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Data center: che significa il boom dei progetti per l’Italia



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Nord Italia verso la saturazione, si studiano le potenzialità del Sud Italia come hub del Mediterraneo. Ecco la mappa dei data center italiani e le sfide da vincere in Italia ed Europa per rimanere competitivi e puntare sulla sostenibilità

Pubblicato il 12 nov 2025

Mirella Castigli

ScenariDigitali.info



datacenter norme; La sfida dei data center italiani: oppurtunità e rischi, fra incognita bollette elettriche e sostenibilità data center AI occupazione

Ad agosto 2025 i data center italiani hanno registrato 342 richieste di connessione, in crescita del +1600% rispetto al 2020. Hanno totalizzato 55 GW di richieste di allaccio alla rete, metà delle quali in Lombardia e 7 GW nel solo capoluogo, Milano.

Si sta ridisegnando la geografia dell’Italia digitale. Oggi si attestano a 14 i progetti per data center, con potenza installata di almeno 50 megawatt, che tra il 2024 e il 2025 hanno ricevuto semaforo verde sulla valutazione di impatto ambientale. Si prevedono oltre 2,5 miliardi di investimenti (3 miliardi sommando le richieste frutto degli anni precedenti), ma dal 2024 la commissione Via Vas, che Germana Panzironi presiede, sta vagliando altri 10 iniziative per un valore di 2,5 miliardi.

“50 GW complessivi di richieste di connessione a giugno 2025: è quanto risulta secondo gli ultimi dati diffusi da Terna, che conferma il trend di crescita esponenziale del settore in Italia. L’incremento rispetto al trimestre precedente è di circa il +20% (a marzo le domande di allaccio pervenute erano pari a 42 GW) e quasi il doppio rispetto ai 30 GW di fine 2024”, spiega Giulia Scerrato, Principal Boston Consulting Group (Bcg): “Numeri impressionanti se si considera che quest’anno il massimo picco di capacità del sistema elettrico, raggiunto a luglio con le necessità di climatizzazione, è stato di 56 GW. I dati riportati da Terna ci dicono quindi che, se tutte le richieste pervenute Terna si traducessero in investimenti effettivi, il sistema elettrico italiano dovrebbe raddoppiare l’attuale capacità di generazione. Uno scenario che oggi non appare né realistico né sostenibile”.

Ma se siamo entrati nell’era della politica dei data center, l’Italia deve guardare agli Usa con attenzione, dove i data center sono finiti sul banco degli imputati per l’aumento delle bollette dell’elettricità negli Usa.

Ecco la sfida e la mappa dei data center italiani, fra opportunità e rischi, tra incognita bollette elettriche e rischio bolla.

I progetti di data center italiani: la mappa

In Lombardia e nel Lazio è tempo delle grandi infrastrutture per cloud e intelligenza artificiale. “Il nostro Paese può contare su infrastrutture elettriche consolidate, una posizione geografica strategica nel Mediterraneo con cavi sottomarini Sparkle che la connettono ad Africa e Medio Oriente, oltre a tempi di realizzazione estremamente più brevi dei competitor europei“, conferma Giulia Scerrato.




Mappa progetti e operatori data center in Italia
LocalitàProgetto / OperatoreCategoriaPotenza / NoteStato
Lombardia • MilanoRichieste allaccio reteHyperscale7 GW nel comune; ~50% dei 55 GW in LombardiaRichieste 2025
Brescia (Lombardia)Qarnot + A2ASostenibilitàRaffreddamento a liquido; calore al teleriscaldamentoProgetto
Rozzano (MI)TIM NoovleSostenibilitàCalore recuperato per >5.000 abitazioniOperativo
Cornaredo (MI)Virtus Data CentresOperatore70 MW previstiIn sviluppo
Segrate (MI)CyrusOneOperatore54 MW previstiIn sviluppo
Area MilanoApto Data CenterOperatore300 MW IT su 5 edificiIn sviluppo
MilanoGoogle Cloud RegionCloud regionAttiva dal 2022Operativo
TorinoGoogle Cloud RegionCloud regionAttiva inizio 2023Operativo
RomaAruba; TIM NoovleOperatore+130 M€ TIM Noovle; nuovo campus ArubaIn espansione
PisaUniversità di Pisa – Green DCSostenibilitàClasse A; raffreddamento a liquido; −40% consumiOperativo
TrentinoDataMineOperatoreIn miniera sotterranea; isolamento termico naturaleOperativo/Progetto
BolognaNuove iniziativeOperatorePolo emergenteIn sviluppo
PugliaPuglia Data Center ValleyHyperscale>2 GW (3 campus); cantieri entro fine 2026; capex iniziale ~2 mld €Annunci / 2026

Da un lato l’Italia coglie l’opportunità di colmare il ritardo nazionale, dall’altro lato il Paese deve riuscire a rispondere alle sfide dei consumi energetici, degli impatti ambientali e dei vantaggi per i territori, abbracciando una strategia lungimirante.

