Il vertice Xi-Trump (Cina-Usa) di Busan (30 ottobre 2025) cristallizza la realtà di un bipolarismo sino-americano, dove il riconoscimento USA della parità strategica di Pechino legittima di fatto il suo modello totalitario.
La tregua non è pace, ma una pausa tattica che maschera la guerra di egemonia tecnologica e digitale in corso, in cui la Cina, forte delle sue leve geoeconomiche (terre rare, controllo sulla supply chain elettronica) e del prossimo 15° piano quinquennale, si prepara al dominio globale. Il costo di questa tregua è la potenziale subordinazione dell’Occidente alla cinica Realpolitik di Pechino.
Indice degli argomenti
L’incontro tra il presidente cinese Xi Jinping e il presidente americano Donald Trump
L’incontro tra il Presidente cinese Xi Jinping e il Presidente americano Donald Trump, a margine del vertice APEC, ha segnato un punto di svolta nelle relazioni sino-americane. La designazione immediata da parte di Trump dell’evento come un meeting “G2” ha avuto un impatto geopolitico dirompente, poiché ha convalidato la parità strategica di Pechino, accettando l’idea di un ordine globale gestito congiuntamente dalle due superpotenze.
L’oggetto centrale della discussione è stata la ricerca di un quadro più stabile per gestire il conflitto commerciale, culminata in accordi specifici che offrono un sollievo temporaneo: gli Stati Uniti hanno acconsentito alla cancellazione dei dazi del 10% imposti sulle merci cinesi correlate al fentanyl, e la Cina ha sospeso le restrizioni all’esportazione di terre rare. Queste concessioni reciproche stabiliscono un quadro “più stabile e istituzionalizzato” per la gestione della competizione.
Tuttavia, il 31 ottobre il portavoce del Ministero degli Esteri Guo Jiakun ha risposto alle domande sul “G2” mantenendo una linea retorica di autonomia. Pur respingendo l’etichetta e invocando l’“autentico multilateralismo” e un “mondo multipolare equo e ordinato”, ha simultaneamente affermato che Cina e Stati Uniti, come “grandi potenze”, devono assumersi congiuntamente la “responsabilità” di superare le sfide globali. Questa risposta conferma che il G2 si configura come la cornice pragmatica entro cui gli USA sono costretti a gestire un modello ineludibile, anche se in netto contrasto con i valori liberali.
La tregua di Busan, dunque, potrebbe non essere un segnale di distensione, ma il risultato di una Realpolitik estrema. In ogni caso, la sua vera portata si misura nel campo della supremazia tecnologica, il nodo cruciale rimasto sul tavolo, dove la competizione tra le due superpotenze si sta intensificando per il controllo del futuro globale.
Cosa è stato concordato nell’incontro Trump-Xi?
Secondo la dichiarazione del Ministero del Commercio cinese (MOFCOM), i principali risultati e il consenso raggiunto, negoziati durante gli incontri tra il Segretario al Tesoro statunitense Scott Bessent, il Rappresentante commerciale statunitense Jamieson Greer e il Vice Premier cinese He Lifeng in Malesia, sono i seguenti:
Il controllo sul fentanil e l’azione tariffaria
Gli Stati Uniti avevano imposto, a partire dal 1° febbraio 2025, una tariffa crescente (dal 10% fino al 20% entro il 4 marzo 2025) sui prodotti cinesi come misura per spingere Pechino ad agire contro l’ingresso del fentanil e dei precursori chimici negli USA.
Accordo. Le parti hanno raggiunto un consenso sulla “cooperazione per il controllo del fentanyl”. Il risultato immediato è la riduzione dei dazi aggiuntivi del 10% sui prodotti cinesi, portando l’aliquota tariffaria effettiva sui prodotti cinesi dal 57% al 47%. Trump ha espresso su Truth Social che la Cina “collaborerà diligentemente” per porre fine alla crisi.
