Con oltre 5000 comuni sotto i 5000 abitanti, l’Italia custodisce un patrimonio unico di comunità locali che, lungi dall’essere marginali, si configurano come veri laboratori di innovazione sostenibile. Queste realtà, spesso considerate periferiche, stanno invece dimostrando una capacità straordinaria di coniugare digitalizzazione, tutela ambientale e coesione sociale, trasformando vincoli strutturali in opportunità di sperimentazione.
Indice degli argomenti
Transizione digitale e green: il ruolo dei borghi e piccoli comuni
La transizione digitale e la transizione ecologica rappresentano oggi due dei pilastri fondamentali delle politiche globali ed europee per affrontare le sfide del XXI secolo.
Da un lato, l’innovazione tecnologica e la digitalizzazione stanno trasformando radicalmente i processi produttivi, i servizi pubblici, la mobilità e la vita quotidiana dei cittadini. Dall’altro, l’urgenza di contrastare i cambiamenti climatici, ridurre le emissioni di CO₂, preservare la biodiversità e rendere più resilienti i territori spinge verso un ripensamento profondo dei modelli di sviluppo urbano e rurale.
In questo scenario, i comuni e i piccoli borghi assumono un ruolo cruciale. Non si tratta solo di istituzioni amministrative di prossimità, ma di laboratori territoriali dove le politiche digitali e green trovano applicazione concreta, dove i cittadini sperimentano i cambiamenti e dove si misurano i reali impatti delle strategie nazionali ed europee. L’Italia, con circa 7800 comuni e più di 5000 piccoli borghi (molti dei quali con meno di 5000 abitanti), costituisce un contesto unico in Europa. Un mosaico di comunità locali che custodiscono un patrimonio culturale e ambientale straordinario, ma che allo stesso tempo rischiano marginalizzazione se non adeguatamente supportate nei processi di innovazione.
Politiche europee e nazionali per la doppia transizione
A livello europeo, il Green Deal Europeo (2019) e la strategia “Digital Compass 2030” rappresentano due capisaldi delle politiche green e digitali. L’obiettivo è duplice: raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e fare dell’Europa il primo continente a forte integrazione digitale, garantendo accesso universale a connettività veloce, servizi pubblici digitali e competenze diffuse. In ambito rurale e periferico, la Commissione Europea ha promosso l’iniziativa “Long-Term Vision for Rural Areas” (2021), che mira a rafforzare la coesione territoriale e trasformare villaggi e borghi in ‘smart village’, capaci di utilizzare le tecnologie digitali per stimolare economia locale, turismo sostenibile, agricoltura innovativa e inclusione sociale.
Negli ultimi anni, l’Italia ha rafforzato il proprio impegno verso la transizione digitale e quella ecologica, adottando strategie nazionali che vanno dal Piano per la Banda Ultralarga e l’Agenda Digitale, finalizzati a ridurre i divari infrastrutturali e a promuovere la digitalizzazione della pubblica amministrazione, fino al Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC) e alla Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, che orientano il Paese verso obiettivi di decarbonizzazione, efficienza energetica e tutela ambientale. In questo contesto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), adottato nel 2021 nell’ambito del programma europeo Next Generation EU, rappresenta lo strumento più rilevante per accelerare tali trasformazioni.
Con risorse pari a 191,5 miliardi di euro provenienti dall’Unione Europea e 30,6 miliardi di fondi nazionali, per un totale di 222,1 miliardi, il PNRR destina una parte significativa delle risorse alle amministrazioni territoriali – regioni, province, comuni e aziende sanitarie locali – chiamate a svolgere un ruolo decisivo nell’attuazione degli interventi. L’ANCI stima infatti che i Comuni potranno gestire circa 40 miliardi di euro, cifra che conferma la centralità delle amministrazioni locali nell’implementazione delle politiche di transizione digitale e green.
I borghi come nodi resilienti e laboratori locali
Dal punto di vista teorico, diversi filoni di ricerca hanno messo in evidenza l’importanza delle municipalità di piccola scala come veri e propri “nodi resilienti” nelle transizioni socio-tecniche. La letteratura sulla governance pubblica sottolinea come le amministrazioni locali svolgano un ruolo essenziale di mediazione tra le grandi agende politiche globali e i bisogni concreti delle comunità. Parallelamente, studi recenti sulla smart rurality e sulla governance adattiva nei piccoli borghi (Cristofaro et al., 2025) mostrano come leadership territoriale, competenze amministrative e identità culturale possano trasformarsi in leve decisive per l’attuazione di politiche innovative, sia sul piano digitale sia su quello ambientale.