Proprio la competitività italiana rappresenta “l’elemento citato dagli operatori come cruciale nella scelta delle location per i nuovi data center, attirando in Italia grandi nomi della tecnologia globale che stanno aprendo region locali: Google, in partnership con Tim, ha aperto due regioni cloud in Italia – una a Milano, attiva dal 2022, ed una a Torino, aperta nei primi mesi del 2023 -, Amazon ha recentemente annunciato un piano per investire 1,2 miliardi di euro nei prossimi cinque anni in Lombardia, mentre Microsoft ha delineato un piano di potenziamento delle infrastrutture cloud e AI da 4,3 miliardi nei prossimi due anni -, includendo un massiccio piano di formazione per qualificare nuovi addetti in Italia”, continua Giulia Scerrato.

https://www.agendadigitale.eu/infrastrutture/boom-dei-data-center-in-italia-opportunita-o-bolla-alle-porte

Le iniziative sostenibili dei data center italiani

Il ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica sta adottando un approccio che cerca di temere insieme sia gli aspetti tecnico-progettuali che i parametri di sostenibilità ambientale, non solo per una questione di distribuzione geografica delle infrastrutture digitali sul territorio (non gravitare solo su ecosistemi maturi ed infrastrutture collaudate sotto il profilo logistico ed economico, come Milano e Roma), ma anche di sostenibilità complessiva del settore.

L’obiettivo del ministero è semplice: garantire uno sviluppo equo ed armonioso, senza prescindere dai consumi energetici, idrici e territoriali.

“Tra i nuovi progetti italiani si distinguono iniziative decisamente orientate verso la sostenibilità ambientale“, spiega Giulia Scerrato: “È il caso del data center progettato a Brescia dalla società francese Qarnot in partnership con A2A che sfrutta un sistema di raffreddamento a liquido in grado di recuperare il calore prodotto e reimmetterlo nella rete urbana di teleriscaldamento, fornendo energia termica ad oltre mille abitazioni”.

Gli altri green data center italiani

“Anche Tim Noovle, con il suo impianto di Rozzano alle porte di Milano, ha scelto una soluzione simile di recupero del calore, ma con capacità ben più elevate: l’energia recuperata permette infatti di riscaldare oltre cinquemila abitazioni della zona”, racconta la Principal Boston Consulting Group (Bcg): “Sul versante dell’innovazione tecnologica merita attenzione il Green Data Center dell’Università di Pisa, premiato con il massimo livello di efficienza energetica (categoria “A”). Qui le tecnologie di raffreddamento a liquido e l’impiego di sistemi di calcolo ad alte prestazioni consentono di abbattere fino al 40% i consumi energetici rispetto agli standard tradizionali.

Infine, tra i progetti più originali per localizzazione emerge il DataMine in Trentino, un data center costruito all’interno di una miniera sotterranea che sfrutta la sicurezza e l’isolamento termico naturale del sito”.

Realtà emergenti e Sud Italia

Questa diversificazione dei progetti per scala, posizione geografica e tecnologie adottate “testimonia una vivacità crescente nel settore italiano dei data center, tradizionalmente concentrato sui due poli principali di Milano e Roma”, secondo Giulia Scerrato, “ma ora esteso anche verso realtà emergenti come Bologna e Torino e con primi esperimenti su aree finora meno coinvolte come quelle del Sud Italia. In Puglia, per esempio, è già partito il progetto ‘Puglia Data Center Valley’: tre campus hyperscale che arriveranno complessivamente a superare i 2 GW, con un investimento iniziale intorno ai 2 miliardi di euro (che potrebbe arrivare fino a 100 miliardi), e l’apertura dei cantieri prevista già entro fine 2026″.

