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Oltre la smart city: ora il “Comune cosciente” anticipa i problemi con l’IA



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Nei territori italiani emerge il modello dei comuni coscienti: amministrazioni che, grazie a reti neurali distribuite e gemelli cognitivi, sanno percepire, diagnosticare e anticipare i problemi, offrendo risposte rapide e mirate a cittadini e comunità

Pubblicato il 24 set 2025

Fabrizio Paonessa

CEO di eNviro



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IL’Italia sta sperimentando una nuova forma di governance territoriale attraverso i comuni coscienti, sistemi intelligenti che trasformano radicalmente il rapporto tra amministrazione pubblica e territorio.

Questo paradigma innovativo supera il tradizionale modello delle smart city, proponendo un approccio organico dove piccoli e medi centri sviluppano capacità cognitive autonome per anticipare problemi e ottimizzare servizi.

L’evoluzione dal modello smart city tradizionale

Per molto tempo, infatti,

– sensori, piattaforme, dashboard – pensate spesso per contesti urbani di grandi dimensioni. In realtà, questo approccio, calato dall’alto, si è rivelato difficile da adattare alla complessità del tessuto italiano, fatto di città medie e piccoli centri, e in alcuni casi ha prodotto soluzioni costose ma poco efficaci.

Oggi, però, si apre una nuova prospettiva: una città intelligente non è quella che raccoglie più dati, ma quella che sa interpretarli e usarli per prendere decisioni migliori. Non basta reagire ai problemi quando si presentano: occorre anticiparli. In questo scenario, le amministrazioni pubbliche sono chiamate a evolvere, diventando capaci di osservare, comprendere e pianificare con strumenti sempre più sofisticati, al servizio delle comunità che amministrano.

Il paradigma del comune cosciente: dalla reazione all’anticipazione

Il passaggio è netto: si passa da un sistema che attende passivamente le segnalazioni a uno che individua le criticità prima che si manifestino. Un “comune cosciente” non si limita a ricevere input dal mondo esterno – la segnalazione del cittadino, l’allarme di un sensore – ma è in grado di generarli ed elaborarli dall’interno, diventando consapevole del proprio stato di salute in tempo reale. È, in altre parole, la differenza sostanziale tra gestire l’emergenza e governare la complessità.

Lo sviluppo di questa intelligenza diffusa si basa su un modello cognitivo capace di estendersi in modo adattivo e organico su scala urbana e territoriale. Il cuore pulsante di questo nuovo organismo è una rete neurale distribuita che agisce come se fosse il sistema nervoso del territorio. Importante sottolineare che non si tratta di una piattaforma tradizionale, monolitica e centralizzata, ma di una struttura viva, decentralizzata, in grado di apprendere continuamente dal contesto e di agire in tempo reale con interventi mirati e proporzionati alle necessità.

Architettura cognitiva: quattro livelli di funzionamento

Il motore cognitivo di un comune cosciente agisce su più livelli, imitando le funzioni di un organismo vivente per sentire, diagnosticare, prevedere e reagire.

Esistono già alcuni esempi concreti, che riassumono i quattro livelli operativi di questo nuovo processo di apprendimento e azione, vale a dire: percezione, diagnosi, previsione e adattamento automatico.

Percezione intelligente: veicoli e infrastrutture come sensori

Il primo livello è la percezione, intesa come capacità di utilizzare gli strumenti e le “terminazioni nervose” dell’organismo comune in sensori intelligenti. Pensiamo ai veicoli utilizzati per il trasporto o per la raccolta dei rifiuti. Questi, se adeguatamente interconnessi, possono diventare gli occhi e le orecchie digitali di un comune. Un esempio concreto è quello di una spazzatrice che, dotata di telecamere, riesca a mappare le buche sull’asfalto o segnalare i lampioni non funzionanti. Oppure immaginiamo un autobus che, fermata dopo fermata, sia in grado di misurare la qualità dell’aria o il livello di presenza a bordo, fornendo un quadro aggiornato della situazione, senza costi infrastrutturali aggiuntivi.

Diagnosi automatica: affidabilità e correzione degli errori

Il secondo livello è la diagnosi. Un sistema intelligente deve garantire l’affidabilità delle informazioni che raccoglie, correggendo errori e incongruenze e prendere decisioni solo sulla base di dati certi. Immaginiamo che un sensore per i parcheggi si rompa e segnali lo stesso posto auto come “occupato” per giorni interi. Il sistema se ne accorge confrontando quel dato anomalo con lo storico e con i dati dei sensori vicini. In automatico, quindi, esclude il sensore guasto dalle mappe pubbliche (evitando frustrazione agli automobilisti in cerca di parcheggio) e invia una notifica mirata per programmare la manutenzione del dispositivo.

Previsione proattiva: anticipare invece di subire

Il terzo livello è la previsione. La vera svolta sta nella capacità di simulare scenari futuri per anticipare i problemi invece di subirli, trasformando così la gestione urbana da reattiva a proattiva. Pensiamo, ad esempio, ad un’allerta per un forte temporale. In questo caso il sistema non si limita a diramare l’allarme meteorologico generico ma simula modelli efficaci, individuando quali strade sono a rischio concreto di allagamento e basando la propria previsione su fattori quali la pendenza del terreno o lo stato di pulizia delle caditoie. La lettura delle criticità del territorio diventa preziosa per supportare il lavoro della Protezione Civile, che può decidere dove indirizzare i suoi sforzi, agendo tempestivamente e scongiurando problemi per i cittadini.

