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Più connessi, più annoiati: il paradosso della vita online



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L’iperconnessione promette coinvolgimento continuo ma produce l’effetto opposto: più stimoli digitali significano maggiore noia, distrazione e perdita di senso. Gli studi mostrano come la “noia digitale” sia ormai un fenomeno psicologico diffuso

Pubblicato il 11 nov 2025

Chiara Cilardo

Psicologa psicoterapeuta, esperta in psicologia digitale



comunicazione digitale noia digitale

La noia digitale è uno dei paradossi più sorprendenti dell’era dell’iperconnessione. Circondati da stimoli continui e opportunità di intrattenimento, sembriamo incapaci di sottrarci a una sensazione crescente di vuoto e distrazione.

La noia come effetto dell’abbondanza di stimoli

Viviamo circondati da stimoli digitali e possibilità di intrattenimento ma l’iperconnessione non ci ha resi più appagati: ci ha resi, piuttosto, più inclini alla noia. Studi condotti su ampi campioni negli Stati Uniti e in Cina mostrano un aumento significativo, nell’ultimo decennio, della boredom proneness, cioè la tendenza stabile a sperimentare noia in modo ricorrente (Tam & Inzlicht, 2024a).

Ma che cos’è, esattamente, la noia? In termini scientifici, è definita come “uno stato avversivo in cui si desidera, ma non si riesce, a impegnarsi in attività soddisfacenti” (Tam & Inzlicht, 2024a; Khilji & Ambreen, 2025). Si origina da uno scarto tra il livello di coinvolgimento desiderato e quello realmente percepito. Quando questa condizione si cronicizza può compromettere benessere, apprendimento e comportamento ed è associata a depressione, ansia, apatia, minore soddisfazione di vita e condotte disfunzionali, come dipendenze e aggressività (Camerini et al., 2023).

L’abbondanza di stimoli, invece di proteggerci dalla noia, ne abbassa la soglia e rende più difficile trarre soddisfazione dalle esperienze quotidiane. È il segnale di un cambiamento psicologico e culturale profondo, legato alla diffusione delle tecnologie digitali che hanno modificato il modo in cui cerchiamo coinvolgimento, gratificazione e senso.

Il paradosso della stimolazione infinita

I media digitali sembrano una risposta immediata alla noia: bastano pochi secondi per scorrere un feed, avviare un video o aprire una chat. Tuttavia, la stessa abbondanza di stimoli può finire per alimentarla invece di ridurla: l’uso frequente, e ancor più quello problematico, dei media digitali è positivamente associato alla noia (Tam & Inzlicht, 2024a). Il motivo risiede nel modo in cui le tecnologie plasmano l’attenzione e il desiderio di coinvolgimento.

Il multitasking costante, ovvero passare da un’app all’altra, controllare notifiche mentre si lavora o si guarda un video, frammenta la concentrazione e indebolisce il legame con ciò che si sta facendo. L’esposizione continua a contenuti brevi e intensi innalza la soglia di stimolazione a cui ci abituiamo: di conseguenza, attività più lente o ripetitive, come una lezione, una conversazione o una passeggiata, finiscono per apparire fiacche.

La successione rapida di messaggi, immagini e video superficiali indebolisce anche la percezione di significato, mentre la consapevolezza di avere sempre alternative più attraenti riduce la capacità di restare nel momento presente. La noia nasce proprio da questo scarto tra il livello di stimolazione desiderato e quello percepito e più i media digitali alimentano aspettative di novità e gratificazione immediata, più diventa difficile trovare soddisfazione nelle esperienze ordinarie. In questo quadro, ricorrere ai dispositivi come distrazione rappresenta una strategia di coping inefficace: offre un sollievo momentaneo, ma lascia intatto il vuoto che cerca di colmare (Camerini et al., 2023).

I cinque meccanismi psicologici della noia digitale

Il legame tra uso dei media digitali e aumento della noia può essere compreso alla luce di alcuni meccanismi psicologici.

L’attenzione

Il primo riguarda l’attenzione: la continua alternanza tra notifiche, app e finestre aperte, il cosiddetto multitasking digitale, frammenta la concentrazione e riduce la possibilità di mantenere un impegno stabile in ciò che si sta facendo. Quando l’attenzione si disperde, diminuisce anche il senso di coinvolgimento, e l’attività tende a essere percepita come monotona o priva di senso.

L’innalzamento della soglia di stimolazione

Un secondo meccanismo è l’innalzamento della soglia di stimolazione. L’esposizione costante a contenuti rapidi e gratificanti, dai video in autoplay ai feed dei social, altera il nostro metro interno di ciò che consideriamo interessante. Esperienze più lente o meno intense, come leggere, studiare o semplicemente aspettare, appaiono così poco soddisfacenti.

La perdita di significato

Il terzo processo riguarda la perdita di significato.

La fruizione frammentata di contenuti indebolisce la percezione di coerenza e scopo che sostiene l’interesse. Il senso di vuoto che ne deriva non nasce dall’assenza di stimoli, ma dall’impossibilità di attribuire loro un valore.