Gli operatori specializzati, Aruba, Tim e altri

Non solo i giganti tech, ma anche operatori nazionali ed internazionali specializzati. Infatti, spiega Giulia Scerrato, “stanno entrando sul mercato italiano come Virtus Data Center (70 MW previsti a Cornaredo – Milano), OVHcloud che aprirà una region cloud in Lombardia entro fine anno e la statunitense CyrusOne che realizzerà un campus da 54 MW a Segrate. Ambizioso anche il progetto della startup Apto, alle porte di Milano, che prevede la costruzione di un campus da 300 MW IT su cinque edifici, candidato a diventare uno dei più grandi in Europa.
Anche Roma partecipa alla crescita digitale nazionale con importanti investimenti che la vedono coinvolta: Aruba ha inaugurato il primo edificio di un nuovo campus, mentre Tim Noovle investirà 130 milioni di euro per potenziare la propria presenza nella capitale”.

L’occupazione

Questo boom sta avendo già importanti riflessi dal punto di vista occupazionale ed industriale, generando un indotto significativo.

Secondo Giulia Scerrato, “Amazon stima oltre 5500 posti di lavoro entro il 2029 lungo la filiera (costruzione, manutenzione, servizi) per sostenere la propria espansione che si aggiungeranno insieme ad altri agli attuali 30.000 addetti già impiegati nel settore con competenze che vanno dall’ingegneria edile ed energetica, alla gestione IT e alla sicurezza informatica”.

La competizione

All’orizzonte si profilano altri paesi competitor emergenti. Secondo Giulia Scerrato, “Spagna, Polonia e Paesi Nordici in Europa, e i Paesi del Golfo nel Medio Oriente, tutti pronti a contendersi capitali e investimenti internazionali. Diventa dunque strategico per l’Italia bilanciare la crescita con la sostenibilità ed anticipare eventuali eccessi.

Come l’Italia, la Spagna rappresenta un’economia di dimensioni rilevanti e vanta anche costi energetici più competitivi, elemento che la rende particolarmente attraente per nuovi progetti di data center.

La Polonia, invece, rappresenta la porta d’accesso privilegiata ai mercati dell’Europa Orientale, con Varsavia che sta emergendo rapidamente quale hub regionale.
I Paesi scandinavi (Finlandia, Svezia, Norvegia e Danimarca) sfruttano invece condizioni climatiche ideali per il raffreddamento naturale dei data center, abbattendo così i consumi energetici e beneficiando di costi contenuti grazie alla disponibilità di fonti rinnovabili, come eolico ed idroelettrico, e sono sostenute da efficaci politiche di incentivazione”.

Anche in questi Paesi, tuttavia, l’iniziale entusiasmo ha mostrato recentemente segni di rallentamento. “Per esempio, alcuni grandi progetti in Danimarca, come quelli annunciati da hyperscaler del calibro di Facebook e Apple, sono stati parzialmente ridimensionati o posticipati“, mette in guardia Giulia Scerrato.

La sfida del Medio-Oriente

Fuori dall’Europa, sta inoltre emergendo con forza anche il Medio Oriente, “dove Paesi come Emirati Arabi Uniti, Arabia Saudita e Qatar stanno investendo miliardi per affermarsi quali hub regionali”, avverte Giulia Scerrato: “Gli Emirati, per esempio, prevedono la realizzazione di un maxi-campus dedicato all’intelligenza artificiale da 5 GW, in partnership con aziende statunitensi, mentre l’Arabia Saudita ha annunciato investimenti superiori ai 6 miliardi.
Tuttavia, su questi progetti, permangono seri dubbi legati sia alla sostenibilità ambientale, considerata la localizzazione in aree desertiche, sia al rischio di eccesso di offerta rispetto alla domanda effettiva locale, considerando che ciascun Paese punta ad attrarre carichi di lavoro internazionali, la cui disponibilità non è garantita”.

Entro il 2050, l’Ue deve aggiornare la rete elettrica

Se la sindrome Nimby attanaglia gli Usa sui data center e i timori di bollette più alta, lo scenario europeo non è più roseo.

Il fabbisogno europeo di energia elettrica verde sale e gli operatori di rete prevedono di spendere centinaia di miliardi per stare al passo con la domanda elettrica.

L’Economist racconta che il Laboratorio di energia elettrica sostenibile dell’Università di Delft occupa un capannone con tetto a punta alto 25 metri, una via di mezzo tra un fienile e un hangar per aerei, non lontano da dove Vermeer dipinse la sua celebre veduta della città.