La sospensione delle tariffe di ritorsione e la tensione commerciale
Il cosiddetto “Giorno della Liberazione” del 2 aprile 2025 aveva segnato l’introduzione da parte di Trump di un dazio “reciproco” del 34% sui prodotti cinesi, aliquota che, a seguito delle immediate ritorsioni di Pechino, era arrivata fino al 125% il 9 aprile. La tregua concordata a Ginevra aveva ridotto le tariffe al 10% per un periodo di 90 giorni, poi prorogato.
Accordo. L’ulteriore tariffa di ritorsione del 24% sarà sospesa per un anno, il che significa che i dazi del “Giorno della Liberazione” continueranno a essere applicati alla tariffa ridotta del 10% fino al 9 novembre 2026.
Il nodo strategico delle terre rare e il controllo cinese sulle esportazioni
Le terre rare (REE) sono state una leva strategica decisiva nelle mani della Cina. Il 9 ottobre 2025, il MOFCOM aveva annunciato un’ampia espansione dei controlli sulle esportazioni di REE e prodotti a duplice uso, con l’introduzione di disposizioni extraterritoriali che richiedevano licenze anche per prodotti fabbricati al di fuori della Cina, se contenenti materiali o tecnologie cinesi.
Accordo. La Cina ha accettato di sospendere l’entrata in vigore di queste nuove misure (previste per l’8 novembre 2025) e di “studiare e perfezionare piani specifici”. Tuttavia, i controlli sulle sette terre rare precedentemente implementati ad aprile rimangono in vigore, e le aziende devono ancora richiedere una licenza di esportazione. Questo indica che l’affermazione di Trump che la questione è stata “risolta” è incompleta, poiché la Cina mantiene la sua influenza strategica.
Sebbene molte delle misure siano temporanee, creano spazio per negoziati più ampi. L’attuale pausa nell’escalation tariffaria apre la porta a futuri colloqui – sottolineati dalla visita programmata di Trump in Cina il prossimo anno – gettando le basi per un accordo più definitivo e a lungo termine e per un contesto commerciale normalizzato.
Il rinvio dei controlli sulle esportazioni di terre rare offre un ampio margine di manovra alla vasta gamma di industrie mondiali che fanno affidamento su materiali e tecnologie cinesi per le proprie attività produttive. È importante sottolineare che la sospensione riguarda la giurisdizione extraterritoriale dei controlli sulle esportazioni, il che significa che la produzione al di fuori della Cina non sarà più interessata.
Tuttavia, come detto, alcuni controlli sulle esportazioni rimangono in vigore e sembra improbabile che vengano eliminati del tutto. Ciò significa che le aziende dovranno continuare ad adattarsi alla “nuova normalità” delle licenze di esportazione, mentre le catene di approvvigionamento si adeguano.
La battaglia logistica: sospensione delle tasse portuali
L’amministrazione Biden, nell’aprile 2024, aveva avviato un’indagine ai sensi della Sezione 301 sui tentativi della Cina di dominare i settori marittimo, logistico e cantieristico, un’indagine conclusa nel gennaio 2025. Il 9 aprile, Trump aveva firmato un ordine esecutivo per “rivitalizzare e ricostruire le industrie marittime nazionali”.
Contromisure e Tregua. In risposta a queste direttive, erano state imposte tariffe sulle navi cinesi che attraccavano nei porti USA (fino a $50 per tonnellata netta o $120 per container, con aumenti previsti fino al 2028), a cui Pechino aveva replicato con “tariffe speciali per i servizi portuali” sulle navi statunitensi. Il recente accordo stabilisce la sospensione di queste tariffe portuali contrapposte. La loro sospensione – una delle concessioni più facili da fare per entrambe le parti – offre un periodo di raffreddamento pratico nella controversia commerciale. Per le aziende cinesi che operano nei settori marittimo e portuale statunitense, la sospensione offre maggiore prevedibilità dopo mesi di incertezza. Riduce inoltre la pressione sulle operazioni di trasporto marittimo e logistico, sostenendo la stabilità dei flussi commerciali globali.
