L’infrastruttura cloud ibrida si evolve rapidamente, offrendo alle organizzazioni migliore business continuity, disaster recovery e riduzione dei costi: tuttavia, richiede investimenti di modernizzazione dei carichi di lavoro per eseguire più applicazioni.
Indice degli argomenti
Cloud ibrido: definizione e funzionamento
Un cloud ibrido rappresenta un ambiente di cloud computing che utilizza un mix di servizi on-premise, cloud privato e cloud pubblico, garantendo orchestrazione tra le piattaforme. Tale ambiente prevede, in genere, una connessione da un data center on-premise a un cloud pubblico e la connessione può coinvolgere anche altre risorse private, inclusi dispositivi edge o servizi cloud aggiuntivi, quali lo storage.
Di fatto, il concetto di cloud ibrido riflette l’idea odierna che le risorse e i servizi IT non siano univoci o onnipresenti, bensì un mix complesso e dinamico di hardware, applicazioni, risorse e servizi che possono essere gestiti da numerosi provider e forniti a un’azienda on-demand da innumerevoli sedi in tutto il mondo.
Componenti chiave dell’architettura ibrida
Il modello di cloud ibrido combina infrastrutture on-premises con servizi cloud pubblici e privati, consentendo alle organizzazioni di mantenere il controllo diretto sui dati più sensibili, conservarli nei propri data center e, al contempo, sfruttare le potenzialità del cloud per applicazioni scalabili che contribuiscono alla riduzione dei costi operativi. Di seguito approfondiamo questi componenti:
On-premise
L’approccio on-premise fa riferimento a un’infrastruttura IT in cui tutte le risorse hardware e software vengono installate e gestite localmente presso la sede aziendale. Ovvero, server, database e applicazioni risiedono nei data center interni e l’organizzazione assume la responsabilità diretta della loro manutenzione, della sicurezza e dell’aggiornamento.
Tale modalità ha rappresentato per decenni l’unica soluzione disponibile, fino all’avvento del cloud computing che ha rivoluzionato il panorama tecnologico degli ultimi anni. È doveroso evidenziare che numerose realtà aziendali, nonostante l’innovazione portata dal cloud, continuano a privilegiare l’approccio on-premises per specifiche esigenze operative.
Cloud pubblico
Il cloud pubblico consiste in un’infrastruttura gestita da provider specializzati – tra cui AWS, Microsoft Azure o Google Cloud – che mettono a disposizione risorse scalabili secondo un modello di pagamento pay-per-use, ottimizzando così gli investimenti tecnologici.
Cloud privato
Il cloud privato rappresenta un’infrastruttura cloud dedicata esclusivamente a una singola azienda. Tale soluzione può essere gestita internamente dal team IT dell’organizzazione, oppure affidata a un fornitore esterno specializzato, mantenendo comunque un livello elevato di controllo e di personalizzazione.
I vantaggi per il business e l’IT
Il cloud ibrido consente alle aziende di distribuire i carichi di lavoro più sensibili in un cloud on-premise e, contemporaneamente, sia di connettersi a carichi di lavoro e a fonti dati ospitati da provider SaaS e PaaS indipendenti sia di ospitare risorse meno critiche su provider di cloud pubblico PaaS e IaaS di terze parti. Un approccio che offre alle organizzazioni il meglio dei modelli di cloud privato e pubblico.
Di seguito i principali vantaggi del cloud ibrido.
- Flessibilità – Le organizzazioni lavorano con diversi tipi di dati in ambienti eterogenei e, con il cloud ibrido, possono allocare dinamicamente i carichi di lavoro tra ambienti on-premise e cloud per adattarsi ai cambiamenti della domanda e ottimizzare l’uso delle risorse.
- Gestione dei costi – Le organizzazioni, con un cloud privato, possiedono e gestiscono l’infrastruttura del data center, il che richiede ingenti spese in conto capitale e costi fissi. In alternativa, le risorse e i servizi del cloud pubblico sono considerati più convenienti dato che sono contabilizzati come spese variabili e operative. Gli utenti del cloud ibrido, in questo modo, possono scegliere di eseguire i carichi di lavoro in un ambiente più sicuro, affidabile ed economico, mantenendo al contempo gli standard di prestazioni e sicurezza.
- Agilità e scalabilità – Un cloud ibrido consente a un’organizzazione di accedere a un ventaglio più ampio di risorse rispetto a quelle disponibili nel proprio data center fisico, grazie all’integrazione con un provider di cloud pubblico. Tale flessibilità facilita il provisioning, l’implementazione e la scalabilità delle risorse, rendendo più semplice gestire i picchi di domanda. Inoltre, quando la richiesta supera la capacità del data center locale e del cloud privato, l’organizzazione può spostare le applicazioni sul cloud pubblico, beneficiando così di una scalabilità e di una capacità aggiuntiva immediatamente disponibili.
