Il 2025 passerà alla storia come l’anno del ritorno dei dazi imposti dall’amministrazione Trump che accelerano la fase di deglobalizzazione. Ancora una volta, dopo la pandemia, economia, finanza e filiere di approvvigionamento mostrano i nervi scoperti in un mondo interconnesso, dove anche opportunità e rischi, dal cyber crime alle crisi geopolitiche fino al rischio climatico, sono sempre più intrecciati fra loro.
Ma in questo panorama globale, anche nel mondo del lavoro, le sfide da affrontare sono tantissime e al contempo non mancano le opportunità.
Secondo Martina Mauri, Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice del Politecnico di Milano, “i lavori del futuro dovranno necessariamente rispondere alle nuove esigenze di cui le generazioni più giovani sono ad oggi i principali promotori”.
Oggi è l’intelligenza artificiale a produrre il maggiore impatto in tutti i settori. Trasversale, come Internet negli ultimi tre decenni, sta riplasmando anche il mondo delle professioni. “Il lavoro del futuro non sarà unicamente definito da nuovi ruoli, ma da un cambiamento nel modo in cui quelli esistenti funzionano“, spiega Matteo Radice, Managing Director e Partner di Bcg.
Secondo Francesco Seghezzi, presidente di Fondazione Adapt e docente presso l’Università di Bergamo, “le professioni da consigliare, a mio parere, sono di due tipi”, ecco quali.
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I lavori del futuro: le due tipologie da consigliare
La società d’analisi Idc prevede che, entro il 2029, la spesa IT globale che verrà dedicata all’AI, trainata dall’Agentic AI, supererà la soglia del 25%. L’adozione degli agenti di intelligenza artificiale sta infatti riassegnando le priorità IT a livello globale.
Tra il 2025 e il 2029, la spesa in AI registrerà un incremento a doppia cifra del 31,9% all’anno, con investimenti che oltrepasseranno quota 1.300 miliardi di dollari a fine del quadriennio, di cui 609 miliardi prodotti soltanto dall’AI generativa.
Secondo Francesco Seghezzi, residente di Fondazione Adapt e docente presso l’Università di Bergamo, “le professioni da consigliare, a mio parere, sono di due tipi. Le prima quelle direttamente connesse allo sviluppo ICT, in particolare legate all’applicazione dell’AI ai processi di aziende medie e grandi (ma volendo anche piccole, anche se c’è una maggior difficoltà di penetrazione). Il secondo ambito riguarda invece servizi di consulenza di supporto alle aziende relativamente ai contenuti dell’AI, all’analisi dei dati aziendali in particolare”.
Le Pmi, che rappresentano l’ossatura, lo scheletro del tessuto economico italiano, pur costituendo appena il 5% delle imprese attive, producono il 42% del fatturato nazionale, impiegando il 35% della forza lavoro del settore privato. Queste realtà sono quelle che devono affrontare sfide sempre più complesse, imparando a cogliere le nuove opportunità legate alla trasformazione digitale. E possono raccogliere queste sfide, grazie ai nuovi professionisti del digitale ed esperti in grado di cavalcare la rivoluzione dell’AI.
Le caratteristiche dei lavori del futuro: tra soft skill e purpose
I lavori del futuro dovranno rispondere alle nuove esigenze di cui le generazioni più giovani sono ad oggi i principali promotori, secondo Martina Mauri: “Un buon equilibrio vita-lavoro, percorsi di carriera dinamici e la possibilità di contribuire a uno scopo organizzativo in grado, non solo di generare un impatto positivo sulla società, ma nel quale ciascuno possa riconoscere il proprio contributo distintivo. In termini di competenze, è inevitabile che sempre più professioni dovranno essere in grado di integrare gli strumenti di intelligenza artificiale nelle proprie attività. Per questo aumenteranno di importanza non
solo le abilità tecniche di utilizzo di questi strumenti, ma anche le competenze soft”.