L’espansione del commercio agricolo
Gli acquisti cinesi di prodotti agricoli USA (in particolare soia) erano un punto critico, con la Cina che, in risposta ai dazi sul fentanyl, aveva boicottato la soia americana da maggio.
Accordo. Trump ha dichiarato su Truth Social che Xi ha autorizzato la Cina ad avviare l’acquisto di “ingenti quantità di soia, sorgo e altri prodotti agricoli”. Tuttavia, la dichiarazione del MOFCOM è stata meno specifica, limitandosi ad affermare che le parti avrebbero “ampliato il commercio agricolo”.
Sebbene la Cina abbia effettuato acquisti modesti poco prima dell’incontro, la portata totale delle spedizioni previste è ancora ridotta, e gli agricoltori statunitensi rischiano di perdere l’opportunità di vendita del raccolto in assenza di acquisti massicci e immediati.
Il Caso TikTok
Il caso di TikTok e della sua società madre ByteDance è stato un elemento di negoziato cruciale, legato alla sicurezza nazionale USA.
Accordo. La Cina ha confermato che “collaborerà con gli Stati Uniti per risolvere adeguatamente i problemi relativi a TikTok”. L’accordo, approvato da Trump il 25 settembre, prevede che una joint venture statunitense (composta da Oracle, Silverlake e investitori americani) assuma il controllo delle attività americane, degli algoritmi e dei sistemi di moderazione dei contenuti di TikTok, con ByteDance che manterrebbe meno del 20% della proprietà. I dati statunitensi sarebbero archiviati a livello nazionale sotto supervisione USA.
La dichiarazione del MOFCOM segna il primo riconoscimento formale della disponibilità della Cina a collaborare alla risoluzione della questione, anche se l’accordo formale di cessione delle attività rimane soggetto all’approvazione finale di Pechino.
Guardando al futuro, si prevede che entrambe le parti accelerino l’attuazione degli ambiti di consenso esistenti, come le esenzioni tariffarie, i dialoghi sulla catena di approvvigionamento, la cooperazione tra PMI e il riconoscimento reciproco degli standard. L’accordo di Kuala Lumpur suggerisce, inoltre, un passaggio a una comunicazione più regolare e istituzionalizzata, con meccanismi come gruppi di lavoro congiunti e consultazioni tecniche che contribuiscano a ridurre la volatilità nelle relazioni economiche.
| Leva geo-economica della Cina | Strumento principale | Area di influenza prevalente | Vulnerabilità per l’Occidente | Possibili contromisure |
|---|---|---|---|---|
| Manifattura e catene del valore | Produzione industriale a basso e medio-alto contenuto tecnologico | Asia, Europa, USA | Dipendenza da componenti cinesi (elettronica, auto, rinnovabili) | Rilocalizzazione (reshoring/friendshoring), diversificazione produttiva, incentivi industriali (es. IRA USA, Chips Act UE) |
| Materie prime e risorse energetiche | Controllo o raffinazione di litio, cobalto, grafite, nichel, tungsteno | Africa, America Latina, Asia Centrale | Dipendenza da materiali critici per transizione energetica | Accordi diretti con Paesi produttori, riciclo, estrazione interna UE/USA, stock strategici |
| Infrastrutture e debito (BRI) | Finanziamenti, prestiti, costruzione di porti, strade, ferrovie | Asia, Africa, Mediterraneo, America Latina | Dipendenza finanziaria e logistica nei Paesi partner | Offerte alternative (Global Gateway UE, Partnership for Global Infrastructure USA) |
| Finanza e valuta | Internazionalizzazione dello yuan, CIPS, swap valutari | Asia, Medio Oriente, Africa | Erosione del ruolo del dollaro, maggiore autonomia cinese nei pagamenti | Rafforzare il ruolo dell’euro e del dollaro, cooperazione tra banche centrali occidentali, sanzioni mirate |
| Tecnologia e standard globali | 5G, AI, sorveglianza, definizione di standard (ITU, ISO) | Globale (focus su Asia e Africa) | Dipendenza da infrastrutture cinesi, rischio sicurezza dati | Coordinamento normativo UE-USA, promozione standard aperti e interoperabili |