- Resilienza e interoperabilità – Un’azienda può eseguire carichi di lavoro in modo ridondante in ambienti sia privati sia pubblici. I componenti di un carico di lavoro possono anche essere eseguiti in entrambi gli ambienti e interoperare, ad esempio condividendo una fonte dati comune.
- Conformità – Le organizzazioni che operano in settori soggetti a forti vincoli normativi devono rispettare precise regole sulla localizzazione dei dati, il che spesso impedisce loro di trasferire alcuni carichi di lavoro sul cloud pubblico. Adottando un modello di cloud ibrido, invece, è possibile mantenere i dati sensibili in ambienti privati, o all’interno di data center aziendali, gestendo al contempo altri carichi di lavoro nel cloud pubblico. Tale flessibilità consente di spostare i dati tra le diverse piattaforme in base alle necessità operative, oltre a garantire la conformità alle normative e continuare a beneficiare dell’elasticità e della scalabilità offerte dal cloud.
- Continuità – La continuità aziendale, ovvero la capacità di continuare a funzionare anche in caso di interruzione, è spesso un elemento fondamentale della conformità normativa. Un altro modo in cui un cloud ibrido migliora la continuità aziendale è supportare le attività di ripristino di applicazioni e dati per proteggere da guasti di sistema, problemi di sicurezza e disastri fisici.
- Gestione del rischio – Tutte le applicazioni aziendali e le risorse dati comportano un certo livello di rischio in termini di sicurezza, prestazioni e affidabilità. I cloud ibridi offrono alle organizzazioni il controllo e l’agilità necessari per localizzare, senza problemi, applicazioni e dati in base alle mutevoli esigenze aziendali e tecnologiche.
Strategie per ottimizzare i costi nel cloud ibrido
Gli ambienti cloud ibridi offrono flessibilità, ma possono anche comportare costi imprevedibili se non gestiti con attenzione. Di seguito alcune strategie chiave per tenere sotto controllo le spese del cloud.
- Comprendere i fattori che determinano i costi – È importante conoscere la differenza tra i costi associati all’archiviazione dati e alle risorse di elaborazione, dato che spesso le organizzazioni si concentrano su uno e trascurano l’altro aspetto, con conseguenti spese impreviste. Pertanto, si consiglia di analizzare regolarmente come viene allocato il budget per prendere decisioni consapevoli.
- Strumenti di gestione e previsione dei costi – Si consiglia di utilizzare strumenti per il calcolo dei costi integrati per prevedere e monitorare le spese. Tale approccio proattivo aiuta a evitare costi esorbitanti e a ottimizzare l’allocazione delle risorse.
- Policy del ciclo di vita dei dati – È importante implementare una policy del ciclo di vita dei dati per spostare i dati su livelli di archiviazione convenienti, in base al loro utilizzo. Inoltre, l’automazione di questi processi riduce il carico di lavoro dei team IT e ottimizza la spesa.
- Compressione e deduplicazione – Le organizzazioni, comprimendo e deduplicando i dati di backup, possono ridurre significativamente sia le esigenze di storage sia i costi. Esistono soluzioni che offrono tecniche di compressione avanzate e che aiutano a ridurre al minimo le dimensioni dei dati, senza compromettere le prestazioni.
- Automazione per l’efficienza dei costi – Si tratta di automatizzare le attività di backup di routine e il ridimensionamento delle risorse per assicurarsi di utilizzare solo ciò di cui si ha bisogno e quando se ne ha bisogno, per risparmiare tempo e, al contempo, allineare anche i costi operativi alle effettive esigenze aziendali.
Sicurezza e conformità nei contesti ibridi
La sicurezza e la conformità dei dati rimane una delle principali preoccupazioni per le aziende che migrano verso ambienti cloud ibridi. Pertanto, con l’evolversi delle minacce informatiche, è fondamentale implementare solide misure di sicurezza che proteggano i dati su tutte le piattaforme. Vediamo quali.
Crittografia dei dati
Si tratta di gestire:
- Dati a riposo – Assicurarsi che i dati archiviati sia nei sistemi locali sia negli ambienti cloud siano crittografati.
- Dati in transito – Utilizzare protocolli di crittografia avanzati per i dati trasferiti tra risorse locali e cloud.
- Controllo degli accessi – È necessario implementare solide policy di gestione dell’identità e dell’accesso (IAM) per garantire l’accesso con privilegi minimi, oltre a utilizzare l’autenticazione a più fattori (MFA) per aggiungere un ulteriore livello di sicurezza.
- Backup e ripristino dei dati – Si tratta di eseguire regolarmente il backup dei dati dagli ambienti, sia da quelli locali sia da quelli cloud, oltre a implementare piani di disaster recovery che includano strategie per il ripristino dei dati sia nel cloud sia in sede.
