Nella corsa globale verso la digitalizzazione della moneta, due strumenti si stanno affermando come protagonisti della nuova infrastruttura finanziaria: le stablecoin e d’altra parte le valute digitali emesse dalle banche centrali, conosciute come CBDC. Se entrambe rispondono all’esigenza di stabilità – un’esigenza emersa con forza in un contesto dominato dalla volatilità delle criptovalute tradizionali – la logica sottostante alla loro progettazione è profondamente diversa.
Le stablecoin, nate all’interno dell’ecosistema crypto, hanno l’obiettivo di fornire una forma di denaro digitale stabile e utilizzabile all’interno di piattaforme decentralizzate. Le CBDC, invece, rappresentano l’estensione tecnologica della moneta di Stato e riflettono l’intento delle istituzioni di non rimanere escluse da un’evoluzione ormai irreversibile.
Questa apparente convergenza sul piano tecnico nasconde in realtà due visioni opposte del futuro della moneta: da una parte l’innovazione aperta e sperimentale dei mercati decentralizzati, dall’altra il consolidamento del controllo istituzionale sul denaro e sulla sua circolazione. Comprendere le caratteristiche, le implicazioni e i limiti di ciascun modello è oggi fondamentale per cogliere la posta in gioco di questa trasformazione epocale.
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Il mondo delle stablecoin: stabilità per l’ecosistema crypto
Le stablecoin si sono affermate rapidamente come strumento ponte tra la finanza tradizionale e il mondo delle criptovalute. Il loro valore è ancorato – direttamente o indirettamente – a una valuta fiat, solitamente il dollaro statunitense. Questo ancoraggio permette di aggirare l’instabilità che caratterizza asset come Bitcoin o Ethereum e rende le stablecoin ideali per una molteplicità di usi, dal trading alla gestione della liquidità nei protocolli DeFi.
Esistono diverse architetture di stablecoin. Alcune, come USDT (Tether) o USDC (Circle), sono emesse da società private che dichiarano di detenere in riserva un corrispettivo in valute fiat, titoli di Stato o altri strumenti finanziari. Si tratta quindi di strumenti centralizzati, che richiedono un certo grado di fiducia nell’emittente e nella sua trasparenza. Altre, come DAI (sviluppata da MakerDAO), adottano invece un approccio decentralizzato: la stabilità viene garantita da meccanismi algoritmici e da collaterali crypto depositati in smart contract. Esistono infine modelli più sperimentali – come quelli algoritmici puri – che hanno però mostrato gravi limiti, come dimostrato dal fallimento di TerraUSD nel 2022.
Le stablecoin centralizzate si sono rapidamente affermate sui principali exchange e sono oggi utilizzate come riserva di valore, mezzo di scambio e unità di conto. Tuttavia, proprio la loro natura ibrida solleva interrogativi sulla trasparenza delle riserve, sulla possibilità di censurare transazioni e sull’effettiva decentralizzazione del sistema che le ospita.
Cbdc, cosa sono le valute digitali
Parallelamente all’emergere delle stablecoin, le banche centrali di tutto il mondo hanno avviato studi e sperimentazioni su una nuova forma di moneta pubblica, progettata per circolare in formato digitale: la CBDC. Si tratta di una valuta digitale emessa direttamente da un’autorità monetaria, con valore legale pieno e supporto statale.
Alcuni Paesi si trovano già in fase avanzata di implementazione. La Cina ha lanciato il suo e-CNY in diverse città, mentre la Banca Centrale Europea sta portando avanti il progetto per l’euro digitale. Anche la Federal Reserve statunitense, pur con maggiore cautela, ha annunciato la propria intenzione di esplorare soluzioni in questa direzione. A differenza delle stablecoin, le CBDC non sono strumenti complementari al denaro fiat, ma rappresentano una sua trasposizione in ambiente digitale, con la garanzia diretta dello Stato.
I motivi che spingono verso l’introduzione delle CBDC sono molteplici. Le banche centrali intendono ridurre la dipendenza da circuiti di pagamento privati, promuovere l’inclusione finanziaria e offrire un’alternativa sicura e controllabile rispetto all’uso crescente di criptovalute private. Inoltre, la digitalizzazione della moneta pubblica potrebbe migliorare l’efficienza dei pagamenti, agevolare le politiche monetarie e rafforzare il controllo sulla circolazione del denaro.
