L’informatica forense, nota anche con il termine inglese di digital forensics – è, per sua natura, una materia multidisciplinare. Nata in contesti giuridici con una forte componente tecnologica, come gli Stati Uniti, si è sviluppata negli anni al fine di rispondere all’esigenza di analizzare dati digitali a fini giudiziari. Questa tipologia di analisi si applica non soltanto ai reati informatici in senso stretto, ma anche a quei reati tradizionali commessi mediante l’uso di tecnologie digitali, nonché a tutti quei casi in cui vi è una prova informatica o tracce o indizi rilevanti si trovano all’interno di sistemi informatici.
Indice degli argomenti
L’importanza dell’informatica forense
L’enorme varietà di strumenti tecnologici oggi in uso – smartphone, computer, dispositivi IoT, sistemi cloud, reti aziendali – impone a tutti gli operatori del settore una padronanza delle tecnologie più disparate. La competenza in questo campo non si esaurisce nel semplice uso dei software forensi, ma è tenuta a comprendere una solida preparazione teorico-pratica, che spazia dall’informatica alla giurisprudenza, dalla gestione dei dati alle tecniche di acquisizione.
Topologie di informatica forense
Possiamo quindi individuare diverse aree di specializzazione nell’ambito dell’informatica forense, ognuna con le proprie caratteristiche che discendono dalle peculiarità dei sistemi e dei dati:
- disk forensics: si occupa dell’acquisizione a analisi dei supporti di memorizzazione;
- network forensics: si occupa dell’acquisizione e analisi del traffico di rete e di dati che coinvolgono più sistemi informatici collegati tra loro in rete;
- mobile forensics: si occupa dell’acquisizione e analisi di dispositivi mobili;
- cloud forensics: si occupa dell’acquisizione e analisi dei dati archiviati in ambienti cloud;
- vehicle forensics: si occupa dell’acquisizione e analisi dei sistemi digitali integrati nei veicoli;
- embedded forensics: si occupa dell’acquisizione e analisi di dispositivi IoT e sistemi embedded.
È verosimile che, in base ai prossimi sviluppi tecnologici, in futuro emergeranno ulteriori aree di competenza, richiedendo agli operatori di aggiornare il proprio profilo professionale in maniera sempre più mirata.
Diventare informatico forense: le competenze necessarie
La qualità del lavoro forense è pienamente dipendente dalla preparazione degli operatori interessati: per competenza si intende infatti la combinazione di conoscenze, abilità tecniche e capacità decisionali che consentono di affrontare casi anche molto complessi con rigore metodologico. Ad esempio, l’analisi di un attacco ransomware – sempre più frequente nell’odierno contesto – richiede conoscenze specifiche e competenze in ambito di cybersecurity, crittografia, analisi di rete, ma anche la capacità di valutare l’impatto probatorio delle evidenze raccolte, unitamente ad una spiccata capacità di negoziazione laddove vi sia la necessità di interagire direttamente con gli attaccanti.
La complessità della disciplina rende pressoché impossibile affrontare un’indagine in maniera efficace affidandosi ad un’unica figura professionale. È invece necessaria un’organizzazione strutturata, che preveda una stretta collaborazione tra diversi attori, ciascuno con il proprio bagaglio di conoscenze specifiche. Solo un lavoro sinergico consente di garantire il pieno rispetto delle procedure, la tenuta probatoria degli elementi raccolti e l’efficacia dell’azione investigativa.
L’informatica forense è destinata a subire profonde trasformazioni grazie al crescente impiego di tecnologie sempre più avanzate, in particolare l’intelligenza artificiale (AI). Sebbene l’adozione di tali strumenti sia ancora in una fase iniziale, il potenziale è significativo. L’introduzione dei Large Language Models (LLM) potrebbe rivoluzionare vari aspetti dell’attività forense: dall’analisi automatizzata di grandi volumi di dati, alla classificazione intelligente di contenuti. Da un lato, i sistemi di intelligenza artificiali, per la loro complessità, richiederanno alte competenze nei casi in cui occorre analizzare il loro funzionamento: si pensi ad esempio a incidenti stradali tra automobili a guida autonoma.