Le 4 competenze soft
La Direttrice dell’Osservatorio HR Innovation Practice individua le competenze soft: “Se ne possono individuare quattro particolarmente importanti. In primis, la capacità di valutare e analizzare in modo critico le informazioni derivanti da soluzioni di AI, al fine di formulare opinioni ponderate ed evitare le cosiddette ‘allucinazioni'”.
“Un’altra competenza soft rilevante sarà l’abilità di discernere per quali attività affidarsi a soluzioni di AI e integrare i risultanti di questi strumenti con l’esperienza umana. Sarà inoltre essenziale sviluppare consapevolezza degli impatti etici sul lavoro, sull’ambiente e sulla società, legati all’adozione di soluzioni di AI. Infine, sarà di valore la capacità di prendere decisioni consapevoli in merito ai possibili impatti legati all’uso della tecnologia, per esempio privilegiando soluzioni che garantiscano il rispetto dei diritti dei lavoratori lungo l’intera filiera tecnologica”, conclude Martina Mauri.
I 10 lavori del futuro: la centralità dell’AI per rendere i processi più efficienti
Le dieci professioni del futuro si baseranno sull’analisi dei dati e sull’automazione nei vari ambiti, dalla sanità digitale alla space economy, dalla cyber security al Fintech, dalla sfera educativa e formazione continua alla transizione ecologica ed energetica eccetera.
L’intelligenza artificiale (AI) modifica i processi rendendoli più efficienti, invece l’automazione industriale rende più efficace la produzione. Entrambe generano un aumento della produttività.
“Immagino ampio spazio per l’interazione tra AI e lavori nell’ambito sanitario, trainato dai cambiamenti demografici, nell’ambito educativo (per la formazione di tutte le età) e nell’ambito della transizione ecologica“, sottolinea il professor Seghezzi.
Analisi dei dati e big data
Data scientist, analisti di dati ed esperti di big data sono i professionisti molto ricercati il cui lavoro è “aumentato” dal machine learning e dall’intelligenza artificiale.
Lo scienziato dei dati è una professione in evoluzione perché il futuro non si prevede, ma si genera. Assunti per effettuare l’automatizzazione dei processi e delle attività aziendali, in futuro, potrebbero vedere il loro lavoro in gran parte “automatizzato”.
Ma la vera sfida dei data scientist è quella non solo di costruire un modello, ma di renderlo operativo e sfruttarlo su scala per renderlo utilizzabile lungo tutta l’organizzazione.
Nell’industria e impresa 5.0, automazione e AI guidano l’innovazione
Il modello Industria 5.0 si basa sulla sinergia fra i principi cardine della sostenibilità e innovazioni tecnologiche come l’intelligenza artificiale, l’IoT e i big data, per ridisegnare le fabbriche smart della quinta rivoluzione industriale
L’automazione industriale non azzera il lavoro, ma riesce a trasformarlo in maniera radicale.
La fabbrica del 2025 e del prossimo decennio richiede tecnici iper specializzati, analisti di dati, data scientist ed ingegneri. Le opportunità professionali sono diverse, ma hanno come denominatore comune la (ri)qualificazione.
Secondo le linee guida della Commissione europea per Industria 5.0 (rapporto pubblicato nel 2021), sono essenziali il capitale umano, la sostenibilità ambientale e la resilienza (anche cyber).
Logistica 5.0 e reshoring
La pandemia di Covid-19 e le tensioni geopolitiche hanno messo a nudo la fragilità delle catene di approvvigionamento globali.
Tagliare in maniera drastica la dipendenza dall’Asia (e dalla Cina, in particolare, per motivi geopolitici), ridurre i tempi di consegna da mesi a settimane e azzerare i rischi associati a blocchi navali (per attacchi dei missili degli Houthi sulle navi cargo verso l’Europa) o dazi imprevisti, significa rendere più resiliente la supply chain.
Esperti di reshoring (e nearshoring) e resilienza delle catene delle filiere sono molto gettonati. Ma anche gli specialisti della logistica 5.0, la cui priorità nel settore sarà scommettere sulla resilienza: la digitalizzazione dei processi, l’automazione e l’applicazione dell’IA saranno le chiavi del successo.