Stablecoin e Cbdc: decentralizzazione e centralizzazione
L’elemento di maggiore contrasto tra stablecoin e CBDC non è di natura tecnica, bensì politica e istituzionale. Le stablecoin, soprattutto quelle decentralizzate, operano in un’ottica di autonomia: non sono soggette al controllo diretto di governi o banche centrali, e il loro funzionamento è affidato a protocolli open source. Questo consente un certo grado di libertà, ma comporta anche una maggiore esposizione a rischi sistemici, alla volatilità del collaterale e alla mancanza di supervisione.
Le CBDC, al contrario, rappresentano il trionfo della centralizzazione. Il controllo dell’emissione, della circolazione e persino del comportamento del denaro rimane nelle mani delle autorità monetarie. Da un lato, ciò garantisce stabilità e affidabilità. Dall’altro, solleva preoccupazioni rilevanti in materia di privacy, sorveglianza e censura. La possibilità per una banca centrale di tracciare ogni transazione in tempo reale, di imporre limiti o condizioni d’uso al denaro digitale, e di intervenire direttamente nella vita economica del cittadino, configura uno scenario che molti osservatori definiscono distopico.
Il dibattito sulla privacy e sulla programmabilità del denaro
Uno degli aspetti più discussi riguarda la programmabilità del denaro digitale. Mentre le stablecoin decentralizzate garantiscono una certa neutralità (il token può essere trasferito a chiunque, in qualsiasi momento, senza restrizioni), le CBDC potrebbero essere progettate per includere funzioni condizionali: un limite di spesa, una scadenza temporale, una destinazione d’uso. Tali meccanismi aprono la strada a forme di politica monetaria innovativa – ad esempio, per incentivare i consumi in periodi di crisi – ma rischiano di trasformare il denaro da strumento neutrale a veicolo di controllo sociale.
Allo stesso modo, il livello di anonimato previsto per le transazioni è oggetto di accesi dibattiti. Le stablecoin, pur essendo registrate su blockchain pubbliche, consentono un certo grado di pseudonimia. Le CBDC, invece, potrebbero prevedere livelli di identificazione molto elevati, soprattutto se distribuite attraverso circuiti bancari esistenti.
Impatti sul sistema bancario e sulla libertà economica
La diffusione delle CBDC potrebbe modificare in profondità l’architettura finanziaria esistente. Se i cittadini potessero detenere denaro direttamente presso la banca centrale, le banche commerciali rischierebbero di perdere la loro funzione tradizionale di intermediazione. Questo potrebbe avere conseguenze significative sulla disponibilità del credito, sulla gestione della liquidità e sulla stabilità del sistema bancario.
Nel caso delle stablecoin, invece, l’impatto è più laterale. Operando all’interno di circuiti paralleli, non sostituiscono il denaro fiat ma lo affiancano, offrendo strumenti alternativi per il trasferimento di valore. Tuttavia, la loro crescente diffusione potrebbe ridurre l’efficacia delle politiche monetarie e spostare porzioni rilevanti di attività economica verso spazi poco regolamentati.
Europa e Stati Uniti: modelli a confronto
L’approccio all’introduzione della moneta digitale varia notevolmente da una regione all’altra. L’Unione Europea, con il progetto del Digital Euro, sta cercando un difficile equilibrio tra innovazione e tutela dei diritti fondamentali. La Banca Centrale Europea ha dichiarato di voler garantire un livello elevato di privacy per le transazioni digitali, pur mantenendo la possibilità di controllo in caso di sospette attività illecite.
Negli Stati Uniti, la discussione è più frammentata. Mentre il Dipartimento del Tesoro e la Federal Reserve valutano scenari alternativi, alcuni Stati federati e gruppi parlamentari esprimono forti riserve, soprattutto in relazione al rischio di sorveglianza finanziaria e all’impatto sull’indipendenza dei cittadini.
Stablecoin e Cbdc: gli sviluppi attesi
Stablecoin e CBDC non sono semplici strumenti tecnologici: sono manifestazioni concrete di due visioni antagoniste della moneta e della sua funzione sociale. Le une incarnano l’ideale di una finanza decentralizzata, resiliente e libera dai vincoli istituzionali; le altre rappresentano il tentativo delle autorità pubbliche di riaffermare il proprio ruolo in un contesto in cui la fiducia nei confronti degli intermediari tradizionali si è erosa.
Il modo in cui si svilupperanno queste due traiettorie non dipenderà solo da fattori tecnici, ma soprattutto da scelte politiche e culturali. Per i cittadini, le imprese e gli investitori, è essenziale comprendere che dietro la scelta tra una stablecoin e una CBDC si nasconde una domanda più profonda: quale rapporto si desidera costruire tra denaro, tecnologia e libertà?











