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Usa-Cina: una tregua tattica nella guerra per l’egemonia tech



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L’incontro tra il presidente Usa e quello cinese Xi Jinping segna non la pace ma una pausa tattica che maschera la guerra di egemonia tecnologica e digitale in corso, in cui la Cina, forte delle sue leve geoeconomiche e del prossimo 15esimo piano quinquennale, si prepara al dominio globale

Pubblicato il 31 ott 2025

Gabriele Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio

Nicola Iuvinale

Senior China Fellows at Extrema Ratio



trump xi jinping incontro

Il vertice Xi-Trump (Cina-Usa) di Busan (30 ottobre 2025) cristallizza la realtà di un bipolarismo sino-americano, dove il riconoscimento USA della parità strategica di Pechino legittima di fatto il suo modello totalitario.

La tregua non è pace, ma una pausa tattica che maschera la guerra di egemonia tecnologica e digitale in corso, in cui la Cina, forte delle sue leve geoeconomiche (terre rare, controllo sulla supply chain elettronica) e del prossimo 15° piano quinquennale, si prepara al dominio globale. Il costo di questa tregua è la potenziale subordinazione dell’Occidente alla cinica Realpolitik di Pechino.

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L’incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente americano Donald Trump

L’incontro tra il Presidente cinese Xi Jinping e il Presidente americano Donald Trump, a margine del vertice APEC, ha segnato un punto di svolta nelle relazioni sino-americane. La designazione immediata da parte di Trump dell’evento come un meeting “G2” ha avuto un impatto geopolitico dirompente, poiché ha convalidato la parità strategica di Pechino, accettando l’idea di un ordine globale gestito congiuntamente dalle due superpotenze.

L’oggetto centrale della discussione è stata la ricerca di un quadro più stabile per gestire il conflitto commerciale, culminata in accordi specifici che offrono un sollievo temporaneo: gli Stati Uniti hanno acconsentito alla cancellazione dei dazi del 10% imposti sulle merci cinesi correlate al fentanyl, e la Cina ha sospeso le restrizioni all’esportazione di terre rare. Queste concessioni reciproche stabiliscono un quadro “più stabile e istituzionalizzato” per la gestione della competizione.

Tuttavia, il 31 ottobre il portavoce del Ministero degli Esteri Guo Jiakun ha risposto alle domande sul “G2” mantenendo una linea retorica di autonomia. Pur respingendo l’etichetta e invocando l’“autentico multilateralismo” e un “mondo multipolare equo e ordinato”, ha simultaneamente affermato che Cina e Stati Uniti, come “grandi potenze”, devono assumersi congiuntamente la “responsabilità” di superare le sfide globali. Questa risposta conferma che il G2 si configura come la cornice pragmatica entro cui gli USA sono costretti a gestire un modello ineludibile, anche se in netto contrasto con i valori liberali.

La tregua di Busan, dunque, potrebbe non essere un segnale di distensione, ma il risultato di una Realpolitik estrema. In ogni caso, la sua vera portata si misura nel campo della supremazia tecnologica, il nodo cruciale rimasto sul tavolo, dove la competizione tra le due superpotenze si sta intensificando per il controllo del futuro globale.


