostenibile: acqua → idrogeno → energia → acqua.

Perché è considerato la risorsa del futuro

L’idrogeno verde è considerato la risorsa energetica del futuro perché rappresenta uno dei pochi strumenti in grado di decarbonizzare settori industriali e di trasporto difficili da elettrificare, contribuendo al tempo stesso alla stabilità delle reti energetiche e alla sicurezza dell’approvvigionamento. La sua adattabilità lo rende una risorsa strategica per una transizione energetica sistemica.

Si considera la risorsa del futuro perché può rendere sostenibile ciò che oggi non lo è, integrare le fonti rinnovabili e rafforzare l’indipendenza energetica dei Paesi.

È, di fatto, il ponte tra l’energia pulita e l’economia a zero emissioni, pe vari motivi.
Inanzitutto non produce CO₂ né durante la produzione né durante l’uso (decarbonizzazione profonda, quando alimenta una cella a combustibile, rilascia solo vapore acqueo).

In secondo luogo è anche un vettore di stoccaggio. Consente infatti di immagazzinare l’energia prodotta in eccesso da fonti rinnovabili (come il solare o l’eolico) e di riutilizzarla quando serve, trasformandosi così in una “batteria molecolare”. L’equilibrio tra produzione e consumo è cruciale per un sistema energetico basato su fonti intermittenti.

Può essere la risorsa del futuro per la versatilità d’impiego. Infatti può essere usato per alimentare mezzi di trasporto pesanti (camion, treni, navi, aerei), per fornire calore industriale ad alta temperatura, per produrre elettricità in combinazione con celle a combustibile, per creare combustibili sintetici (come eFuels o ammoniaca verde).

Altri fattori in gioco

L’idrogeno verde può essere prodotto localmente, riducendo la dipendenza da gas e petrolio importati. Inoltre, la crescita della filiera dell’idrogeno (elettrolizzatori, infrastrutture, logistica, applicazioni industriali) sta creando nuove opportunità economiche, posti di lavoro qualificati e innovazione tecnologica.

Idrogeno verde, pilastro del Green Deal

La Commissione Europea considera infine l’idrogeno verde un pilastro del Green Deal e ha fissato obiettivi ambiziosi: 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile prodotto nell’UE entro il 2030; altri 10 milioni importati da Paesi partner come parte del piano REPowerEU (nuovi paradigmi di produzione, fornitura e consumo energetico per uperare la crisi energetica); incentivi e fondi per impianti di elettrolisi, hub industriali e Hydrogen Valleys.

La Commissione Europea ha in particolare inserito l’idrogeno verde al centro della propria Hydrogen Strategy for a Climate-Neutral Europe, con obiettivi chiari:
installare 40 GW di elettrolizzatori entro il 2030; produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile in Europa; promuovere “Hydrogen Valleys”, distretti industriali dove produzione e utilizzo dell’idrogeno avvengono localmente. Un tassello che sarebbe strategico per la transizione energetica dell’Italia, ma alcuni ostacoli ne frenano lo sviluppo.

Il ruolo dell’idrogeno verde nella transizione energetica

Il ruolo dell’idrogeno verde nella transizione energetica è quello di ponte strategico tra le energie rinnovabili e un’economia completamente decarbonizzata.

È il vettore energetico che consente di superare i limiti dell’elettrificazione diretta e di ridurre le emissioni nei settori industriali e nei trasporti dove oggi non esistono alternative pulite altrettanto efficaci.

L’idrogeno verde non è solo un combustibile, ma un abilitatore sistemico della transizione energetica.
Contribuisce a decarbonizzare i settori più complessi, rendere flessibili le reti rinnovabili, favorire la sovranità energetica, creare nuove opportunità economiche e tecnologiche.

In una prospettiva net zero, l’idrogeno verde rappresenta la chiave per completare il puzzle della transizione energetica globale,
decarbonizzazndo i settori difficili da elettrificare (non solo i
comparti industriali (che richiedono calore ad altissime temperature o impiegano idrogeno grigio come materia prima) o i trasporti pesanti, come camion, treni non elettrificati, navi e aerei, dove le batterie non sono ancora una soluzione praticabile.