- Conformità e governance – È fondamentale comprendere e rispettare le normative pertinenti che regolano la gestione e la protezione dei dati, oltre a mantenere politiche di governance coerenti in entrambi gli ambienti per garantire che i dati siano gestiti in modo conforme.
- Ubicazione e sovranità dei dati – Si tratta di conoscere dove sono fisicamente archiviati i dati, soprattutto alla luce delle normative sulla residenza dei dati, oltre ad assicurarsi che l’archiviazione dei dati sia conforme alle leggi locali in materia di protezione e sovranità dei dati.
- Monitoraggio e registrazione – È necessario implementare protocolli completi di registrazione e di monitoraggio per tenere traccia dell’accesso ai dati e delle modifiche, oltre a utilizzare soluzioni di gestione degli eventi e delle informazioni di sicurezza (SIEM) per analizzare i registri alla ricerca di anomalie e potenziali incidenti di sicurezza.
- Risposta agli incidenti – Si tratta di sviluppare e testare regolarmente un piano di risposta agli incidenti che includa procedure per entrambi gli ambienti, oltre ad assicurarsi che siano definiti ruoli e responsabilità per rispondere alle violazioni o alle fughe di dati.
- Classificazione e segmentazione dei dati – È essenziale classificare i dati in base alla sensibilità e alla criticità, adottando misure di protezione adeguate a ciascuna categoria. Inoltre, la segmentazione degli ambienti dati aiuta a limitare l’esposizione e a mitigare i rischi.
- Gestione dei rischi di terze parti – Si tratta di valutare il livello di sicurezza di tutti i fornitori di servizi cloud di terze parti utilizzati nell’ambiente ibrido, oltre ad assicurarsi che i contratti includano adeguate disposizioni sulla sicurezza dei dati.
- Reti private virtuali (VPN) – È opportuno utilizzare VPN sicure per creare connessioni crittografate per l’accesso remoto ai dati nell’ambiente locale.
- Conformità e audit continui – Si tratta di eseguire audit regolari per garantire la conformità alle politiche, alle normative e agli standard di sicurezza, oltre a valutare strumenti e processi che facilitino il monitoraggio continuo della conformità.
- Prevenzione della perdita di dati (DLP) – È importante implementare soluzioni DLP per monitorare e proteggere i dati sensibili da accessi, utilizzi o divulgazioni impropri.
Continuità operativa e disaster recovery
Il cloud svolge un ruolo fondamentale nel migliorare la resilienza aziendale. Di fatto, le organizzazioni, utilizzando i servizi cloud, possono archiviare dati critici off-site, garantendone l’accessibilità anche in caso di disastro.
La continuità operativa nel cloud consiste nell’adottare strategie e processi che, sfruttando l’infrastruttura cloud, garantiscano accessibilità ai dati e alle applicazioni anche durante interruzioni, riducendo i tempi di inattività e facilitando il rapido recupero da incidenti quali disastri naturali o attacchi informatici.
Inoltre, i piani di continuità operativa basati su cloud, spesso, includono la replica dei dati su più sedi, sistemi di failover automatizzati e soluzioni di Disaster Recovery as a Service (DRaaS) che sfruttano l’infrastruttura cloud per replicare e ospitare applicazioni e dati aziendali critici, che possono essere attivati in caso di disastro, riducendo i tempi di inattività. Pertanto, un DRaaS, se implementato correttamente, offre:
- Ripristino più rapido con failover orchestrato che consente ai sistemi di ripristinare automaticamente le prestazioni negli ambienti cloud e on-premise.
- Obiettivi di punto di ripristino (RPO) e obiettivi di tempo di ripristino (RTO) migliori, riducendo al minimo i tempi di inattività e la perdita di dati in caso di disastro.
- Sicurezza informatica integrata nel processo di ripristino, con difese integrate che analizzano le minacce prima che i dati vengano ripristinati.
- Scalabilità su carichi di lavoro fisici, virtuali e cloud, per proteggere e ripristinare tutti i sistemi critici man mano che l’ambiente cresce.
- Efficienza dei costi tramite modelli di storage ibridi che consentono di bilanciare l’archiviazione cloud e i sistemi di backup locali per ottenere prestazioni e prezzi ottimali.
Il servizio di backup consente di archiviare i dati su server remoti, accessibili tramite internet. Ovvero, invece di limitarsi a salvare i file esclusivamente sul proprio computer o su dispositivi di archiviazione fisici, i dati vengono trasferiti in modo sicuro sul cloud, garantendo una maggiore sicurezza e accessibilità dei dati, anche in caso di guasti o incidenti locali. Inoltre, le organizzazioni si tutelano contro la perdita permanente dei propri database attraverso la creazione di tre copie di ogni dato: due copie conservate su supporti locali differenti e una copia archiviata off-site, ovvero nel cloud. Tuttavia, è fondamentale testare regolarmente i backup per verificarne l’integrità e assicurarsi che siano sempre disponibili in caso di necessità.