Dall’altro lato, tali strumenti potrebbero agevolare e velocizzare il lavoro dell’esperto, purché usati con cautela e senso critico. Uno dei principali nodi critici è rappresentato dal principio di explainability, ovvero la capacità di spiegare in maniera chiara, verificabile e trasparente il funzionamento ed i risultati prodotti dai sistemi di AI: allo stato attuale, non è possibile fornire una spiegazione compiuta, puntuale e dettagliata di tali output.
Criminalità informatica in espansione
La criminalità si evolve ad un ritmo senza precedenti, sfruttando in maniera sempre più sofisticata le opportunità offerte dalle nuove tecnologie. La digitalizzazione ha ampliato il perimetro d’azione dei criminali, aprendo nuovi scenari di rischio e rendendo estremamente più difficile il contrasto alle attività illecite. Si pensi a come l’intelligenza artificiale contribuisca a realizzare azioni criminosi come la sostituzione di persona oppure la redazione di testi linguisticamente impeccabili per attività di phishing.
Secondo quanto evidenziato nell’ultimo report annuale di Eurojust, la criminalità informatica è in costante crescita: le Squadre Investigative Comuni (SIC) hanno dovuto affrontare un aumento del 25% dei casi di criminalità informatica rispetto a quelli trattati nel 2023. Le principali minacce identificate includono il ransomware, i malware, le tecniche di ingegneria sociale, le violazioni e compromissioni dei dati sensibili, gli attacchi DDoS (distributed Denial of Service), la manipolazione delle informazioni, le interferenze esterne e gli attacchi alla supply chain.
Accanto a questi, permangono reati informatici specifici che continuano a rappresentare una minaccia significativa per la sicurezza pubblica e la stabilità sociale. Tra i più rilevanti figurano le frodi in ambito finanziario e di investimento online, il materiale pedopornografico e lo sfruttamento sessuale dei minori attraverso internet, nonché l’uso di piattaforme di comunicazione cifrate da parte delle organizzazioni criminali, che rende estremamente complesso l’intervento investigativo volto a “bucare” tali piattaforme.
La formazione dell’informatico forense
Tenuto conto di quanto sopra rappresentato, la formazione ideale di un operatore deve poggiare in primis su solide basi informatiche, che comprendono una conoscenza approfondita di hardware, sistemi operativi, file system, reti, database, principali applicativi e linguaggi di programmazione, A queste si aggiungono competenze specifiche in ambito digital forensics, come le tecniche di acquisizione e analisi forense.
È fondamentale che gli operatori conoscano e rispettino le best practice internazionali, adottando standard riconosciuti come l’ISO/IEC 27037 (ISO/IEC 27037 – Information Technology — Security Techniques — Guidelines for Identification, Collection, Acquisition and Preservation of Digital Evidence). Tale standard fornisce linee guida precise per tutte le fasi del trattamento delle evidenze digitali: identificazione, raccolta, acquisizione, conservazione e trasporto. Ogni fase è descritta in maniera puntuale, con indicazioni operative dettagliate che garantiscono la correttezza del processo.
Un ulteriore ambito di competenza è quello relativo alle tecniche di anti-forensics. Queste includono le metodologie messe in atto per nascondere, alterare o distruggere prove digitali. La capacità di rilevare e contrastare simili tentativi richiede un elevato livello di specializzazione tecnica e un aggiornamento costante sulle tecniche più recenti.
Accanto alle summenzionate conoscenze tecniche, è imprescindibile che i team che operano nell’ambito dell’informatica forense includano figure con una solida preparazione giuridica. Questo è essenziale per garantire che le prove digitali raccolte siano considerate ammissibili in sede processuale.
Tali conoscenze non rappresentano un valore aggiunto, ma un requisito strutturale: ogni attività tecnica dev’essere svolta nel rispetto delle regole procedurali e dei diritti delle parti. Il minimo bagaglio giuridico necessario comprende la conoscenza del codice penale, del codice di procedura penale, del codice civile, del codice di procedura civile, oltre alla comprensione del ruolo e delle funzioni del Consulente Tecnico d’Ufficio (CTU) e del Consulente Tecnico di Parte (CTP), oltre che taluni riferimenti normativi come la Convenzione di Budapest sul cybercrime – ratificata in Italia dalla Legge n. 48 del 18 marzo 2008 – nonché la norma sulla protezione dei dati personali (GDPR). Rilevanti anche tutte le normative che nel corso degli anni coinvolgono il trattamento dei dati informatici e in particolare riferimento alla gestione incidenti (si pensi ad esempio a NIS2, Cyber Resilience Act, AI act).
