Codice amministrazione digitale

Gullo, CAD: “Ecco la via per le regole attuative”

Servono modalità di transizione verso i regolamenti attuativi dei servizi fiduciari e sarebbe meglio un testo unico. E valutare la realizzabilità di piattaforme nazionali per gli aspetti trasversali e legati ai diritti di cittadinanza digitale. Così- scrive uno dei padri del CAD per Agendadigitale.eu- sarà possibile esprimere tutta la potenzialità innovativa e modulare del testo

Pubblicato il 16 Set 2016

Elio Gullo

Presidenza del Consiglio-Funzione pubblica

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Come è ormai noto, il Consiglio dei ministri del 10 agosto scorso ha dato il via libera al nuovo Codice per l’amministrazione digitale, strumento fondamentale per realizzare il diritto di cittadinanza digitale, tassello centrale della Riforma della PA voluta dal Ministro Madia per semplificare il rapporto dei cittadini con la pubblica amministrazione. Importanti le novità portate dal testo novellato, su cui molti commentatori si sono soffermati nelle scorse settimane. Mi soffermerò su alcuni punti nodali toccati dal testo e soprattutto sulla fase che si apre ora, ovvero quella dell’attuazione delle disposizioni in esso contenute.

Significativa è la circostanza per cui nel nuovo CAD venga fondamentalmente affrontato il tema del carattere di obsolescenza che caratterizzava in passato la legislazione nazionale in materia di pubblica amministrazione digitale, attraverso una struttura modulare costituita da una serie di norme “fisse”, di principi generali, capaci di resistere nel tempo senza comportare la necessità di riattivare il processo di riforma mediante normativa di rango primario, con tutte le conseguenze negative che questo porta con sé, soprattutto in una materia in rapida e continua evoluzione come è, appunto, il digitale. I principi generali previsti dal CAD dovranno poi trovare attuazione attraverso normative tecniche, specifiche, che saranno delegate ad organi competenti alla loro emanazione.

Prima di toccare il tema delle modalità per attuare il CAD, mi corre l’obbligo di dire qualcosa sulla sospensione, prevista nel decreto che novella il CAD, dell’articolo 17 del DPCM 13 novembre 2014, contenente le Regole tecniche in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici nonché di formazione e conservazione dei documenti informatici delle pubbliche amministrazioni, decreto che fissava allo scorso 12 agosto il cosiddetto addio alla carta nella PA, addio rinviato di 4 mesi, lasciando però in sospeso, quindi non vanificando, le norme tecniche del processo di transizione al digitale già avviato da diverse amministrazioni, alcune delle quali, virtuosamente, si sono preparate, a questo importante passaggio.

Lo farò perché è su questo tema che possiamo provare a ragionare sulle modalità attuative del CAD, perché c’è molto da imparare per tutti da questo caso paradigmatico.

Innanzitutto noto con piacere che, più o meno tardivamente, molti commentatori e anche qualche importante amministrazione pubblica hanno salutato con piacere la condizione che il Parlamento ha posto al Governo circa la sospensione dell’efficacia del provvedimento. Considerate le cose scritte in prossimità di quella data (spesso una baraonda di sciocchezze, con numero da brivido per le finanze pubbliche), è una ulteriore conferma della diversità di vedute che ancora persiste tra chi lavora nelle organizzazioni pubbliche e chi ne sta fuori, con la sola differenza che l’attenzione mediatica è tutta o quasi appannaggio dei secondi.

In secondo luogo abbiamo appreso (molti lo sapevano già, naturalmente) che le amministrazioni non sono tutte uguali e che provvedimenti facilmente applicabili da parte di alcune sono difficilissimi da attuare per altre.

Terzo, e mi auguro definitivamente, che in ragione delle diversità strutturali delle organizzazioni pubbliche, le regole devono prevedere una loro attuazione per gradi e che quando hanno a che fare con i diritti di cittadinanza non è possibile lasciarne l’implementazione alle singole amministrazioni.

Ora rientriamo nel vivo e nelle conclusioni proviamo a tirare le fila.

Il CAD prevede l’emanazione (o l’aggiornamento) di un bel po’ di provvedimenti. Non faccio la conta ma è facile: tutte le volte che nel testo si richiama l’articolo 71 o giù di lì (in realtà le cose sono più complesse, ma per adesso va bene così).

Per completezza ricordo che eIDAS ha il suo contorno di “regole tecniche” che si applicano ai servizi fiduciari, che non sono emanate dalle autorità nazionali e che sono immediatamente applicabili nei paesi membri dell’UE.

Ritengo che, per le regole tecniche del CAD si debba:

– definire la modalità di transizione verso i regolamenti attuativi dei servizi fiduciari (transizione tra regolamento italiano in vigore, se esiste, e futuro regolamento attuativo di eIDAS);

– considerare se non sia opportuno redigere un testo unico – una specie di regolamento attuativo del CAD – in modo da facilitarne l’attuazione e ridurre le incertezze nel breve periodo;

– valutare la possibilità di realizzare piattaforme nazionali per quegli aspetti trasversali e legati ai diritti di cittadinanza digitale per i quali non è più consentito, a mio avviso, lasciare alle singole PA l’onere di darne attuazione (uno degli esempi è quello della gestione e conservazione documentale, ma potrei aggiungere quello sulle notifiche, sul domicilio digitale, etc.). Le piattaforme non devono precludere a chi ne ha possibilità di implementare la propria soluzione, ma devono consentire a chi fosse carente in termini di risorse di non essere tagliato fuori: in sostanza le regole tecniche diventano – per chi non può far da sé – una mera adesione ad una piattaforma e quindi lo switch-off è (costi permettendo) assicurato a tutte.

Sono già all’opera piattaforme di questo tipo: il sistema di interscambio per la fatturazione elettronica; il sistema delle comunicazioni obbligatorie per i rapporti di lavoro.

Peraltro, sul tema della digitalizzazione dei documenti, il nuovo CAD innova profondamente alcuni aspetti, uno tra tutti: lo spostamento dell’obbligo di conservazione da destinatario a produttore, con l’ovvio corollario che i sistemi documentali devono essere accessibili a tutti – cittadini e imprese – per via telematica.

Non mi dispiacerebbe che ci fosse un po’ di dibattito sui temi che ho posto e che riflettono solo posizioni personali.

Non ho accennato al ruolo del Commissario per non aggiungere ulteriori livelli di complessità (peraltro senza il decreto di nomina c’è ben poco da aggiungere), ma ho la presunzione di supporre che la sua presenza sia elemento di semplificazione complessiva e di forte enfasi sulle modalità di attuazione.

La stessa che dovremmo avere tutti in questo momento.

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