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Italia a 1 Giga, il piano rivisto dal Governo può salvarci: ecco come



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Il Piano Italia a 1 Giga rischia di non raggiungere gli obiettivi fissati entro il 2030, con scadenze incombenti e risorse a rischio. Ma con il nuovo piano rivisto dal Governo ci sono ancora opportunità di successo, a condizione che venga adottata una strategia chiara e una gestione efficace delle risorse e degli ostacoli tecnici

Pubblicato il 23 set 2025

Silvia Compagnucci

vicepresidente di I-Com

Alessandro D'Amato

Direttore Area Digitale I-Com



digital omnibus

Lo scorso 13 settembre è stata annunciata dal Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Innovazione tecnologica e alla transizione digitale Alessio Butti la soluzione concordata – e che andrà formalizzata – con la Commissione europea per non perdere circa 700 milioni di risorse PNRR collegate alla realizzazione del Piano Italia a 1 Giga.

Si tratta certamente di un risultato importante per il Paese che necessita, però, di grande attenzione nella fase implementativa per scongiurare il rischio di non centrare neanche l’obiettivo al 2030.

La soluzione concordata con Bruxelles

La soluzione condivisa con la Commissione avrebbe ad oggetto oltre 700 mila civici (dei complessivi 2,2 mln assegnati) che Open Fiber non riuscirebbe a coprire secondo le tempistiche previste. Più nel dettaglio, si prevede di riparametrare circa 700 milioni di risorse del PNRR, derivanti dal Piano “Italia a 1 Giga” e altri Piani gestiti dal Dipartimento per la Trasformazione Digitale (DTD), con due nuovi piani di copertura.

  1. Col primo, si punta a coprire circa 580mila civici originariamente previsti per il Piano “Italia a 1 Giga, legando questo nuovo piano non più alla scadenza del 30 giugno 2026, bensì agli obiettivi europei sopra richiamati e, quindi, al 2030. Si prevede, pertanto, un nuovo bando di gara, che sarà preceduto da una consultazione pubblica per comprendere nello specifico quanto non previsto dai piani dei privati;
  2. 145 milioni per i restanti 120mila civici rimasti scoperti, in questo caso puntando su una soluzione ibrida che prevede la tecnologia satellitare. In particolare, il secondo piano sarebbe strutturato in due parti:
  3. 95 milioni per collegare 80mila utenze – quelle più remote – utilizzando il satellite come backhauling e le tecnologie terrestri disponibili per il collegamento finale;
  4. 50 milioni per coprire fino a 40mila ulteriori civici, da erogare sotto forma di voucher per incentivare gli utenti a usufruire della connettività satellitare, nella misura massima di €1.300 per ciascun utente. Il voucher dovrebbe tenere conto del bonus che nel frattempo il MIMIT sta disegnando per la connettività, in modo da restare complessivamente nei limiti quantitativi per queste misure dettati dalla normativa europea sugli aiuti di Stato.

Le proposte alternative scartate

Questa soluzione arriva a valle di una serie di proposte vagliate ma scartate. Nello specifico Fibercop aveva proposto, senza però trovare accettazione, di subentrare in alcuni lotti in capo a Open Fiber, mentre Open Fiber aveva puntato sulla tecnologia FWA (fixed wireless access) per portare la connettività a 1 giga nelle aree più in ritardo per poi migrarli alla fibra entro il 2027 ma, trattandosi di una proposta non in linea con i criteri dei bandi, era naufragata.

Il ritardo italiano nel contesto europeo

Negli ultimi giorni sul tema si sono moltiplicate le posizioni e le interpretazioni, per cui appare necessario ricostruire lo stato dell’arte partendo dagli obiettivi europei e dal loro inevitabile intreccio con quelli nazionali.

Ebbene, il 9 marzo 2020 la Commissione europea ha pubblicato la ComunicazioneBussola digitale 2030: la via europea per il decennio digitale”, fissando, tra gli altri, l’obiettivo di garantire entro il 2030 una connettività di almeno 1 Gbps a tutte le famiglie europee. Per valutare i progressi compiuti è utile richiamare alcuni degli ultimi dati dell’Indice di digitalizzazione dell’economia e della società (DESI 2025), riferiti al 2024, che a partire dal 2014 consente alla Commissione europea di monitorare i progressi compiuti dai Paesi UE. È opportuno specificare che, dal 2023, il DESI è integrato con la relazione sullo stato del decennio digitale.

Innanzitutto, per quanto riguarda le reti fisse NGA (Next Generation Access, che includono tecnologie come FTTH, FTTB, Docsis 3.0, VDSL e altre capaci di offrire almeno 30 Mbps in download), la copertura nell’Unione europea risulta ormai prossima al completamento: la media UE raggiunge il 94,1%, con la maggioranza degli Stati Membri che presenta valori superiori. In questo quadro, l’Italia mostra risultati particolarmente positivi, con una copertura del 98,8% che la colloca al sesto posto, davanti a tutte le principali economie europee.

