Osservatorio IN-Salute 2025

L’IA nella sanità italiana resta a metà strada: tutti i gap da colmare



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Dal rapporto I-Com nuove evidenze a sostegno della necessità di aumentare la predisposizione all’innovazione del sistema di cure, con particolare attenzione alle potenzialità dell’intelligenza artificiale

Pubblicato il 15 ott 2025

Thomas Osborn

direttore Area Salute dell’Istituto per la Competitività (I-Com)



sanità digitale italiana carenza medici SSN dati sintetici in sanità sanità digitale post-PNRR; L'AI nella gastroenterologia ed endoscopia digestiva: la sfida tra intelligenza naturale ed artificiale; privacy dati sanitari

Davanti alle novità legate alle nuove insidie commerciali e geopolitiche di livello internazionale, che si affiancano alle tendenze nostrane relative all’invecchiamento della popolazione e alla mancata transizione del SSN verso modelli più sostenibili, l’Istituto per la Competitività (I-Com) ha pubblicato l’edizione 2025 del proprio rapporto Osservatorio IN-Salute, quest’anno intitolato “Orizzonti della Cura”. Presentato a Roma il 2 ottobre, il rapporto punta a contribuire a un dibattito necessario, e urgente, su come il mondo delle Life Sciences italiano intende affrontare nuove insidie e annosi problemi al fine di rinnovarsi, rilanciarsi, e proiettarsi verso nuovi orizzonti delle cure.

Innovazione come bussola per nuovi modelli di cura

Bussola verso i nuovi “Orizzonti della Cura” individuati da I-Com si rivela essere l’innovazione, con le sue potenzialità ancora da cogliere nell’ambito della ricerca, nell’introduzione di terapie e dispositivi di qualità, e per lo sviluppo di percorsi di cura sempre più efficaci ed accessibili. In tale scenario, l’intelligenza artificiale rappresenta uno degli ambiti più promettenti per trasformare la sanità, migliorando diagnosi, percorsi terapeutici e organizzazione dei servizi, così da sostenere la sostenibilità del modello di cura.

Un mercato in espansione e un gap nazionale da colmare

Tra applicazioni sullo sviluppo dei farmaci e quelle per l’analisi diagnostica delle immagini, il mercato globale sta crescendo a ritmi esponenziali. L’Italia, tuttavia, si ritrova a dover colmare un grande gap finanziario e tecnologico, ma la grande predisposizione dei professionisti del settore e l’eccellenza nel campo ricerca offrono grandi prospettive.

Adozione globale dell’IA: governance, clinica e impresa

A livello mondiale, sempre più organizzazioni sanitarie riconoscono le potenzialità delle tecnologie di IA per migliorare l’assistenza sanitaria. Nello specifico, l’82% delle organizzazioni sanitarie mondiali ha, o prevede di implementare, strutture di governance e supervisione per l’IA generativa, mentre il 65% ritiene che sia un valido strumento per consentire un processo decisionale più rapido. Anche tra le aziende del settore c’è grande ottimismo e il 75% di queste dichiara di star sperimentando o pianificando di utilizzare l’IA generativa al proprio interno.

Le statistiche del settore sanitario mostrano che la diagnosi delle malattie è l’uso principale dell’IA in questo ambito, con oltre quattro organizzazioni sanitarie su dieci in Europa che utilizzano l’IA a questo scopo (42%). Tra gli ambiti di maggiore applicazione, già oggi, risulta esserci quello della cardiologia, una delle poche specializzazioni che risultano già pienamente coinvolta nella trasformazione in corso e nell’apertura alle potenzialità dell’IA: il 55% dei professionisti leader del campo della cardiologia utilizza già il monitoraggio remoto per la gestione delle malattie croniche e il 37% dichiara di volerlo implementare nei prossimi tre anni.

Drug discovery e valore economico potenziale

Di grande rilievo è anche l’applicazione nella drug discovery, ambito in cui l’intelligenza artificiale, specie quella generativa, può esprimere il suo massimo potenziale: dalla progettazione di nuovi composti alla valutazione dell’efficacia e della sicurezza dei medicinali, fino alla selezione dei partecipanti alla sperimentazione clinica. Si stima che tale tecnologia possa infatti generare da $60 a $110 miliardi all’anno di valore economico per le industrie farmaceutiche e dei prodotti medicali, in gran parte perché può aumentare la produttività accelerando il processo di identificazione dei composti per possibili nuovi farmaci, accelerare lo sviluppo e i processi di approvazione e migliorare il modo in cui i medicinali vengono commercializzati.