All’interno di questo quadro teorico si colloca il ruolo dei comuni e dei piccoli borghi, non solo in Italia, che costituiscono il livello istituzionale più vicino ai cittadini e che risultano centrali nell’attuazione delle politiche pubbliche. Le loro funzioni spaziano dalla gestione dei servizi digitali di base, come l’anagrafe, i tributi e la comunicazione istituzionale, alla pianificazione urbanistica, alla gestione dei rifiuti e dell’illuminazione pubblica, fino alla mobilità locale e alla tutela ambientale. Nei piccoli borghi, però, queste responsabilità si intrecciano con condizioni peculiari che ne limitano la capacità di azione. La ridotta dimensione demografica comporta bilanci comunali limitati e organici ristretti, con personale tecnico-amministrativo spesso insufficiente a portare avanti progetti complessi.
Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dallo spopolamento, che riduce il capitale umano e indebolisce la vitalità sociale, privando i territori di giovani e professionisti. Tuttavia, questa dinamica non va interpretata esclusivamente come una perdita, poiché apre anche spazi di opportunità e può favorire l’elaborazione di politiche di attrazione rivolte a nomadi digitali e nuove famiglie interessate a modelli di vita più sostenibili e radicati nel territorio. La limitata disponibilità di risorse finanziarie obbliga le amministrazioni a individuare forme innovative di partenariato pubblico-privato e a migliorare la capacità di accesso ai fondi nazionali ed europei. Le sfide principali che i borghi si trovano ad affrontare riguardano dunque le competenze, le infrastrutture, la sostenibilità dei bilanci e la capacità di cooperazione interistituzionale. A bilanciare queste fragilità vi sono però asset significativi, come il patrimonio culturale diffuso, le reti comunitarie solide, la prossimità sociale e la possibilità di sperimentare progetti in scala ridotta ma con un elevato grado di replicabilità.
Il modello degli smart village e le sei dimensioni dell’innovazione
In questo quadro, le amministrazioni locali non possono essere interpretate soltanto come terminali delle politiche sovraordinate, ma devono essere riconosciute come veri e propri laboratori della transizione. Un contributo teorico di rilievo proviene dal paradigma degli ‘smart village’, sviluppato in ambito europeo per declinare l’innovazione nei contesti rurali e periferici. Il modello si fonda su sei dimensioni di ‘smartness’ che, se integrate, possono rendere i borghi comunità resilienti, attrattive e sostenibili.
- La ‘smart economy‘ richiama la presenza di imprese creative e innovative, la capacità di generare occupazione e l’accesso alle tecnologie digitali;
- la ‘smart mobility’ enfatizza l’adozione di forme di mobilità sostenibile, come trasporto pubblico ecologico o servizi di mobilità condivisa;
- la ‘smart environment’ misura la qualità ambientale e la capacità di attivare filiere energetiche rinnovabili e pratiche di economia circolare;
- la ‘smart people’ riflette il livello di partecipazione civica, capitale umano e inclusione sociale, con attenzione alle pari opportunità;
- la ‘smart living’ si concentra sulla qualità dei servizi essenziali e sulla soddisfazione dei cittadini;
- infine, la ‘smart governance’ valuta il grado di digitalizzazione dell’amministrazione pubblica, l’efficacia delle politiche ambientali e la capacità di implementare strumenti di e-government e green procurement.
Esperienze europee di innovazione territoriale
Un contributo significativo alla riflessione su come i piccoli comuni e i borghi possano affrontare la duplice transizione digitale e green proviene dal progetto More than a Village (MTaV), co-finanziato dal programma Interreg Central Europe 2021-2027. L’iniziativa ha sviluppato una serie di strumenti operativi – tra cui il Smart Village Business Support Tool e lo Smart Tourism Village Tool – concepiti come vere e proprie guide pratiche per le amministrazioni locali, le imprese e le comunità. Questi strumenti, costruiti a partire da azioni pilota realizzate in contesti diversi come la Polonia, l’Ungheria e l’Italia, hanno messo in evidenza metodologie, approcci e modelli di governance capaci di rendere più inclusivi ed efficaci i percorsi di innovazione territoriale.
