In Italia la digitalizzazione dei contratti è ancora un percorso a ostacoli. Secondo l’Osservatorio Digital B2B del Politecnico di Milano, il mercato delle soluzioni digitali legali vale oggi circa 2,2 miliardi di euro, ma solo il 34% delle aziende dichiara di avere processi contrattuali completamente digitalizzati. Una fotografia che mostra come gran parte delle organizzazioni resti ancorata a modelli tradizionali basati su carta e attività manuali.
Un whitepaper di DiliTrust conferma questa tendenza: la resistenza culturale e il timore nei confronti delle nuove tecnologie sono i principali fattori che rallentano l’evoluzione. In questo scenario, la direzione Legale non è più soltanto il “custode” dei contratti, ma può diventare il motore di una trasformazione che può generare efficienza, ridurre rischi e liberare risorse per attività strategiche.
“In Italia – afferma Fabrizio Gallotti, country manager Italia di DiliTrust – la direzione Legale è ancora troppo spesso percepita come un centro di costo o un freno ai processi, mentre la digitalizzazione permette di ribaltarne il ruolo: da custode dei contratti a partner strategico per il business. Il 90% delle imprese italiane sono PMI senza una direzione legale interna: questo spiega perché siamo indietro, mentre nei grandi gruppi il General Counsel è già oggi un motore di innovazione”.
In questo quadro, aggiunge, “la funzione legale non deve più limitarsi a gestire contenziosi e firmare documenti, ma guidare la trasformazione digitale portando efficienza, sicurezza e valore. Tuttavia, per farlo servono competenze nuove: all’estero si parla da anni di Legal Operations e di Legal Operations Manager, con corsi universitari dedicati; in Italia, invece, questa figura è quasi assente. È proprio qui – precisa Gallotti – che si gioca la sfida culturale e organizzativa: senza risorse in grado di gestire la trasformazione, il rischio è di avviare progetti che non arrivano mai a compimento”.
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Dal caos manuale al CLM digitale
Fino a pochi anni fa la gestione contrattuale era un’attività percepita come di back office, basata su processi frammentati, archivi fisici e attività ripetitive. I dati raccolti da DiliTrust parlano chiaro: l’85% delle aziende gestisce i contratti ancora manualmente, il 52% non monitora in modo strutturato scadenze e rinnovi, il 15% perde documenti lungo il percorso.
L’introduzione del Contract Lifecycle Management (CLM) digitale ha cambiato le regole del gioco. I contratti diventano dati strutturati, con automazione in ogni fase: dalla redazione alla negoziazione, dalla firma elettronica al monitoraggio, fino agli audit periodici. In questo modello l’AI proprietaria svolge un ruolo chiave, rendendo più veloce e sicura l’analisi di clausole, rischi e scadenze.
Prendiamo un esempio concreto: un’azienda nel settore farmaceutico ha bisogno di migliorare la gestione contrattuale. In questo settore, il tempo è oro, non si possono avere ritardi, tanto meno se l’azienda lavora al livello internazionale. Il legal diventa driver adottando un CLM centralizzato e basato su AI. I contratti sono oggi archiviati in un unico repository, ricercabili in linguaggio naturale, accessibili in base ai ruoli e inseriti in workflow automatizzati. La libreria globale di clausole permette di uniformare i processi a livello internazionale.
I risultati sono tangibili: migliore collaborazione tra dipartimenti, maggiore controllo da parte del legal, riduzione dei rischi operativi e normativi. È la dimostrazione che la digitalizzazione contrattuale non è un tema puramente tecnologico, ma una leva organizzativa che ridefinisce il ruolo stesso della funzione legale.
Normativa, compliance e AI proprietaria
Uno dei freni più citati dalle imprese riguarda le normative sulla protezione dei dati, dal GDPR al DORA. Il timore è che l’introduzione dell’intelligenza artificiale possa compromettere la riservatezza e aumentare i rischi. La distinzione fondamentale è però tra AI pubblica e AI proprietaria: la prima si appoggia a modelli esterni, spesso non controllabili, la seconda è progettata per garantire governance e compliance.
La vision DiliTrust in questo senso è chiara: l’AI proprietaria consente di accelerare i processi senza cedere il controllo dei dati, offrendo alle aziende un modello sicuro e sostenibile di evoluzione digitale. “L’AI proprietaria – chiarisce Fabrizio Gallotti – rappresenta oggi un alleato fondamentale per le direzioni legali: non si tratta di un supporto generico, ma di una tecnologia costruita su misura per le esigenze normative e contrattuali delle imprese. A differenza delle soluzioni pubbliche, è sviluppata e gestita in modo dedicato, garantendo governance, sicurezza e pieno controllo dei dati. Questo permette di analizzare clausole, rischi e scadenze in tempi rapidissimi, trasformando attività manuali e ripetitive in processi automatizzati e affidabili. Il risultato è duplice: da un lato i team legali possono lavorare con maggiore efficienza e precisione, dall’altro hanno più spazio per concentrarsi sulle decisioni strategiche che generano valore per l’azienda”.