Differenze tra modelli ibridi e multicloud
Sia il termine “multicloud” sia “cloud ibrido” indicano architetture che integrano più ambienti cloud, ma si distinguono principalmente per la tipologia di infrastruttura coinvolta. E, precisamente:
Multicloud – Si riferisce all’utilizzo combinato di diversi cloud pubblici (o cloud privati), spesso di provider differenti, per gestire servizi e applicazioni specifiche.
Cloud ibrido – Un cloud ibrido, invece, combina ambienti cloud pubblici con infrastrutture private o on-premise, permettendo alle organizzazioni di mantenere il controllo su dati e processi critici, sfruttando al contempo la flessibilità e la scalabilità del cloud pubblico.
In sintesi, la differenza fondamentale risiede nel fatto che il multicloud integra più cloud dello stesso tipo, mentre il cloud ibrido unisce cloud di tipologie diverse (pubblico, privato, on-premise) in un’unica soluzione orchestrata.
Quando ha senso restare on-premise
L’infrastruttura on-premise risulta particolarmente indicata in specifici contesti aziendali e, precisamente:
- Gestione di dati altamente sensibili – Settori come quello finanziario o governativo necessitano di un controllo totale sulla sicurezza delle informazioni trattate.
- Presenza di infrastruttura consolidata – L’on-premise può rappresentare una scelta naturale se l’azienda dispone già di una infrastruttura IT solida e di personale tecnico specializzato.
- Valutazione economica di lungo periodo – I costi sostenuti nel tempo per il cloud possono, in determinate situazioni, superare quelli di una soluzione on-premise efficacemente gestita.
Quando puntare su una strategia multicloud
Il multicloud emerge come soluzione ottimale e naturale quando l’organizzazione deve:
- Evitare il vendor lock-in – Riduce la dipendenza da un singolo provider e consente di mantenere flessibilità nella scelta e negoziazione dei servizi.
- Massimizzare flessibilità e innovazione – Possibilità di sfruttare le innovazioni di diversi fornitori e selezionare i servizi migliori per ogni specifico caso d’uso, ottimizzando costi e benefici.
- Garantire resilienza operativa – Distribuzione dei carichi di lavoro su più provider per creare ridondanza geografica e tecnologica, assicurando continuità anche in caso di interruzioni.
- Rispettare conformità normativa e sovranità dei dati – Possibilità di adattarsi a regolamentazioni diverse in vari paesi, scegliendo provider specifici per ogni regione e garantendo la conformità a normative come il GDPR.
- Gestire infrastrutture eterogenee – Integrazione graduale di piattaforme diverse, soprattutto dopo fusioni o acquisizioni, evitando migrazioni massive e costose.
- Accedere a servizi specializzati – Combinazione dei punti di forza di ciascun provider (es. AWS, Azure, Google Cloud) per costruire soluzioni tecnologicamente avanzate.
Tuttavia, è fondamentale considerare che il multicloud introduce, altresì, complessità significative in termini di gestione, sicurezza, governance e competenze richieste. Pertanto, la scelta dovrebbe basarsi su una chiara analisi costi-benefici, considerando non solo i vantaggi strategici, ma anche le sfide operative.
Le organizzazioni con team IT maturi, budget adeguati e reali esigenze di flessibilità sono quelle che possono sfruttare maggiormente i benefici di un’architettura multicloud, trasformando la complessità in vantaggio competitivo.
Inoltre, è doveroso evidenziare che la scelta tra on-premise e multicloud non può essere affrontata con superficialità. È necessario impostare un ragionamento strategico che consideri gli obiettivi aziendali di medio-lungo termine e segua un processo decisionale ben strutturato.
Quale cloud scegliere
Di seguito alcuni suggerimenti per una decisione consapevole:
- Analizzare approfonditamente le esigenze aziendali – Ogni organizzazione presenta caratteristiche uniche. Pertanto, prima di procedere con qualsiasi scelta, è fondamentale valutare accuratamente il carico di lavoro previsto, la tipologia di dati trattati e le necessità operative specifiche del business.
- Effettuare un confronto economico di lungo termine – Le organizzazioni devono guardare oltre l’investimento iniziale, prendendo in considerazione il TCO (Total Cost of Ownership) complessivo e il ROI (Return of Investment) atteso nel tempo.
- Prestare attenzione alla conformità normativa – È necessario, indipendentemente dalla direzione intrapresa, che la soluzione adottata rispetti integralmente le normative vigenti, come il GDPR per la gestione dei dati nell’ambito europeo.