Adattamento automatico: risposta coordinata alle emergenze

L’ultimo livello è l’adattamento automatico. Quando viene rilevata una criticità, il sistema interviene direttamente sui servizi urbani per orchestrare una risposta coordinata e ottimizzata, senza attendere l’intervento umano sulle operazioni più immediate. Ciò può avvenire a seguito di un incidente stradale. Se questo viene rilevato in tempo reale delle telecamere urbano, il sistema può compiere tre azioni in assoluta autonomia:

  • Riprogrammare i semafori nell’area interessata, in modo da smaltire il traffico deviandolo e creare un “corridoio verde” per i mezzi di soccorso;
  • Inviare un percorso alternativo ai camion della raccolta rifiuti o ai mezzi pubblici che sarebbero transitati nella zona dell’incidente, così da evitare ulteriori intralci;
  • Aggiornare l’app del trasporto pubblico, avvisando in tempo reale dei ritardi sulle linee di autobus coinvolte nell’ingorgo.

Il gemello cognitivo come laboratorio decisionale urbano

Tutti i dati raccolti e le capacità fin qui descritte alimentano il gemello cognitivo urbano (cognitive twin), vero cuore strategico del sistema. Non si tratta di una semplice mappa 3D abbellita, ma di una copia digitale viva della città, capace non solo di rappresentarla fedelmente ma anche di anticiparne il comportamento. È qui che meteorologia, topografia, dati sul traffico, condizioni ambientali e stato delle infrastrutture si fondono insieme per simulare – in pochi secondi – scenari complessi, fornendo una base di conoscenza solida e affidabile per le decisioni umane.

In pratica, questo gemello digitale consente ad un sindaco, ad un assessore, al capo della Protezione Civile o al comandante dei Vigili Urbani di esplorare diverse strategie di intervento in un ambiente virtuale sicuro, prima di applicarle nel mondo reale. Si possono così testare le soluzioni e scegliere quella più efficace per minimizzare i disagi e proteggere i cittadini, prima che la situazione critica si verifichi realmente.

Cittadinanza attiva nella rete informativa territoriale

Nel modello dei comuni coscienti, anche il ruolo del cittadino si evolve profondamente. Il cittadino non è più solo un utente finale dei servizi o un segnalatore passivo di disservizi: diventa un nodo attivo e prezioso della rete informativa locale. Ogni sua interazione con il territorio (una segnalazione tramite app, una richiesta agli sportelli, persino i dati anonimizzati dal suo smartphone) contribuisce ad arricchire e migliorare l’intelligenza collettiva del sistema urbano.

A sua volta, il sistema restituisce questo valore al cittadino sotto forma di servizi più efficienti, risposte più rapide e interazioni più trasparenti e personalizzate. La relazione tra amministrazione e cittadinanza diventa così bidirezionale e continua, fondata su fiducia e collaborazione sostanziali.

Trasparenza e sovranità algoritmica per la fiducia pubblica

A rendere possibile – e soprattutto accettabile – tutto questo non è solo l’accuratezza e l’efficacia della tecnologia, ma anche la costruzione di un’infrastruttura etica, solida e trasparente. La fiducia dei cittadini nei sistemi intelligenti non si ottiene per decreto: si conquista attraverso la trasparenza algoritmica, la tracciabilità delle decisioni e l’auditabilità dei processi.

Non basta il rispetto formale delle normative (come l’AI Act europeo); occorre un impegno più profondo, che garantisca la sovranità pubblica sui dati e sugli algoritmi. In concreto, questo significa assicurare che ogni decisione automatica o semi-automatica sia sempre comprensibile, spiegabile e, se necessario, contestabile da parte di un essere umano. Il cittadino ha il diritto fondamentale di sapere come e perché un sistema automatizzato ha deciso di suggerire o intraprendere una certa azione che lo riguarda. Questo è il vero fondamento della legittimità cognitiva di un sistema di intelligenza urbana pubblica.

Verso la sovranità cognitiva locale

I comuni coscienti, così come li abbiamo descritti, non rappresentano un’utopia tecnologica, ma un modello organizzativo già alla portata delle amministrazioni che scelgono di innovare in modo strutturato. Non parliamo di aggiungere un nuovo software ai sistemi esistenti, ma di adottare un approccio diverso alla governance: più dinamico, distribuito e capace di apprendere dai dati e dall’esperienza.

L’obiettivo è costruire una sovranità cognitiva locale, ossia la capacità dei territori di raccogliere informazioni, analizzarle e trasformarle in decisioni operative e strategie di lungo periodo. Questo significa rendere le comunità più autonome nel governare le proprie trasformazioni, riducendo la dipendenza da soluzioni esterne e valorizzando le risorse già presenti sul territorio.

In un Paese caratterizzato da una rete di piccoli e medi comuni, questa prospettiva non è solo una strada percorribile, ma anche un’opportunità concreta per rafforzare la coesione sociale e migliorare la qualità dei servizi pubblici, ponendo le basi per una digitalizzazione che sia davvero inclusiva e sostenibile.

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