Oltre la tecnologia: change management e digital readiness
Digitalizzare i contratti non significa soltanto introdurre una piattaforma. Serve un piano preciso, definito e almeno uno sponsor serio che porti avanti la visione del CLM. Il processo comincia non solo scegliendo una soluzione ma, ancor prima, individuando le sfide da risolvere, gli obiettivi da raggiungere e i ruoli per arrivare a compimento.
Per vincere questa sfida sono cruciali la semplicità d’uso delle soluzioni per spingere il maggior numero di utenti all’adozione, la formazione continua e il supporto di provider con presenza locale. L’ergonomia diventa un fattore decisivo: un sistema complesso rischia di non essere sfruttato, mentre un’interfaccia intuitiva facilita l’uso quotidiano e rafforza il tasso di adozione.
Smart contracts: la nuova frontiera
Ma la trasformazione digitale del legal non si ferma al CLM. Gli smart contracts stanno introducendo un nuovo livello di trasparenza e tracciabilità. Automatizzano l’esecuzione delle clausole, riducono i tempi di approvazione e garantiscono un registro immutabile delle operazioni.
In questo modo si risolve uno dei problemi storici delle aziende: la mancanza di visibilità e coordinamento tra i diversi reparti. La tecnologia diventa così non solo uno strumento di efficienza, ma anche di collaborazione interfunzionale.
Governance by design: direzione legale come garante
In questo scenario la direzione Legale assume un ruolo strategico grazie al principio della governance by design. Non si tratta soltanto di controllare la correttezza formale dei documenti, ma di garantire che ogni fase del ciclo di vita contrattuale – dalla redazione alla firma, fino al rinnovo – incorpori già in origine regole di compliance, tracciabilità e sicurezza.
I sistemi di CLM abilitano questa trasformazione con funzionalità di monitoraggio in tempo reale, audit trail integrato, accessi profilati e gestione centralizzata dei permessi. Ogni azione è registrata e verificabile, rendendo trasparente l’intero processo. In questo modo il controllo non si indebolisce, ma si rafforza: il legal diventa un garante che assicura velocità, affidabilità e conformità lungo tutto il ciclo di vita contrattuale.
In questo modo il reparto legale smette di essere un mero gatekeeper per trasformarsi in un vero facilitatore della trasformazione digitale, capace di coniugare rapidità operativa e presidio normativo. La governance integrata nei processi non solo riduce i rischi di errore e assicura la conformità regolatoria, ma favorisce anche decisioni aziendali più rapide e consapevoli, perché basate su dati affidabili e sempre aggiornati. È qui che si realizza la sintesi tra efficienza e sicurezza: prerequisito fondamentale per affrontare mercati complessi e altamente regolamentati come quello europeo.
Verso il matter management: lo scenario futuro
Se negli Stati Uniti il CLM è ormai ampiamente adottato da svariati dipartimenti aziendali, in Italia resta ancora prevalentemente appannaggio del legal. La prospettiva futura è però quella del matter management, ovvero una gestione unificata che integra contratti e pratiche legali con i processi operativi e di business.
In questo modello il contratto non è più un documento isolato, ma un asset trasversale che guida le decisioni aziendali. È il passo successivo nella maturità digitale delle organizzazioni, e rappresenta la sfida su cui il legal sarà chiamato a esercitare la propria leadership nei prossimi anni. “Il futuro – puntualizza Gallotti – è la gestione unificata: contratti e pratiche legali non come documenti isolati, ma come asset che guidano decisioni aziendali, investimenti e strategie”.
Non un’opzione: una necessità
La digitalizzazione dei contratti non è più un’opzione, ma una necessità per restare competitivi. Oggi le tecnologie di CLM e AI proprietaria consentono di trasformare inefficienze croniche in vantaggi concreti, mentre smart contracts e governance by design aprono nuove prospettive di trasparenza e collaborazione. La direzione Legale è al centro di questa rivoluzione: da reparto percepito come “di supporto” a partner strategico, capace di guidare il cambiamento culturale e tecnologico delle organizzazioni italiane.
“Grazie alla digitalizzazione – conclude Gallotti -, il General Counsel diventa sempre più attore chiave nello sviluppo del business: un facilitatore di efficienza e un garante di sicurezza, capace di trasformare la funzione legale in motore di crescita”.
Articolo realizzato in partnership con DiliTrust










