Viviamo immersi in un mondo iperconnesso. Ogni giorno, in ogni casa, in ogni impresa, milioni di dati viaggiano su reti la cui capacità ed efficienza diamo per scontate. Eppure, dietro ogni bit, ogni video, ogni transazione digitale, ci sono infrastrutture fisiche, energia e soprattutto persone. La connettività non è più un servizio accessorio: è semplicemente l’aria che respiriamo, e permette ad ogni attività umana di “pulsare” e produrre benessere.
E proprio per questo, il settore delle telecomunicazioni vive oggi una delle fasi più delicate della sua storia. Da una parte, la crescita impetuosa del traffico e dell’economia digitale. Dall’altra, una compressione strutturale dei ricavi delle Tlc, che negli ultimi quattordici anni si sono ridotti di oltre un terzo – passando da 42 a 28 miliardi di euro – mentre il traffico dati è cresciuto in modo esponenziale, sia sulle reti fisse sia su quelle mobili. È il paradosso di un sistema in cui l’Italia più accelera sulla digitalizzazione e più il suo motore rischia di indebolirsi.
Indice degli argomenti
Futuro digitale dell’Italia e rinnovo del contratto Tlc, la posizione Asstel
In questo contesto complesso, il recente rinnovo del Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro delle Telecomunicazioni non è stato solo un atto negoziale: è stato un impegno di responsabilità industriale e sociale. Abbiamo scelto di usare la contrattazione come un vero e proprio strumento di governo della trasformazione, dotandoci di una “cassetta degli attrezzi” nuova per accompagnare il cambiamento che è già in atto e che sarà ancora più profondo nei prossimi anni.
Una cassetta degli attrezzi per governare la trasformazione
Abbiamo messo al centro le persone, le loro competenze, la loro crescita professionale. Abbiamo investito sulla produttività e sulla competitività delle imprese perché siamo convinti che il CCNL, se da un lato è uno strumento per disciplinare il lavoro, dall’altro può contribuire a ridisegnare un intero ecosistema, guardando al futuro industriale dell’intera filiera con una prospettiva di lungo periodo, fino al 2028.
Abbiamo, ad esempio, rafforzato strumenti come il fondo di solidarietà di settore – finanziato dalle imprese e dai lavoratori – destinato ad accompagnare la transizione. È stato un vero patto tra aziende e lavoro per affrontare insieme una trasformazione che non può essere subita, ma governata con coraggio e capacità di innovare.
Le principali novità del nuovo CCNL Tlc
Il nuovo CCNL introduce, tra le principali novità, il nuovo sistema delle aree professionali, che supera i vecchi livelli e valorizza competenze, occupabilità e responsabilità. Prevede inoltre un’area contrattuale dedicata al comparto CRM/BPO, per contrastare il dumping contrattuale e garantire sostenibilità economica e occupazionale.
Sono stati rafforzati il welfare di settore, la previdenza complementare e la sanità integrativa. Sono stati introdotti nuovi strumenti su lavoro agile, genitorialità, contrasto alla violenza di genere e bisogni educativi speciali, oltre a una correlazione strutturale tra principi ESG e istituti contrattuali.
Si tratta di un contratto che guarda al futuro, per questo si è deciso di affrontare anche il tema dell’intelligenza artificiale, sempre più importante in ogni organizzazione, ma da utilizzare in maniera trasparente e non discriminatoria.
Investimenti, frequenze ed energia per il futuro digitale del Paese
Le prospettive del settore Tlc sono indissolubilmente legate alla sostenibilità degli investimenti. E oggi questa sostenibilità è messa a dura prova da tre grandi fattori: il costo delle frequenze, l’energia e il rapporto tra costo del capitale e rendimenti.
Il peso economico delle frequenze, diventato nel tempo insostenibile, a cui si aggiungono il costo dell’energia più alto d’Europa – che impatta in modo diretto su un settore energivoro per definizione, chiamato a garantire continuità del servizio 24 ore su 24 – e il crescente costo del capitale (passato da 7,3% nel 2019 all’8,1% del 2023), a fronte di rendimenti in costante riduzione, comprimono la capacità delle imprese di generare cassa e rallentano la programmazione di nuovi investimenti.