L’idrogeno verde è anche una riserva di energia. Funge da accumulatore e stabilizzatore del sistema elettrico, permettendo di immagazzinare l’elettricità prodotta in eccesso da fonti rinnovabili (per esempio nei momenti di forte vento o sole) e di rilasciarla quando serve, convertendola di nuovo in elettricità tramite celle a combustibile. In questo modo, contribuisce a bilanciare la rete elettrica, rendendo il sistema più flessibile e sicuro.
L’idrogeno verde può inoltre alimentare un intero ecosistema di tecnologie pulite, diventando un pilastro della nuova economia circolare dell’energia:

  • eFuels per il trasporto aereo e marittimo;
  • ammoniaca verde per la produzione agricola sostenibile;
  • metalli e materiali low carbon;
  • centrali elettriche ibride che usano idrogeno in sostituzione del gas naturale.
    In questo modo diventa un abilitatore della decarbonizzazione a 360 gradi.

Indipendenza energetica e Green deal

Producendo idrogeno verde a partire da risorse rinnovabili locali, i Paesi possono ridurre la dipendenza dalle importazioni di combustibili fossili e stimolare nuove filiere industriali.
La crescita di questa economia richiede infatti la costruzione di elettrolizzatori, impianti, infrastrutture di trasporto e stoccaggio, con ricadute occupazionali e tecnologiche significative.

La Commissione Europea ha inserito l’idrogeno verde come pilastro del Green Deal.

Anche l’Italia, attraverso il PNRR e il Piano Nazionale Idrogeno, sta finanziando progetti per favorire la produzione e l’uso nei trasporti pubblici, nei porti e nei poli industriali.

Le Hydrogen Valley (Porto di Rotterdam nei Paesi Bassi, H2Green Steel in Svezia e il progetto da 8 miliardi di dollari a Neom in Arabia Saudita) sono ecosistemi in cui impianti fotovoltaici, eolici ed elettrolizzatori convivono nello stesso distretto industriale.
L’energia rinnovabile alimenta la produzione di idrogeno, che viene poi utilizzato localmente per alimentare fabbriche, mezzi di trasporto e reti di teleriscaldamento. È un modello di economia circolare dell’energia, in cui nulla si spreca e tutto si rigenera.

La soluzione per i settori hard-to-abate

L’idrogeno verde mostra tutto il suo potenziale proprio nei ettori hard-to-abate (difficili da elettrificare), dove può essere una delle soluzioni più efficaci per decarbonizzarlie, ma non è (ancora) la soluzione unica o definitiva.

Con questa espressione si indicano i comparti industriali ad alta intensità energetica o con processi produttivi difficili da elettrificare, dove le emissioni di CO₂ sono strutturalmente elevate. Sono acciaierie e metallurgia,

cementifici, raffinerie e chimica pesante, trasporti pesanti, marittimi e aerei.

In questi settori, le tecnologie a batteria o l’elettrificazione diretta non sono tecnicamente o economicamente sostenibili.
L’idrogeno verde può sostituire i combustibili fossili e l’idrogeno “grigio” (prodotto dal gas naturale) nei processi industriali, offrendo energia e calore senza emissioni dirette.
Alcuni esempi concreti sono l’acciaio verde (progetti pilota come Hybrit in Svezia e H2 Green Steel stanno già producendo acciaio low carbon); raffinazione e chimica (idrogeno rinnovabile per produrre ammoniaca verde, metanolo e carburanti sintetici), trasporti pesanti (celle a combustibile a idrogeno per camion, treni non elettrificati e navi, dove le batterie risultano troppo pesanti o con autonomia insufficiente).

Si adatta a questi settori perché fornisce energia ad alta densità, più concentrata rispetto alle batterie, perché può essere stoccato e trasportato come un gas o liquido, garantendo continuità operativa. Permette infine di decarbonizzare i processi industriali a caldo, dove servono temperature superiori ai 1000 °C.

L’idrogeno verde è oggi la leva tecnologica più promettente per ridurre le emissioni nei settori hard-to-abate. Ma non è ancora competitivo su larga scala (costo elevato dell’elettricità rinnovabile e degli elettrolizzatori, infrastrutture insufficienti per trasporto e stoccaggio, scarsa disponibilità di energia rinnovabile dedicata ai processi industriali, necessità di standard ed incentivi per garantire la tracciabilità “verde” dell’idrogeno).

L’efficacia dell’idrogeno verde come motore della decarbonizzazione profonda dipenderà dalla scalabilità industriale, dai costi competitivi e dalle politiche di sostegno stabili e coordinate.