- Implementare strategie di sicurezza adeguate – È importante evidenziare che sia l’on-premise sia il multicloud richiedono approcci alla sicurezza robusti e ben pianificati. Inoltre, l’adozione del multicloud non esonera l’organizzazione dalla responsabilità diretta nella protezione delle informazioni aziendali.
- Valutare soluzioni ibride – Una configurazione ibrida può costituire una strategia equilibrata, permettendo di mantenere il controllo diretto sui dati critici e, contemporaneamente, di beneficiare della flessibilità e scalabilità offerte dal multicloud.
Modernizzare le applicazioni legacy nel cloud ibrido
La modernizzazione delle applicazioni legacy rappresenta oggi una priorità strategica per le organizzazioni, considerando che applicazioni obsolete e monolitiche – che un tempo rappresentavano la spina dorsale delle operazioni aziendali – si sono trasformate in ostacoli significativi alla crescita e all’innovazione.
Di fatto, i sistemi legacy comportano costi di manutenzione elevati, risultano lenti nell’adattarsi ai cambiamenti e si dimostrano sempre meno rispondenti alle esigenze dei modelli aziendali contemporanei.
È doveroso evidenziare che la modernizzazione delle applicazioni implica, altresì, un ripensamento profondo delle modalità con cui le applicazioni vengono progettate, sviluppate e gestite, con l’obiettivo di renderle più adattabili, scalabili ed efficienti. In questo contesto, il cloud ibrido emerge come l’architettura ideale per supportare questa trasformazione, offrendo un equilibrio ottimale tra controllo, flessibilità e innovazione.
Inoltre, il cloud ibrido, sfruttando l’infrastruttura cloud per lo sviluppo e il testing rapido delle applicazioni, riduce drasticamente il tempo necessario per portare sul mercato nuove applicazioni o funzionalità innovative. Di fatto, gli ambienti cloud abilitano pipeline di Continuous Integration (CI) e di Continuous Distribution (CD), che permettono ai team di sviluppo di creare, testare e rilasciare nuove funzionalità con una velocità impensabile rispetto ai tradizionali ambienti on-premise, oltre a favorire cicli di innovazione più brevi e reattivi.
Sviluppo di applicazioni cloud native
Lo sviluppo di applicazioni cloud native rappresenta un cambio di paradigma fondamentale nel modo in cui le organizzazioni progettano e distribuiscono software. Si tratta di applicazioni specificamente concepite per sfruttare le caratteristiche distintive dell’ambiente cloud – quali elasticità, resilienza e scalabilità dinamica – convertendolo in ambiente ideale per supportare lo sviluppo cloud native, oltre a offrire un equilibrio ottimale tra innovazione tecnologica e requisiti aziendali specifici.
È doveroso ricordare che le applicazioni cloud native si basano su principi architetturali moderni che includono: microservizi, container, orchestrazione automatizzata e metodologie DevOps e, a differenza delle applicazioni monolitiche tradizionali, sono composte da servizi indipendenti che comunicano attraverso API ben definite, permettendo ai team di sviluppo di lavorare in parallelo e di accelerare i cicli di rilascio.
Gli sviluppatori possono sfruttare gli ambienti cloud pubblici per creare e testare nuove funzionalità, utilizzando servizi gestiti come database, funzioni serverless e strumenti di intelligenza artificiale. Allo stesso tempo, i componenti critici e i dati sensibili restano negli ambienti on-premise, garantendo conformità normativa e sicurezza.
La containerizzazione, tramite tecnologie come Docker e Kubernetes, è centrale nello sviluppo cloud native: i container racchiudono applicazioni e dipendenze in unità standardizzate eseguibili ovunque, mentre Kubernetes automatizza il deployment, lo scaling e la gestione su cluster distribuiti. Inoltre, piattaforme come Red Hat OpenShift, Google Anthos e Azure Arc permettono di controllare in modo unificato ambienti eterogenei.
I settori che traggono più valore dal cloud ibrido
Il cloud ibrido risulta essere una soluzione ideale per settori altamente regolamentati, tra cui:
Settore finanziario – Nel settore finanziario, gli ambienti cloud ibridi consentono alle istituzioni di gestire i dati sensibili dei clienti in modo sicuro, utilizzando al contempo servizi cloud per migliorare l’esperienza dei clienti e l’efficienza operativa. Applicazioni come piattaforme di online banking e trading possono essere ospitate nel cloud per garantire scalabilità e accessibilità, mentre i dati finanziari principali rimangono on-premise. Tale configurazione non solo garantisce la conformità alle normative di settore, ma migliora anche l’agilità e la resilienza dei servizi finanziari.