| Commercio e mercato interno | Accesso selettivo al mercato cinese, boicottaggi mirati | Globale | Vulnerabilità delle imprese dipendenti dal mercato cinese | Diversificazione mercati di esportazione, coordinamento politico contro coercizione economica |
| Soft power economico e mediatico | Investimenti, Istituti Confucio, media internazionali, diplomazia culturale | Africa, Sud-Est asiatico, Europa orientale | Penetrazione narrativa e influenza politica | Investimenti UE/USA in cooperazione culturale e scientifica, controllo trasparenza accademica |
| Dati e sorveglianza digitale | Smart city, pagamenti digitali, piattaforme cinesi | Africa, Medio Oriente, Sud-Est asiatico | Esportazione modelli autoritari e controllo dati | Regolazione privacy (GDPR-like), sviluppo tecnologie occidentali alternative, cybersecurity multilaterale |
L’epicentro del conflitto: guerra tecnologica, digitale e il futuro strategico
Il vero significato del G2 dovrebbe essere interpretato alla luce della guerra tecnologica in corso, l’area in cui la Cina mira esplicitamente al dominio globale.
La battaglia per i semiconduttori avanzati è l’espressione più evidente di questa competizione per la supremazia. Le sanzioni americane, volte a strangolare l’accesso di Pechino ai chip più sofisticati, hanno rivelato la dipendenza cruciale degli Stati Uniti da Taiwan.
L’isola agisce come un vero e proprio “silicon shield”: la sua industria microelettronica, in particolare TSMC, è vitale per mantenere il vantaggio militare e tecnologico americano in settori chiave come l’Intelligenza Artificiale (AI) e la difesa avanzata. Gli Stati Uniti devono bilanciare la deterrenza militare con l’obiettivo di preservare l’integrità della capacità produttiva taiwanese, poiché la sua perdita si tradurrebbe nella fine della supremazia tecnologica.
Da questo punto di vista, il G2 potrebbe essere letto come un accordo di non-belligeranza tattico sullo Stretto di Taiwan, permettendo a Washington di guadagnare tempo per accelerare la costruzione di catene di fornitura domestiche resilienti. La stabilità nel Mar Cinese Meridionale è direttamente collegata alla necessità strategica di proteggere questo asset geoeconomico cruciale.
In ogni caso, va registrato come la risposta cinese alle sanzioni non sia stata di capitolazione, ma di mobilitazione totale delle risorse statali, accelerando il suo percorso verso l’autosufficienza e l’innovazione di qualità. Il 15° Piano Quinquennale (2026-2030), approvato a ottobre, costituisce il blueprint di questa strategia. L’obiettivo primario è il dominio digitale e tecnologico globale, attraverso una strategia di sovranità tecnologica in settori chiave, quali:
- Semiconduttori. Pechino vuole l’eliminazione totale del “collo di bottiglia” della dipendenza estera con massicci investimenti nella ricerca e nello sviluppo di design e processi produttivi avanzati.
- Intelligenza artificiale (AI) e Quantum Computing. La Cina vuole consolidare la leadership globale entro il 2030, in linea con l’ambizione di dominare la “quarta rivoluzione industriale”.
- Potere digitale geoeconomico. Il piano mira a un controllo capillare delle infrastrutture globali (5G, cavi sottomarini, cloud) per trasformare i flussi informativi in una risorsa strategica decisiva, proiettando il suo potere oltre i confini.
Questa strategia di dominio totale potrebbe essere riassunta in una frase: ‘il prossimo quinquennio sarà “guerra totale’”. Questa, però, non è un riferimento a un conflitto armato convenzionale, ma l’annuncio di una competizione totale e senza esclusione di colpi, che include ogni fronte (economico, tecnologico, cognitivo e di infiltrazione) per affermare la supremazia e la volontà di potenza di Pechino.
