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Corporate Venture Capital: perché l’Italia corre ancora a due velocità



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In Italia il Corporate Venture Capital cresce per volumi ma resta frenato da divari territoriali, scarso allineamento con le startup e cultura del rischio limitata. Dati 2025, geografie e raccomandazioni per trasformarlo in un vero motore di sviluppo industriale

Pubblicato il 1 dic 2025

Giorgio Ciron

Direttore di InnovUp



corporate venture capital in italia

Negli ultimi anni, il Corporate Venture Capital è diventato una delle chiavi di volta dell’innovazione a livello globale.

In Italia, però, la sua parabola appare più complessa: cresce il capitale investito, maturano le startup, ma l’ecosistema continua a muoversi con velocità diseguali.

Il decimo Osservatorio InnovUp–Assolombarda registra un 2025 positivo per il CVC, con investimenti superiori ai 177 milioni di euro e un incremento del 13% sull’anno precedente, segno di un fermento crescente. Eppure, dietro i numeri emergono questioni strutturali: disallineamento tra corporate e startup, divari territoriali e una cultura dell’innovazione che fatica ancora a farsi sistema. Il futuro del settore si giocherà proprio su queste sfide, tra la necessità di visione strategica e la capacità di costruire ponti solidi tra industria e impresa innovativa.

La filiera dell’innovazione tra startup e PMI innovative

Partendo da alcuni dati chiave, oggi la filiera dell’innovazione italiana conta circa 15.300 startup e PMI innovative: numeri raddoppiati rispetto al 2016, con oltre 81.700 soci e un fatturato che nel 2024 ha toccato i 12,9 miliardi di euro. Un progresso notevole, ma da tre anni si registra una contrazione del tessuto imprenditoriale (-3,6% nel 2024), che segnala il raggiungimento di un ciclo e l’emergere di nuove sfide. In particolare, si osservano il calo delle iscrizioni al registro startup (1.520 nei primi nove mesi, circa la metà del 2021) e la transizione di molte startup verso lo status di PMI innovative.

Crescita di startup e PMI e nuove criticità

Questa metamorfosi non è solo quantitativa, ma anche qualitativa: le PMI innovative crescono e consolidano il loro ruolo, con ricavi che nel 2024 raggiungono i 10,9 miliardi di euro, un terzo dei quali generato da ex startup. Da un lato, quindi, il sistema produce imprese più strutturate e solide; dall’altro, si riduce il ritmo di nuove nascite, segnalando il rischio di una frenata nell’imprenditorialità innovativa se non si rafforzano i meccanismi di sostegno, tra cui anche il Corporate Venture Capital.

Corporate Venture Capital e struttura degli investimenti nelle imprese innovative

La vitalità dell’ecosistema si riflette nell’ampiezza delle partecipazioni azionarie: oltre un terzo delle imprese innovative italiane vede la presenza di società non finanziarie nel capitale. Tuttavia, il dato che merita attenzione è che solo il 3,4% (523 aziende) beneficia di investimenti da corporate con almeno 50 dipendenti. Analizzare questo fenomeno significa porsi alcune domande cruciali: quali barriere ostacolano una maggiore penetrazione del CVC? Perché la maggior parte degli investitori non finanziari sono microimprese (meno di 10 dipendenti), mentre le corporate risultano ancora marginali? Come aumentare il coinvolgimento di capitali e competenze corporate in modo strutturale?

Chi investe nelle imprese innovative e quali barriere emergono

Nonostante il limite numerico, il valore aggiunto del CVC è tangibile: le startup partecipate da corporate segnalano performance decisamente superiori, con un fatturato mediano di 123 mila euro (vs. 40 mila euro per startup supportate da altre società non finanziarie), una crescita annua del 29,2% e una redditività positiva nel 38,7% dei casi. Le corporate non si limitano a investire capitale, ma mettono a disposizione know-how, network, mentoring e una prospettiva industriale che favorisce l’approdo sul mercato e la scalabilità del modello di business.

Un’Italia dell’innovazione ancora divisa tra Nord e Sud

La mappa degli investimenti rivela profonde disparità territoriali. Il Centro-Sud ospita quasi la metà delle imprese innovative italiane, ma solo il 32,1% degli investitori corporate; ciò frena il potenziale del Meridione e amplifica il rischio di un’innovazione a due velocità. Eppure, quasi la metà degli investimenti CVC (48,4%) si dirige verso startup e PMI localizzate in aree diverse rispetto alla corporate investitrice, con una distanza media di 187 km: segno di una volontà di superare le barriere regionali, ma anche della necessità di rafforzare reti e connessioni tra i diversi poli di innovazione.