La sfida delle reti ad alta capacità

Decisamente più complesso è lo scenario relativo alle connessioni VHCN (Very High Capacity Network, che includono FTTH, FTTB e Cable Docsis 3.1 ma escludono la VDSL) e FTTP. Nonostante gli investimenti, solo otto Paesi europei superano oggi il 90% di copertura VHCN, mentre la media UE si ferma all’82,5%. In questo quadro, il nostro Paese presenta un dato del 70,7%, che lo inserisce al quartultimo posto e sotto le altre grandi economie europee. La situazione non appare molto diversa per la FTTP (solo FTTH e FTTB): l’Italia mantiene la stessa percentuale (70,7%), posizionandosi appena sopra la media europea, pari al 69,2%.

Ostacoli comuni verso il 2030

Questi numeri dimostrano come il ritardo non riguardi soltanto l’Italia ma l’intero percorso europeo verso il 2030. La connettività resta dunque una sfida comune e, in particolare per il nostro Paese, rappresenta un banco di prova per accelerare gli interventi, anche attraverso un ascolto attento delle difficoltà segnalate dagli operatori sul campo come la scarsa convocazione delle conferenze dei servizi, l’ostruzionismo di alcuni enti locali e le tempistiche ancora troppo lunghe per ottenere le autorizzazioni, spesso non in linea con le semplificazioni normative già introdotte.

Origini e ambizioni del piano nazionale

Come ormai ampiamento noto, il Piano Italia a 1 Giga affonda le proprie radici nella Strategia italiana per la Banda Ultralarga “Verso la Gigabit Society” lanciata il 27 maggio 2021 con l’obiettivo di portare la connettività a 1 Gbps su tutto il territorio nazionale entro il 2026, con un anticipo di ben 4 anni rispetto agli obiettivi europei fissati per il 2030. La strategia, in particolare, in attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che destinava il 27% delle risorse alla transizione digitale, di cui 6,7 miliardi di euro per progetti relativi alla connettività, individuava altre 5 azioni da aggiungere al Piano BUL per le aree bianche e al Piano voucher istituiti nel 2015 e, nello specifico, il Piano “Italia a 1 Giga”, il Piano “Italia 5G”, il Piano “Scuole connesse”, il Piano “Sanità connessa” e il Piano “Isole Minori”.

Struttura e obiettivi del piano Italia a 1 Giga

Con il Piano “Italia a 1 Giga”, in particolare, si puntava a garantire una connessione ad almeno 1 Gbps in download e 200 Mbit/s in upload alle unità immobiliari presenti nelle aree grigie che, a seguito della mappatura delle infrastrutture presenti effettuata nel 2021 e degli interventi già pianificati dalle aziende operanti nel mercato entro il 2026, sono risultate non coperte da almeno una rete in grado di fornire in maniera affidabile velocità di connessione in download ≥ 300 Mbit/s. I civici oggetto dell’intervento erano quasi 7 mln, suddivisi in 15 aree geografiche (lotti) aggiudicati, per un totale di circa 3,4 mld di euro di risorse, all’esito delle gare del 2022, da FiberCop ed Open Fiber. Quest’ultima, in particolare, già responsabile dell’attuazione del Piano BUL – che puntava alla copertura di 7.700 comuni dislocati nelle aree bianche – si è aggiudicata 8 dei 15 lotti messi a gara, con l’impegno a completare gli interventi entro il 30 giugno 2026.

Le difficoltà operative emerse

Le attività di walk-in hanno subito messo in luce una serie di difficoltà connesse alla localizzazione dei civici che hanno portato a dimezzarne il numero e a verificare l’esistenza di altri civici (non presenti nel data base iniziale) adiacenti.

Partendo da tale constatazione, con decreto-legge 2 marzo 2024, n. 19, convertito dalla legge 29 aprile 2024, n.56 recante ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), è stato previsto che gli operatori aggiudicatari dei contributi per l’attuazione del Piano Italia a 1 Giga adempiano agli obblighi previsti dalle convenzioni in essere anche collegando dei civici posti in prossimità di quelli collegabili in base alle predette convenzioni ed aventi le medesime caratteristiche (c.d. “Civici di prossimità”).

Criteri di prossimità e normativa

Successivamente all’entrata in vigore della suddetta disposizione legislativa sono stati definiti i criteri di prossimità secondo i quali il “Civico di prossimità” deve, in alternativa: a. essere caratterizzato dal medesimo odonimo (piazza, piazzale, via, viale, vicolo, largo o simili) di un Civico base; b. avere posizione, definita dalle coordinate geografiche, rilevate dai beneficiari in esito alle verifiche propedeutiche all’esecuzione dei lavori e/o nel corso del walk-in, contenuta in un raggio di 300 metri da un Civico base.

Limiti europei e consultazioni pubbliche

Al riguardo, la Commissione europea ha tuttavia definito “coperti” – e dunque “non ammissibili al finanziamento” – tutti i civici posizionati a distanza inferiore di 50 metri da una rete aventi le caratteristiche prestazionali richieste dal “Piano Italia a 1 Giga” e da uno dei Civici base collegati o da collegare in base al piano.