Formazione continua e aggiornamento professionale
Partendo dall’esigenza di una formazione di base già solida, che purtroppo molto spesso non si riscontra in chi viene nominato nei casi reali, occorre prevedere anche momenti di formazione continua e aggiornamento per la rapida obsolescenza legata alla rapida evoluzione dell’informatica.
Per chi opera nel settore, formazione continua e sviluppo delle competenze rappresentano elementi imprescindibili: ogni indagine richiede un bagaglio di conoscenze in costante espansione, alimentato dalla continua evoluzione tecnologica e dalla crescente sofisticazione delle minacce digitali. A tal fine, frequentare corsi di aggiornamento, partecipare a conferenze specialistiche e consultare letteratura scientifica sono tutte attività prodromiche a mantenere elevato il livello di competenza e prontezza operativa.
Nel contesto dell’informatica forense, la formazione è un processo continuo che deve essere sostenuto da strutture istituzionali, università, centri di ricerca e ordini professionali, anche al fine di garantire standard elevati e uniformi. Il tema è come poter garantire che effettivamente i professionisti coinvolti in casi giudiziari, specialmente se nominati dall’Autorità Giudiziaria, siano in possesso di adeguate competenze per il caso sottoposto. Per questo motivo, dato lo stato della tecnologia di oggi, probabilmente la soluzione più efficace sarebbe quella di orientarsi verso un esperto di informatica forense con ruolo di “coordinatore” in forza di esperienza pluriennale maturata negli anni, che si fa affiancare da esperti tecnici di singole tematiche.
Le soft skill dell’esperto di informatica forense
Oltre alle competenze tecniche di natura informatica e giuridica le soft skill sono importanti: l’esperto deve possedere una solida padronanza del linguaggio e una piena consapevolezza della materia trattata. È fondamentale che sia in grado di esporre in maniera chiara, completa e comprensibile le risultanze delle analisi condotte, sia nei documenti scritti (relazioni tecniche, perizie o consulenze), sia durante eventuali deposizioni in aula.
La capacità comunicativa sotto questo punto di vista diviene un elemento strategico, visto che non di rado ci si rivolge a interlocutori che non hanno alcuna familiarità con i concetti scientifici e tecnologici propri della disciplina. Magistrati, avvocati, parti processuali necessitano di una traduzione efficace e fedele dei risultati tecnici in un linguaggio accessibile ma puntuale.
È quindi essenziale evitare approssimazioni o semplificazioni fuorvianti, privilegiando l’uso di esempi concreti, pertinenti e ben costruiti, che facilitino la comprensione del contesto tecnico senza alterarne il significato. Fondamentale anche come porre le domande: si pensi ad esempio a come “convincere” una parte a fornire collaborazione. Non è quindi solo rilevante capirsi, ma anche essere convincenti.
L’importanza dei team strutturati e degli investimenti in tecnologia
Gli operatori si trovano oggi di fronte a sfide sempre più complesse: si pensi ad esempio all’enorme volume di dati che ogni indagine pone. L’esame dello smartphone di un giovane della Gen Z comporta l’analisi di centinaia di migliaia di messaggi, spesso anche vocali o video. Tutto lascia prevedere che questa tendenza continuerà in maniera esponenziale.
Questo sovraccarico informativo rende le attività di analisi sempre più complesse, portando a lungaggini nel trattamento a causa della necessità di strumenti avanzati, di spiccate capacità di selezione, di espandere le infrastrutture di archiviazione sicura e della mancanza di interoperabilità: quando tali dati necessitano di essere riformattati e ristrutturati per essere elaborati.
A questa si aggiungono altre criticità sottolineate da Europol ed Eurojust (Eurojust and Europol (2025), Common Challenges in Cybercrime – 2024 review by Eurojust and Europol, (pp. 6–16) Publication Office of the European Union, Luxembourg) quali: la perdita dei dati, dovuta all’assenza di un quadro giuridico standardizzato per la conservazione dei dati da parte dei service providers; le difficoltà di accesso ai dati, causata (ad esempio) dalla decentralizzazione dell’hosting dei dati e dalla protezione dei dati stessi con la crittografia avanzata; la mancanza di interoperabilità, che ostacola la circolazione delle informazioni e dei dati tra i diversi attori coinvolti.