Esperti di gemelli digitali
I digital twin, repliche virtuali di prodotti fisici che fotografano lo stato del prodotto, in tempo reale, al fine di prevedere le performance future dell’asset fisico e di testare progressi senza la necessità di sperimentarli sul prodotto stesso.
Gli esperti di gemelli digitali hanno un impiego crescente nella manifattura e anche nella sanità digitale.
Nella sanità digitale, gli esperti di digital twin puntano a una sanità predittiva e sicura. A tal fine, costruiscono un modello virtuale dinamico di un paziente o di un sistema, integrando dati clinici, genomici e di stili di vita per monitorare in tempo reale, effettuare simulazioni e previsioni. Alimentati dall’intelligenza artificiale e dai big data, i gemelli digitali permettono di personalizzare terapie, sperimentare farmaci, migliorare la logistica ed ottimizzare continuamente la gestione dei processi ospedalieri, fornendo, in maniera olistica, una visione a 360 gradi della condizione del paziente e della situazione sanitaria.
Sanità digitale nell’era dell’AI
Entro il 2027 la GenAI raggiungerà il 30% del mercato AI, al ritmo dell’85%, il tasso di crescita medio annuo più alto nella sanità.
L’automazione, in grado di liberare risorse per l’assistenza ai pazienti, può trovare applicazione fino al 70% delle attività amministrative.
Ma oggi solo il 45% degli operatori sanitari italiani usa strumenti di GenAI almeno una volta alla settimana.
Sempre più sanitari esperti di IA avranno spazio nella sanità digitale al fine di migliorare le prestazioni sanitarie e ridurre le liste d’attesa.
Gli specialisti dell’intelligenza artificiale nella sanità digitale, sfruttando algoritmi di machine learning per l’analisi dei dati, migliorano le diagnosi, le terapie e la gestione delle risorse sanitarie. Le applicazioni spaziano dalla medicina personalizzata alla diagnosi precoce, dall’ottimizzazione dei posti letto all’adozione di chatbot per offrire informazioni e supporto ai pazienti. L’IA, in sinergia con la telemedicina e il Fascicolo sanitario elettronico (Fse 2.0), sta rinnovando l’ecosistema sanitario, al fine di rendere le cure più accessibili, efficaci e su misura dei pazienti.
Dall’upskilling mirato all’utilizzo di dati di qualità fino a modelli di Responsible AI, sono numerosi i ruoli per gli esperti di IA in sanità.
Education: la parola d’ordine è la formazione per tutte le età
Il 96% delle grandi organizzazioni italiane sta già impiegando o sperimentando soluzioni di intelligenza artificiale. Al contempo, secondo una ricerca di Idc, il 75% dei lavoratori prevede che, entro il termine del 2026, l’AI influenzerà la propria funzione in maniera significativa.
In questo contesto, la Gen AI evolve a grande velocità, passando dagli “assistenti” agli “advisor” fino agli “agenti”, che Idc etichetta come “entità software autonome basate su large language model (LLM), in grado di percepire il contesto, prendere decisioni, agire di conseguenza e interagire con utenti o altri sistemi”.
Secondo le stime Idc, entro il 2027 i workflow agentici ridisegneranno come avviene la distribuzione dei compiti e il loro svolgimento, ridefinendo almeno il 40% delle attività di knowledge work delle grandi aziende.
I professionisti dell’education e della formazione continua in azienda dovranno occuparsi anche di questi temi, rimettendo al centro le persone e i processi.
Transizione energetica ed ecologica: il futuro è verde
Secondo il Boston Consulting Group, l’IA nel settore energetico può generare un incremento dell’efficienza operativa tra il 15% e il 25%, aumentando la disponibilità di energia rinnovabile del 2-3 per cento e ottenendo in meno di 5 anni rilevanti ritorni economici.
Gli esperti di tecnologie per l’efficienza energetica, le energie rinnovabili, lo stoccaggio dell’energia e l’autonomia energetica sono molto ricercati anche da Industria 5.0.