Professionisti italiani: disponibilità e casi d’uso

Anche in Italia la comunità di professionisti e operatori sembra mostrare grande fiducia e apertura verso l’IA e le possibili applicazioni in ambito sanitario. In particolare, viene rilevato che nei prossimi tre anni oltre il 60% dei medici italiani intende usare l’IA per il monitoraggio terapeutico dei pazienti, mentre il 50% intende usarlo per migliorare gli interventi di prevenzione. Inoltre, 50% dei professionisti del settore in Italia inizieranno ad usarla per migliorare i processi di diagnosi, campo in cui l’IA può fornire non solo grandi esiti sanitari e clinici, ma anche sostanziosi risparmi per il SSN.

Nei processi di diagnostica per immagini, ad esempio, tali tecnologie consentono infatti – già oggi – una lettura precisa delle immagini mediche e di rilevare tempestivamente diagnosi. Questo è di grande impatto soprattutto nei casi di cancri e negli esami cardiologici e radiologici, nelle quali la capacità di analisi di migliaia di immagini in pochi minuti, individuando potenziali anomalie con grande precisione, consente all’IA di ridurre enormemente tempi, costi e rischi di imprecisione.

La grande apertura alle potenzialità dell’IA da parte del mondo medico italiano è confermata anche dal numero crescente di situazioni in cui tali tecnologie stanno venendo applicate. Nell’approfondimento contenuto nell’edizione 2025 dell’Osservatorio si riportano, ad esempio, gli usi del Campus Bio-Medico di Roma e dell’ospedale San Raffaele di Milano, e soprattutto si evidenziano i casi in cui l’integrazione dell’IA si ha anche nei processi decisionali del sistema sanitario.

Difatti, oltre ai vantaggi legati alla diagnostica e alle terapie, non si può non evidenziare come le tecnologie IA stiano già incidendo anche sui piani della governance. Tra le applicazioni più promettenti, vi è la sua capacità di poter ridurre le liste di attesa: l’utilizzo dell’IA su dati storici può fornire preziose informazioni per prevedere la domanda e consentire una pianificazione più efficace delle risorse e una maggiore gestione dei flussi dei pazienti, evitando così il formarsi di lunghe liste d’attesa. Una sperimentazione di questo tipo sta avvenendo già ora in Regione Liguria, dove è stato avviato un progetto innovativo denominato #Reg4IA.

Trend di mercato: crescita accelerata e prospettive 2030

Il crescente interesse nei confronti dell’IA da parte del mondo sanitario trova conferma anche nei dati di mercato: IN-Salute 2025 evidenzia come il valore globale delle applicazioni IA nei campi delle Life Sciences sia infatti aumentato esponenzialmente dal 2016, passando da $1,1 miliardi di dollari a $15,4 miliardi nel 2022, con un aumento del +1.300%. Gli ultimi 2 anni, con l’avvento e la diffusione anche di tecnologie di IA generativa, hanno visto la crescita ampliarsi ulteriormente: tra il 2022 e il 2023 il valore degli investimenti globali è aumentato del +45%, raggiungendo quota $22,4 miliardi, e tra il 2023 e il 2024 di un ulteriore 44% raggiungendo i $32,3 miliardi complessivi. Per il 2025 le stime non sono da meno, con un +40% previsto entro la fine dell’anno in corso e una crescita costante fino al 2030, quando si supererà quota $200 miliardi. In 6 anni il valore dell’IA in sanità sarà cresciuto così di 6 volte.

Posizionamento internazionale e ritardi dell’Italia

Tali dati relativi al valore globale dell’IA in campo sanitario trovano, nell’analisi per paese, una grande concentrazione in un numero molto limitato di attori. Come prevedibile, sono gli Stati Uniti ad avere un ruolo di assoluta dominanza, registrando nel 2023 (ultimi dati disponibili) un fatturato di $11,8 miliardi – un valore, quest’ultimo, 9 volte superiore a quello del Regno Unito, 16 volte a quello dell’India e oltre 100 volte quello dell’Italia. Tuttavia, come per le tendenze nel campo del biotech, anche nelle applicazioni IA è la Cina a registrare i tassi di crescita più elevati: si prevede, infatti, che per quest’ultima il fatturato aumenterà di oltre due quinti (42,5%) entro il 2030, passando da $1,6 miliardi a $18,9 miliardi.

Nel contesto europeo il Paese con la crescita prevista più elevata in Europa è la Francia, seguita a stretto giro dalla Germania, che si stima possano raggiungere rispettivamente un valore di $7 miliardi e di $6,5 miliardi. L’asse franco-tedesco è già oggi di gran lunga il principale traino dell’IA in sanità tra gli Stati UE ($714 milioni di valore la Francia, $687 milioni la Germania), con Spagna e Italia che presentano cifre ben più esigue: rispettivamente, infatti, registrano un quinto e un decimo del valore del mercato francese. Il gap italiano si rileva anche analizzando le prospettive di crescita per i prossimi anni: nel 2023 il mercato dell’IA nella salute valeva solo $97 milioni e dovrebbe raggiungere $740 milioni entro il 2030. In altre parole, nel 2030 il valore dell’IA in sanità in Italia sarà pari a quello registrato nel 2023 in Francia.