I costi opportunistici

A questo si lega un quarto meccanismo, i cosiddetti costi opportunistici, cioè la tendenza a percepire ogni scelta come una rinuncia a esperienze potenzialmente più gratificanti.

La consapevolezza di avere sempre alternative potenzialmente più appaganti, un video più interessante, una conversazione più vivace, un’altra notifica, erode la capacità di restare immersi in ciò che si sta vivendo. Si genera così una costante insoddisfazione, la percezione che altrove ci sia sempre qualcosa di meglio.

I media come strategie inefficaci

Infine, molti ricorrono ai media come strategie inefficaci.

L’uso dei dispositivi come antidoto immediato alla noia offre una distrazione temporanea ma non ne affronta le cause: al contrario, le rafforza. Ogni volta che si cerca nello schermo un sollievo rapido, si conferma l’idea che la noia sia intollerabile, alimentando un circolo vizioso che la rende sempre più pervasiva (Tam & Inzlicht, 2024a).

Il circolo vizioso della noia digitale

È il paradosso della vita digitale: più moltiplichiamo gli stimoli per sfuggire alla noia, più finiamo per rafforzarla. La frammentazione dell’attenzione impedisce quella continuità esperienziale che rende un’attività realmente appagante. Il cosiddetto switching digitale, il passaggio rapido da un contenuto all’altro, tende ad amplificare la noia anziché ridurla.

Come evidenziano Tam e Inzlicht (2024b), cercare di scacciare la noia saltando da un video a un altro o cambiando continuamente stimolo produce l’effetto opposto: invece di restituire interesse, aumenta la frustrazione e svuota l’esperienza di significato. Anche quando si scelgono contenuti di proprio interesse, la successione incessante di stimoli non colma il senso di vuoto, ma lo accentua. Non tutti, tuttavia, sono ugualmente vulnerabili a questo circolo vizioso.

Alcune persone mostrano una predisposizione stabile a sperimentare noia con maggiore frequenza e intensità: è la boredom proneness, una caratteristica di personalità legata al bisogno costante di stimolazione e alla difficoltà di mantenere l’attenzione su compiti ripetitivi o poco gratificanti. Questa vulnerabilità può tradursi in comportamenti come il phubbing, l’abitudine di distogliere lo sguardo da chi è presente per concentrarsi sullo smartphone.

Insieme alla Fear of Missing Out (FoMO), la paura di essere esclusi da ciò che accade online, la boredom proneness incentiva l’uso compulsivo del telefono e la tendenza a rifugiarsi negli stimoli digitali (Khilji & Ambreen, 2025). La combinazione tra noia cronica e ansia di perdere qualcosa alimenta così comportamenti di fuga che impoveriscono le relazioni e riducono la capacità di restare presenti.

Verso un uso più consapevole dei media digitali

L’iperconnessione ha modificato in profondità il modo in cui sperimentiamo la noia, l’attenzione e il significato, segnando un cambiamento nei processi cognitivi ed emotivi. Quando la noia diventa persistente, può incidere sul benessere psicologico, riducendo la motivazione, la capacità di concentrazione e la qualità delle relazioni (Camerini et al., 2023). L’associazione con ansia, depressione e comportamenti impulsivi conferma la rilevanza clinica di questo stato emotivo.

Il rischio è particolarmente evidente tra le generazioni cresciute in un ambiente costantemente connesso, dove la ricerca continua di stimoli e la difficoltà a mantenere l’attenzione favoriscono un senso di vuoto e frammentazione dell’esperienza.

Così la noia perde la sua funzione originaria di segnale regolativo, quella spinta a cercare attività più significative, e si trasforma in una condizione cronica alimentata dai tentativi di evitarla (Khilji & Ambreen, 2025). Comprendere la noia digitale significa riconoscerne la duplice natura: da un lato, espressione di un sovraccarico di stimoli e distrazioni; dall’altro, indicatore di un bisogno psicologico di coinvolgimento autentico e continuità esperienziale. Non è la tecnologia in sé a generare noia, ma il modo in cui frammenta la nostra attenzione e sostituisce la ricerca di senso con la gratificazione immediata.

Bibliografia

Camerini, A. L., Morlino, S., & Marciano, L. (2023). Boredom and digital media use: A systematic review and meta-analysis. Comput. Hum. Behav. Rep, 11(100313), 10-1016.

Khilji, B. K., & Ambreen, S. (2025). Disengaged in the digital age: Unraveling the influence of boredom proneness and FoMO on phubbing behavior. Journal of Asian Development Studies, 14(2), 62–70.

Tam, K. Y. Y., & Inzlicht, M. (2024a). People are increasingly bored in our digital age. Communications Psychology, 2(106).

Tam, K. Y., & Inzlicht, M. (2024). Fast-forward to boredom: How switching behavior on digital media makes people more bored. Journal of Experimental Psychology: General, 153(10), 2409.

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