Mentre le aziende sono ancora impegnate nell’implementazione dell’intelligenza artificiale nei propri processi e strutture aziendali, si profila già all’orizzonte un nuovo ruolo per queste tecnologie: quello di consulente organizzativo in grado di suggerire modifiche che le stesse aziende potrebbero non aver preso in considerazione.
Indice degli argomenti
Quando i processi reali divergono da quelli ufficiali
Non va sottovalutato che le imprese pianificano i propri progetti di innovazione e digital transformation partendo dai processi aziendali ufficiali, ma spesso lo svolgimento reale delle attività segue percorsi diversi.
L’intelligenza artificiale, attraverso l’analisi di patterns comportamentali e flussi di lavoro, può aiutare a individuare queste discrepanze e inefficienze che sfuggono all’occhio umano, proponendo modifiche organizzative non programmate ma potenzialmente efficaci.
Il ruolo diagnostico dell’intelligenza artificiale: cosa può fare
In altre parole, l’AI potrebbe evolversi verso un ruolo di diagnostico, analizzando grandi volumi di dati operativi per rivelare divari e opportunità di miglioramento tra processi formali e pratiche reali.
Le modalità principali che si sta iniziando a esplorare includono:
Rilevazione emergente dei gap organizzativi
L’AI sta sperimentando la mappatura dei flussi di lavoro effettivi attraverso l’analisi di email, sistemi gestionali e interazioni digitali.
Questi primi tentativi mirano a evidenziare dove le procedure ufficiali divergono dalla realtà operativa, con l’obiettivo futuro di far emergere esigenze critiche dei dipendenti ancora non formalizzate;
Raggruppamento intelligente delle attività
Le tecnologie emergenti stanno iniziando a identificare legami e correlazioni nascoste tra attività apparentemente disconnesse.
L’obiettivo è sviluppare sistemi che possano suggerire raggruppamenti o coordinamenti basati su competenze condivise, successione temporale o complementarità delle risorse per creare potenziali sinergie operative;
Scoperta di competenze latenti o necessarie
Attraverso l’analisi di chi risolve effettivamente i problemi, chi viene consultato e chi dimostra adattabilità, l’AI potrebbe in futuro far emergere competenze non formalizzate o indicare quelle che potrebbero essere utili per massimizzare i benefici dei nuovi progetti.
Le tecnologie alla base dell’AI organizzativa
Dal punto di vista tecnologico, questo nuovo ruolo dell’AI necessita di un insieme di algoritmi e metodologie avanzate in cui il process mining rappresenta la tecnologia fondamentale per consentire di estrarre informazioni dai log degli eventi presenti nelle fonti dati aziendali e quindi ricostruire i processi reali, i tutto grazie ad algoritmi di machine learning che identificano automaticamente i flussi di lavoro effettivi e ne misurano performance, conformità e deviazioni rispetto ai modelli teorici.
Mappare le interazioni reali in azienda
Un altro pilastro tecnologico è rappresentato dalla cosiddetta ‘organizational network analysis’, che utilizza metadati di comunicazione (email, chat, chiamate) e tecniche di natural language processing per mappare le interazioni reali tra i dipendenti. Questo approccio consente di identificare ruoli non ufficiali, individuare colli di bottiglia nei flussi comunicativi e operativi, rilevare potenziali inefficienze e portare alla luce capacità, collaborazioni o flussi informativi non formalizzati.
Architetture dati e protezione della privacy
L’utilizzo e l’integrazione di queste tecnologie richiede ovviamente alla base, potenti architetture data-driven capaci di processare volumi elevati di dati eterogenei ma anche di mantenere standard rigorosi di sicurezza e privacy. In particolare la protezione dei dati è cruciale per salvaguardare i dati dell’organizzazione e rispettare informazioni sensibili dei dipendenti.
Governance e supervisione umana come punti fermi
In questo scenario ancora in divenire, la preoccupazione che l’AI possa “prendere il controllo” dei processi organizzativi è diffusa e comprensibile. Risulta quindi cruciale ancor di più in quest’ambito sviluppare framework che mantengano sempre la supervisione umana nelle decisioni dal momento che impattano sulla strategia aziendale e sui processi ma anche sulle persone.
In questa direzione, sarà fondamentale istituire comitati misti, composti da rappresentanti del business, IT e HR, che valutino sistematicamente le future proposte di cambiamento suggerite dall’AI. Questi team dovranno sviluppare criteri chiari per distinguere tra insight strategicamente rilevanti e semplici anomalie nei dati, definendo anche soglie quantitative e qualitative per eventuali modifiche organizzative.
Sviluppare competenze per interpretare l’AI
Inoltre sarà centrale sviluppare capacità specifiche per “leggere” i futuri suggerimenti dell’AI come già oggi alcune realtà fanno sugli insight, per interpretare correttamente i modelli che potrebbero essere identificati dai sistemi intelligenti e a tradurli in opportunità concrete di miglioramento.
Ovviamente quando questo approccio entrerà in una fase attuativa, sarà cruciale adottare una sperimentazione progettando pilot per testare l’efficacia delle proposte di modifica, misurare l’impatto su persone e performance e adattare le soluzioni al contesto specifico dell’organizzazione, prima di una implementazione su larga scala.
Una frontiera ancora da esplorare
L’utilizzo dell’AI come “consulente organizzativo” rappresenta oggi una frontiera emergente e anche nelle aziende più innovative il dibattito è ancora aperto visto che da un lato ne intravedono le potenzialità future ma dall’altro persistono legittime preoccupazioni sulla capacità di qualsiasi sistema “intelligente” di comprendere le complessità umane e culturali che caratterizzano ogni organizzazione e quindi la sua trasformazione e, più in generale, di sostituirsi agli umani.
Ripensare l’auto-analisi aziendale
Questo scenario costituisce un’ulteriore conferma che gli impatti dell’AI sulle organizzazioni sono molteplici e in divenire e, soprattutto, non possono essere sottovalutati. In questo ambito specifico non si tratterà semplicemente di implementare nuovi strumenti tecnologici, ma di ripensare il modo stesso in cui le aziende per cominciare potrebbero auto-analizzarsi. Uno scenario in cui la necessità di una governance tecnologica rigorosa e di una supervisione umana rappresentano, al momento, gli unici punti fermi. Una conferma che la domanda da porsi non è più se l’AI influenzerà l’organizzazione aziendale, ma quanto saremo disposti a lasciarci guidare da essa.