Fino al 70% della possibilità di successo dell’AI dipende dalla capacità, espressa da parte dell’organizzazione, di riuscire nel coinvolgimento dei team operativi, nell’allineamento della leadership, degli obiettivi e nello sviluppo di nuove competenze. Il rimanente 30% va suddiviso tra la capacità di sviluppo di algoritmi (10%) e gli investimenti in dati e tecnologia (20%). Ciò dimostra che serve una trasformazione organizzativa mirata, per consentire alle soluzioni più evolute di generare un impatto reale.
Le imprese, inoltre, devono assumere esperti che sappiano abbracciare un rigoroso approccio alla progettazione, effettuando serie e immediate valutazioni dei ritorni economici, dell’efficienza e del coinvolgimento interno dei progetti AI. Infine, occorre saper individuare le applicazioni con il potenziale superiore in termini di effetto e fattibilità.
Fintech: la leva del risk management nell’era predittiva
Un lavoro del futuro è quello dello Chief Risk Officer (Cro) o Responsabile del rischio, una figura dirigenziale, appartenente al top management, che si occupa dell’identificazione, valutazione, monitoraggio e mitigazione dei rischi (sia interni che esterni) di un’azienda per decretarne il successo e assicurarrne la conformità alle normative vigenti.
Anche in ambito Fintech o nell’analisi del rischio climatico, il Cro sa sviluppare strategie di gestione del rischio, definendo politiche, coordinando la raccolta dati e comunicando i profili di rischio ai vertici aziendali e al consiglio di amministrazione. Con l’AI, il risk management entra inoltre nell’era predittiva.
Space economy: il futuro è dual-use
La Space economy rappresenta un’opportunità strategica per l’Italia, soprattutto in ottica dual-use, sia civile che militare. Dati, laser e IA rappresentano l’ossatura digitale delle space economy, capace di rendere lo spazio una risorsa strategica per questioni di sicurezza e crescita economica. Gli stati stanno investondo miliardi in infrastrutture spaziali iove le applicazioni militari e civili aprono nuove finestre di opportunità con ricadute significative per l’Europa e l’Italia.
Cyber security: rendere il fattore umano da anello debole a punto di forza
Rafforzare la sicurezza informatica e ridurre i rischi cyber è oggi essenziale. Infatti il 95% delle violazioni della sicurezza nasce dal fattore umano, dunque, adottare un approccio Zero Trust permette agli utenti di lavorare ovunque in completa sicurezza, blindando i dati aziendali e minimizzando i rischi di interruzioni della produttività.
Le minacce evolvono continuamente, comprese quelle AI-based che usano l’AI in fase offensiva. Occorre rendere il fattore umano da anello debole a punto di forza, anche attraverso l’AI difensiva.
Fra i lavori del futuro ci sono senza dubbio la figura del Ciso (Chief information security officer) e del CIO. Il Ciso oggi sta assumendo una nuova rilevanza strategica grazie all’AI che ne sta cambiando il ruolo, per gestire la crescente digitalizzazione dei processi aziendali, la diffusione del cloud e l’espansione delle supply chain digitali che stanno moltiplicando le superfici di esposizione al rischio.
Prospettive future
I dieci lavori del futuro in Italia e in Europa non potranno prescindere dall’AI, ma dovranno usarla come leva per cogliere le opportunità e per affrontare i rischi, anche etici e normativi in era di AI Act.
“L’intelligenza artificiale sta già semplificando molte attività ripetitive e non si tratta di sostituire le persone, ma di spostare il focus su compiti più trasversali, interpretativi, decisionali. Alle capacità tecniche andranno integrate competenze che permettano di leggere un contesto, gestire flussi, prendere iniziativa. Una trasformazione che molte imprese stanno iniziando a riconoscere: in Italia, il 69% considera l’AI una priorità strategica, ma solo il 20% ha investito in formazione su larga scala, mentre oltre l’83% segnala difficoltà nel reperire talenti specializzati. Eppure, il 63% dei lavoratori si dice pronto a integrare l’uso di queste tecnologie nel proprio ruolo. È in questa distanza tra evoluzione tecnologica e capacità organizzativa che si giocherà la qualità del lavoro nei prossimi anni”, conclude Matteo Radice.
