Dotazioni tecnologiche ospedaliere e investimenti ICT

A fronte di tali ragionamenti, tuttavia, non si possono ignorare le reali condizioni in cui versano ospedali e strutture sanitarie dal punto di vista della dotazione tecnologica e di dispositivi medici. Sebbene numericamente la dotazione pro-capite delle apparecchiature e dei macchinari medici del SSN si confermi in linea con i principali Paesi europei, si rileva un quadro drammatico per quel che riguarda lo stato di adeguatezza tecnologica.

Il monitoraggio I-Com evidenzia infatti come una quota rilevante del parco tecnologico sia costituita da macchinari con oltre 10 anni di servizio. In particolare, spiccano le gamma camere computerizzate, per cui oltre il 70% delle unità risulta avere più di dieci anni, seguite dagli acceleratori lineari (45%) e dagli angiografi (41%). Anche nel caso delle risonanze magnetiche, dei sistemi TC/PET e delle TC standard, la quota di macchinari ultradecennali supera il 30%. Fanno eccezione i sistemi robotizzati per chirurgia endoscopica, che presentano una netta preponderanza di dotazioni recenti: quasi il 70% ha meno di cinque anni e solo il 7% supera la soglia dei dieci. Una distribuzione più bilanciata si osserva per mammografi e sistemi TC/gamma camera, dove le tre classi di età si attestano su percentuali simili. Questi dati confermano la necessità di potenziare i programmi di rinnovo delle tecnologie sanitarie, anche alla luce della crescente complessità diagnostica e terapeutica. L’obsolescenza del parco macchine rischia infatti di incidere negativamente non solo sulla qualità e tempestività delle prestazioni, ma anche sulla sicurezza dei pazienti e sull’efficienza complessiva dei percorsi di cura. Anche gli investimenti previsti con il PNRR vanno in questa direzione. Il totale assegnato per l’investimento 1.1 della seconda Componente ammonta a circa €4 miliardi di euro, ripartiti in due sottocomponenti: quasi €3 miliardi in digitalizzazione, il restante importo per l’acquisto di 3.100 grandi apparecchiature mediche.

Se il parco macchinari presenta ancora criticità e necessità di investimenti per il rinnovamento, un quadro diverso emerge relativamente ai software e alle tecnologie ICT. Dopo anni di investimenti esigui, l’analisi rileva un cambio di passo, con un tasso di crescita medio annuo del 13,8% nella spesa sanitaria per le tecnologie ICT. La voce di spesa relativa alla manutenzione hardware e software dei sistemi continua ad essere la principale, rappresentando il 41% degli investimenti. Tuttavia, si rileva uno spostamento di parte della spesa verso l’acquisto di licenze, di servizi di sviluppo e di hardware che fa pensare a progetti in piattaforme e soluzioni in gran parte nuove, a testimonianza di come l’esigenza di intraprendere un processo di digitalizzazione si stia progressivamente concretizzando in progettualità.

Dalla ricerca alla produzione: accorciare le distanze

Nel complesso e mutevole scenario internazionale, il sistema di cure italiano deve necessariamente affrontare annose questioni mai risolte – che rischiano altrimenti di diventare voragini – ma soprattutto valorizzare le tante eccellenze del mondo delle life science del nostro Paese.

In particolare, nel campo dell’IA, l’Italia deve fare tesoro del grande impegno di ricercatori e atenei sulla materia. Difatti, l’utilizzo dell’IA nel campo della ricerca clinica è sempre più frequente e sono ormai tantissimi i ricercatori a livello mondiale che cercano di sviluppare metodologie innovative basate su modelli IA per la diagnosi di numerose patologie. Secondo recenti dati della Stanford University, a livello globale, gli studi clinici basati sull’intelligenza artificiale sono aumentati notevolmente e tra i principali poli di studio in materia figura anche l’Italia: con 42 studi nel 2024 il nostro Paese si colloca in terza posizione globale dietro Cina e Stati Uniti per numero di studi condotti utilizzando modelli di IA.

Anche in questo caso, pertanto, si evidenzia nuovamente la grande potenzialità dell’ecosistema italiano che – tuttavia – risulta ancora in gran parte inespressa. Come sottolineato anche dal Rapporto Draghi, è pertanto urgente accorciare anzitutto le distanze tra le fasi di ricerca (tanta, e di qualità) e le fasi produttive e a più alto valore aggiunto.

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