Come l’idrogeno verde può integrare le energie rinnovabili

L’idrogeno verde gioca un ruolo cruciale come alleato e complemento delle energie rinnovabili, perché permette di superare il problema della loro intermittenza e di trasformare l’elettricità in una forma di energia immagazzinabile e versatile.

L’idrogeno verde permette di integrare, stabilizzare e valorizzare le energie rinnovabili. Agisce da ponte tra la produzione elettrica e gli usi energetici più complessi, trasformando l’energia pulita in una forma flessibile, immagazzinabile e a zero emissioni.

Consente alle rinnovabili di passare da una produzione intermittente a un sistema energetico davvero continuo, resiliente e sostenibile:

  • dalla produzione intermittente (solare ed eolico) allo stoccaggio stabile: quando la produzione rinnovabile supera la domanda, l’elettricità in eccesso viene usata per alimentare gli elettrolizzatori, che scindono l’acqua in idrogeno e ossigeno. L’idrogeno ottenuto può poi essere immagazzinato per settimane o mesi, senza dispersione;
  • l’idrogeno verde può essere visto come una batteria chimica su larga scala o “serbatoio molecolare” di energia rinnovabile: immagazzina l’energia rinnovabile prodotta in eccesso e restituisce quando serve, convertendosi di nuovo in elettricità tramite celle a combustibile o turbine a gas alimentate a idrogeno. L’equilibrio tra produzione e consumo stabilizza la rete elettrica e favorisce un uso ottimale delle rinnovabili;
  • abilitatore della decarbonizzazione sistemica: integrando le rinnovabili, l’idrogeno verde: evita sprechi energetici (riducendo i casi di “curtailment” cioè la disconnessione di impianti eolici o fotovoltaici quando la rete è satura); sostiene la produzione continua di energia pulita ed estende l’uso delle rinnovabili.

Sotto questo profilo, l’idrogeno non è solo un prodotto delle rinnovabili, ma un moltiplicatore della loro efficacia.

L’idrogeno come carburante per la mobilità sostenibile

L’idrogeno è sempre più considerato un carburante chiave per la mobilità sostenibile, soprattutto nei trasporti pesanti e a lunga percorrenza, dove le batterie elettriche incontrano limiti di autonomia, peso e tempi di ricarica.

Soluzione concreta e scalabile per la mobilità sostenibile, soprattutto dove le batterie non bastano, non sostituisce l’elettrico, ma lo completa: è la chiave per decarbonizzare i trasporti più energivori e rendere la mobilità davvero a zero emissioni.

L’idrogeno non alimenta direttamente un motore a combustione, ma viene convertito in elettricità all’interno di una cella a combustibile (fuel cell).
L’idrogeno (H₂) reagisce con l’ossigeno (O₂) dell’aria, quindi si genera elettricità per alimentare il motore elettrico, il solo prodotto di scarto è vapore acqueo.

Si ottiene quindi un veicolo a zero emissioni, silenzioso e con prestazioni comparabili a quelle di un’auto tradizionale.

L’idrogeno è particolarmente efficace nei segmenti hard-to-electrify:

  • trasporto pesante su gomma (camion e autobus);
  • ferroviario non elettrificato, già in uso in Germania, Francia e Italia;
  • marittimo (uso di ammoniaca verde come derivato dell’idrogeno);
  • aviazione, con progetti sperimentali di Airbus e ZeroAvia per aerei a celle a combustibile.

Le principali barriere oggi sono:

  • costo elevato dell’idrogeno verde, ancora superiore ai carburanti fossili;
  • scarsa diffusione delle stazioni di rifornimento: in Italia sono attive meno di 10 stazioni operative, contro le oltre 100 della Germania;
  • standardizzazione e sicurezza del trasporto.

Tuttavia, grazie ai piani nazionali per la mobilità a idrogeno e ai fondi europei del PNRR, sono previsti investimenti per creare Hydrogen Refueling Stations lungo i principali corridoi TEN-T (rete europea dei trasporti).

Le sfide e le opportunità dell’idrogeno verde

Le sfide – costi, infrastrutture e normative – sono reali, ma le opportunità di decarbonizzazione, sviluppo industriale e autonomia energetica lo rendono un investimento strategico per il futuro.

Ostacoli significativi sono costi elevati di produzione e infrastruttura, scarsa disponibilità di energia rinnovabile dedicata e necessità di reti e logistica su scala continentale.