A tali sfide, si aggiungano la mancanza di figure specializzate, che, vista la continua sofisticazione dei metodi criminali da parte delle organizzazioni, rende imperativa la formazione costante e lo sviluppo delle capacità investigative.
Fondamentale adottare metodologie di lavoro standardizzate e riconosciute a livello internazionale. L’utilizzo di protocolli comuni e formati interoperabili non solo facilita la collaborazione tra attori di Paesi diversi, ma consente anche di garantire la validità legale delle prove digitali in ambito transnazionale.
Team per digital forensics
In virtù di ciò, è evidente anche che la complessità della disciplina rende pressoché impossibile oggigiorno una gestione efficace da parte di un singolo individuo “tuttologo” dell’informatica forense. D’altronde, la medicina bene ce lo ricorda, con esperti nelle varie aree che collaborano tra loro per la cura del paziente. La specializzazione richiesta, la mole sempre più imponente di dati da analizzare, la molteplicità degli aspetti coinvolti (dall’analisi tecnica alla valutazione giuridica, dalla gestione della catena di custodia alla presentazione della prova in aula) e la rapidità con cui evolvono le tecnologie rendono insostenibile un approccio individuale.
Diviene così necessaria la creazione e lo sviluppo di team strutturati e multidisciplinari, dove le competenze siano distribuite e integrate in un contesto cooperativo, rendendo di conseguenza tali team capaci di affrontare ogni singola fase dell’indagine con competenze specialistiche. Tali team multidisciplinari non solo garantiscono una maggiore aderenza alle normative e best practices, ma favoriscono anche lo scambio di competenze e la diffusione delle esperienze maturate sul campo, contribuendo così a migliorare il know-how di ciascun membro.
Solo un’organizzazione solida, in cui ciascuna figura contribuisce con il proprio ambito di specializzazione – dall’analista tecnico al giurista, dallo specialista di rete all’esperto di privacy – può garantire risultati affidabili, verificabili e giustificabili.
Gli standard per l’informatica forense
In tal senso, sin dal 2012, la prima versione dello standard ISO 27037 individuava tre figure professionali chiave: il Digital Evidence First Responder (operatore esperto nel primo intervento), il Digital Evidence Specialist (operatore esperto in particolari ambiti di acquisizione e analisi), il Manager di laboratorio (operatore che coordina le attività di un laboratorio di informatica forense).
Al contrario, la norma prevede invece l’individuazione di un professionista (o raramente di collegi di professionisti) nominati Consulenti dell’Autorità Giudiziaria, nei quali gli esperti in affiancamento sono qualificati come Ausiliari relegati in ruoli marginali e comunque “dietro le quinte”, non consentendo loro ad esempio di supportare l’esperto durante le fasi dibattimentali.
Queste nuove frontiere impongono una costante evoluzione delle competenze e delle metodologie, confermando l’informatica forense come una disciplina centrale, dinamica ed in continua espansione, cruciale per la sicurezza digitale e il supporto alle autorità nell’assicurare giustizia.
In questo quadro, ruolo fondamentale è quello dell’esperto di informatica forense, professionalità non ancora molto diffusa nel mercato del lavoro, non adeguatamente compresa e valutata dai professionisti del diritto, che però sempre più assume un ruolo chiave nelle valutazioni dei tribunali in conseguenza della diffusione di prove informatiche.
Bibliografia
Brighi, R. (a cura di). (2022). Nuove questioni di informatica forense. Prefazione di MAIOLI C. Roma, Aracne. (collana di Informatica giuridica, 8).
Brighi, R., Ferrazzano, M. (2021). Digital forensics: best practices and perspective, in Caianiello M., Camon A. (a cura di), Digital forensics evidence. Towards common european standards in antifraud administrative and criminal investigations, Wolters Kluwer, Milano, pp. 13-48.
Ferrazzano, M. (2021). L’informatica forense: profili giuridici, tecnici e metodologici nel trattamento della digital evidence, in Casadei Th. Pietropaoli S. (a cura di), Diritto e tecnologie informatiche. Questioni di informatica giuridica, prospettive istituzionali e sfide sociali, Wolters Kluwer, Milano, pp. 151-164.