Le basi del potere: geoeconomia predatoria e leve asimmetriche
La forza negoziale di Xi Jinping mostrata a Busan è fondata sulle fondamenta di una strategia predatoria che ha sistematicamente trasformato l’interdipendenza in un’arma di coercizione economica.
Oltre che con politiche a lungo termine, la Cina ha costruito la sua potenza attraverso anni di furto cibernetico della proprietà intellettuale e una storica inadempienza sistematica agli impegni presi, in particolare quelli legati all’ingresso nell’OMC. Questo sfruttamento dell’ordine liberale ha creato un’asimmetria di potere che si traduce oggi in leve geoeconomiche decisive, quali:
- Materie prime critiche. Il dominio incontrastato cinese sulle terre rare e sui minerali strategici pone l’industria hi-tech americana in una vulnerabilità oggettiva.
- Forniture essenziali. Il controllo sulla catena di fornitura dei principi attivi (API) e dei farmaci generici e la capacità di manipolare i mercati agricoli (come la soia) rendono il costo di una guerra commerciale totale politicamente insostenibile per Washington.
La “Quinta colonna” e il condizionamento Politico
Non c’è dubbio che l’ottenimento della tregua sia stato influenzato anche dalle pressioni interne esercitate dalle multinazionali americane con interessi in Cina. Queste aziende agiscono come una “quinta colonna” lobbistica, i cui profitti dipendono dalla stabilità del regime di Xi. Da questo punto di vista, l’attività di lobbying per l’attenuazione delle sanzioni limita la libertà d’azione del governo federale, trasformando l’ossessiva ricerca del profitto in una vulnerabilità strutturale di cui Pechino approfitta per condizionare la politica estera americana.
La contraddizione ideologica: multilateralismo di facciata e infiltrazione
La retorica di Xi Jinping – e del suo portavoce Guo Jiakun – dovrebbe essere analizzata alla luce della profonda contraddittorietà della politica cinese, che usa il linguaggio della cooperazione per mascherare un disegno di egemonia totale.
In effetti, il multilateralismo apparente cinese si configura come uno strumento cinico per plasmare gli organismi internazionali dall’interno a proprio uso e consumo. L’obiettivo non sarebbe il rispetto delle regole, ma l’affermazione di un quadro in cui il totalitarismo possa esercitare la sua egemonia, imponendo una visione del mondo in cui i “diritti sovrani” superano e sopprimono le libertà individuali.
Parallelamente, la Cina conduce una guerra cognitiva totale attraverso una sofisticata propaganda costante, volta a minare la fiducia nei valori democratici e a consolidare la legittimità del suo modello. Questa strategia è stata implementata con successo grazie alla cooptazione delle élite politiche e alla penetrazione capillare, con la Cina che è riuscita a penetrare e a innervarsi nei gangli stessi dei nostri apparati politici, economici e culturali. Il riconoscimento di un G2, in questo contesto, sanziona la tacita accettazione di questa realtà come base del nuovo equilibrio globale.
Che resta del mondo dopo la pace Usa-Cina
L’incontro di Busan e il riconoscimento implicito del “G2” cristallizzano la realtà di un mondo che si muove verso un bipolarismo gestito da due potenze con sistemi e valori inconciliabili.
La tregua commerciale rappresenta un sollievo economico temporaneo, ma il suo costo geopolitico è significativo: una sostanziale subordinazione strategica dell’Occidente e la tacita legittimazione globale del modello totalitario cinese. La guerra tecnologica è già in corso e il prossimo quinquennio sarà decisivo per stabilire chi detterà le norme del XXI secolo.
Se Cina e USA dovessero dividersi definitivamente le regole del gioco, tutti gli altri attori globali sarebbero costretti ad allinearsi in un nuovo ordine, in cui la cinica Realpolitik e la volontà di potenza di Pechino prevalgono sul multilateralismo basato sulle regole.