Settore sanitario – Gli ambienti cloud ibridi sono particolarmente preziosi nel settore sanitario, dove la privacy dei dati dei pazienti e la conformità normativa sono fondamentali. Di fatto, gli operatori sanitari, archiviando i dati sensibili dei pazienti in sede e utilizzando il cloud per l’analisi dei dati e l’archiviazione di informazioni non critiche, possono garantire la conformità a normative in termini di sicurezza e privacy. Inoltre, il cloud ibrido supporta la scalabilità necessaria per gestire quantità crescenti di dati provenienti da cartelle cliniche elettroniche (EHR) e altre iniziative di salute digitale.
Enti governativi/PA – Gli enti governativi gestiscono spesso dati altamente sensibili che devono essere protetti da accessi non autorizzati e minacce informatiche e il cloud ibrido offre una soluzione che consente di mantenere il controllo sui dati critici, utilizzando al contempo i servizi cloud per migliorare l’erogazione dei servizi e l’efficienza operativa. I servizi pubblici, ad esempio, possono essere ospitati nel cloud per offrire scalabilità e una migliore accessibilità ai cittadini, mentre le informazioni classificate rimangono archiviate in modo sicuro on-premise, nel rispetto di normative rigorose come il GDPR, per garantire la conformità e tutelare la privacy dei cittadini.
Inoltre, le soluzioni di cloud ibrido supportano anche i rigorosi requisiti di disaster recovery, una clausola tipica dei contratti governativi, garantendo che le operazioni possano essere ripristinate rapidamente dopo qualsiasi interruzione, per mantenere la continuità e l’integrità dei servizi governativi.
Istruzione – Gli istituti scolastici, le università, le biblioteche e gli archivi beneficiano notevolmente delle soluzioni cloud ibride, che permettono di gestire piattaforme di apprendimento online nel cloud e, allo stesso tempo, di proteggere le informazioni sensibili in sede. In questo modo, sia studenti sia docenti possono accedere facilmente agli strumenti e alle risorse necessarie, senza compromettere la sicurezza dei dati.
Trasporti – Il settore dei trasporti può trarre notevoli vantaggi dalle soluzioni cloud ibride, utilizzando backup basati su cloud per garantire un accesso ininterrotto ai dati critici, mantenendo al contempo un elevato livello di servizio. Inoltre, passando a un cloud ibrido è possibile garantire la visibilità e il controllo dei dati, oltre a supportare una forza lavoro da remoto in crescita e offrire un’esperienza utente fluida ai passeggeri. Il cloud ibrido, offrendo tempi di backup più rapidi, una migliore disponibilità dei dati e una riduzione della complessità di gestione, permette agli operatori del settore di concentrarsi sull’innovazione e sul miglioramento della soddisfazione dei passeggeri.
Come scegliere il provider di cloud ibrido
Le organizzazioni, nella fase di selezione di un provider di cloud ibrido, devono considerare molteplici aspetti che influenzeranno l’efficacia, la sicurezza e la sostenibilità della soluzione nel lungo periodo. Ecco i principali criteri da analizzare:
Comprendere le esigenze organizzative
Prima di valutare qualsiasi provider, è essenziale comprendere chiaramente le proprie necessità aziendali, considerando dimensioni dell’organizzazione, settore industriale, regione operativa e budget disponibile.
Analizzare i tipi di workload da gestire: applicazioni mission-critical richiedono altissima disponibilità e performance prevedibili, mentre workload di sviluppo e test possono tollerare interruzioni occasionali con costi inferiori.
Definire il modello di deployment più adatto (public, private, hybrid o multicloud), tenendo presente che le esigenze possono evolversi nel tempo e richiedere flessibilità strategica.
Valutare le competenze interne del team IT e determinare il livello di supporto necessario durante migrazione, adozione e operatività continuativa.
Compatibilità e interoperabilità tecnologica
Verificare che il provider supporti un’ampia gamma di piattaforme, sistemi operativi e tecnologie di virtualizzazione già presenti nell’infrastruttura aziendale, evitando la necessità di ristrutturazioni architetturali complete.
Valutare l’integrazione seamless con sistemi legacy, applicazioni in-house e infrastrutture esistenti, considerando che provider come Azure e Oracle Cloud eccellono nel supporto di ambienti legacy e ibridi.
Analizzare il supporto per standard aperti e tecnologie cloud-native come container e Kubernetes per prevenire il vendor lock-in, privilegiando provider che favoriscono interoperabilità e open-source.
Verificare che la piattaforma tecnologica possa supportare i workload senza richiedere estese modifiche al codice o personalizzazioni complesse.
Considerare la portabilità dei workload tra diversi ambienti e la disponibilità di API robuste per automazione e orchestrazione cross-platform.