Il quadrilatero lombardo come hub di riferimento

Il “Quadrilatero” Milano, Monza-Brianza, Lodi e Pavia concentra il 22,3% delle imprese innovative, il 31,1% dei soci e il 28,2% dei fatturati a livello nazionale. In questo distretto, il fenomeno CVC è in linea con la media italiana, ma risulta più spiccata la presenza di investitori specializzati e una forte vocazione all’innovazione deep tech, con ricavi medi superiori alla media nazionale. Questo rende l’area un laboratorio avanzato di integrazione tra industria, ricerca e finanza innovativa, ma rischia di accentuare ulteriormente le asimmetrie territoriali se non si diffondono modelli simili anche in altri poli del Paese.

Corporate Venture Capital: strategie aziendali, governance e collaborazione

L’indagine annuale del Politecnico di Milano, condotta su un campione nazionale di aziende (49 casi), certifica una ripresa del CVC dopo il rallentamento del 2024. In particolare, si nota un cambio di rotta: si investe meno in operazioni esplorative e più in iniziative strettamente funzionali al core business.

Obiettivi strategici e settori di riferimento

L’80% delle aziende punta all’accesso a nuove competenze tecnologiche, il 70% cerca nuove soluzioni e prodotti, con una netta preferenza per settori adiacenti o strategici come Energy & Utilities (dove gli investimenti, passati dal 9% al 34%, sono dominanti) e Pharma & Healthcare (in crescita dal 3% al 23%). Ne emerge un uso del Corporate Venture Capital sempre più legato a priorità industriali concrete, in cui la startup diventa un alleato per accelerare innovazione e trasformazione digitale.

Modelli organizzativi e canali di investimento

Dal punto di vista organizzativo, il co-investimento in fondi VC esterni è la modalità più diffusa (57%), seguita dai programmi strutturati di CVC (30%) e, in misura minore, dalle joint venture. Le holding rappresentano il canale di investimento privilegiato (74% dei casi) e godono di ampia autonomia decisionale. Questo assetto consente alle corporate di gestire in modo professionale il deal flow, pur mantenendo un collegamento con le strategie del gruppo.

Collaborazione operativa e barriere culturali

La vera sfida per il futuro riguarda la collaborazione operativa tra corporate e startup, la coerenza tra aspettative e governance e, non da ultimo, la gestione delle differenze culturali e dei tempi di lavoro: il 63% delle corporate identifica proprio questi punti come i principali ostacoli al successo delle iniziative congiunte. Senza un allineamento su tempi decisionali, metriche di performance e livelli di rischio accettabili, il Corporate Venture Capital rischia di rimanere un’operazione finanziaria più che un reale catalizzatore di innovazione condivisa.

Corporate Venture Capital tra sfida internazionale e raccomandazioni di sistema

Sul piano internazionale, il CVC è ormai uno strumento maturo e centrale per le strategie di innovazione delle grandi aziende. In Italia, però, la penetrazione resta limitata e decisamente inferiore rispetto agli ecosistemi di Stati Uniti, Israele o Francia, dove il capitale di rischio d’impresa rappresenta una leva decisiva per lo sviluppo di startup scalabili e per la crescita industriale.

Un dato significativo è che solo il 32% degli investimenti italiani rimane in Italia; il resto è distribuito tra Europa e Nord America, con un interesse crescente per ClimateTech e Intelligenza Artificiale, ma ancora basse percentuali in settori altamente promettenti come Lifescience, Education e Media. Questo evidenzia una certa tensione tra vocazione globale degli investimenti e necessità di rafforzare il tessuto interno.

Le priorità per rendere il CVC un motore di crescita

Cosa serve per rendere il CVC un reale motore di crescita? Tre sono le priorità emergenti: ampliare la base degli investitori corporate; sistemizzare e diffondere modelli di Open Innovation, aumentando la connessione fra territori, settori e filiere; migliorare la governance delle collaborazioni, accrescendo la cultura del rischio e dell’innovazione fra corporate e startup.

La costruzione di un ecosistema efficace passa anche dalla maggiore disponibilità a promuovere il “long-term value” (e non solo il ritorno immediato), dalla creazione di reti di mentoring e collaborazione industriale e dalla crescente sinergia tra capitale finanziario, capitale umano e territorio. Il decimo Osservatorio InnovUp–Assolombarda ribadisce il messaggio: l’Italia, pur con una base solida di imprese innovative, ha bisogno di una nuova fase di maturazione, guidata dalle aziende mature, capaci di investire con consapevolezza strategica e di contribuire in modo attivo alla crescita di startup e PMI innovative. In questa prospettiva, il Corporate Venture Capital potrà affermarsi sempre più come una vera leva di sviluppo per un sistema produttivo competitivo, sostenibile e proiettato sui mercati globali.

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