La produzione di idrogeno verde è ancora più costosa rispetto a quella,
limitata dalla disponibilità di energia rinnovabile, dell’idrogeno grigio,
condizionata dai costi degli elettrolizzatori e dalle infrastrutture di distribuzione.

Secondo la Commissione europea, oggi il costo medio è tra 4 e 6 euro/kg, mentre l’idrogeno da gas naturale costa circa 1,5 €/kg. L’obiettivo è scendere sotto i 2 €/kg entro il 2030.

Il rischio di competizione tra produzione di idrogeno e fabbisogni elettrici tradizionali rallenta la decarbonizzazione complessiva.

Mancano reti di trasporto, stoccaggio e distribuzione dedicate. L’idrogeno ha una densità energetica bassa per volume e richiede compressione o liquefazione, processi che comportano costi energetici aggiuntivi e nuove infrastrutture (tubazioni, serbatoi, stazioni di rifornimento).

Il ciclo di produzione, stoccaggio e riutilizzo dell’idrogeno non è ancora molto efficiente: si perdono tra 30% e 40% dell’energia originaria. Migliorare l’efficienza degli elettrolizzatori e delle celle a combustibile è una priorità.

Serve inoltre un quadro normativo chiaro per definire cosa sia “idrogeno verde”, garantire la tracciabilità della produzione e incentivare gli investimenti.
L’UE ha avviato schemi di certificazione europea (CertifHy) per distinguere l’idrogeno rinnovabile da quello “low carbon”.

Tuttavia, le strategie europee e nazionali puntano a ridurre questi limiti: il Green Deal europeo e la Hydrogen Strategy for a Climate-Neutral Europe fissano obiettivi ambiziosi di elettrolizzatori installati e produzione su larga scala entro il 2030.

Le grandi opportunità consistono nell’innovazione tecnologica, nella decarbonizzazione dei settori hard-to-abate, nell’integrazione con le energie rinnovabili, nello siluppo industriale e occupazione, in una nuova geopolitica dell’energia pulita.
Nord Africa, Medio Oriente, America Latina, Australia stanno infatti stringendo accordi di esportazione con l’Europa e l’Asia.
La ricerca sta accelerando lo sviluppo di elettrolizzatori ad alta efficienza (PEM, SOEC, AEM), s istemi di stoccaggio avanzati, celle a combustibile per trasporti e industria e Hydrogen Valley.

Le criticità finanziarie e tecnologiche

Le problematiche finanziarie e tecnologiche legate allo sviluppo dell’idrogeno verde rappresentano oggi il principale ostacolo alla sua diffusione su larga scala. Pur essendo una tecnologia matura nei principi, deve ancora diventare competitiva, efficiente e sostenibile nei costi per imporsi nel mercato energetico globale.

Le criticità dell’idrogeno verde sono finanziarie, perché servono ingenti investimenti e un mercato ancora fragile, e tecnologiche, perché occorre migliorare efficienza, durata e infrastrutture.

Produrre idrogeno verde costa oggi oltre il doppio rispetto all’idrogeno grigio. La causa principale è il prezzo elevato dell’elettricità rinnovabile e il costo degli elettrolizzatori, che incidono fino al 70% del totale. Capex (investimenti di capitale) molto alti e mancanza di una domanda stabile rendono gli investimenti iniziali elevati.

Altra criticità sono la mancanza di incentivi stabili e di un mercato regolato.
Senza un quadro normativo chiaro e duraturo, è difficile attirare investitori privati e istituzionali. Inoltre, l’assenza di standard di certificazione e tracciabilità dell’idrogeno verde crea incertezza sul valore di mercato del prodotto.

La competizione con altri usi delle rinnovabili può generare conflitti di allocazione e ridurre la redditività dei progetti di elettrolisi.

Le criticità tecnologiche dipendono dall’efficienza degli elettrolizzatori (con
rendimento medio tra 60% e 70%), dallo stoccaggio e trasporto complessi (l’idrogeno è una molecola molto leggera: per essere trasportato deve essere compresso a 700 bar o liquefatto a -253 °C; la conversione in ammoniaca o metanolo comporta perdite energetiche e costi aggiuntivi) e scarsità di reti di distribuzione dedicate e stazioni di rifornimento.

Problemi di approvvigionamento di metalli rari e costosi (come platino, iridio e nichel) e di sostenibilità (la vita utile degli elettrolizzatori è ancora limitata a 10-15 anni) sono altri ostacoli.