Leva geo-economica della CinaStrumento principaleArea di influenza prevalenteVulnerabilità per l’OccidentePossibili contromisure
Manifattura e catene del valoreProduzione industriale a basso e medio-alto contenuto tecnologicoAsia, Europa, USADipendenza da componenti cinesi (elettronica, auto, rinnovabili)Rilocalizzazione (reshoring/friendshoring), diversificazione produttiva, incentivi industriali (es. IRA USA, Chips Act UE)
Materie prime e risorse energeticheControllo o raffinazione di litio, cobalto, grafite, nichel, tungstenoAfrica, America Latina, Asia CentraleDipendenza da materiali critici per transizione energeticaAccordi diretti con Paesi produttori, riciclo, estrazione interna UE/USA, stock strategici
Infrastrutture e debito (BRI)Finanziamenti, prestiti, costruzione di porti, strade, ferrovieAsia, Africa, Mediterraneo, America LatinaDipendenza finanziaria e logistica nei Paesi partnerOfferte alternative (Global Gateway UE, Partnership for Global Infrastructure USA)
Finanza e valutaInternazionalizzazione dello yuan, CIPS, swap valutariAsia, Medio Oriente, AfricaErosione del ruolo del dollaro, maggiore autonomia cinese nei pagamentiRafforzare il ruolo dell’euro e del dollaro, cooperazione tra banche centrali occidentali, sanzioni mirate
Tecnologia e standard globali5G, AI, sorveglianza, definizione di standard (ITU, ISO)Globale (focus su Asia e Africa)Dipendenza da infrastrutture cinesi, rischio sicurezza datiCoordinamento normativo UE-USA, promozione standard aperti e interoperabili
Commercio e mercato internoAccesso selettivo al mercato cinese, boicottaggi miratiGlobaleVulnerabilità delle imprese dipendenti dal mercato cineseDiversificazione mercati di esportazione, coordinamento politico contro coercizione economica
Soft power economico e mediaticoInvestimenti, Istituti Confucio, media internazionali, diplomazia culturaleAfrica, Sud-Est asiatico, Europa orientalePenetrazione narrativa e influenza politicaInvestimenti UE/USA in cooperazione culturale e scientifica, controllo trasparenza accademica
Dati e sorveglianza digitaleSmart city, pagamenti digitali, piattaforme cinesiAfrica, Medio Oriente, Sud-Est asiaticoEsportazione modelli autoritari e controllo datiRegolazione privacy (GDPR-like), sviluppo tecnologie occidentali alternative, cybersecurity multilaterale

L’epicentro del conflitto: guerra tecnologica, digitale e il futuro strategico

Il vero significato del G2 dovrebbe essere interpretato alla luce della guerra tecnologica in corso, l’area in cui la Cina mira esplicitamente al dominio globale.

La battaglia per i semiconduttori avanzati è l’espressione più evidente di questa competizione per la supremazia. Le sanzioni americane, volte a strangolare l’accesso di Pechino ai chip più sofisticati, hanno rivelato la dipendenza cruciale degli Stati Uniti da Taiwan.

L’isola agisce come un vero e proprio “silicon shield”: la sua industria microelettronica, in particolare TSMC, è vitale per mantenere il vantaggio militare e tecnologico americano in settori chiave come l’Intelligenza Artificiale (AI) e la difesa avanzata. Gli Stati Uniti devono bilanciare la deterrenza militare con l’obiettivo di preservare l’integrità della capacità produttiva taiwanese, poiché la sua perdita si tradurrebbe nella fine della supremazia tecnologica.

Da questo punto di vista, il G2 potrebbe essere letto come un accordo di non-belligeranza tattico sullo Stretto di Taiwan, permettendo a Washington di guadagnare tempo per accelerare la costruzione di catene di fornitura domestiche resilienti. La stabilità nel Mar Cinese Meridionale è direttamente collegata alla necessità strategica di proteggere questo asset geoeconomico cruciale.

In ogni caso, va registrato come la risposta cinese alle sanzioni non sia stata di capitolazione, ma di mobilitazione totale delle risorse statali, accelerando il suo percorso verso l’autosufficienza e l’innovazione di qualità. Il 15° Piano Quinquennale (2026-2030), approvato a ottobre, costituisce il blueprint di questa strategia. L’obiettivo primario è il dominio digitale e tecnologico globale, attraverso una strategia di sovranità tecnologica in settori chiave, quali:

  • Semiconduttori. Pechino vuole l’eliminazione totale del “collo di bottiglia” della dipendenza estera con massicci investimenti nella ricerca e nello sviluppo di design e processi produttivi avanzati.
  • Intelligenza artificiale (AI) e Quantum Computing. La Cina vuole consolidare la leadership globale entro il 2030, in linea con l’ambizione di dominare la “quarta rivoluzione industriale”.
  • Potere digitale geoeconomico. Il piano mira a un controllo capillare delle infrastrutture globali (5G, cavi sottomarini, cloud) per trasformare i flussi informativi in una risorsa strategica decisiva, proiettando il suo potere oltre i confini.