L’interno ha un’atmosfera alla Frankenstein: file di anelli corona su pali, una pila di celle di alimentazione a più piani in grado di simulare i fulmini. Il supercomputer si trova al piano superiore, all’interno di una gabbia di Faraday che lo isola dai campi magnetici (una saggia precauzione quando si simulano fulmini).

Ma a destare curiosità è il software che gira su quel supercomputer: un modello virtuale di una rete elettrica ad alta tensione, con tutte le sue centrali elettriche, linee di trasmissione e sottostazioni.

Si tratta di un digital twin fra i più sofisticati al mondo. “Per 150 anni gli ingegneri elettrici hanno cercato di prevedere le risposte della rete utilizzando equazioni differenziali”, afferma Peter Palensky, responsabile del laboratorio. Ora possono sperimentare con un modello basato su dati reali.

I digital twin per studiare la complessità reti elettriche

Un cambiamento inaspettato può propagarsi e causare un blackout, come è successo nel 2022 quando hacker russi hanno inserito malware negli interruttori automatici in Ucraina, o lo scorso aprile quando disturbi di frequenza hanno causato il collasso delle reti in Spagna e Portogallo.

Oltre alla preparci ad affrontare le calamità, i gemelli digitali hanno una missione più ampia: comprendere la complessità delle reti moderne. Le automobili, le abitazioni e le industrie stanno passando dai combustibili fossili all’elettricità (generata con rinnovabili), e la sete di kilowattora dei data center è insaziabile.

Le fonti di energia rinnovabile come il solare e l’eolico sono intermittenti, infatti, possono fornire troppa o troppo poca energia in un dato momento. Pertanto, le reti devono distribuire enormi quantità di corrente in tutta Europa, chiudendo i nodi sovraccarichi o utilizzando batterie per immagazzinare la carica. Tutto ciò richiede enormi aggiornamenti.

Data center alimentati da fonti rinnovabili

I fornitori locali di energia elettrica, o gestori dei sistemi di distribuzione (DSO), hanno lunghe file di aziende in attesa di essere collegate.

Invece i gestori dei sistemi di trasmissione (Tso), che gestiscono le reti regionali o nazionali che forniscono energia ai Dso, stanno costruendo freneticamente linee ad alta tensione, sottostazioni e interconnettori tra i Paesi.

L’operatore della rete nazionale italiana, Terna, investirà 18 miliardi di euro nel periodo 2024-28.

La francese RTE prevede di investire 100 miliardi di euro tra il 2025 e il 2040. TenneT, l’unico Tso nei Paesi Bassi e il più grande in Germania, prevede di spendere ben 200 miliardi di euro entro il 2034.

Entso-E, l’autorità di regolamentazione europea dei Tso, stima che l’importo totale necessario per raggiungere gli obiettivi di elettrificazione dell’Unione europea entro il 2050 sia pari a ben 800 miliardi di euro. Le implicazioni economiche sono evidenti.

Rapporto Draghi e fabbisogno elettrico europeo

Il rapporto 2024 sui problemi di competitività dell’UE redatto da Mario Draghi, ex governatore della Banca centrale europea e primo ministro italiano, ha fornito le sue raccomandazioni iniziando dai costi energetici.

I prezzi dell’elettricità in Europa sono in genere da due a tre volte superiori a quelli americani.

Il continente ha in gran parte esaurito i suoi combustibili fossili e, a causa dell’invasione russa dell’Ucraina, ha vietato l’uso di gas russo. Ciò promuove l’utilizzo delle energie rinnovabili, che però richiedono l’ammodernamento delle reti.

Ma la sfida consiste nello stare al passo con le connessioni.

La sfida dei data center italiani ed europei

Il piano nazionale italiano per le energie rinnovabili prevedeva una capacità di 65 gigawatt entro il 2030. In realtà il Paese ha già ricevuto richieste per 350 GW.

Nella rete olandese, la congestione ha portato il governo a bloccare le autorizzazioni per le connessioni non residenziali. In Germania sono stati presentati progetti per collegamenti di batterie per un valore di 500 GW, più di 20 volte la capacità attuale.

Purtroppo la regola del “primo arrivato, primo servito” del Paese per gli allacciamenti elettrici incoraggia gli imprenditori a presentare domande speculative e a tenerle in sospeso.