Sicurezza e conformità normativa
Esaminare attentamente le certificazioni di sicurezza possedute dal provider – incluse ISO 27001, SOC 2, PCI DSS, GDPR, HIPAA e altre rilevanti per il settore specifico – che costituiscono la base per la conformità a molte normative regionali.
Verificare i processi di business continuity e disaster recovery del fornitore e la sua capacità di supportare le aspettative di conservazione dei dati. Ciò dovrebbe includere la criticità dei dati, le fonti dei dati, la pianificazione, il backup, il ripristino, i controlli di integrità, ecc.
Verificare le politiche di crittografia end-to-end per dati in transito e a riposo, con particolare attenzione alla gestione delle chiavi crittografiche e al controllo dell’accesso ai dati sensibili.
Analizzare i meccanismi avanzati di Identity and Access Management (IAM), autenticazione multi-fattore e controllo degli accessi granulare.
Valutare la conformità con regolamentazioni locali e internazionali sulla residenza dei dati, verificando che il provider permetta la selezione manuale delle location di storage e processing.
Considerare provider con forte presenza locale per settori altamente regolamentati, poiché hanno maggiore familiarità con normative specifiche regionali.
Verificare le politiche di segregazione dei dati, multi-tenancy e la trasparenza riguardo alle procedure di audit e gestione degli incidenti di sicurezza.
Esplorare opzioni di sovereign cloud offerte da alcuni provider specializzati per garantire il controllo massimo sui dati.
Performance, affidabilità e presenza globale
Analizzare gli SLA offerti con garanzie di uptime (idealmente pari o superiori al 99,9%), tempi di risposta garantiti e procedure di disaster recovery documentate.
Valutare l’impronta infrastrutturale globale del provider, considerando che una presenza geografica distribuita è cruciale per gestire latenza, performance e requisiti di data residency per utenti internazionali.
Verificare la presenza di networking e alimentazione ridondanti, con RTO (Recovery Time Objective) e RPO (Recovery Point Objective) chiaramente definiti e allineati alle necessità di business.
Considerare la scalabilità verticale e orizzontale dell’infrastruttura, con capacità di gestire picchi di carico improvvisi, senza degradazione delle prestazioni.
Valutare provider di nicchia – per workload mission-critical in settori specializzati – in grado di offrire soluzioni tailored con requisiti specifici di performance e affidabilità.
Implementare strategie multicloud per distribuire strategicamente i workload e garantire una business continuity superiore.
Portafoglio servizi e roadmap tecnologica
Verificare che il provider offra i servizi necessari (IaaS, PaaS, SaaS) e valutare la roadmap di sviluppo a lungo termine per assicurare allineamento con le proiezioni di crescita aziendali.
Considerare che i provider di grandi dimensioni, con un portfolio di servizi esteso, siano in grado di offrire soluzioni end-to-end che coprano tutte le esigenze aziendali. Al contrario, i provider specializzati di nicchia offrono competenze approfondite in aree specifiche, come edge computing, content delivery o gaming, risultando particolarmente adatti per progetti che richiedono soluzioni altamente personalizzate.
Valutare l’ecosistema di partner, MSP, vendor software e system integrator per accedere a soluzioni best-of-breed e industry-specific.
Analizzare la quota di mercato non come unico indicatore, ma come elemento di valutazione della stabilità finanziaria e capacità di resistere alle sfide di mercato nel lungo termine.
Gestione e monitoraggio centralizzato
Valutare la presenza di una console unificata che semplifichi la gestione di risorse on-premise e cloud, riducendo la complessità operativa quotidiana.
Analizzare gli strumenti di monitoraggio real-time, logging avanzato e analytics per garantire visibilità completa sull’infrastruttura ibrida.
Verificare le capacità di automazione attraverso Infrastructure as Code (IaC) per provisioning, configurazione e gestione risorse.
Considerare l’integrazione nativa con pipeline DevOps e CI/CD esistenti per facilitare deployment continui.
Valutare dashboard personalizzabili e reporting avanzati per monitorare KPI di business e metriche tecniche.
Modello di pricing e analisi dei costi totali
Evitare di considerare solo i costi iniziali apparenti: i modelli di pricing cloud sono complessi, con tier variabili e costi d’uso imprevedibili.
Analizzare attentamente i costi di trasferimento dati tra ambienti, che possono rappresentare voci significative per applicazioni data-intensive.
Tenere conto delle opzioni di risparmio offerte dai provider, come il commitment-based pricing e le spot instances. Tali soluzioni possono consentire riduzioni dei costi fino al 90% rispetto alle istanze on-demand, permettendo alle organizzazioni di ottimizzare il budget e gestire in modo più efficiente le risorse cloud.
Calcolare il TCO (Total Cost of Ownership) comprensivo di costi operativi, di gestione, licensing, supporto tecnico, servizi professionali e investimenti iniziali.
