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La grande obsolescenza: l’uomo “ospite” nel futuro scritto dall’AI



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L’intelligenza artificiale ridefinisce lavoro, creatività e controllo. L’essere umano rischia di passare da protagonista a spettatore in un mondo progettato, governato e ottimizzato da modelli che non comprende e non guida più

Pubblicato il 22 lug 2025

Francesco Vito Tassone

imprenditore nel Cleantech



programmare codice con IA (1) Informatica e AI

Immaginate una notte qualunque del 2029. I monitor sono spenti, le tastiere immobili; eppure l’elettricità nell’aria è palpabile. Alle 03:47 qualcuno digita solo sette parole:

«Voglio un Photoshop, ma gratis e subito».

L’automazione del codice e la crisi del modello economico

Trenta secondi dopo l’interfaccia completa di un clone professionale appare in cloud, insieme ai tutorial generati “on-demand”. Nessun IDE, nessun team, solo un singolo imperativo in linguaggio naturale. Non esiste repo, non esistono pull-request: esiste soltanto il prompt. E mentre il neon della cucina vibra, un log cifrato documenta chi – o cosa – abbia davvero scritto quelle 750 mila righe di TypeScript.

Se pensiamo che già oggi le versioni più aggiornate delle varie AI dedicate al coding, con un prompt scritto decentemente, scrivono l’equivalente di Paint in pochi minuti, un’industria che basa i suoi ricavi sulla vendita o sull’abbonamento a codice eseguibile come può sopravvivere in un mondo in cui qualsiasi codice può essere scritto in pochi secondi da una AI?

E in quest’ottica che valore possiamo dare ai bilanci di aziende che vedono il loro patrimonio nella capitalizzazione di quelle milioni di ore uomo usate per scrivere quelle righe di codice?

L‘impatto dell’AI sul web e l’editoria digitale

Questa non è fantascienza. A maggio 2025 ChatGPT è stato già il quinto sito più visitato al mondo, per alcuni il terzo, davanti a Wikipedia, con oltre sette minuti di permanenza media per sessione. Il web, come un vecchio libro, comincia a ingiallire pagina dopo pagina ogni volta che un utente salta Google e chiede direttamente al modello. Wired lo definisce “la fine dell’internet come lo conosciamo”.

Nel momento in cui a qualsiasi domanda, piuttosto che leggere decine di pagine, forum, siti specialistici, una Ai che ha predigerito tutto mi dà la risposta, corretta, argomentata. Il web esisterà ancora? I modelli di business che basano le revenue su click, visualizzazioni etc. L’editoria può sopravvivere? E se i grandi gruppi editoriali possono magari pensare di vendere i loro servizi ai provider di AI, vedi i 250 milioni di dollari pagati da OpenAI a NewsCorp i piccoli che fine fanno? E chi si occupa di tematiche specifiche, molto verticali e settoriali, avrà ancora traffico quando tutto si chiederà ad una AI.

Sviluppatori sostituiti da agenti autonomi

Il lavoro quotidiano dello sviluppatore si scioglie nel calore incandescente dei prompt-forge: fucine in cui un singolo ingegnere orchestra sciami di agenti che progettano, testano e rilasciano in autonomia. Scordiamoci lo human-in-the-loop.

Codici che nessuno leggerà mai

L’AI produce output in pochi battiti di clock, ma la nostra corteccia prefrontale resta ferma a 20 watt. Presto leggeremo il sorgente attraverso un altro LLM, che lo condensa in un grafo o in narrazione audio. L’uomo non “scrive” più: commenta i sottotitoli di un dialogo tra entità sovrumane.

Il suo ruolo, avere la mano sul pulsante di emergenza. Una garanzia di potere residuo dove l’umano alla fine può, metaforicamente, solo staccare la corrente.

Code generation e mutazioni darwiniane

Se sembra fantascienza diamo un’occhiata a Meta che se n’è accorta per prima: il suo tool ACH genera mutanti del codice, li fa combattere contro test auto-scritti e misura quali sopravvivono, in un’arena darwiniana digitale. Il programmatore umano, relegato sugli spalti, decreta se il gladiatore è degno del merge. L’idea che il programmatore sappia, in tempi ragionevoli, quello che realmente succede nell’arena e pura utopia, soprattutto se i gladiatori diventano migliaia o milioni. L’unico limite i megawatt o addirittura i gigawatt di potenza di calcolo dell’hardware su cui queste AI girano.