I prezzi negativi nei mercati dell’energia elettrica

Un altro fattore è la crescente frequenza dei prezzi negativi nei mercati dell’energia elettrica. Quando l’offerta supera la domanda, sia per mancanza di stoccaggio che per l’impossibilità di portare la corrente dove serve, molti gestori di rete pagano i consumatori per acquistare la loro energia.

Nel 2024 la Germania ha registrato prezzi negativi nel 5% dei casi, in aumento rispetto al 3% del 2023 (anche se ben lontano dal 25% registrato in alcune zone dell’Australia). Nei primi otto mesi di quest’anno la percentuale è salita al 10%.

“Il mercato ha un disperato bisogno di capacità”, ha dichiarato all’Economist Michael Waldner, Ceo di Pexapark, una società di consulenza nel settore delle energie rinnovabili con sede a Zurigo.

La volatilità dei mercati

I mercati volatili, tuttavia, incentivano gli imprenditori a costruire impianti di stoccaggio.

Gli operatori di batterie guadagnano acquistando energia dalla rete quando i prezzi sono bassi e rivendendola quando aumentano. Tale arbitraggio è uno dei motivi del boom delle batterie in Europa: nel 2024 le reti hanno aggiunto un record di 8,8 GW-ora di stoccaggio, l’80% in più rispetto al 2024 e dieci volte tanto rispetto al 2020.

Tuttavia, se gli stoccaggi vengono costruite, senza una programmazione, ovunque il terreno sia economico, aggiungono grattacapi agli operatori di rete che devono collegarle e inviare loro energia attraverso linee congestionate.

“Gli stoccaggi aggravano i problemi di flusso”, afferma Vera Brenzel, direttrice delle politiche presso TenneT. I governi dovrebbero richiedere agli imprenditori del settore delle batterie di costruire vicino alle fonti di energia rinnovabile e non dove i terreni sono economici.

Alcuni dei problemi che affliggono l’Europa sono gli stessi che si presentano ovunque. Per esempio, le fonti di energia rinnovabile non forniscono naturalmente “inerzia di sistema”, ovvero la tendenza dei generatori tradizionali a resistere alle deviazioni di frequenza perché alimentati da turbine pesanti che girano a velocità costante.

Pertanto, le reti moderne necessitano di dispositivi elettronici per creare inerzia sintetica. Le energie rinnovabili hanno anche minore capacità di fornire potenza reattiva, ovvero la potenza non consumata necessaria semplicemente per mantenere il flusso di corrente.

Le normative

Ma altre sfide riguardano la regolamentazione, non la tecnologia. In teoria, è nell’interesse degli europei avere mercati senza soluzione di continuità che colleghino i luoghi ricchi di energia (la Scandinavia con le sue dighe idroelettriche) con quelli affamati di energia (le fabbriche della Germania meridionale).

Ma i Paesi con energia economica e stabile spesso temono che il collegamento con i Paesi vicini faccia aumentare i prezzi interni.

Infatti, una valutazione condotta dall’Entso-E ha rilevato che i ritardi nell’ottenimento delle autorizzazioni rappresentano il principale ostacolo al potenziamento delle reti.

Un progetto di interconnettore tra Italia e Slovenia è stato autorizzato dal lato italiano già nel 2012, ma solo ora sta completando l’iter autorizzativo. Dal lato sloveno è ancora in fase di valutazione.

Per accelerare il rilascio delle autorizzazioni in Italia, la scorsa estate il gestore della rete ha introdotto un nuovo sistema che suddivide il Paese in ‘microzone’; quelle che rilasciano le autorizzazioni più rapidamente avranno la priorità per i collegamenti.

I data center italiani ed europei: salvare la competitività

La natura transfrontaliera della rete rende questo compito logico per l’Ue. Il prossimo bilancio settennale dell’Unione propone di aumentare la spesa per le reti a oltre 30 miliardi di euro, rispetto ai 5,8 miliardi dei sette anni precedenti.

Ma, in definitiva, la capacità dell’Europa di ridurre i costi dell’elettricità abbastanza rapidamente da rimanere competitiva dipenderà dalla velocità con cui la sua industria sarà in grado di costruire linee elettriche, batterie eccetera.

Il rapporto Draghi/Letta è la soluzione, e la Commissione guidata da Ursula von der Leyen lo sa. La palla passa a Bruxelles.

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