Questa strategia di dominio totale potrebbe essere riassunta in una frase: ‘il prossimo quinquennio sarà “guerra totale’”. Questa, però, non è un riferimento a un conflitto armato convenzionale, ma l’annuncio di una competizione totale e senza esclusione di colpi, che include ogni fronte (economico, tecnologico, cognitivo e di infiltrazione) per affermare la supremazia e la volontà di potenza di Pechino.

Le basi del potere: geoeconomia predatoria e leve asimmetriche

La forza negoziale di Xi Jinping mostrata a Busan è fondata sulle fondamenta di una strategia predatoria che ha sistematicamente trasformato l’interdipendenza in un’arma di coercizione economica.

Oltre che con politiche a lungo termine, la Cina ha costruito la sua potenza attraverso anni di furto cibernetico della proprietà intellettuale e una storica inadempienza sistematica agli impegni presi, in particolare quelli legati all’ingresso nell’OMC. Questo sfruttamento dell’ordine liberale ha creato un’asimmetria di potere che si traduce oggi in leve geoeconomiche decisive, quali:

  • Materie prime critiche. Il dominio incontrastato cinese sulle terre rare e sui minerali strategici pone l’industria hi-tech americana in una vulnerabilità oggettiva.
  • Forniture essenziali. Il controllo sulla catena di fornitura dei principi attivi (API) e dei farmaci generici e la capacità di manipolare i mercati agricoli (come la soia) rendono il costo di una guerra commerciale totale politicamente insostenibile per Washington.

La “Quinta colonna” e il condizionamento Politico

Non c’è dubbio che l’ottenimento della tregua sia stato influenzato anche dalle pressioni interne esercitate dalle multinazionali americane con interessi in Cina. Queste aziende agiscono come una “quinta colonna” lobbistica, i cui profitti dipendono dalla stabilità del regime di Xi. Da questo punto di vista, l’attività di lobbying per l’attenuazione delle sanzioni limita la libertà d’azione del governo federale, trasformando l’ossessiva ricerca del profitto in una vulnerabilità strutturale di cui Pechino approfitta per condizionare la politica estera americana.

La contraddizione ideologica: multilateralismo di facciata e infiltrazione

La retorica di Xi Jinping – e del suo portavoce Guo Jiakundovrebbe essere analizzata alla luce della profonda contraddittorietà della politica cinese, che usa il linguaggio della cooperazione per mascherare un disegno di egemonia totale.

In effetti, il multilateralismo apparente cinese si configura come uno strumento cinico per plasmare gli organismi internazionali dall’interno a proprio uso e consumo. L’obiettivo non sarebbe il rispetto delle regole, ma l’affermazione di un quadro in cui il totalitarismo possa esercitare la sua egemonia, imponendo una visione del mondo in cui i “diritti sovrani” superano e sopprimono le libertà individuali.

Parallelamente, la Cina conduce una guerra cognitiva totale attraverso una sofisticata propaganda costante, volta a minare la fiducia nei valori democratici e a consolidare la legittimità del suo modello. Questa strategia è stata implementata con successo grazie alla cooptazione delle élite politiche e alla penetrazione capillare, con la Cina che è riuscita a penetrare e a innervarsi nei gangli stessi dei nostri apparati politici, economici e culturali. Il riconoscimento di un G2, in questo contesto, sanziona la tacita accettazione di questa realtà come base del nuovo equilibrio globale.

Che resta del mondo dopo la pace Usa-Cina

L’incontro di Busan e il riconoscimento implicito del “G2” cristallizzano la realtà di un mondo che si muove verso un bipolarismo gestito da due potenze con sistemi e valori inconciliabili.

La tregua commerciale rappresenta un sollievo economico temporaneo, ma il suo costo geopolitico è significativo: una sostanziale subordinazione strategica dell’Occidente e la tacita legittimazione globale del modello totalitario cinese. La guerra tecnologica è già in corso e il prossimo quinquennio sarà decisivo per stabilire chi detterà le norme del XXI secolo.

Se Cina e USA dovessero dividersi definitivamente le regole del gioco, tutti gli altri attori globali sarebbero costretti ad allinearsi in un nuovo ordine, in cui la cinica Realpolitik e la volontà di potenza di Pechino prevalgono sul multilateralismo basato sulle regole.

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