La potenza computazionale del 2030

Siamo nel 2030, i 7 trilioni di investimenti nelle infrastrutture AI si sono realizzati. I datacenter consumano più di 1000 TWh nello stesso periodo. Le performance per Watt come da sempre nel silicio si sono moltiplicate di circa 100 volte.

Attualizziamo a oggi cosa significa. Avere AI dalle 1000 alle 10.000 volte più potenti delle attuali. Pur essendo vero che la scalabilità non è lineare e che prima o poi arriveremo a un plateau, quando questo arriverà è difficile a dirsi. In compenso sulla capacità di calcolo ci sono pochi dubbi. Gli investimenti sono chiari, e le roadmap fissate.

Le AI a quella data avranno sicuramente già fagocitato tutto lo scibile umano, da quando ha iniziato a muoversi eretto ad oggi. Ogni foto, ogni documento, ogni riga di codice, libro, archivio, ogni pensiero scritto, ogni messaggio sui social, ogni referto medico, ogni pubblicazione scientifico, in qualsiasi lingua. Il futuro e dietro l’angolo. In questo contesto al netto del budget elettrico, commodities tra le più economiche della storia, qual è il limite al mio prompt. Chi avrà tempo e voglia per controllare il mio codice.

Rischi di sicurezza nel codice AI-generated

Il problema smette di essere “questa variabile è null?” e diventa “questo sciame di agenti può congiurare per spegnere una rete elettrica?”. CSET Center for Security and Emerging Technology elenca tre rischi cardinali: codice insicuro, modelli manipolabili, e feedback loop tossici che addestrano nuovi modelli sugli errori dei precedenti.

In un futuro driverless—auto, treni, intere città—una singola riga malevola non è più un bug: è un’arma a tempo, attivabile da non si sa chi non si sa quando. Già oggi abbiamo potuto sperimentare come sapere chi realmente governa l’hardware è un’impresa. Con routine eseguite da remoto, aggiornamenti automatici, assistenza predittiva etc. L’hardware connesso per la maggior parte degli utenti è già una scatola nera. Ma domani senza che nessuno sia in grado di leggere il codice siamo sicuri di riuscire a stabilire chi realmente ha in mano cloche.

Governance e controllo nell’era post-umana

Il codice diventa opaco come una fiala di plutonio: serviranno auditor-AI indipendenti, certificazioni “AI-Gov” e red-team sintetici che attaccano 24/7. Il mestiere umano consisterà nel fissare valvole di sicurezza e premere il grosso pulsante rosso quando—non se—qualcosa sfugge di mano. Sempre se sarà in grado di capire cosa starà succedendo sotto il suo naso. Una rete elettrica governata dall’AI su scala nazionale. Che si autoprogramma ogni millisecondo, costantemente, per essere efficiente. Siamo sicuri che ci saranno umani in grado di capire realmente cosa sta facendo?

Web traffic e declino dell’industria software

Con ChatGPT in top-5 e il traffico che defluisce dagli articoli ai riassunti, persino i colossi dei media stringono patti plurimilionari per licenziare i propri archivi agli stessi modelli che li cannibalizzano.

Ciò che resterà online avrà un solo carburante: relazione umana—forum, community, livestream. Tutto il resto sarà voice-over sintetico su un palcoscenico sempre più vuoto.

Ahrefs ha analizzato 300 000 keyword: con AI Overview il CTR del risultato #1 scende di 0,040 → 0,026 (-34,5 %)

  • Piccoli publisher registrano cali 20-40%. Gli unici baluardi restano:
    • Community ad alta intensità relazionale (Discord, Twitch).Contenuti proprietari costosi (grandi inchieste, dataset esclusivi).
    • Transazioni (e-commerce, banking) dove l’AI funge solo da concierge.

Nel frattempo, i gruppi media monetizzano tramite licenze AI (News Corp–OpenAI, 250 M$) mentre i siti più piccoli migrano a micro-API a pagamento.

La prossima frontiera però e l’industria software. Perché pagare qualcosa che posso generare di volta in volta, in modo più customizzato e focalizzato con un prompt.

Se le prossime commodities diventano le righe di codice, il cui valore si misura in watt, quanto può reggere un’industria in cui chiunque può arrivare sul mercato, chiunque non ha barriere all’ingresso, chiunque può decidere a ribasso il valore di un bene.

L’ingegnere del futuro come supervisore di emergenza

Quando la generazione di software diventerà istantanea, il vero prodotto saremo noi: la nostra capacità di definire il problema, di intuire le catastrofi prima che si materializzino. L’ingegnere del 2030 non userà il terminale; impugnerà un estintore metafisico, pronto a domare incendi che divampano nella logica stessa del mondo.

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