Siamo di fronte a un modello che rischia di diventare economicamente insostenibile e socialmente miope. Perché senza la forza economica di chi costruisce e mantiene le reti, garantisce la connettività e sviluppa nuovi servizi, l’intero ecosistema digitale del Paese è destinato a indebolirsi.
Un modello da rendere di nuovo sostenibile
Se non si interviene su questi fattori, il rischio è un progressivo deficit di investimenti proprio mentre la domanda di servizi digitali cresce. Per sostenere il futuro digitale del Paese servono politiche che rendano gli investimenti remunerativi, riducano l’incertezza e favoriscano una pianificazione di lungo periodo da parte degli operatori.
Un’asimmetria regolamentare che penalizza le Tlc
Accanto alle criticità economiche, persiste una forte asimmetria regolamentare tra operatori telco tradizionali e grandi player digitali. Le Tlc operano in un regime di iper-regolamentazione che non trova riscontro per i fornitori di servizi digitali, che generano gran parte del traffico ma intercettano altrove la creazione di valore.
È questa l’asimmetria strutturale che altera il funzionamento del mercato e che oggi non è più sostenibile. Servono regole simmetriche, non per chiedere scorciatoie, ma per garantire un contesto competitivo equo e sostenibile, in cui chi investe nelle infrastrutture non sia penalizzato rispetto a chi utilizza la rete per offrire servizi.
Competenze e lavoro, la visione Asstel
La filiera delle telecomunicazioni vale circa il 6% del PIL nazionale e garantisce occupazione a oltre 200.000 persone. Eppure, in quattordici anni questo numero è in costante diminuzione. Dietro questi numeri ci sono competenze che rischiano di andare disperse proprio mentre la transizione digitale richiede nuove professionalità, nuove specializzazioni, nuove responsabilità.
Occupazione in calo, competenze a rischio
La trasformazione in corso mette sotto pressione non solo i conti economici, ma anche la tenuta occupazionale del settore. Perdere competenze oggi significa indebolire la capacità del Paese di sviluppare nuovi servizi digitali, innovare le reti, garantire qualità e sicurezza alle imprese e ai cittadini.
Per questo insistiamo sull’urgenza di strumenti che accompagnino davvero la transizione generazionale e professionale attraverso la formazione, come il rifinanziamento del Contratto di espansione.
Formazione e strumenti per accompagnare la transizione
La trasformazione tecnologica è prima di tutto una trasformazione dell’organizzazione del lavoro, dei mestieri, delle competenze. E va governata ora con strumenti moderni, non lasciata al caso. Servono percorsi strutturati di reskilling e upskilling, politiche attive e una contrattazione in grado di anticipare i cambiamenti, non solo di inseguirli.
Regole nuove per una filiera Tlc solida
Le prospettive della filiera Tlc dipendono da una scelta chiara: smettere di continuare a costruire il futuro con regole del passato, e avere il coraggio di rinnovare profondamente il quadro degli strumenti, delle politiche industriali e della regolazione.
Noi non chiediamo aiuti né scorciatoie. Chiediamo strumenti veri, regole chiare e stabili, che rendano possibile investire in produttività, innovazione e competenze. Chiediamo di poter competere in un mercato equo, con regole simmetriche. Chiediamo che il valore di chi connette e digitalizza il Paese finalmente venga riconosciuto come un asset strategico per il futuro industriale dell’Italia.
Il rinnovo del Contratto collettivo delle telecomunicazioni dimostra che il settore ha già fatto la sua parte, assumendosi responsabilità anche difficili con grande coraggio. Ora serve uno sforzo altrettanto responsabile da parte delle istituzioni.
Perché, se si indeboliscono le telecomunicazioni, si indebolisce l’Italia. E il rischio non è solo industriale: è un rischio per la tenuta complessiva del nostro futuro digitale. Il tempo è ora.