L’importanza delle politiche e delle normative a supporto

Senza un quadro politico e normativo solido, l’idrogeno verde non può diventare un pilastro della transizione energetica.

Le politiche pubbliche servono a ridurre il rischio economico, coordinare gli investimenti, creare un mercato trasparente e accelerare l’innovazione tecnologica.

In altre parole, la tecnologia da sola non basta: è l’azione combinata di governi, imprese e istituzioni europee che trasformerà l’idrogeno verde da promessa a realtà industriale.

Occorre creare un mercato stabile e competitivo (contratti per differenza o CfD, sussidi alla produzione e riduzione delle tasse, aste dedicate) per rendere il mercato dell’idrogeno rinnovabile competitivo.

Inoltre è necessario definire standard e certificazioni (con sistemi di certificazione e tracciabilità ed accordi internazionali) per evitare il greenwashing.

Le istituzioni possono accelerare l’innovazione finanziando la ricerca su elettrolizzatori più efficienti e materiali alternativi, impianti dimostrativi e Hydrogen Valley, reti di trasporto e stoccaggio dedicate.

Le prospettive future e i progetti in Italia e nel mondo

Le prospettive future dell’idrogeno verde sono molto promettenti: la tecnologia è ormai riconosciuta come uno dei pilastri della transizione energetica globale, e nei prossimi dieci anni si prevede una crescita esponenziale di investimenti, progetti e infrastrutture. Tuttavia, la velocità di sviluppo dipenderà da politiche di sostegno stabili, riduzione dei costi e integrazione con le energie rinnovabili.

Secondo l’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), nel mondo sono in pipeline oltre 1.400 progetti legati all’idrogeno verde, con investimenti potenziali superiori a 570 miliardi di dollari entro il 2030.Le aree più attive sono:

  • Europa, con l’obiettivo di installare 40 GW di elettrolizzatori e produrre 10 milioni di tonnellate di idrogeno rinnovabile entro il 2030;
  • Stati Uniti, grazie agli incentivi dell’Inflation Reduction Act (IRA), che riconosce crediti d’imposta fino a 3 dollari/kg di idrogeno verde;
  • Asia-Pacifico, con Cina, Giappone, Corea del Sud e Australia impegnate a creare hub di produzione e export verso i mercati globali;
  • Medio Oriente e Nord Africa, che puntano a sfruttare l’abbondanza di energia solare per esportare idrogeno e ammoniaca verde verso l’Europa.

In Italia, il PNRR destina oltre 3,6 miliardi di euro a progetti su produzione, distribuzione e sperimentazione dell’idrogeno nei trasporti e nei poli industriali.

L’obiettivo tricolore è:

  • sperimentare la produzione nei siti industriali dismessi;
  • favorire l’uso nei trasporti pubblici (in particolare bus e treni a idrogeno);
  • realizzare stazioni di rifornimento lungo i corridoi TEN-T;
  • creare Hydrogen Valley regionali, in sinergia con le aziende energetiche (Hydrogen Valley della Puglia: Enel Green Power, FNM, Edison; Hydrogen Valley di Civitavecchia: Enel – NextChem; progetti in Sardegna, Lombardia e Friuli Venezia Giulia).

L’Italia è tra i Paesi europei pionieri nel trasporto ferroviario a idrogeno:

  • Alstom ha avviato la sperimentazione dei treni Coradia iLint in Valcamonica e in altre tratte non elettrificate;
  • Sono previsti oltre 40 mezzi a idrogeno entro il 2026.
    Anche FNM e SNAM collaborano per creare una filiera integrata mobilità + produzione + distribuzione.

Previsioni, fra promesse, aspettive deluse e la dura realtà

Le innovazioni in corso promettono di abbattere i costi di produzione del 50% entro il 2030. Le previsioni inoltre convergono su un punto: entro il 2050, l’idrogeno verde potrebbe coprire il 15-20% della domanda energetica mondiale.
Diventerà un vettore energetico globale, utile non solo per decarbonizzare industria e trasporti, ma anche per stabilizzare le reti elettriche e favorire l’indipendenza energetica.

L’idrogeno verde, se supererà le attuali problematiche, ha un futuro.

Tuttavia oggi numerosi progetti importanti rischiano di essere cancellati o subire ritardi, soprattutto negli Stati Uniti e in Europa. Gli Stati Uniti, in particolare, stanno registrando un rallentamento a seguito delle modifiche apportate ai crediti d’imposta chiave e dei tagli agli incentivi per le energie rinnovabili. Tuttavia, ci sono segnali positivi per il settore, anche in Cina, e nuovi mercati potrebbero presto diventare fondamentali per la crescita.

