Mentre l’Europa teme la diffusione degli stablecoin, che potrebbero compromettere, nell’opinione di alcuni organi vigilanti e ministeri competenti, addirittura la sovranità monetaria degli stati sostituendo le valute ufficiali e sottraendo alle autorità margine di manovra sul controllo della circolazione monetaria, in Africa il loro utilizzo cresce in maniera diffusa e quasi esponenziale.
A certificarlo è un report di Yellow Card (la prima società ha ottenere una licenza in Africa per l’esecuzione di pagamenti in stablecoin), diffuso nello scorso mese di agosto.
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Caratteristiche tecniche e funzionamento degli stablecoin
Gli stablecoin sono sostanzialmente dei token digitali che circolano su blockchain, legati a un valore sottostante, quale ad esempio il dollaro statunitense. Essi offrono il vantaggio di avere una volatilità più ridotta rispetto alle criptovalute classiche, volatilità che è sostanzialmente limitata alle fluttuazioni del cambio della valuta o della quotazione del bene cui essi sono legati: va da sé che la volatilità comunque esiste e può esporre a rischi in fase di conversione.
Altro elemento da considerare è l’efficacia degli strumenti utilizzati per assicurare il legame tra token e bene sottostante (nel caso del dollaro, l’esistenza di depositi o titoli sufficienti a consentire il cambio e la stessa facilità di liquidare i titoli sottostanti al fine di soddisfare le richieste di conversione), nonché l’esistenza di strumenti di sorveglianza che assicurino che i meccanismi di protezione dei titolari degli stablecoin siano rispettati. In altri termini, se ho un deposito in dollari devo solo preoccuparmi che la banca presso la quale li ho depositati sia solida e magari sincerarmi che vi sia un meccanismo di protezione dei depositanti; se invece ho degli stablecoin in dollari, devo fidarmi dell’emittente e sperare che i suoi depositi siano presso banche solide e che, con riferimento ai titoli sottostanti, che essi siano sicuri e facilmente liquidabili. Va da sé che se lo strumento è emesso in giurisdizioni regolate e soggetto a forme di vigilanza i rischi sono ridotti, anche se non completamente eliminati.
Vantaggi operativi e di trasferimento
Rispetto alle valute ufficiali gli stablecoin si prestano a essere facilmente trasferiti, in modo rapido ed economico, e soprattutto possono essere utilizzati al di fuori della giurisdizione dove la valuta sottostante è emessa, senza incorrere in limitazioni, se non di carattere pratico.
I vantaggi specifici degli stablecoin nel contesto africano
Considerate le sopraindicate caratteristiche, appare chiaro che gli stablecoin legati alla valuta statunitense possano offrire, nei vari paesi africani diversi vantaggi, quali appunto bassi costi di transazione, rapidità e soprattutto, per quelli legati al dollaro, il vantaggio di limitare il rischio e i costi di cambio.
Questi aspetti assumono notevole rilevanza, se si considera che in vari paesi vaste fasce della popolazione non hanno conti in banca e che i costi dei servizi bancari sono proibitivi, senza considerare poi che spesso i pagamenti sono bloccati da accertamenti antiriciclaggio che, sebbene non riescano a limitare il fenomeno del riciclaggio, riescono quasi sempre nell’effetto indesiderato di emarginare ancora di più coloro che sono già ai margini della società perché senza fissa dimora o perché vivono in stati considerati ad alto rischio dal GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale): in questa situazione affidarsi a una blockchain diviene spesso più una necessità che una scelta.
A ciò si aggiungano gli altri tassi d’inflazione che caratterizzano molte economie africane (nel 2024 circa il 34% in Nigeria, il 25% circa in Egitto, solo per dare due esempi, anche se non mancano esempi virtuosi quale il Marocco con l’1%) e la conseguente ricerca di beni rifugio che difendano il potere di acquisto dei propri guadagni, quali appunto una valuta forte quale il dollaro USA spesso accettato, insieme all’euro, anche per il pagamento dei visti negli aeroporti e un poco dappertutto per gli acquisti al dettaglio.
Dati di utilizzo e destinazione
Secondo il report di Yellow Card, il 43% delle transazioni in criptovalute avvenute nel 2024 in Africa è dato da stablecoin. Altro dato interessante è che circa il 70% degli stablecoin sono stati acquistati per scopi personali, quali rimesse e risparmi, mentre un 25% è rappresentato dalla domanda di imprese commerciali.
Distribuzione geografica e tassi di crescita
A guidare la classifica dei paesi maggiori utilizzatori di stablecoin vi è la Nigeria con 26 milioni di fruitori (del resto la Nigeria è il più popoloso stato africano, tra l’altro caratterizzato da un alto tasso di inflazione), mentre il Sud Africa si segnala per una crescita progressiva impressionante del 50% su base mensile. Una forte accelerazione nell’utilizzo degli stablecoin è stata registrata anche in Ghana, Kenya, Zambia e Etiopia, tutti paesi dell’Africa Subsahariana. Sebbene i dati ufficiali non siano sufficienti per raggiungere delle conclusioni, si evidenzia che in testa alle classifiche non appare nessuno dei paesi le cui valute sono legate da rapporti di cambio fisso con l’euro, attraverso il franco CFA: la ragione è forse da individuarsi nella non necessità di difendere il potere di acquisto della propria valuta e quindi gli stablecoin fornirebbero vantaggi solo nel caso di pagamenti transfrontalieri verso paesi non aderenti al Franco CFA.
Da notarsi che sia la Nigeria sia il Sud Africa hanno adottato proprie legislazioni che regolano le criptovalute.
La Nigeria è anche il primo paese africano in cui è stato introdotto uno stablecoin regolarmente autorizzato: il cNGN, a febbraio di quest’anno. Allo stato comunque sembra trattarsi più di un esperimento pilota che di un’alternativa agli altri stablecoin; inoltre, stante il suo legame alla valuta ufficiale, la naira, è lecito dubitare che possa avere una vasta utilizzazione, considerato che esiste anche una versione digitale di tale valuta (l’e-naira).
Implicazioni fiscali e prospettive future
Sebbene i numeri possano aprire spazio al dibattito sul se e il quanto l’utilizzo degli stablecoin legati al dollaro USA possa minacciare la sovranità dei singoli stati, un dato da considerare è che l’espansione di tali strumenti, almeno nei paesi africani, è legata alla scarsa presenza di banche tradizionali e agli elevati costi connessi a servizi bancari, soprattutto nelle operazioni transfrontaliere. Nel mercato interno dei singoli stati, un fatto che probabilmente ne facilita l’utilizzo è anche dato dalla scarsa presenza del fisco e dei relativi controlli. L’utilizzo di stablecoin è difatti suscettibile di potenziali criticità sia sotto il profilo della tassazione delle plusvalenze che possono seguire all’apprezzamento della valuta sottostante, sia sotto quello dell’assolvimento degli oneri tributari, quali eventuali imposte sul valore aggiunto, che dovrebbero essere regolate sulla base delle valute nazionali, costringendo il recipiente il pagamento a immediate conversioni per non assumere i rischi di cambio.
Un tema che al momento non appare concretizzarsi, anche se molti paesi, a partire dal Kenya, stanno sempre più focalizzandosi sulla tassazione per assicurare lo sviluppo delle proprie economie: il fisco sarà comunque una variabile con la quale presto anche le popolazioni africane dovranno avere dimestichezza nella valutazione delle proprie scelte economiche, stablecoin inclusi.