Il Business Support Tool trae origine da esperienze condotte in aree rurali polacche e ungheresi, caratterizzate da dinamiche socio-demografiche simili a quelle di molti borghi italiani. A Marcinkowo, in Polonia, la creazione di uno Smart Village Hub ha permesso di sviluppare un centro comunitario in grado di sostenere PMI, organizzazioni del terzo settore e cittadini, offrendo percorsi di formazione digitale e programmi di mentoring. Tale esperienza ha mostrato come la costituzione di spazi fisici e digitali condivisi, se ben radicati nella comunità, possa fungere da catalizzatore per l’imprenditorialità locale e al tempo stesso contrastare fenomeni di esclusione sociale, in particolare tra giovani e anziani. In Ungheria, nella regione di Hajdú-Bihar, l’attenzione si è invece concentrata sulla cosiddetta Silver Economy, con interventi mirati a potenziare le competenze digitali della popolazione over 55. Qui la transizione digitale è stata declinata come strumento di inclusione intergenerazionale, capace non solo di ridurre l’isolamento delle fasce più anziane, ma anche di stimolare nuove filiere economiche legate al turismo culturale e all’agri-food locale.
Parallelamente, lo Smart Tourism Village Tool, promosso da ANCI Liguria, ha sperimentato come i borghi possano rigenerare il proprio tessuto economico e sociale attraverso un turismo sostenibile supportato dal digitale. Le azioni pilota condotte in Liguria hanno valorizzato il patrimonio culturale e paesaggistico attraverso strategie di narrazione digitale e l’impiego di tecnologie immersive come la realtà aumentata, capaci di arricchire l’esperienza del visitatore e al tempo stesso di rafforzare l’identità locale. Non meno rilevante è stato il percorso di formazione rivolto alle imprese turistiche del territorio, che ha consentito di integrare strumenti digitali nella promozione di pacchetti turistici innovativi e coerenti con i principi del turismo lento e della sostenibilità ambientale. La creazione di reti cooperative tra comuni limitrofi ha inoltre dimostrato come la gestione condivisa dei servizi possa rafforzare la competitività complessiva del territorio, superando i limiti imposti dalla frammentazione amministrativa e dalla scarsità di risorse.
Lezioni apprese e spazi ibridi per l’innovazione territoriale
Da queste esperienze emergono alcune lezioni trasversali. In primo luogo, la transizione digitale nei borghi appare sostenibile soltanto se accompagnata da processi partecipativi capaci di coinvolgere attivamente cittadini, associazioni e imprese. In secondo luogo, l’efficacia dei progetti non risiede tanto nella replicabilità standardizzata dei modelli, quanto nella loro adattabilità ai contesti locali, che devono essere interpretati nelle loro specificità culturali e socio-economiche. Infine, sia nel caso del supporto all’imprenditorialità che in quello del turismo rurale, è emersa l’importanza di creare spazi ibridi – fisici e digitali al tempo stesso – che fungano da punto di incontro tra formazione, erogazione di servizi e socialità comunitaria.
Il Vademecum operativo per i piccoli borghi come laboratorio di governance adattiva
A livello nazionale merita attenzione anche il Vademecum operativo per i piccoli borghi, frutto del progetto di ricerca PRIN 2022 “Small and Smart Villages Governance”, coordinato dall’Università degli Studi di Roma Tor Vergata e dalla Sapienza Università di Roma. Questo lavoro rappresenta uno dei primi tentativi sistematici di trasferire in strumenti concreti i risultati di una ricerca accademica sulle micro-municipalità italiane, assumendo i borghi come laboratori privilegiati per sperimentare modelli di governance adattiva.
Il Vademecum nasce quindi come esito diretto della ricerca PRIN e si configura oggi come un caso di studio nazionale capace di coniugare analisi teorica e applicazione pratica. Il percorso ha preso le mosse da una revisione sistematica della letteratura internazionale, che ha evidenziato la carenza di modelli e strumenti pensati per i piccoli comuni, e si è poi sviluppato attraverso lo studio empirico di Castel San Pietro Romano, piccolo borgo dell’area metropolitana di Roma, che ha attivato processi trasformativi significativi. Da questa combinazione di ricerca comparata ed esperienza concreta è scaturito un modello articolato attorno a quattro dimensioni – leadership territoriale, capacità dinamiche delle amministrazioni, strategie di rigenerazione e coesione sociale, innovazione e sostenibilità – che costituiscono l’ossatura del Vademecum.
La Rete dei Comuni Sostenibili: territorializzare l’Agenda 2030 attraverso la governance multilivello
La Rete dei Comuni Sostenibili, nata nel 2021 su iniziativa di Autonomie Locali Italiane (ALI), Leganet e Città del Bio, rappresenta oggi la più ampia associazione europea di enti locali impegnati nella traduzione dell’Agenda 2030 in politiche concrete. Il suo obiettivo primario è quello di accompagnare i comuni, indipendentemente da dimensione territoriale o orientamento politico, in un percorso strutturato capace di trasformare i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) e i 169 target in azioni misurabili a livello locale.