Considerare che gli hyperscaler possono sembrare più economici inizialmente, ma provider più piccoli risultano spesso 20–50% più convenienti considerando tutti i fattori.
Verificare la flessibilità dei modelli di pricing (es. pay-as-you-go e reserved instances) per ottimizzare i costi secondo i pattern di utilizzo.
Includere i costi nascosti legati alla complessità gestionale e alle competenze specializzate necessarie.
Supporto, formazione e mitigazione del rischio
Valutare disponibilità e qualità del supporto tecnico con tempi di risposta garantiti tramite SLA, competenza del team e copertura 24/7 per ambienti critici.
Considerare che provider più piccoli offrono spesso supporto personalizzato e dedicato ideale per startup e PMI, mentre gli hyperscaler forniscono opzioni enterprise avanzate a costi premium.
Verificare la presenza di documentazione completa, community attive, risorse formative come webinar, certificazioni e guide di best practice.
Analizzare l’ecosistema di consulenti certificati e system integrator che facilitano l’implementazione e la gestione continuativa.
Valutare il track record del provider attraverso profili analyst, recensioni online e ricerche di mercato per comprenderne la reale posizione competitiva.
Prima di impegnarsi completamente, testare il provider attraverso POC (Proof of Concept), progetti pilota e valutazioni approfondite del supporto.
Framework decisionale e approccio graduale
Creare un sistema di scoring strutturato che assegni pesi specifici ai criteri in base alle priorità organizzative.
Condurre workshop interni con stakeholder per allineare aspettative e requisiti tecnici e di business.
Sviluppare una shortlist di 3–5 provider basata su ricerca iniziale e applicare il framework di valutazione sistematico.
Non impegnarsi immediatamente dopo la selezione, bensì avviare un proof of concept su workload non critici per validare performance, supporto e facilità d’uso.
Pianificare la migrazione gradualmente, monitorando costi effettivi e raccogliendo feedback continuo dal team.
Mantenere la flessibilità strategica per adattare l’approccio cloud all’evoluzione delle esigenze, alle innovazioni emergenti e alla crescita delle richieste.
Cloud ibrido: fasi chiave per una migrazione di successo
Per una transizione efficace verso il cloud ibrido, è fondamentale adottare un approccio strategico che integri tecnologia, governance e cultura aziendale. Di fatto, le organizzazioni che ottengono risultati significativi con il cloud ibrido sono quelle che implementano pratiche rigorose, capaci di bilanciare agilità operativa e controllo sui processi. Ciò comporta:
Definire obiettivi chiari
Ogni percorso di adozione del cloud ibrido dovrebbe iniziare dalla definizione di obiettivi aziendali chiari, che possono riguardare il risparmio sui costi, la conformità normativa o l’innovazione. Tali priorità devono guidare sia la progettazione dell’architettura sia la scelta del provider, assicurando che la soluzione adottata sia realmente allineata alle esigenze strategiche dell’organizzazione.
Adottare framework FinOps
Una solida governance finanziaria garantisce un utilizzo efficiente delle risorse cloud. FinOps riunisce finanza, operations e ingegneria per monitorare l’utilizzo, controllare i budget ed eliminare gli sprechi.
Standardizzare le policy di sicurezza
È fondamentale adottare sistemi unificati per la gestione delle identità, la crittografia e il framework Zero Trust in tutti gli ambienti, affiancando audit regolari e controlli automatici sulle configurazioni, per ridurre i rischi.
Abilitare la portabilità con i container
Investire in strumenti di containerizzazione e orchestrazione per rendere le applicazioni facilmente trasferibili tra cloud e infrastrutture private, migliorare l’agilità e ridurre i tempi di inattività.
Pianificare la resilienza
Implementare strategie di disaster recovery efficaci, testare regolarmente i backup e progettare architetture che riducano al minimo i tempi di inattività durante interruzioni o attacchi informatici.
Sviluppare talenti e cultura
Formare adeguatamente i team in termini di tecnologie ibride e costruire una cultura di collaborazione tra sviluppo, sicurezza e operazioni. I partner di servizi gestiti o di consulenza possono contribuire a colmare le lacune.
Misurare la sostenibilità
Monitorare il consumo energetico e l’impronta di carbonio dei vari fornitori, oltre a scegliere infrastrutture più ecologiche. Ciò non solo favorisce la conformità, ma rafforza anche la reputazione del marchio.
Sfruttare automazione e intelligenza artificiale
Utilizzare monitoraggio, scalabilità e ottimizzazione dei costi basati sull’intelligenza artificiale per semplificare la gestione operativa. Inoltre, l’automazione aiuta a ridurre gli errori manuali e ad aumentare l’efficienza, soprattutto in grandi ambienti ibridi.