A partire dal 2025, ogni anno verranno prodotte circa un milione di tonnellate metriche di idrogeno a basse emissioni. Si tratta di meno dell’1% della produzione totale di idrogeno.Nel Global Hydrogen Report dello scorso anno, l’AIE ha previsto che la produzione globale di idrogeno a basse emissioni crescerà fino a raggiungere i 49 milioni di tonnellate metriche all’anno entro il 2030. Questa previsione è in costante aumento dal 2021, poiché sempre più paesi in tutto il mondo investono denaro nello sviluppo e nel potenziamento di questa tecnologia.

Nell’edizione del 2025, tuttavia, le previsioni di produzione dell’AIE erano scese a 37 milioni di tonnellate metriche all’anno entro il 2030.
Si tratta comunque di un aumento significativo rispetto ai dati odierni, ma è la prima volta che l’agenzia riduce le sue previsioni per la fine del decennio. Il rapporto citava come motivi del calo la cancellazione di entrambi i progetti di elettrolisi (quelli che utilizzano l’elettricità per generare idrogeno) e di cattura del carbonio. I progetti cancellati e rinviati includevano siti in Africa, nelle Americhe, in Europa e in Australia.

Il ruolo della Cina

La Cina domina oggi la produzione e potrebbe produrre idrogeno verde a prezzi competitivi entro la fine del decennio.
Per quanto riguarda i progetti di elettrolisi, secondo il nuovo rapporto dell’AIE, la Cina è la forza trainante nella produzione e nello sviluppo di elettrolizzatori, i dispositivi che utilizzano l’elettricità per generare idrogeno verde. A luglio 2025, il Paese rappresentava il 65% della capacità installata o quasi installata di elettrolizzatori nel mondo. Inoltre, produce quasi il 60% degli elettrolizzatori mondiali.

Uno dei principali ostacoli all’idrogeno pulito oggi è che i metodi inquinanti basati sui combustibili fossili sono molto più economici di quelli più puliti.
Ma la Cina sta compiendo progressi significativi per colmare questo divario. Attualmente, produrre e installare un elettrolizzatore in qualsiasi altra parte del mondo costa circa tre volte di più che in Cina. Secondo il rapporto dell’AIE, entro la fine del decennio il Paese potrebbe produrre idrogeno verde a un costo competitivo rispetto all’idrogeno fossile. Ciò potrebbe rendere questo combustibile una scelta ovvia sia per gli usi nuovi che per quelli esistenti dell’idrogeno.

Sud-est asiatico, attore emergente

Il Sud-Est asiatico potrebbe diventare un importante mercato emergente per l’idrogeno a basse emissioni.
Una regione che potrebbe diventare un attore di primo piano nel mercato dell’idrogeno verde è il Sud-Est asiatico. L’economia sta crescendo rapidamente, così come la domanda di energia.

Esiste già un mercato per l’idrogeno nel Sud-Est asiatico. Oggi, la regione utilizza circa 4 milioni di tonnellate metriche di idrogeno all’anno, principalmente nell’industria della raffinazione del petrolio e nel settore chimico, dove viene utilizzato per produrre ammoniaca e metanolo.
Anche il trasporto marittimo internazionale è concentrato in questa regione: nel 2024 il porto di Singapore ha fornito circa un sesto di tutto il carburante utilizzato nel trasporto marittimo globale, più di qualsiasi altra singola località. Oggi, tale totale è costituito quasi esclusivamente da combustibili fossili. Tuttavia, sono stati compiuti sforzi per testare combustibili più puliti, tra cui il metanolo e l’ammoniaca, e c’è interesse a passare all’idrogeno nel lungo termine.

L’idrogeno pulito potrebbe inserirsi in questi settori esistenti e contribuire a ridurre le emissioni. Attualmente nella regione sono in fase di sviluppo 25 progetti, anche se un ulteriore sostegno alle energie rinnovabili sarà fondamentale per ottenere una capacità significativa e renderla operativa.
Nel complesso, l’idrogeno sta subendo un confronto con la realtà, che sta rivelando problemi che vanno oltre l’entusiasmo che abbiamo visto negli ultimi anni. I prossimi cinque anni diranno se questo combustibile sarà all’altezza delle aspettative ancora elevate.

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