L’iniziativa nasce dall’assunto, confermato dall’OCSE, che oltre 100 dei 169 target dell’Agenda 2030 dipendano direttamente dall’azione dei governi locali. In questo scenario, i comuni italiani risultano spesso privi di strumenti tecnici e finanziari adeguati per affrontare la complessità della transizione ecologica e digitale. La Rete risponde a tale gap fornendo indicatori, sistemi di monitoraggio e supporto metodologico che consentono alle amministrazioni di pianificare, valutare e comunicare le proprie politiche di sostenibilità. Gli strumenti messi a disposizione comprendono:
- matrici di monitoraggio basate su blockchain per garantire la tracciabilità dei dati,
- rapporti di sostenibilità locale con indicatori comparabili,
- e percorsi di pianificazione strategica integrati con le agende regionali e la Strategia Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile.
Uno degli elementi innovativi della Rete è la capacità di fungere da piattaforma di apprendimento collettivo. Attraverso il network vengono condivisi buone pratiche, delibere, progetti e opportunità di finanziamento, trasformando la rete in una vera e propria “Casa dei Comuni Sostenibili d’Europa”. Questo spazio digitale e relazionale non solo rafforza il capitale amministrativo delle singole municipalità, ma costruisce un ecosistema multilivello in cui comuni, province, città metropolitane e regioni cooperano con attori nazionali ed europei, superando la frammentazione che spesso ostacola l’efficacia delle politiche locali.
Il valore della Rete risiede anche nella dimensione culturale e simbolica. La diffusione di esperienze virtuose attraverso assemblee, eventi e canali comunicativi istituzionali contribuisce a creare una narrativa condivisa dello sviluppo sostenibile, rafforzando la legittimazione politica e sociale delle amministrazioni che vi aderiscono. L’adesione all’ASviS, l’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile, colloca la Rete in un quadro di riferimento nazionale e internazionale che ne amplifica l’impatto e la capacità di incidere sulle agende politiche. In prospettiva, la Rete dei Comuni Sostenibili si pone come infrastruttura strategica per accompagnare i territori non solo verso il 2030, ma anche verso gli obiettivi europei al 2050 di neutralità climatica.
I borghi come motori di innovazione e coesione
La transizione digitale ed ecologica non può compiersi senza il coinvolgimento diretto dei territori, poiché sono proprio i piccoli comuni e i borghi italiani, troppo spesso considerati aree periferiche e marginali, a configurarsi sempre più come avanguardie di innovazione sociale, digitale ed ecologica. Essi rappresentano contesti nei quali la sperimentazione di soluzioni inedite incontra la possibilità di tradurre in pratiche operative gli obiettivi fissati dall’Agenda 2030, rendendo tangibili a livello locale principi che altrimenti rischierebbero di rimanere confinati alle dichiarazioni programmatiche.
Le esperienze già intraprese mostrano con chiarezza come tali realtà non si limitino a recepire passivamente politiche elaborate in sedi sovraordinate, ma siano invece in grado di assumere un ruolo attivo e coraggioso, trasformandosi in veri e propri laboratori di sperimentazione. All’interno di questi contesti, l’innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale vengono costantemente adattate alle esigenze delle comunità locali, generando un modello di sviluppo che non si fonda sulla mera replicazione standardizzata, ma sulla capacità di valorizzare le specificità territoriali e culturali.
Permangono tuttavia sfide di rilievo che riguardano la necessità di colmare il divario digitale, di rafforzare le competenze tecniche e amministrative delle municipalità e di contrastare lo spopolamento che mina la vitalità sociale ed economica dei territori. Al tempo stesso, si aprono opportunità inedite, rese possibili dalle risorse straordinarie del PNRR e dai fondi europei, che offrono ai piccoli comuni strumenti di intervento mai sperimentati in passato. La piena valorizzazione di tali risorse richiede però strategie improntate a visione di lungo periodo, capacità di leadership e collaborazione multilivello, che sappiano integrare partenariati pubblico-privati, università, centri di ricerca e cittadinanza attiva in processi di co-progettazione realmente inclusivi.
In questa prospettiva, i comuni e i borghi italiani si trovano dinanzi a un’occasione storica che li può trasformare in motori di cambiamento e in laboratori europei di ‘smart and sustainable village’, capaci di contribuire al raggiungimento degli obiettivi climatici e digitali fissati al 2030 e al 2050. Investire su tali realtà significa investire su un’Italia più coesa e resiliente, capace non soltanto di affrontare le sfide interne, ma anche di affermarsi come attore protagonista e credibile nella guida delle grandi transizioni globali.
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