Da ultimo, a seguito della comunicazione di FiberCop del 30 aprile 2025 con la quale veniva manifestata l’intenzione di avvalersi della facoltà di collegare i civici di prossimità, il 12 settembre scorso Infratel ha avviato una consultazione pubblica per i Civici di prossimità rilevati da FiberCop nell’ambito del Piano Italia a 1 Giga, come già effettuato nell’ottobre 2024 per quelli individuati da Open Fiber.

La mappatura attuale della copertura

In questo contesto generale, secondo quanto emerso dalla mappatura delle reti fisse effettuata da Infratel e pubblicata a inizio agosto sono oltre 3,8 milioni i civici (su un totale di oltre 28,7 milioni presi in esame) che entro il 2028 resteranno fuori dalla connettività a 1 giga e non raggiungeranno una velocità di picco superiore a 300Mbit/s con Campania, Calabria e Sicilia tra le regioni più in difficoltà. I civici oggetto di tale mappatura sono risultati essere 28.740.607, di cui 2.350.739 non presenti nelle precedenti mappature (mappatura 2021 e mappatura civici di prossimità 2024).

Le criticità strutturali del piano

L’ampia disponibilità di infrastrutture fisse (e mobili) performanti è senza dubbio una priorità irrinunciabile non solo per centrare gli obiettivi europei e nazionali ma anche e soprattutto per dotare il paese di asset senza i quali la capacità di impiegare tecnologie rivoluzionarie come l’IA è ridotta e la capacità di competere è inevitabilmente compromessa.

Il piano “Italia a 1 Giga” è da molti mesi il tallone d’Achille del PNRR. Senza dubbio, il peccato originale è e continua a rimanere l’assenza di una fonte ufficiale, univoca, dinamica ed aggiornata, sui civici da coprire, che ha reso la fase implementativa sin da subito difficoltosa.

Ostacoli locali e normativi

Oltre alle criticità connesse all’esatta individuazione dei civici che ha determinato la creazione di “buchi” di copertura anche tra un civico e l’altro della stessa strada scatenando forti malumori nelle comunità locali, non possono essere sottovalutati gli ostacoli quotidianamente affrontati dagli operatori nel contrastare, spesso fino alla sede giurisdizionale con tutte le conseguenze sulle tempistiche realizzative, i comportamenti oppositivi degli enti locali che, seppur con dinamiche eterogenee sul territorio nazionale, appaiono ancora troppo spesso poco collaborativi.

Ancora limitati appaiono, infatti, gli effetti della direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri del 2 novembre 2023 recante “Linee di azione nei procedimenti amministrativi in materia di realizzazione di reti pubbliche di comunicazione relative agli interventi da realizzare per l’attuazione del PNRR”, che impongono una riflessione circa la necessità di attivare gli strumenti che la stessa prevede per superare l’impasse soprattutto in alcune regioni e specifiche province. A ciò si aggiunge una difficoltà, ormai conclamata, di reperire forza-lavoro.

Verso una soluzione sostenibile

Sono molti i fattori dunque che insieme hanno concorso a determinare l’attuale situazione e la necessità per il Governo, dopo una serie di tentativi di soluzione per ragioni diverse naufragati, di gestire con l’Ue una situazione complessa che ruota intorno a 700 mln di euro che l’Italia rischia di perdere.

I due piani ipotizzati hanno certamente il merito di recuperare il tempo necessario per completare la copertura. Al di là delle valutazioni sul ruolo del satellitare e sulla capacità degli operatori nazionali o europei di competere in questo campo, essi riportano al centro una questione cruciale: la sostenibilità degli investimenti nelle aree più remote del Paese. In questi territori i potenziali utenti – anche ammettendo con un certo ottimismo che tutti desiderino essere collegati e attivati, ipotesi tutt’altro che scontata alla luce delle dinamiche della domanda in Italia – sono così pochi da rendere insostenibile l’impiego delle tecnologie tradizionali.

In questo contesto, il satellitare può rappresentare una soluzione complementare preziosa. Naturalmente, servono verifiche per garantire standard di servizio all’altezza delle aspettative e degli obiettivi nazionali ed europei, ma resta il fatto che questa tecnologia è in grado di colmare un divario altrimenti difficilmente superabile. La previsione di voucher per agevolarne l’accesso, considerati i costi ancora elevati, appare quindi come lo strumento più realistico per incentivare famiglie e imprese oggi escluse a cogliere le opportunità della digitalizzazione.

La situazione è complessa, sarà cruciale svolgere la mappatura con puntualità e con un forte raccordo con le comunità locali che hanno il polso dei territori così come sarà indispensabile assicurare la possibilità per le aziende nazionali ed europee di giocare la partita, ma è fuor di dubbio che l’obiettivo dell’Italia è arrivare al 2030 con infrastrutture complete ed un ecosistema digitale quanto più possibile maturo e che azioni risolute non possono più farsi attendere.

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